TAR Bari, sez. III, sentenza 2010-03-11, n. 201000920

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. III, sentenza 2010-03-11, n. 201000920
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201000920
Data del deposito : 11 marzo 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00604/2001 REG.RIC.

N. 00920/2010 REG.SEN.

N. 00604/2001 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 604 del 2001, proposto da:
P A, rappresentata e difesa dagli avv. A J, E S e G S, con domicilio eletto con l’avv. A J in Bari, presso lo studio dell’avv. A. Clli in via Principe Amedeo 82a;

contro

Provveditorato agli Studi di Foggia in persona del Provveditore pro tempore, Ministero della Pubblica Istruzione in persona del Ministro pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bari, domiciliata per legge in Bari, via Melo, 97;

Commissione esame concorso;

nei confronti di

S L, rappresentato e difeso dagli avv. N P e A S, con domicilio eletto presso l’avv. N P in Bari, via Melo 172;

P Gd in Pasqualicchio, Selder Gabriele Johanna;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

della nota prot. n. 7227 del 22.1.2001 del Provveditore agli studi di Foggia con la quale si è disposta l’esclusione della ricorrente dal corso abilitante relativo alla classe C/034 – conversazione di lingua straniera tedesco;

della nota, presupposta, prot. 11040 del 16.1.2001 del Provveditore agli studi di Foggia con la quale si è disposto di depennare l’odierna ricorrente dalla graduatoria permanente – L. 124/99 e D.M. 146/2000 e, nei limiti dell’interesse della ricorrente,

della graduatoria permanente – L. 124/99 Scuola Secondaria di II grado – graduatoria definitiva – classe C034 del Provveditorato agli studi di Foggia.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Provveditorato agli Studi di Foggia;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Pubblica Istruzione;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di S L;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11 febbraio 2010 la dott. Francesca Petrucciani e udito per la ricorrente il difensore avv. Bartolomeo Macina, su delega dell’avv. A S, nessuno comparso per le Amministrazioni resistenti;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:

FATTO

Con il ricorso in epigrafe Antonietta Perna ha impugnato i provvedimenti con i quali è stata esclusa dal corso abilitante all’insegnamento e dalla relativa graduatoria permanente per la Scuola Secondaria di II grado.

La ricorrente ha esposto di aver partecipato al corso abilitante e inoltrato domanda per essere inserita nella graduatoria permanente degli aspiranti all’insegnamento di conversazione in lingua tedesca nella provincia di Foggia;
tuttavia la controinteressata Gabriela Johanna Selder aveva inoltrato ricorso al Provveditore agli studi rilevando che la Perna era sprovvista del titolo di studio richiesto dalla legge, costituito dal diploma di scuola secondaria superiore conseguito in paese nel quale la lingua oggetto di conversazione è lingua madre;
la ricorrente aveva quindi, su richiesta del Provveditore, inviato copia della dichiarazione di valore del proprio titolo di studio proveniente dal Consolato Generale d’Italia di Francoforte, attestante che il titolo corrispondeva a titolo finale di un istituto statale secondario di II grado ad indirizzo professionale;
ciononostante il Provveditorato le aveva comunicato l’esclusione dalla graduatoria permanente in quanto il titolo non risultava corrispondente ad un diploma di scuola secondaria di II grado;
con successiva nota le era stata comunicata anche l’esclusione dal corso abilitante.

La ricorrente aveva proposto ricorso gerarchico al Provveditore producendo ulteriore documentazione attestante che gli studi frequentati erano equiparati ad uno dei tipi di titolo finale di scuola secondaria di II grado allora esistenti in Italia e precisamente a quello di abilitazione magistrale (Istituto Magistrale);
l’amministrazione tuttavia non aveva provveduto sul ricorso.

A sostegno dell’impugnazione venivano dedotte le seguenti censure: violazione di legge –violazione e falsa applicazione D.M. 146/2000 – violazione e falsa applicazione delle disposizioni del bando – violazione e falsa applicazione dell’O.M. 153/99 – violazione dell’art. 97 Cost. – violazione del principio di imparzialità e buon andamento della P.A. – violazione e falsa applicazione della L. 241/90 – eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche ed in particolare travisamento dei fatti – difetto di motivazione – disparità di trattamento – manifesta ingiustizia – contraddittorietà ed illogicità – sviamento.

