TAR Torino, sez. I, sentenza 2014-01-07, n. 201400006

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza 2014-01-07, n. 201400006
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 201400006
Data del deposito : 7 gennaio 2014
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00195/2001 REG.RIC.

N. 00006/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00195/2001 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 195 del 2001, proposto da:
M C, G C, M E e M L, rappresentati e difesi dagli avv.ti M G e L N, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, corso V. Emanuele II, 90;

contro

Comune Rivara Canavese, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso dall'avv. G S, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via Paolo Sacchi, 44;
Regione Piemonte, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore , non costituita;

per l'annullamento

della delibera della G.R. 31.7.2000 n. 7-594, con cui è stata approvata una variante al P.R.G.I. vigente della Comunità Montana "Alto Canavese" interessante il solo Comune di Rivara;
in quanto necessario della relazione della Direzione Regionale Pianificazione e Gestione Urbanistica in data 28.6.2000;

della deliberazione C.C. 14.1.2000 n. 1;
della deliberazione C.C. 26.11.1999 n. 46;
della Relazione della Direzione Regionale Pianificazione e Gestione Urbanistica 22.7.1999;
delle deliberazioni C.C. 20.2.1998 n. 12 - 14.11.1997 n. 46 - e 11.3.1997 n. 13;
di tutti gli atti presupposti, antecedenti, consequenziali, successivi e comunque connessi


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune Rivara Canavese;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2013 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I ricorrenti sono tutti proprietari di immobili siti nel Comune di Rivara e facenti parte di un piccolo nucleo edificato a carattere rurale denominato “Primefoglie”.

1.1 Il piano regolatore che interessa il territorio comunale è stato oggetto di una procedura di variante avviata con comunicazione del Sindaco del Comune di Rivara, del 31 dicembre 1996 prot. 5336, che notiziava la Comunità Montana Alto Canavese dell’intendimento dell’amministrazione di procedere alla modifica del piano regolatore generale intercomunale e preannunciava il successivo invio degli elaborati progettuali.

1.2 Con deliberazione del 14 febbraio 1997 il Consiglio Comunale approvava, quindi, il progetto preliminare di variante al P.R.G.C.I. della Comunità Montana “Alto Canavase” interessante il solo comune di Rivara.

1.3 I ricorrenti formulavano osservazioni e, con delibera C.C. del 14 novembre 1997, n. 46, venivano approvate la controdeduzioni del Comune e respinte le suddette osservazioni.

1.4 Con delibera C.C. del 20 febbraio 1998 n.12 veniva quindi adottato il progetto definitivo della variante, trasmesso alla Regione per l’approvazione definitiva.

1.5 A sua volta la Direzione Regionale Pianificazione Urbanistica formulava diverse osservazioni, contenute nella relazione del 22 luglio 1999.

1.6 Con delibera C.C. del 26 novembre 1999 n. 46 l’amministrazione comunale accoglieva in parte le osservazioni regionali modificando gli elaborati della variante e contemporaneamente esprimeva le proprie determinazioni sulle osservazioni non accolte, tra cui quelle dei ricorrenti.

1.7 Con delibera C.C. del 14 gennaio 2000 venivano quindi approvati i verbali della seduta del 26 novembre 1999.

1.8 La Direzione Regionale Pianificazione Urbanistica, con relazione del 28 giugno 2000, esprimeva parere favorevole all’approvazione della variante, previo inserimento di diverse modifiche ex officio.

1.9 Infine, con delibera della Giunta Regionale del 31 luglio 2000, n. 7-594, la variante in oggetto veniva approvata in via definitiva.

2. Avverso gli atti procedimentali meglio indicati in epigrafe sono stati dedotti in ricorso i seguenti motivi di censura.

I) Violazione dell’art. 17, 10° comma, L.R. 56/1977.

I ricorrenti osservano che, diversamente da quanto previsto dalla disposizione menzionata, pur venendo in rilievo una variante strutturale, dopo l’atto di adozione è stata omessa la trasmissione dello strumento adottato alla Comunità Montana, affinché questa potesse esprimere il proprio parere, sulla base della disamina dei contenuti del progetto in discussione. Il procedimento risulterebbe viziato, pertanto, dall’omissione di un passaggio istruttorio indispensabile.

