TAR Salerno, sez. I, sentenza 2023-01-11, n. 202300052

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2023-01-11, n. 202300052
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 202300052
Data del deposito : 11 gennaio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 11/01/2023

N. 00052/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01979/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1979 del 2021, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato E T, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero dell'Interno, Ufficio Territoriale del Governo Avellino, in persona del Ministro in carica e del legale rappresentante pro tempore , rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale di Salerno, domiciliataria ex lege in Salerno, c.so Vittorio Emanuele, 58;

per l'annullamento

a) Del provvedimento prot. -OMISSIS- emesso dalla Prefettura di Avellino – Ufficio Territoriale di Governo –, conosciuto in data 06/10/2021, con il quale sono state revocate le misure di accoglienza disposte a vantaggio del ricorrente;

b) Della Convenzione di Accordo Quadro richiamata nel provvedimento ma non conosciuto;

c) Di tutti gli atti istruttori inseriti nel procedimento, se esistenti;

d) Di ogni altro atto precedente, successivo, conseguenziale e connesso, ancorché incognito.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno e dell’Ufficio Territoriale del Governo Avellino;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 dicembre 2022 la dott.ssa A S e uditi per le parti i difensori Tordela Elena;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con atto notificato il 1 dicembre 2021 e depositato il successivo 27 dicembre il sig. D.B., nato in Gambia – che ha presentato domanda di protezione internazionale ed è ospite della struttura di accoglienza “-OMISSIS- – impugna il decreto prot. N.-OMISSIS-, con il quale gli sono state revocate le misure di accoglienza, ai sensi dell'art. 23, comma 1, lett. e), d.lgs. n. 142/2015, atteso ché, con nota del -OMISSIS-, la -OMISSIS- ha comunicato che il migrante è stato deferito “ alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Avellino per -OMISSIS- ”, specificando che “ nel caso concreto sussistono particolari esigenze di celerità che giustificano l’omissione della comunicazione prevista dall’art. 7 l. n. 241/1990 ”.

2. A sostegno del gravame il ricorrente ha articolato i seguenti motivi, così rubricati:

I) VIOLAZIONE DELL’ART.7

DELLA L.

241/1990 e s.s.m. – ECCESSO DI POTERE PER ILLOGICITÀ, TRAVISAMENTO ED ERRONEA VALUTAZIONE DEI FATTI - DIFETTO ED ERRONEITÀ DEI PRESUPPOSTI
”: il provvedimento è illegittimo per omessa comunicazione di avvio del procedimento;

II) VIOLAZIONE DELL’ART. 97 DELLA COSTITUZIONE – VIOLAZIONE DELL’ART. 35 bis, comma 13, del d. Lgs. 25/2008 - ECCESSO DI POTERE PER ILLOGICITÀ, TRAVISAMENTO ED ERRONEA VALUTAZIONE DEI FATTI - DIFETTO ED ERRONEITÀ DEI PRESUPPOSTI ”: la revoca delle misure è altresì illegittima in quanto il ricorrente ha impugnato il provvedimento di rigetto della protezione internazionale, con giudizio attualmente pendente innanzi al Tribunale di Napoli con NRG 33282/2018;

III) VIOLAZIONE E FALSA INTERPRETAZIONE DELL’ART. 23 DEL D. LGS. 142/2005 – DIFETTO DEI PRESUPPOSTO E DIFETTO DI MOTIVAZIONE ”: il provvedimento è stato adottato in violazione dell’art. 23, comma 1, lett. e), d. lgs. n. 142/2015, non avendo il ricorrente violato alcuna regola della struttura ospitante né posto in essere comportamenti gravemente violenti;

IV) MOTIVAZIONE GENERICA, CONTRADDITTORIA, LACUNOSA, INSUFFICIENTE - ISTRUTTORIA CARENTE ED INIDONEA - VIOLAZIONE E FALSA APPLICAZIONE DELL’ART 12 E 17 DEL D.LGS. N. 140 DEL 2005 IN

COMBINATO DISPOSTO CON LA DIRETTIVA

33/2013/UE – e 2003/9/CE - ERRONEITÀ DEGLI ACCERTAMENTI. VIOLAZIONE DELL’ART. 3 DELLA COSTITUZIONE PRINCIPIO DI EGUAGLIANZAOMESSA ISTRUTTORIA SULLA VULNERABILITÀ
”: difettano i presupposti di applicazione dell’art. 23, comma 1, lett. e), d. lgs. n. 142/2015, che fa riferimento a comportamenti tenuti nelle strutture.

