TAR Bari, sez. II, sentenza 2020-11-03, n. 202001368

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2020-11-03, n. 202001368
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 202001368
Data del deposito : 3 novembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 03/11/2020

N. 01368/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00481/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1190 del 2014, proposto dal signor -O- -O-, rappresentato e difeso dall’avv. L P, con domicilio eletto presso il suo studio in Bari alla via Quintino Sella n. 120 e con domicilio digitale come da P.E.C. iscritta al registro generale degli indirizzi elettronici (ReGIndE);

contro

Corpo forestale dello Stato, Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali, non costituiti in giudizio;

per l’annullamento

- del procedimento di censura irrogato al ricorrente dal Capo del Corpo forestale dello Stato con decreto del 26.5.2014;

- della nota di apertura del procedimento disciplinare n. -O- del 27.06.2013;

- della relazione del funzionario istruttore del 18.11.2013;

- della nota n. -O- del 05.12.2013 di deferimento alla Commissione di Disciplina;

- della nota di Commissione di Disciplina n. -O- del 13.12.2013;

- della Deliberazione della Commissione di Disciplina del 27.3.2014 e di ogni atto connesso a firma dello stesso Organo;

- di tutti gli atti presupposti, ancorché ignoti, in quanto lesivi;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 22 settembre 2020 il dott. Lorenzo Ieva, nessun difensore comparso;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1.- Con il ricorso depositato come previsto in rito, l’assistente del Corpo forestale dello Stato in epigrafe impugnava il provvedimento disciplinare di censura inflittogli per la violazione dei doveri di servizio connessi alla corretta manutenzione e pulizia dell’arma in dotazione durante un’esercitazione di tiro presso il poligono a cielo aperto in agro di Barletta, alla località “Foce Ofanto”.

Accadeva, infatti, che, all’esercitazione di tiro, l’istante si presentasse con l’arma corta da fuoco in dotazione sporca di polvere, carente di adeguata pulizia, sì da porre in pericolo se stesso e gli altri colleghi del Corpo ugualmente intenti a procedere all’esercitazione.

Indi, ripreso dai superiori, si difendeva, anche nel corso dell’istruttoria disciplinare, argomentando circa l’occasionale sporcizia dell’arma, non dovuta a propria negligenza nelle periodiche operazioni di pulizia, bensì per l’essere stato “vittima” di un improvviso problema intestinale, tal d’averlo costretto a effettuare le proprie incombenze corporali, in modo forzatamente maldestro in campagna, sì da sporcare il cinturone e l’arma.

In punto di diritto, venivano articolati cinque motivi di ricorso volti a contestare sia la forma che la sostanza del provvedimento disciplinare applicato, per violazione di legge ed eccesso di potere.

2.- Notificato il ricorso, l’Avvocatura erariale non si costituiva.

3.- All’udienza pubblica del 22 settembre 2020, il ricorso veniva trattenuto in decisione.

4.- Le censure dedotte sono infondate.

4.1.- Con i primi due motivi (punti n. 14 e 15 dell’atto introduttivo), il ricorrente contesta la generica violazione degli articoli 78 e seguenti del d.P.R. 10 gennaio 1957 n. 3 ( iter e sanzioni del procedimento disciplinare) unitamente all’eccesso di potere per abnormità procedimentale, illogicità, contraddittorietà, sviamento di potere e di procedura.

Segnatamente, viene lamentata la tardività della relazione di servizio redatta diciassette giorni dopo, dalla giornata di addestramento al tiro del 19 aprile 2013, da un superiore gerarchico presente presso il poligono di tiro, nonché la carenza di accertamenti tecnici più approfonditi sull’arma e la mancata considerazione delle affermazioni testimoniali di due colleghi di lavoro, dallo stesso indicati come testi a favore, che hanno in effetti confermato l’episodio della improvvisa necessità corporale.

Tuttavia, il Collegio ritiene che non vi sia tardività nella redazione della relazione di servizio datata 3 maggio 2013 dal pubblico ufficiale Commissario capo -O-(acquisita al protocollo il 6 maggio 2013 con il n. -O-), in quanto il trascorrere del detto breve lasso di tempo è stato necessario per raccogliere i primi elementi utili alla contestazione disciplinare (c.d. accertamenti preliminari).

Quanto al dedotto vizio di eccesso di potere per vizi procedimentali e contraddittorietà dell’operato dell’Amministrazione, può osservarsi che, in base alla lettura dei documenti prodotti e, in specie, alla relazione conclusiva particolareggiata e documentata datata 18 novembre 2013 del Commissario capo -O-, in qualità di funzionario istruttore, gli accertamenti effettuati dall’Amministrazione sono immuni da vizi logici e sono stati condotti da personale esperto in materia di esercitazioni di tiro con arma da fuoco.