II) Violazione degli artt. 1, 13 e 25 L.R. 56/1977. Difetto di motivazione e di istruttoria. Contraddittorietà.

Viene contestato l’inserimento all’interno dell’area T (area agricola di tutela ambientale) - comprensiva dei fondi di proprietà dei ricorrenti - di aree con destinazione insediamento attività sportivo-ricreative private e nuovo impianto, contrastanti con le linee generali dello strumento urbanistico. Tale scelta non sarebbe stata supportata da adeguata istruttoria e motivazione.

III) Difetto di istruttoria. Irrazionalità e illogicità manifesta. Difetto di motivazione sotto diverso profilo.

Nella versione definitiva della variante è stato previsto l’ampliamento della sede della strada privata prospiciente un fabbricato di proprietà dei ricorrenti (individuato al F. 2, mapp. 104), che potrebbe limitare o rendere particolarmente problematico l’accesso al detto edificio.

La scelta viene contestata sotto il profilo della sua logicità e dell’adeguatezza dell’istruttoria e della motivazione.

IV) Violazione dei principi in materia di regolare composizione degli organi collegiali, nonché dell’art. 127 T.U. 148/1915.

Nella seduta del 26 novembre 1999, conclusasi con l’approvazione della delibera n. 46, due dei sette consiglieri dichiaravano di astenersi dalla votazione e tuttavia rimanevano all’interno dell’aula, consentendo quindi il raggiungimento del numero legale ma condizionando con la loro presenza il dibattito e quindi viziando la regolarità della delibera.

3. A seguito della costituzione del Comune di Rivara e dello scambio di memorie difensive, il procedimento è pervenuto all’udienza pubblica del 12 dicembre 2013 e, all’esito della discussione, è stato trattenuto a decisione.

4. Il primo motivo di ricorso fa riferimento all’allora vigente art. 17, comma 10°, L.R. 56/1977, il quale disponeva che “le varianti ai Piani Regolatori Generali Intercomunali, ove riguardino il territorio di un solo Comune, sono formate, adottate e pubblicate dal Comune interessato previa informazione al consorzio o alla Comunità montana e per l'approvazione seguono le procedure del presente articolo. Qualora le varianti siano strutturali, ai sensi del comma 4, dopo l'adozione, il Comune trasmette la variante al consorzio o alla Comunità montana che esprime il proprio parere con deliberazione nel termine di sessanta giorni;
il parere è trasmesso dal Comune interessato alla Regione unitamente alla variante adottata, per gli adempimenti successivi così come stabiliti dall'articolo 15;
allo scadere del termine di sessanta giorni la variante è comunque trasmessa dal Comune alla Regione che assume le proprie determinazioni”.

4.1 I ricorrenti sostengono che la Comunità non sarebbe stata posta in condizione di esprimere il proprio parere sul progetto di variante, non avendolo mai ricevuto a seguito della preannunciata intenzione del Comune di Rivara di voler procedere alla modifica del P.R.G.I. (missiva del Sindaco del Comune di Rivara, del 31 dicembre 1996 prot. 5336).

4.2 Il Collegio ritiene che la censura non possa trovare accoglimento, in quanto basata su una ricostruzione dei fatti non rispondente all’effettivo svolgimento dell’iter istruttorio.

Dagli atti del procedimento allegati dalla parte resistente constano, infatti: a) una prima comunicazione, del 31 dicembre 1996, con la quale il Comune di Rivara annunciava alla Comunità Montana l’intendimento dell’amministrazione di procedere alla variante al P.R.G.I. e si impegnava al successivo invio degli elaborati del progetto preliminare (doc. 2 fasc. resist.);
b) una successiva pubblicazione all’albo pretorio della delibera di approvazione del progetto preliminare di variante, in data 11 marzo 1997 (doc. 3 fasc. resist.);
c) infine, l’invio in data 24 aprile 1997 alla Comunità Montana, “per i pareri di competenza”, della copia della deliberazione consiliare n. 3 del 14 febbraio 1997 e degli elaborati progettuali allegati alla variante.