3. Il Ministero dell'Interno e la Prefettura di Avellino si sono costituiti in giudizio, rappresentando che per i reati contestati al ricorrente pende procedimento penale innanzi alla locale Procura della Repubblica, come da allegata nota dei-OMISSIS--OMISSIS-;
hanno quindi insistito per il rigetto del ricorso siccome infondato.

4. Con ordinanza n. -OMISSIS- è stata accolta la domanda cautelare ritenuto “ nel bilanciamento dei contrapposti interessi in gioco … allo stato prevalente quello del ricorrente alla conservazione della misura di accoglienza ”.

5. Con verbale n. -OMISSIS- il ricorrente è stato ammesso al gratuito patrocinio a spese dello Stato. In data 19 aprile 2022 il difensore del ricorrente ha chiesto la liquidazione della parcella.

6. Con memoria del -OMISSIS- l’amministrazione ha rappresentato che, in esecuzione dell’ordinanza cautelare, il difensore di parte ricorrente ha chiesto il reintegro nell'accoglienza del suo assistito;
pertanto la Prefettura, con nota del -OMISSIS- ha richiesto (senza esito) dichiarazione dell'interessato dalla quale si evinca la mancanza di mezzi sufficienti di sussistenza (tenuto conto che nel ricorso introduttivo era stata menzionata l’assunzione con contratto di lavoro nel giugno 2021 ed era stato depositato in giudizio UNILAV).

7. Con successive memorie l’amministrazione ha comunicato che il ricorrente è stato destinatario della misura dell’obbligo di dimora nel Comune di residenza (Serino), giusta ordinanza del Tribunale di Avellino del 30 giugno 2022, mentre il ricorrente, ribadita l’assenza di condanna a suo carico, ha reso noto che in data 28 luglio 2022 il Tribunale di Avellino ha revocato ex art. 299 c.p.p. le misure cautelari.

8. All’udienza pubblica del 21 dicembre 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.

9. Il ricorso è fondato e merita di essere accolto.

10. Il decreto legislativo n. 142/2015, entrato in vigore il 30 settembre 2015, è attuativo della direttiva 2013/33/UE, recante norme relative all'accoglienza dei richiedenti protezione internazionale, oltreché della direttiva 2013/32/UE, sulle procedure comuni ai fini del riconoscimento e della revoca dello status di protezione internazionale.

In dettaglio, l'art. 23, comma 1, lett. e), d.lgs. n. 142 del 2015, applicato nel caso di specie dall’Amministrazione dell’Interno, prevede (nella formulazione da ultimo modificata), che la revoca delle misure di accoglienza può essere disposta in caso di " violazione grave o ripetuta delle regole delle strutture in cui è accolto da parte del richiedente asilo, compreso il danneggiamento doloso di beni mobili o immobili, ovvero comportamenti gravemente violenti ".

11. La Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sez. X, 1 agosto 2022, C‑422/21) - adita in via pregiudiziale dal Consiglio di Stato, con ordinanza n. 8540/2020, in ordine alla compatibilità con il diritto UE del citato articolo 23 - ha stabilito che l’articolo 20, paragrafo 4, della direttiva 2013/33:

- se da un lato deve essere “ interpretato nel senso che esso si applica a comportamenti gravemente violenti posti in essere al di fuori di un centro di accoglienza ” (tenuto conto che “ le «gravi violazioni delle regole dei centri di accoglienza» e i «comportamenti gravemente violenti» costituiscono due ipotesi distinte, ciascuna delle quali è sufficiente a giustificare l’irrogazione di una sanzione” di modo che “ la nozione di «comportamenti gravemente violenti» comprenda qualsiasi comportamento di tale natura, indipendentemente dal luogo in cui si è manifestato ”);

