TAR Napoli, sez. I, sentenza 2018-12-03, n. 201806945
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Pubblicato il 03/12/2018
N. 06945/2018 REG.PROV.COLL.
N. 01919/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1919 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati G L, B L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Napoli, viale Gramsci, 23;
contro
Comune di -OMISSIS-, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato L P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ufficio Territoriale del Governo - Prefettura di Napoli, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliataria
ex lege
in Napoli, via Armando Diaz, 11;
Anac - Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante p.t., non costituito in giudizio;
per l'annullamento
del provvedimento del Responsabile del III Assetto e Gestione del Territorio del Comune di -OMISSIS- prot. n. 6905 del 16 marzo 2018, notificato in pari data, con il quale è stato disposto il recesso unilaterale dal contratto di concessione dei lavori di recupero e completamento della piscina comunale e di gestione del relativo servizio assegnato alla -OMISSIS-, stipulato in data 6 maggio 1995, in dichiarata esecuzione del provvedimento prefettizio interdittivo antimafia prot. 0025823 del 31 gennaio 2018, nonché di tutti gli atti anteriori, preordinati, connessi e consequenziali, tra cui il decreto del Prefetto di Napoli n. 0045875 del 21 febbraio 2018 con la quale è stata dichiarata l'insussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 32, comma 10, del D.L. n. 90 del 2014, convertito in legge n. 114/2014 sulla base del parere negativo dell'Anac prot. 0015632 del 19 febbraio 2018, secondo cui non ricorrono i requisiti indispensabili per giustificare il ricorso alla predetta misura di commissariamento, del testé citato provvedimento del Prefetto di Napoli, prot. 0025823 del 31 gennaio 2018, nonché della della determina prot. 10365 del 2 maggio 2018, con la quale è stata sospesa la precedente determina 16 marzo 2018.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS- e dell’Ufficio Territoriale del Governo - Prefettura di Napoli;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 7 novembre 2018 il dott. Gianluca Di Vita e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
La -OMISSIS-, già affidataria dei lavori di recupero e completamento della piscina comunale coperta di -OMISSIS- gestiva il predetto impianto sportivo in regime di concessione per la durata di 25 anni in forza del contratto rep. n. 697 del 6 maggio 1995.
Il ricorso in trattazione ha ad oggetto il provvedimento in epigrafe prot. n. 6905 del 16 marzo 2018 con cui il Comune di -OMISSIS- ha disposto il recesso unilaterale dal suddetto contratto di concessione.
L’atto impugnato è stato adottato in dichiarata esecuzione del provvedimento prot. 25823 del 31 gennaio 2018 con cui il Prefetto di Napoli ha ravvisato a carico della Polisportiva ricorrente la sussistenza di situazioni di infiltrazione criminale ai sensi degli artt. 84 e 91 del D.Lgs. n. 159/2011 e, nelle premesse, menziona anche il successivo provvedimento prefettizio n. 0045875 del 21 febbraio 2018 con il quale è stata dichiarata l'insussistenza dei presupposti per l'applicazione dell'art. 32, comma 10, del D.L. n. 90 del 2014, convertito in legge n. 114/2014 sulla base del parere negativo dell'Anac prot. 0015632 del 19 febbraio 2018.
A sostegno dell’esperito gravame parte ricorrente deduce violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 159/2011, della L. n. 241/1990, eccesso di potere per omessa ed incongrua motivazione, difetto di istruttoria, violazione degli artt. 42, 81 e 97 della Costituzione, illegittimità derivata.
Conclude con le richieste di accoglimento del gravame e di conseguente annullamento degli atti impugnati.
Si sono costituiti il Comune di -OMISSIS- e la Prefettura di Napoli che si oppongono all’accoglimento del ricorso.
All’udienza del 7 novembre 2018 la causa è passata in decisione.
DIRITTO
Il Tribunale è chiamato a valutare la legittimità del provvedimento in epigrafe con cui, in seguito all’adozione di una informativa antimafia ostativa ex artt. 84 e 91 del D.Lgs. n. 159/2011 a carico della -OMISSIS- s.r.l., il Comune di -OMISSIS- ha esercitato il recesso dal contratto di concessione rep. n. 697 del 6 maggio 1995 stipulato con il predetto operatore per la gestione della piscina comunale coperta di via -OMISSIS- ai sensi dell’art. 94 del menzionato decreto.