Detta ultima comunicazione reca il timbro protocollare della Comunità Montana Alto Canavese del 28 aprile 1997 e risulta effettuata ai sensi dell’art. 15 comma 2 L.R.56/1977

(doc. 5 fasc. resist.).

4.3 Dai dati riportati si evince che la Comunità ha acquisito il progetto preliminare di variante con i relativi allegati e che sullo stesso è stata chiamata ad esprimere il proprio parere. Va ulteriormente chiarito che il progetto preliminare corrisponde nei suoi contenuti a quello adottato in via definitiva con delibera C.C. del 20 febbraio 1998 n. 12, sicché un ulteriore invio dell’elaborato, susseguente alla delibera di adozione, sarebbe risultato superfluo.

4.4 Ne consegue che la dedotta carenza dell’indispensabile passaggio istruttorio - costituito dall’invio della Comunità Montana degli elaborati del progetto di variante - non trova riscontro negli atti del procedimento e come tale va respinta.

5. Il secondo motivo di ricorso prende in esame i contenuti della variante di piano sotto due distinti profili.

5.1 La parte ricorrente premette che i terreni interessati dallo strumento urbanistico e facenti parte della Borgata Primefoglie, sono inseriti in un vasto comparto classificato come “T”, e cioè come area agricola di tutela ambientale.

L’art. 38 delle N.T.A., in funzione dell’obiettivo primario della valorizzazione del patrimonio ambientale e della tutela e rivitalizzazione delle attività agricole, stabilisce che tutte le superfici rientranti nelle aree “T” sono inedificabili e che in esse lo stato dei luoghi è immodificabile, sicché le uniche possibilità di intervento edilizio sono limitate al recupero e miglioramento dei fabbricati esistenti.

5.2 La previsione trova rispondenza sia nell’art. 13, ultimo comma, lett. a), L.R. 56/1977, che annovera come inedificabili le aree “da salvaguardare per il loro pregio paesistico o naturalistico o di interesse storico, ambientale, etnologico ed archeologico”;
sia negli artt. 11 e 25 della stessa legge urbanistica regionale, che fissano come “obiettivi prioritari la valorizzazione ed il recupero del patrimonio agricolo, la tutela e l'efficienza delle unità produttive, ottenute anche a mezzo del loro accorpamento ed ogni intervento atto a soddisfare le esigenze economiche e sociali dei produttori e dei lavoratori agricoli”;
sia, infine, nel comma 5 del citato art. 25 L.R. 56/1977, il quale specifica che “il Piano Regolatore non può destinare ad usi extragricoli i suoli utilizzati per colture specializzate, irrigue e quelli ad elevata produttività o dotati di infrastrutture e di impianti a supporto dell'attività agricola, e quelli inclusi in Piani di riordino fondiario ed irriguo di iniziativa pubblica in corso di attuazione e i piani aziendali o interaziendali di sviluppo o comunque componenti azienda accorpata, se non in via eccezionale, quando manchino le possibilità di localizzazione alternativa, per interventi strettamente necessari alla realizzazione di infrastrutture e servizi pubblici e di edilizia residenziale pubblica, nonché alla riqualificazione edilizia, di cui alla lett. d) dell'art. 11, e per gli interventi di completamento di cui alla lett. f), del 3° comma dell'art. 13 della presente legge;
ulteriori eventuali eccezioni devono essere circostanziatamente motivate”.

5.3 L’ambito territoriale in esame è sottoposto anche a vincolo idro-geologico ai sensi dell’art. 1 R.D. 3267/1923.

5.4 Alla luce dei dati sin qui richiamati, non si comprenderebbe - a detta dei ricorrenti - la scelta contenuta nella variante urbanistica di inserire all’interno della suddetta zona “T” un’area con destinazione SR1 (disciplinata dall’art. 23 bis NTA) e un’area con destinazione RN 17, (disciplinata dall’art. 30 NTA);
ove le aree SR sono destinate all’insediamento attività sportivo-ricreative private, mentre le RN sono quelle di nuovo impianto.