b) dall’altro “ osta all’irrogazione, a un richiedente protezione internazionale che abbia posto in essere comportamenti gravemente violenti…. di una sanzione consistente nel revocare le condizioni materiali di accoglienza ”. In dettaglio, la Corte – richiamando la propria precedente sentenza del 12 novembre 2019, -OMISSIS- – ha ribadito che “ l’articolo 20, paragrafo 4, della direttiva 2013/33 non esclude espressamente che una sanzione possa riguardare le condizioni materiali di accoglienza ” e che gli Stati membri devono avere “ la possibilità di adottare misure relative a dette condizioni … anche in caso di grave violazione delle regole che disciplinano i centri di accoglienza o di comportamenti particolarmente violenti, atti che, in effetti, possono perturbare l’ordine pubblico e la sicurezza delle persone e dei beni ”, precisando, tuttavia, “ che l’imposizione di una sanzione, sulla sola base di un motivo di cui all’articolo 20, paragrafo 4, della direttiva 2013/33, consistente nel revocare, seppur temporaneamente, il beneficio di tutte le condizioni materiali di accoglienza o delle condizioni materiali di accoglienza relative all’alloggio, al vitto o al vestiario sarebbe incompatibile con l’obbligo, derivante dall’articolo 20, paragrafo 5, terza frase, della menzionata direttiva, di garantire al richiedente un tenore di vita dignitoso, giacché tale sanzione lo priverebbe della possibilità di far fronte ai suoi bisogni più elementari, quali nutrirsi, vestirsi, lavarsi e disporre di un alloggio (v. sentenza del 12 novembre 2019, -OMISSIS-….Una sanzione del genere equivarrebbe inoltre a violare il requisito di proporzionalità stabilito all’articolo 20, paragrafo 5, seconda frase, della direttiva 2013/33, in quanto anche le sanzioni più severe intese a contrastare, in ambito penale, le violazioni o i comportamenti di cui all’articolo 20, paragrafo 4, di tale direttiva non possono privare il richiedente della possibilità di provvedere ai suoi bisogni più elementari ”. La CGUE ha chiosato affermando che “ non può condurre ad una diversa conclusione la circostanza, evocata dal giudice del rinvio, secondo cui il comportamento da sanzionare può presentare un carattere particolarmente grave e riprovevole ” (nella fattispecie oggetto di rimessione il ricorrente aveva aggredito verbalmente e fisicamente un dipendente di Trenitalia e due agenti della polizia municipale di Firenze, arrecando lesioni che hanno richiesto cure dispensate dal servizio locale di pronto soccorso) e precisando che “ gli Stati membri possono, nei casi di cui all’articolo 20, paragrafo 4, della direttiva 2013/33, imporre, a seconda delle circostanze del caso e fatto salvo il rispetto dei requisiti di cui all’articolo 20, paragrafo 5, di tale direttiva, sanzioni che non hanno l’effetto di privare il richiedente delle condizioni materiali di accoglienza, come la sua collocazione in una parte separata del centro di accoglienza, unitamente ad un divieto di contatto con taluni residenti del centro o il suo trasferimento in un altro centro di accoglienza o in un altro alloggio, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), di tale direttiva…. analogamente, l’articolo 20, paragrafi 4 e 5, della direttiva 2013/33 non osta ad una misura di trattenimento del richiedente ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, lettera e), della direttiva in parola, purché siano soddisfatte le condizioni di cui agli articoli da 8 a 11 della stessa direttiva ”.