Difatti, che l’arma di dotazione del ricorrente fosse sporca lo si evince dalla verifica preliminare delle armi in dotazione, fatta dall’armaiolo incaricato, assistente -O-, che riscontrava la presenza interna all’arma nel carrello e nella canna di parecchi granuli di polvere.

L’arma (pistola Beretta mod. 92/FS) pure visionata dal funzionario direttore di tiro, Commissario capo -O-, alla presenza del Commissario capo -O-, nonché di altri agenti e graduati ivi presenti coinvolti nell’addestramento (-O-), presentava cumuli di polvere all’interno della stessa;
circostanza questa che denotava segni d’incuria e di cattivo stato di manutenzione (nota 3 maggio 2013 prot. n. -O-;
relazione istruttoria procedimento disciplinare del 18 novembre 2013).

Solo successivamente, il ricorrente, apertosi il procedimento disciplinare, ha tentato di giustificare la violazione dei doveri di servizio contestati, adducendo un episodio di causa di forza maggiore, che lo avrebbe costretto ad espletare un impellente bisogno corporale, appena giunto nella località “Foce Ofanto” in aperta campagna, dove doveva tenersi l’esercitazione di tiro, sì da provocare l’involontario imbrattamento dell’arma.

Sul punto, vi sono due dichiarazioni concordi da parte di colleghi di lavoro, smentite però da altri colleghi, i quali hanno negato che, durante il tragitto, il ricorrente avesse manifestato i prodromi del malessere, tal da costringerlo a precipitarsi nel canneto, una volta giunto a destinazione, appartandosi.

Anzi, secondo la ricostruzione di altri colleghi di lavoro, arrivato alla prefissata destinazione, il ricorrente si intratteneva con altri, fino all’approccio alle verifiche preliminari di tiro, ove veniva colto con l’arma di dotazione in cattivo stato.

Dirimente ogni questione è però la modalità con cui la pistola Beretta mod. 92/FS è portata indosso dal ricorrente. Come rilevato nella relazione istruttoria, l’arma di dotazione è portata all’interno di un cinturone con fondina del tipo coperto , tal da avvolgere e proteggere l’intera arma.

Inoltre, concordi osservazioni da parte dell’armaiolo, del direttore di tiro, di altri agenti sono nel senso del rinvenimento, anche nel carrello della pistola, di accumuli di polvere , materiale, orbene, per colore e consistenza, in nulla confondibili con terriccio argilloso o materia fecale, com’è invece stato sostenuto a discolpa.

In ogni caso, nell’immediatezza dei fatti, l’odierno ricorrente non ha informato dell’accaduto i propri superiori, o l’armaiolo, o il direttore di tiro, anche in modo riservato, bensì è stato colto in possesso dell’arma di dotazione sporca, venendo indi esonerato dall’attività d’esercitazione. Solo dopo la contestazione disciplinare, ha inteso fornire per iscritto la poco plausibile versione di giustificazione.

Né può accogliersi la tesi, pure sostenuta negli scritti difensivi del 25 luglio 2013 e anche nel corso dell’istruzione disciplinare, che la mancata informazione dell’accaduto ai propri superiori dipendesse da “motivi di privacy e di pudore, in quanto erano presenti delle signore e non si voleva suscitare disgusto”.

L’idonea pulizia dell’arma è infatti fondamentale per svolgere un’esercitazione di tiro, in sicurezza e in modo conforme ad un efficace addestramento. Al contrario, l’utilizzo di un’arma in cattivo stato di manutenzione può ingenerare pericolo per se stessi e per altri e inficiare la stessa precisione del tiro.

Sussisteva dunque il preciso dovere d’informare i superiori e i responsabili della specifica attività di servizio, nell’immediatezza, qualsivoglia circostanza che potesse frustrare il corretto svolgimento dell’esercitazione, con le modalità confacenti, anche in punto di privacy , concretamente possibili.

In sostanza, v’era il dovere di presentarsi all’esercitazione con l’arma in perfetto stato e qualsivoglia causa di forza maggiore andava rappresentata prontamente e spontaneamente, al limite ultimo prima dell’inizio della verifica preliminare delle armi.

Pertanto, la misura disciplinare della sola censura inflitta, quale biasimo scritto e motivato, è legittima e proporzionata.

Ergo , i predetti motivi di doglianza vanno respinti.

4.2.- Con il terzo motivo di ricorso (punto n. 16 dell’atto introduttivo), è contestata l’incompetenza per violazione dell’art. 100 del d.P.R. 10 gennaio 1957 n.

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