Tale scelta si rivelerebbe, infatti, confliggente sia con le linee generali dello strumento urbanistico, sia con le disposizioni normative sopra richiamate.

5.5 I ricorrenti rilevano, inoltre, che nell’area SR1 insiste un circolo tennistico privato realizzato negli anni settanta, in asserita violazione delle norme urbanistiche all’epoca vigenti.

La delibera di variante in oggetto beneficia il sito ricreativo in questione, legittimando lo stato di fatto esistente e autorizzando l’ampliamento del complesso sportivo, senza tuttavia specificare le ragioni di pubblico interesse sottese a tale scelta, se non con un sintetico cenno al fatto che l’area “è già di fatto utilizzata per campi da tennis e un edificio” (cfr. controdeduzioni alle osservazioni dei ricorrenti, allegate alla delibera C.C. del 14 novembre 1997, n. 46).

6. Il Collegio ritiene che il motivo di ricorso sia fondato e accoglibile.

6.1 In via generale occorre premettere che, per consolidato orientamento giurisprudenziale, le scelte urbanistiche operate dall'amministrazione titolare del potere di governo del territorio sono espressione di ampia discrezionalità nel definire la tipologia delle utilizzazioni delle singole parti del territorio medesimo, cosicché dette scelte, impingendo nel merito dell’azione amministrativa, non sono sindacabili dal giudice amministrativo, salvo che risultino incoerenti con l'impostazione di fondo dell'intervento pianificatorio o manifestamente incompatibili con le caratteristiche oggettive del territorio ovvero ancora affette da vizi macroscopici di illogicità e irrazionalità riconducibili nell'alveo dell'eccesso di potere.

6.2 Nel caso in esame, le censure dedotte da parte ricorrente sono tese, come già riferito, a porre in luce pretesi profili di illogicità della contestata scelta urbanistica e l’incoerenza della stessa con gli obiettivi sottesi alla revisione dello strumento urbanistico generale.

Trattasi, quindi, di censure astrattamente atte, ove condivise dal giudicante, a fondare l’invocata statuizione caducatoria.

6.3 Nel merito, la scelta di pianificazione qui in contestazione appare obiettivamente contrastante con le linee generali del progetto di variante e con i contenuti di qualità affermati nella relazione illustrativa, e, quindi, più precisamente, con i limiti edificatori connessi alla classificazione dell’area “T” come area agricola di tutela ambientale (art. 38 NTA). Tale dissonanza non trova alcuna giustificazione nelle deduzioni formulate in replica alle osservazioni dei ricorrenti, non potendosi annettere allo stato di fatto dei luoghi – tanto più se difforme dall’utilizzo urbanistico ammesso dalle norme vigenti – alcuna rilevanza quale criterio di indirizzo della pianificazione urbanistica.

6.4 Né può trarsi valido argomento da un’eventuale e implicita volontà di sanare l’edificazione esistente, trattandosi di finalità estranea ai prefissati obiettivi generali della pianificazione e comunque scissa da una più ampia considerazione della compatibilità delle opere con il contesto ambientale di riferimento e con le programmate linee generali di organizzazione del territorio.

6.5 I riferimenti normativi di cui alla L.R. 56/1977 consolidano la valutazione di illegittimità qui espressa, in quanto segnalano in maniera concorde l’esigenza di particolare salvaguardia delle aree agricole e ambientali;
e la conseguente necessità che eventuali destinazioni ad uso extra-agricolo abbiano luogo solo ove strettamente necessarie e sulla base di una circostanziata motivazione. Sotto entrambi i profili la previsione di inserimento dell’area con destinazione SR1 appare incongrua e non adeguatamente giustificata.

Sussistono, pertanto, i denunciati profili di illogicità e incoerenza della scelta operata con il nuovo piano che, in conseguenza, deve essere annullato in parte qua.