Con il primo motivo di diritto la ricorrente lamenta la mancata applicazione dell’art. 94, comma 3, del D.Lgs. n. 159/2011 che consente alle amministrazioni di proseguire il rapporto con il concessionario qualora, nel caso di concessione di servizi pubblici essenziali per il perseguimento dell’interesse pubblico, il soggetto fornitore non sia sostituibile in tempi rapidi;assume inoltre il difetto di motivazione in quanto la scelta di procedere al recesso non costituirebbe una decisione vincolata ma discrezionale, frutto di valutazione che andava motivata anche sulla sostituibilità del gestore, tenuto conto della rilevanza degli interessi pubblici incisi dall’azione amministrativa.
Il rilievo è infondato.
L’art. 94 del Codice Antimafia rubricata "Effetti delle informazioni del Prefetto" , al primo comma dispone che "1. Quando emerge la sussistenza (...) di un tentativo di infiltrazione mafiosa, di cui all'articolo 84, comma 4 ed all'articolo 91, comma 6, nelle società o imprese interessate, i soggetti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2 cui sono fornite le informazioni antimafia, non possono stipulare, approvare o autorizzare i contratti o subcontratti, né autorizzare, rilasciare o comunque consentire le concessioni e le erogazioni" .
Al comma 2 l’articolo prosegue stabilendo che "2. Qualora il Prefetto non rilasci l'informazione interdittiva entro i termini previsti, ovvero nel caso di lavori o forniture di somma urgenza di cui all'articolo 92, comma 3 qualora la sussistenza di una causa di divieto indicata nell'articolo 67 o gli elementi relativi a tentativi di infiltrazione mafiosa di cui all'articolo 84, comma 4, ed all'articolo 91 comma 6, siano accertati successivamente alla stipula del contratto, i soggetti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2, salvo quanto previsto al comma 3, revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l'esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite".
Il successivo comma 3 dello stesso articolo così statuisce: "3. I soggetti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2, non procedono alle revoche o ai recessi di cui al comma precedente nel caso in cui l'opera sia in corso di ultimazione ovvero, in caso di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell'interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi".
Secondo l’indirizzo espresso dal Consiglio di Stato (Sez. IV, n. 3247/2016), laddove l’informativa antimafia interdittiva sopravvenga in corso di esecuzione di un contratto stipulato con la pubblica amministrazione, ciò non costituisce una “sopravvenienza” impeditiva dell’ulteriore esecuzione del contratto stipulato, bensì l’accertamento dell’incapacità originaria del privato ad essere parte contrattuale della pubblica amministrazione.
L’amministrazione non ha facoltà di sindacare il contenuto dell'informativa prefettizia, poiché è al Prefetto che la legge demanda in via esclusiva la raccolta degli elementi e la valutazione circa la sussistenza del tentativo di infiltrazione mafiosa (Consiglio di Stato, Sez. VI, n. 197/2002) e, quindi, deve escludersi che spetti una qualche facoltà alla medesima di non sciogliersi dal rapporto in essere, nonostante il collegamento dell'impresa con organizzazioni malavitose sia stato accertato.
Tale possibilità costituisce ipotesi eccezionale rispetto alla regola generale che impone la risoluzione del rapporto ed è stata riconosciuta dal richiamato comma 3, a tenore del quale "I soggetti di cui all'articolo 83, commi 1 e 2, non procedono alle revoche o ai recessi di cui al comma precedente nel caso in cui l'opera sia in corso di ultimazione ovvero, in caso di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell'interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi".
Dalla lettura combinata delle succitate prescrizioni normative è agevole desumere che la facoltà di continuare il rapporto è ipotesi - data l'evidente ratio di pieno sfavore legislativo alle infiltrazioni mafiose nei contratti pubblici - all'evidenza, remota e residuale, e dunque consentita al solo fine di tutelare l'interesse pubblico attraverso una valutazione di convenienza in relazione a circostanze particolari, quali il tempo dell'esecuzione del contratto o la sua natura, o la difficoltà di trovare un nuovo contraente, se la causa di decadenza sopravviene ad esecuzione ampiamente inoltrata.