La documentazione prodotta dalla ricorrente, infatti, attesterebbe inequivocabilmente il possesso dei requisiti richiesti per l’inserimento nella graduatoria.

Si costituivano le amministrazioni resistenti e L S chiedendo il rigetto del ricorso.

Alla pubblica udienza dell’11.2.2010 il ricorso veniva trattenuto in decisione.

DIRITTO

Preliminarmente deve rilevarsi che sulla materia oggetto del ricorso difetta la giurisdizione del giudice amministrativo, appartenendo la controversia alla cognizione del giudice ordinario ai sensi dell'art. 63 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, che devolve a tale giudice, in funzione di giudice del lavoro, tutte le controversie relative ai rapporti di lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni.

Nel caso di specie non può infatti trovare applicazione la clausola di riserva in favore del giudice amministrativo prevista dal comma 4 dell'art. 63 per le controversie in materia di "procedure concorsuali per l'assunzione dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni", non trattandosi di vera e propria procedura concorsuale, non essendo prevista alcuna prova d’esame finalizzata alla comparazione dei candidati, ma un mero inserimento in graduatoria sulla base dei titoli predeterminati per legge.

Al riguardo la Corte di Cassazione con sentenza n. 1203 del 23 novembre 2000 ha chiarito che le controversie circa l'inserzione dell'aspirante in graduatorie di utilizzazione soltanto eventuale esulano dalla previsione da ultimo citata che si riferisce esclusivamente alle procedure comprendenti "sia la fase di individuazione degli aspiranti forniti di titoli generici di ammissione sia la successiva fase delle prove e dei confronti di capacità, diretti ad operare la selezione in modo obiettivo: fase, questa, dominata dall'esercizio di una discrezionalità non solo tecnica, ma anche amministrativa nella valutazione delle prove dei candidati da parte degli organi selettori, il che spiega la perdurante devoluzione delle relative controversie al giudice amministrativo".

Alle stesse conclusioni la Cassazione è giunta con la sentenza n. 3399 del 13 febbraio 2008, che ha ribadito che "Il sistema di cui al D.Lgs. n. 297 del 1994, come integrato e modificato dalle norme successive, contempla la trasformazione delle graduatorie relative ai singoli concorsi in graduatoria permanente, realizzando una forma di coordinamento fra la permanente utilizzabilità, nel tempo, della lista dei possibili aspiranti e il diverso momento nel quale ciascun aspirante acquisisce il diritto alla futura, eventuale, assunzione, con la previsione della periodica integrazione della graduatoria con l'inserimento dei vincitori dell'ultimo concorso e l'aggiornamento contestuale delle posizioni dei vincitori in epoca precedente, con salvezza delle posizioni di questi ultimi. La giurisdizione amministrativa sulle controversie inerenti a procedure concorsuali per l'assunzione, contemplata dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 63, comma 4, è limitata a quelle procedure che iniziano con l'emanazione di un bando e sono caratterizzate dalla valutazione comparativa dei candidati e dalla compilazione finale di una graduatoria, la cui approvazione, individuando i "vincitori", rappresenta l'atto terminale del procedimento, cosicché non vi resta compresa la fattispecie dell'inserimento in apposita graduatoria di tutti coloro che siano in possesso di determinati requisiti (anche derivanti dalla partecipazione a concorsi) e che è preordinata al conferimento dei posti lavoro che si renderanno disponibili. Ciò perché l'assenza di un bando, di una procedura di valutazione e, soprattutto dell'atto di approvazione, colloca l'ipotesi fuori della fattispecie concorsuale e comporta che sia il giudice ordinario a tutelare la pretesa all'inserimento e alla collocazione in graduatoria, pretesa che ha ad oggetto la conformità a legge degli atti di gestione nella graduatoria utile per l'eventuale assunzione. Si è in presenza di atti, i quali, esulando da quelli compresi nelle procedure concorsuali per l'assunzione, né potendo essere ascritti ad altre categorie di attività autoritativa (identificate dal D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 1), non possono che restare compresi tra le determinazioni assunte con la capacità e i poteri del datore del lavoro privato (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 5, comma 2) di fronte ai quali sono configurabili soltanto diritti soggettivi e la tutela di cui all'art. 2907 c.c..".