7. Per ciò che concerne, invece, l’area di nuovo impianto RN 17, va detto che la Direzione Regionale Pianificazione e Gestione Urbanistica, nella propria relazione del 22 luglio 1999, aveva osservato che “… il piccolo nucleo edificato a carattere rurale Primefoglie si inserisce in un contesto naturale ancora integro denominato “zona Pescemonte” di discreto pregio paesistico. In relazione al carattere episodico dell’intervento proposto, alla difficoltosa accessibilità dell’area e alla necessità di evitare la compromissione del versante e le sue valenze paesaggistiche e ambientali, si ritiene necessario eliminare tale previsione;
un’eventuale conferma della stessa, potrà essere valutata solo se supportata da documentate esigenze insediative (comunque contenute e normate sotto il profilo tipologico) e da adeguate modalità attuative che garantiscano il complessivo miglioramento della viabilità di accesso e l’allacciamento ai necessari sistemi infrastrutturali”.

7.1 Il Comune aveva replicato alle osservazioni della Regione ponendo in rilievo che “l’area in oggetto si inserisce tra la zona SR1 a nord, la Borgata Primefoglie a est e a sud, pertanto si ritiene utile compattare l’edificato. Per quanto attiene la localizzazione si precisa che il sito è stato oggetto di richiesta ad edificare da parte dei privati e ritenuto ammissibile sotto il profilo urbanistico dato anche l’esiguo carico insediativo proposto”.

7.2 La Direzione Regionale Pianificazione e Gestione Urbanistica, a seguito delle determinazioni comunali, aveva concluso, nella propria relazione del 28 giugno 2000, che le “motivazioni addotte in sede controdeduttiva per la conferma dell’intervento consentono una valutazione meno negativa della previsione;
in proposito occorre anche tenere conto che le previsioni di modesta entità urbanistica, quale quella in questione, rientrano più propriamente nell’ambito di discrezionalità pianificatoria dell’amministrazione comunale, alla quale competono oneri e responsabilità derivanti dalla ricaduta territoriale delle scelte effettuate”.

7.3 Il Collegio ritiene che anche con riferimento all’inserimento dell’area di nuovo impianto RN 17, siano ravvisabili i già segnalati vizi di illogicità e incoerenza della scelta pianificatoria.

Le ragioni che rendono conto di tale giudizio sono rinvenibili nelle stesse osservazioni inizialmente avanzate dalla Regione e poco dopo immotivatamente abbandonate.

In quei rilievi si poneva in evidenza il carattere rurale del piccolo nucleo edificato e la valenza paesaggistica dell’ancora integro contesto naturale.

Correttamente si sottolineava l’incoerenza del previsto inserimento dell’area di nuovo impianto, trattandosi di previsione edificatoria di “carattere episodico”, confliggente con la necessità di evitare la compromissione del versante e le sue valenze paesaggistiche e ambientali. Si condizionava, infine, un’eventuale rivalutazione della previsione urbanistica al ricorrere di tutta una serie di riscontri istruttori e di indicazioni di maggior dettaglio che il Comune era chiamato a fornire.

7.4 Le controdeduzioni del Comune non paiono aver modificato la validità delle basi argomentative del primo giudizio espresso dalla Regione: prova ne sia il fatto che quel giudizio è stato solo attenuato, risultando così “meno negativo” del precedente.

Ed infatti, per quanto consta dalla documentazione versata in atti, il Comune non ha meglio comprovato le concrete esigenze insediative (“contenute e normate sotto il profilo tipologico”, come richiesto dalla Regione), né ha circostanziato le “adeguate modalità attuative che garantiscano il complessivo miglioramento della viabilità di accesso e l’allacciamento ai necessari sistemi infrastrutturali”.

7.6 Le perplessità nuovamente indotte nella Direzione Regionale dall’assenza dei richiesti approfondimenti progettuali, si sono tradotte per un verso nella prescrizione di tutta una serie di condizioni limitative alle quali la Regione ha ritenuto necessario assoggettare gli interventi edificatori (quali la necessità di concessioni convenzionate, il miglioramento della viabilità esistente, la realizzazione del tratto fognario, etc..);
e, per altro verso, in una considerazione di vago sapore declinatorio, con la quale la Regione ha rimesso al Comune “oneri e responsabilità derivanti dalla ricaduta territoriale delle scelte effettuate”.