Dunque deve concludersi in termini più generali che l’amministrazione, mentre può richiamare l'informativa a supporto della decisione di risolvere il contratto, senza addurre particolari giustificazioni, ha viceversa il dovere di motivare adeguatamente nel caso in cui, nonostante la presenza di un inquinamento mafioso, l'interesse pubblico alla completa esecuzione del contratto sia così pregnante da legittimare un'impresa sospetta ad effettuare pubbliche commesse.
Ne consegue che, nel caso specifico, l’omessa esplicitazione delle ragioni per le quali l’amministrazione abbia preferito recedere dalla concessione anziché avvalersi della previsione di cui al comma 3 dell’art. 94 non inficia la legittimità dell’azione amministrativa. In altri termini, l’adottato recesso contrattuale, ex lege motivato mediante sufficiente rinvio alla interdittiva antimafia prefettizia, sottende l’implicita volontà di non proseguire nel rapporto giuridico, come tale non soggetta ad alcun ulteriore obbligo motivazionale. Né è predicabile la tesi secondo cui l’amministrazione fosse tenuta comunque ad eccezionalmente conservare il contratto, dovendosi per converso accordare prevalenza alle conseguenze derivanti dal giudizio di disvalore operato a monte dalla legge in ordine alla situazione certificata dall’informativa antimafia.
Con ulteriore motivo di gravame parte ricorrente deduce la violazione dell’art. 92 del Codice Antimafia, secondo cui, in caso di recesso, è fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite ed il rimborso delle spese sostenute per l’esecuzione del rimanente nei limiti delle utilità conseguite;in particolare, la istante sostiene che la determina impugnata avrebbe dovuto essere preceduta da una deliberazione consiliare, o quanto meno di Giunta Municipale, che prevedesse la copertura finanziaria e l’imputazione in uno specifico capitolo di bilancio delle somme spettanti al concessionario.
L’argomentazione non ha pregio dovendosi invero ritenere che il mancato riconoscimento della pretesa economica riveniente dalla predetta disposizione unitamente al disposto recesso non costituisce un vizio dell'atto di recesso, ma consente eventualmente al privato di agire, previa verifica dei presupposti di legge, per ottenere la corresponsione. In altri termini, il previo pagamento di tali importi non è presupposto di legittimità del recesso contrattuale conseguente a informativa antimafia che, viceversa, costituisce scelta vincolata dell’amministrazione.
Venendo alle censure di illegittimità in via derivata, con un primo ordine di rilievi la società ricorrente contesta la legittimità del provvedimento del Prefetto di Napoli del 21 febbraio 2018 - richiamato nel provvedimento emesso dal Comune di -OMISSIS- - con cui è stato opposto il diniego all’applicazione della misura di gestione straordinaria ex art. 32 del D.L. n. 90/2014, sostenendo di svolgere un servizio di interesse pubblico essenziale consistente in attività sportive e riabilitative in favore di soggetti affetti da disturbi della relazione.
In proposito, espone di aver proposto distinto ricorso iscritto al numero di R.G. 1161/2018 avverso il provvedimento menzionato e lamenta che il Prefetto di Napoli ha ritenuto non applicabili i presupposti del comma 10 dell’art. 32, senza operare alcuna istruttoria in merito alla gravità o meno dei fatti e dell’entità degli interventi da eseguire per poter consentire la prosecuzione della concessione in essere.
Ancora, con una distinta censura sostiene che il Prefetto avrebbe illegittimamente invertito il procedimento, in quanto, prima di svolgere una propria istruttoria, ha sollecitato il rilascio del parere di competenza del Presidente dell’Anac al quale, ai sensi dell’art. 32 comma 10, la Prefettura è tenuta solo a comunicare l’intervenuta adozione delle misure eventualmente disposte.