In tal senso si è espressa anche la giurisprudenza amministrativa, affermando che “Il concorso finalizzato all'integrazione ed all'aggiornamento di una graduatoria permanente non è ascrivibile nel novero delle "procedure concorsuali per le assunzioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni" per le quali l'art. 63 comma 4 d.lg. 30 marzo 2001 n. 165 prevede la riserva in favore della giurisdizione amministrativa in quanto, da un lato, non si caratterizzerebbe per la spendita di discrezionalità tecnica e amministrativa, dall'altro, si tratterebbe di selezioni cui non consegue direttamente e di regola l'assunzione, come avviene, per converso, nelle procedure concorsuali in senso stretto, sicché in definitiva si tratterebbe di ipotesi in cui l'interessato fa valere il suo diritto al lavoro” (T.A.R. Lombardia Milano, sez. I, 14 settembre 2005, n. 3729, sez. I, 07 ottobre 2004, n. 5465).

Del resto è proprio la presenza della fase delle prove e dei confronti di capacità che spiega la perdurante devoluzione delle relative controversie al giudice amministrativo, in quanto la stessa è dominata dall'esercizio di discrezionalità da parte degli organi selettori nella valutazione delle prove medesime, in questo caso assente. Laddove tale potestà pubblicistica manchi e sia abbia la mera predisposizione di una graduatoria con l'attribuzione, assolutamente vincolata, di punteggi sulla base di parametri predeterminati, e volta non già alla diretta assunzione ma al mero inserimento in una graduatoria per l'eventuale futura assunzione, siamo fuori della lettera e della ratio della previsione dell'art. 63, comma quarto, D.Lgs. 165/2001 (TAR Valle d'Aosta, 18 luglio-16 ottobre 2001, n. 127;
TAR Liguria, 11 marzo 2004, n. 655;
T.A.R. Sicilia Catania, sez. II, 18 febbraio 2003, n. 269).

In base ai principi sul giusto processo affermati dalla Corte costituzionale (cfr. sentenza n. 77 del 2007), dalle Sezioni Unite (cfr. sentenza n. 4109/2007) e dal Consiglio di Stato (VI n. 3801/2007), in virtù del principio della “translatio iudicii”, alla dichiarazione di difetto di giurisdizione può seguire ad iniziativa di parte il prosieguo della controversia avanti al giudice ordinario, con salvezza degli effetti sostanziali e processuali della domanda (cfr. Corte cost. n. 77/2007), e a tal fine le parti hanno l'onere di riassumere il giudizio dinanzi al giudice competente;
tale regola è stata ora recepita dal legislatore che, con l’art. 59 L. 69/2009, rubricato “Decisione delle questioni di giurisdizione”, ha previsto che “Il giudice che, in materia civile, amministrativa, contabile, tributaria o di giudici speciali, dichiara il proprio difetto di giurisdizione indica altresì, se esistente, il giudice nazionale che ritiene munito di giurisdizione. La pronuncia sulla giurisdizione resa dalle sezioni unite della Corte di cassazione è vincolante per ogni giudice e per le parti anche in altro processo. Se, entro il termine perentorio di tre mesi dal passaggio in giudicato della pronuncia di cui al comma 1, la domanda è riproposta al giudice ivi indicato, nel successivo processo le parti restano vincolate a tale indicazione e sono fatti salvi gli effetti sostanziali e processuali che la domanda avrebbe prodotto se il giudice di cui è stata dichiarata la giurisdizione fosse stato adito fin dall'instaurazione del primo giudizio, ferme restando le preclusioni e le decadenze intervenute. Ai fini del presente comma la domanda si ripropone con le modalità e secondo le forme previste per il giudizio davanti al giudice adito in relazione al rito applicabile”.

Il processo potrà quindi essere riassunto innanzi al giudice ordinario nel termine, introdotto dalla citata norma, di tre mesi dal passaggio in giudicato della presente pronuncia.

Sussistono giusti motivi, in considerazione della complessità della questione di giurisdizione, per compensare integralmente le spese del giudizio.

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