12. Alla luce della citata decisione, pertanto, l'art. 23, comma 1, lett. e) del d.lgs. n. 142/2015, laddove prevede la revoca dell'accoglienza quale misura sanzionatoria nei confronti del richiedente protezione internazionale, si pone in contrasto con la Direttiva 2013/33/UE, come interpretata dalla giurisprudenza comunitaria, e va quindi disapplicato. In proposito il Collegio condivide le valutazioni recentemente espresse dal Consiglio di Stato, secondo le quali “ il Collegio è consapevole che la declaratoria di illegittimità europea e la conseguente disapplicazione della normativa nazionale in contrasto con il diritto euro-unitario creano un vuoto normativo, in quanto l'ordinamento non prevede alcuna sanzione alternativa alla revoca a carico degli stranieri richiedenti protezione internazionale che si siano resi responsabili di comportamenti gravemente violenti. Né, allo stato, risulta alcun intervento del Legislatore atto a colmare il vuoto normativo venutosi a creare già per effetto della richiamata sentenza Corte di Giustizia dell'Ue - Grande Sezione del 12 novembre 2019 (resa nella causa C-233/2018). Rimane tuttavia riservato al Legislatore, nel rispetto del principio costituzionale della separazione dei poteri, il compito di apprestare una disciplina che adegui il regime delle sanzioni sia alle esigenze di ordine pubblico e sicurezza dello Stato, sia al particolare status dei richiedenti protezione internazionale, intervento divenuto ormai indifferibile, non potendo questo Giudice esimersi dal rispettare l'interpretazione del diritto europeo come fornita dalla Corte di Giustizia dell'Ue ” (Consiglio di Stato, sez. III, 15 dicembre 2022, n. 10999).

13. Per effetto della disapplicazione dell’art. 23, il parametro di legittimità del provvedimento impugnato è rappresentato dalla norma di cui all'art. 20, par. 4 e 5, della Direttiva 2013/33/UE, nonché dalla richiamata sentenza della Corte di Giustizia del 1° agosto 2022 (resa nella causa C-422/2021), tenuto conto che le pronunce della Corte di Giustizia dell'UE hanno efficacia diretta nell'ordinamento interno degli Stati membri, al pari dei regolamenti e delle direttive, vincolando sia le Amministrazioni che i giudici nazionali alla disapplicazione delle norme interne con esse confliggenti.

Orbene il citato art. 20, per come interpretato dalla giurisprudenza comunitaria, “ fonda un potere sanzionatorio degli Stati membri dell'Unione nei confronti dei richiedenti protezione internazionale i quali compiano i fatti ivi descritti, potere che tuttavia non può estendersi fino a comprendere la revoca delle misure di accoglienza ” (T.A.R. Toscana, Firenze, sez. II, 4 luglio 2022, n. 886).

Ne consegue che il provvedimento impugnato non può essere ritenuto legittimo, avendo l’amministrazione intimata esercitato un potere di revoca non previsto dall'ordinamento.

14. In conclusione, il ricorso è fondato e deve essere accolto, ferma restando la possibilità per l’amministrazione di adottare “ sanzioni che non hanno l’effetto di privare il richiedente delle condizioni materiali di accoglienza, come la sua collocazione in una parte separata del centro di accoglienza, unitamente ad un divieto di contatto con taluni residenti del centro o il suo trasferimento in un altro centro di accoglienza o in un altro alloggio, ai sensi dell’articolo 18, paragrafo 1, lettera c), di tale direttiva” (CGUE sez. X, 1 agosto 2022, C‑422/21, cit.) ovvero “ una misura di trattenimento del richiedente ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3, lettera e), della direttiva in parola, purché siano soddisfatte le condizioni di cui agli articoli da 8 a 11 della stessa direttiva ” (CGUE sez. X, 1 agosto 2022, C‑422/21, cit.).

15. Stante la peculiarità e la novità delle questioni trattate, le spese possono essere compensate.

16. In punto di spese va inoltre confermata l'ammissione del ricorrente al gratuito patrocinio, non risultando l’impugnazione manifestamente infondata e non essendo state comunicate variazioni rilevanti dei limiti di reddito ai sensi di quanto previsto dall'art. 79, lett. d, del d.p.r. n. 115 del 2002, che onera il soggetto ammesso in via provvisoria a godere del beneficio del gratuito patrocinio di comunicare le variazioni intervenute.

16.1. A tali fini, si liquida in favore del difensore del ricorrente avv. E T - ai sensi degli artt. 82 e ss. del D.P.R. n. 115/2002 e visti in particolare l’art. 82, comma 1, del D.P.R. n. 115 del 2002 e gli artt. 4, comma 2, 9 e 11 del D.M. n. 140/2012 nonché l’art. 4, comma 1, del D.M. n. 55/2014 - la somma di euro 500,00 (euro cinquecento/00) in ragione dell’opera complessiva prestata nella presente fattispecie, oltre accessori se dovuti.

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