TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2017-03-13, n. 201700415

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2017-03-13, n. 201700415
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catanzaro
Numero : 201700415
Data del deposito : 13 marzo 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 13/03/2017

N. 00415/2017 REG.PROV.COLL.

N. 01135/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1135 del 2014, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato G G C, con domicilio eletto presso lo studio Francesco Leone in Catanzaro, viale De Filippis, 214;

contro

Questura di Cosenza, Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Catanzaro, via G.Da Fiore, 34;

per l'annullamento

del provvedimento del 24/3/2014 del questore di Cosenza, di divieto rientro nel comune di Firmo.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2017 la dott.ssa Germana Lo Sapio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Il provvedimento oggetto della domanda di annullamento adottato ex art. 2 D. Lgs. 159/2011 è motivato sulle seguenti valutazioni:

- il ricorrente era stato sorpreso all’interno di un’area sequestrata, perché adibita a discarica abusiva mentre si accingeva ad abbandonare rifiuti speciali di natura ferrosa (condotta per la quale veniva denunciato);

- non risultava avere residenza nel Comune di Firmo né interessi patrimoniali o economici;

- “ sulla base degli elementi di fatto sopra riportati ” l’interessato, con precedenti di polizia, era pertanto da ritenersi soggetto pericoloso per la sicurezza pubblica.

A fondamento del petitum , il ricorrente deduce vizio di violazione di legge ex art. 7 L. 241/90 e di eccesso di potere per insufficienza della motivazione, deducendo tra l’altro che pur non avendo la residenza il destinatario dimorava da molti mesi nel Comune di Firmo, frequentando uno dei figli la locale scuola pubblica.

All’esito dell’istruttoria, sollecitata con ordinanza della Sezione 1663/2016, all’udienza del 22 febbraio 2017 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Il ricorso è infondato.

Le misure di prevenzione di cui all’art. 1 D.lgs. 159/2011 esulano da giudizi di colpevolezza e prescindono da illeciti giudizialmente accertati in sede penale (cfr. ex multis, T.A.R. Roma, sez. I, 25 luglio 2016, n. 8454.

Nel caso specifico, il ricorrente è stato colto in flagranza mentre si accingeva a compiere reati di natura ambientale, risulta avere precedenti di polizia (e tale ultima circostanza non è neanche stata contestata dall’interessato).

Anche la circostanza della mancanza di residenza nel Comune cui si riferisce il divieto di rientro, rispetto alla quale sono stati svolti accertamenti istruttori, è stata suffragata dalla nota informativa della Compagnia dei Carabinieri di Castrovillari depositata in data 7 ottobre 2016, dalla quale è emerso che -OMISSIS-non risulta avere mai avuto la residenza nel Comune di Firmo, ma solo che per un anno scolastico il figlio minore era stato iscritto presso una scuola pubblica locale;
elemento di per sé insufficiente a qualificare la dimora presso il comune come “stabile” .

Deve concludersi pertanto nel senso che, nei limiti del sindacato giudiziale esperibile in materia di misure di prevenzione, non sussiste alcun travisamento dei fatti tale da far ritenere illogica o irragionevole la valutazione operata dall’amministrazione statale.

Non può peraltro essere accolta neanche la censura formale di violazione ex art. 7 l. 241/90, poiché da un lato è emerso dagli atti che la stessa è stata notificata in data 13 febbraio 2014, ma trattandosi, in generale di misure di polizia connotate, proprio per la funzione preventiva cui sono dirette, da un’urgenza qualificata (cfr. T.A.R. Trento, sez. I, 11 settembre 2013, n. 304).

Al rigetto del ricorso consegue secondo il principio di soccombenza, la condanna al pagamento delle spese di lite a carico del ricorrente.

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