7.7 Ferme le carenze istruttorie emerse nel contraddittorio tra i due enti coinvolti nell’approvazione della variante, resta da osservare che il segnalato carattere episodico dell’insediamento previsto nell’area RN 17, a parere del Collegio aggrava, e non alleggerisce, la valutazione di contraddittorietà e incoerenza con gli obiettivi di salvaguardia del contesto naturale: ciò in quanto, nel bilanciamento tra le opposte esigenze - abitative da un lato e di tutela paesaggistica dall’altro - laddove le prime risultino di scarsa consistenza, appare più ragionevole garantire la preservazione dell’integrità del territorio, trattandosi di obiettivo prioritario e in linea con le finalità generali del piano di variante e delle disposizioni normative di indirizzo. Al contempo, l’esiguo carico insediativo proposto, proprio perché finalizzato ad un insediamento residenziale molto contenuto, avrebbe imposto di valutare localizzazioni alternative e di minor impatto.

7.8 Va ancora aggiunto che le menzionate esigenze di nuovo insediamento abitativo, comprovanti l’appetibilità edificatoria dell’area, non sono state in alcun modo dimostrate, e che la previsione dell’area di nuovo impianto risulta anch’essa difforme dal criterio normativo sopra richiamato della “stretta necessità” delle destinazioni ad uso extra-agricolo e dell’esigenza di una “circostanziata motivazione” a loro supporto.

7.9 In conclusione, anche con riferimento all’area di nuovo impianto RN 17 appaiono ravvisabili i denunciati profili di illogicità e incoerenza, oltre che di carenza di adeguata motivazione della scelta operata. Ne consegue che il nuovo piano deve essere annullato anche in parte qua .

8. Il terzo motivo di ricorso attiene al previsto ampliamento della sede della strada privata prospiciente il fabbricato di proprietà dei ricorrenti, individuato al F. 2, mapp. 104, dal quale gli stessi ricorrenti temono poter derivare l’impossibilità di accedere alla loro proprietà.

8.1 In ricorso si specifica che l’attuazione di tale previsione comporterà l’acquisizione, da parte del Comune, di una porzione del terreno (di proprietà privata) antistante l’edificio dei ricorrenti.

La scelta pianificatoria viene quindi censurata come illogica e superficiale, non essendo stata anticipata da preventive verifiche e rilievi in loco e da un’adeguata motivazione che comparasse l’interesse pubblico con il sacrifico imposto al privato.

8.2 Secondo quanto riferito dalle parti all’udienza pubblica di discussione e allegato in atti, la prevista opera di ampliamento non ha avuto, ad oggi, alcuna attuazione.

8.3 Il Collegio ritiene, quindi, che essendo decorso oltre un decennio dall’approvazione della variante e, quindi, dall’introduzione del vincolo espropriativo preordinato alla realizzazione dell’ampliamento stradale, sia venuto meno l’interesse della parte ricorrente alla caducazione in parte qua della variante di piano, atteso che detto vincolo, ormai scaduto e non rinnovato, deve intendersi decaduto e quindi non più attuabile.

9. L’ultimo motivo di ricorso prende le mosse dal fatto che nella seduta del 26 novembre 1999, conclusasi con l’approvazione della delibera n. 46, due dei sette consiglieri dichiaravano di astenersi dalla votazione e tuttavia rimanevano all’interno dell’aula, consentendo quindi il raggiungimento del numero legale ma, a detta dei ricorrenti, condizionando con la loro presenza il dibattito e quindi alterando il regolare funzionamento dell’organo collegiale.

Fa rilevare la parte resistente, tuttavia, che con successiva delibera n. 1 del 14 gennaio 2000, non ulteriormente impugnata, sono stati nuovamente approvati i verbali della seduta del 26 novembre 1999 (doc. 10 fasc. resist.).

Dunque, essendo intervenuta la nuova delibera a convalida della precedente (cfr. T.A.R. Latina, sez. I 11 aprile 2013, n. 312;
T.A.R. Marche, 19 settembre 2003, n. 1005), risulta cessato l’interesse all’impugnativa con riferimento al motivo di ricorso in esame.

L’esito del giudizio, la peculiarità delle questioni trattate e la natura degli interessi coinvolti, integrano giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.

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