Aggiunge che il decreto prefettizio del 21 febbraio 2018 richiamato dal provvedimento dirigenziale comunale sarebbe altresì illegittimo, in quanto l’autorità emanante non avrebbe tenuto conto dei principi di ragionevolezza e proporzionalità tali da dover arrecare il minor sacrificio dell’interesse del privato coinvolto dalla misura interdittiva antimafia, né avrebbe indicato le ragioni sottese al suo convincimento di preferire una soluzione rispetto ad un’altra.
Infine, sussisterebbe contraddittorietà con provvedimenti emessi da altre Prefetture che, in casi analoghi, avrebbero adottato la misura di cui all’art. 32 del D.L. n. 90/2014 al fine di assicurare la prosecuzione dell’attività d’impresa.
In accoglimento dell’eccezione sollevata dal Comune di -OMISSIS- (cfr. pag. 6 - 7 della memoria difensiva), va dichiarata l’inammissibilità delle censure riportate per carenza di interesse.
Invero, il provvedimento prefettizio di diniego del 21 febbraio 2018 è stato superato da una successiva attività di riesame svolta dall’amministrazione, all’uopo compulsata con ordinanza cautelare n. 573/2018 emessa nel distinto giudizio R.G. n. 1161/2018;la Prefettura ha proceduto ad un rinnovazione dell’istruttoria e all’indizione di una conferenza di servizi e, all’esito, con provvedimento del 28 maggio 2018, ha adottato un nuovo provvedimento reiettivo che, nell’ambito del distinto giudizio R.G. n. 1161/2018, è stato gravato con motivi aggiunti.
I rilievi proposti avverso la mancata adozione della misura di gestione straordinaria ex art. 32 del D.L. n. 90/2014 sono stati proposti dalla ricorrente nel distinto ricorso R.G. 1161/2018, scrutinati e negativamente delibati con sentenza n. 6824/2018 alla quale si rinvia in questa sede.
Per quanto rileva nel presente giudizio, il provvedimento di recesso del Comune di -OMISSIS- è legittimo in quanto, alla sua data di adozione, non era stata adottata la misura della gestione straordinaria dell’art. 32 del D.L. n. 90/2014. Trova infatti applicazione l’indirizzo del Consiglio di Stato, Sez. III, n. 3247/2016 secondo cui, fino all’adozione della misura in questione (laddove, ovviamente, il Prefetto ritenga sussistenti i presupposti di cui all’art. 32) l’informativa mantiene inalterati tutti gli effetti interdittivi di cui all’art. 94 del D.Lgs. n. 159/2011, salva l’eccezionale ipotesi di cui al suo comma 3 che, come si è visto, consente all’amministrazione di non procedere alle revoche e ai recessi di cui al comma 2 “nel caso in cui l’opera sua in corso di ultimazione ovvero, in caso di fornitura di beni e servizi ritenuta essenziale per il perseguimento dell’interesse pubblico, qualora il soggetto che la fornisce non sia sostituibile in tempi rapidi” .
Infine, con le ultime censure deduce l’illegittimità in via derivata della determina dirigenziale del Comune di -OMISSIS- in quanto fondata sulla interdittiva antimafia ex artt. 84 e 91 del D.Lgs. n. 159/2011 del 31 gennaio 2018, impugnata con distinto ricorso R.G. n. 484/2018 di cui ripropone le censure.
I rilievi vanno dequotati alla luce delle argomentazioni svolte nel distinto giudizio con sentenza n. 6824/2018 - che ha avuto ad oggetto più ricorsi riuniti, tra i quali, quelli R.G. n. 484/2018 e n. 1161/2018 - con cui è stata accertata la legittimità dell’informativa antimafia e alla quale si fa rinvio ai sensi dell’art. 74 c.p.a. ( “Nel caso in cui ravvisi la manifesta fondatezza ovvero la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso, il giudice decide con sentenza in forma semplificata. La motivazione della sentenza può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo ovvero, se del caso, ad un precedente conforme” ).
In conclusione, richiamate le svolte considerazioni, il ricorso va complessivamente respinto.
La peculiare natura delle questioni esaminate giustifica la compensazione delle spese processuali tra le parti costituite.