TAR Venezia, sez. III, sentenza 2021-11-29, n. 202101428
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Pubblicato il 29/11/2021
N. 01428/2021 REG.PROV.COLL.
N. 00593/2021 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 593 del 2021, proposto da
Ck Hutchison Networks Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avv. G S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Comune di Vicenza, in persona del Sindaco
pro tempore
, rappresentato e difeso dagli avvocati L C, F L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
Ministero dello Sviluppo Economico, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- del Regolamento per la disciplina del canone patrimoniale di occupazione del suolo pubblico e di esposizione pubblicitaria del canone mercatale, approvato con delibera di Consiglio Comunale n.17 del 16 marzo 2021, conosciuto dalla ricorrente con le comunicazioni comunali prot n. 51631 del 30 marzo 2021 e n. 51623 del 30.03.2021;
- della deliberazione di Giunta Comunale n.38 del 17 marzo 2021, recante “approvazione Tariffe Canone Unico anno 2021”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Vicenza;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 17 novembre 2021 il dott. Paolo Nasini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Ck Hutchison Networks Italia S.p.A. (d’ora in poi Ck), titolare di due infrastrutture ubicate nel territorio comunale di Vicenza, e dei relativi contratti di concessione, entrambi in scadenza, ha ricevuto dall’Ente comunale citato le note prot. nn. 51631 e 51632 del 30 marzo 2021, con le quali l’Amministrazione ha comunicato di aver provveduto ad approvare il nuovo “regolamento comunale per la disciplina del canone patrimoniale di occupazione del suolo pubblico e di esposizione pubblicitaria del canone mercatale”, nonché le relative tariffe per la determinazione del nuovo canone unico.
Con le medesime note il Comune ha invitato l’odierna ricorrente ad addivenire alla stipulazione di nuovi atti concessori con la determinazione di un canone annuo pari ad € 15.000,00.
Con pec del 13 aprile 2021 la società ricorrente ha riscontrato le suddette note manifestando interesse a rinnovare la concessione, facendo presente che il fornitore di CK (Divitel s.p.a.) si sarebbe messo in contatto con il Comune per i necessari adempimenti.
La ricorrente, con ricorso depositato in data 14 giugno 2021 ha, d'altronde, impugnato i provvedimenti e gli atti indicati in epigrafe e, conseguentemente, ne ha chiesto l’annullamento sulla scorta dei seguenti motivi:
1. la determinazione del canone per gli impianti di telefonia da parte del Comune si risolverebbe in uno <<speciale trattamento>>, contrastante con le disposizioni della legge finanziaria n. 160/2019 e segnatamente con i commi 824 e ss. dell’art.1;
2. l’art. 48, comma 4, del regolamento C.U.P. (canone unico patrimoniale), sarebbe illegittimo, per violazione dell’art. 1, comma 824, l. n. 160 del 2019, in quanto impone un generalizzato incremento del canone in caso di c.d. cositing , addirittura nella misura del 50% per ogni ulteriore gestore indipendentemente dal fatto che la condivisione dell’infrastruttura non comporta, per l’amministrazione, maggiori oneri di manutenzione;inoltre, contrasterebbe con la ratio della normativa interna e comunitaria di favore rispetto all’applicazione degli istituti di co-siting e sharing , finendo per integrare l’imposizione di un canone e di un onere ulteriore rispetto a quelli tassativamente previsti e per violare anche il principio di neutralità tecnologica sancito dall’art. 4 del CCE, inteso come non discriminazione tra particolari tecnologie e non imposizione dell’uso di una particolare tecnologia rispetto alle altre;
3. sarebbero illegittimi anche gli artt. 37, comma 5, lett. g., 38, comma 7 e 53, in quanto, in violazione dell’art. 93, comma 2, d.lgs. n. 259 del 2003, imporrebbero oneri ulteriori rispetto al solo pagamento del canone unico;
4. la delibera di determinazione delle tariffe sarebbe, altresì, illegittima in quanto adottata da organo incompetente, la Giunta Municipale essendo stata delegata dall’art. 48 non alla mera determinazione delle tariffe, bensì alla definizione del canone tout court , in violazione dell’art. 1, comma 821, l. n. 160 del 2019, che ha rimesso al Consiglio Comunale la disciplina dello stesso;sotto altro profilo, la deliberazione di Giunta Comunale n. 38 del 17 marzo 2021, con la quale vengono approvate le relative tariffe, sarebbe viziata per violazione dell’art. 45 del predetto regolamento, non essendo stati coinvolti i soggetti destinatari dei suoi effetti;
5. sarebbe illegittimo, altresì, l’art. 49 della disciplina regolamentare, relativo alle occupazioni del territorio comunale con cavi e condutture, in quanto fedelmente riproduttivo della previsione di cui all’art. 1, comma 831, l. n. 160 del 2019, tale ultima norma violando l’art. 42 della Direttiva UE 2018/1972, poiché, nel porre l’onere economico anche a carico dell’”utilizzatore mediato” dell’infrastruttura facente capo al concessionario, determinerebbe un’imposizione contributiva non giustificata, e neppure preordinata allo scopo e agli obiettivi della Direttiva, atteso che l’Ente, in questo modo, conseguirebbe una pluralità di contributi per un’occupazione di sottosuolo sostanzialmente unica, con conseguenti oneri aggiuntivi per i gestori a prescindere dal fatto che la condivisione stessa abbia dato luogo ad un incremento di occupazione di suolo pubblico;secondo parte ricorrente, quindi, in caso di dubbi interpretativi occorrerebbe procedere a rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia per sottoporre il seguente quesito: <<Dica l’Ill.ma Corte di Giustizia l’art. 42 della Direttiva UE 2018/1972 recante il nuovo Codice europeo delle comunicazioni elettroniche e/o la l’art.13 della Direttiva autorizzazioni 2002/20/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 marzo 2002, relativa alle autorizzazioni per le reti e i servizi di comunicazione elettronica (direttiva autorizzazioni), così come interpretata dalla stessa Corte di Giustizia UE, nelle cause riunite C-55/11, C-57/11 e C-58/11, che ha ritenuto che può essere debitore del contributo per i diritti di installazione delle strutture, previsto all’articolo 13 della direttiva 2002/20, solo il titolare dei detti diritti, che è anche il proprietario delle strutture installate sulle proprietà pubbliche o private interessate, al di sopra o sotto di esse, ostino ad una normativa nazionale, come l’art. 1 comma 831 della Legge n. 160/2019, che consente ai Comuni di imporre il pagamento del canone unico anche nei confronti dei soggetti che occupano il suolo pubblico, anche in via mediata, attraverso l’utilizzo materiale delle infrastrutture del soggetto titolare della concessione sulla base del numero delle rispettive utenze>>;
6. secondo parte ricorrente il canone unico introdotto dal legislatore, avendo unificato e uniformato disparate tipologie di entrate, tributarie e patrimoniali, sarebbe in contrasto con i principi di certezza normativa, in particolare con riferimento all’imposizione delle “tariffe” poste a carico degli utilizzatori di aree pubbliche, soprattutto quando si tratti di operatori di infrastrutture di pubblica utilità;il dettato dell’art. 816 impedirebbe, essendo eccessivamente ampia la tipologia di prestazioni imposte, di individuare non solo l’Autorità giurisdizionale competente, ma anche di sussumere il caso concreto alla fattispecie normativa che lo disciplini ed alle sanzioni eventualmente applicabili, con conseguente violazione degli artt. 3, 15 e 21 Cost.;parimenti viziato sarebbe il combinato disposto del comma 826 con il comma 817, art. 1, essendo stato attribuito agli Enti locali un potere eccessivamente discrezionale in mancanza di specifici criteri e limiti stabiliti dal legislatore;
7. sarebbe costituzionalmente illegittimo, per contrasto con l’art. 11 Cost., nonché con gli artt. 3, 15 e 41 Cost., anche il comma 831, nella parte in cui prevede che “il canone è dovuto” “dai soggetti che occupano il suolo pubblico, anche in via mediata, attraverso l’utilizzo materiale delle infrastrutture del soggetto titolare della concessione”;la disciplina violerebbe sia le direttive comunitarie, sia diritti fondamentali costituzionalmente protetti, determinando una doppia imposizione a danno dell’occupante gli impianti di proprietà altrui;
Si è costituito in giudizio il Comune di Vicenza contestando l’ammissibilità e fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.
Le parti hanno depositato memorie difensive.
All’esito dell’udienza del 17 novembre 2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
1. Premessa normativa.
L’oggetto della presente controversia concerne l’interpretazione e l’applicazione della normativa di cui alla citata l. n. 160 del 2019, con riferimento ai commi da 816 a 831, la conformità della stessa ai principi e alle norme costituzionali ed eurounitarie, nonché, a valle e principalmente, la conformità degli atti regolamentari ed attuativi posti in essere dal Comune resistente.
Stante la sostanziale novità delle questioni sottoposte al giudizio di questo TAR, trattandosi di normativa applicabile solo dal 1 gennaio 2021, è opportuno, pertanto, dar conto in modo analitico delle disposizioni normative di primo e secondo grado che vengono in gioco e degli atti amministrativi attuativi contestati.
1.1. Preliminarmente, occorre rammentare che l’attività svolta da parte ricorrente, in relazione alla quale la stessa ha interesse a coltivare il presente giudizio, come dedotto in ricorso, è quella di realizzazione, installazione, manutenzione e gestione di reti di comunicazione elettroniche e tecnologiche, la rivendita di ospitalità o sublocazione dei siti per tlc a soggetti terzi, la produzione e rivendita di energia, la ricerca, acquisizione e costruzione siti o apparati per tlc.
Nello specifico, l’interesse di CK ad impugnare discende dalla titolarità di due infrastrutture di comunicazione elettronica site nel Comune di Vicenza in relazione alle quali deve essere rinnovata la relativa concessione per l’occupazione del suolo pubblico.
Al riguardo, va rammentato che la normativa speciale approntata dal legislatore statale con le disposizioni di cui agli artt. 86 e ss., d.lgs. n. 259 del 2003 è caratterizzata da un particolare “ favor ” (in tal senso, si veda Cons. Stato, sez. VI, 27 marzo 2019, n. 2033) per l’installazione e le connesse opere modificative e manutentive di infrastrutture quali quelle di proprietà e gestite dalla società ricorrente nel caso di specie.
È improntata a tale ratio di favore anzitutto la previsione di cui all’art. 86, comma 1, laddove è previsto che <<le autorità competenti alla gestione del suolo pubblico …. rispettano procedure semplici, efficaci, trasparenti, pubbliche e non discriminatorie, ai sensi degli articoli 87, 88 e 89, nell'esaminare le domande per la concessione del diritto di installare infrastrutture>>;parimenti, il comma 3 della medesima disposizione, sottolinea la particolare “natura” delle infrastrutture in questione, assimilando le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 87 e 88, ad ogni effetto <<alle opere di urbanizzazione primaria di cui all'art. 16, comma 7, d.p.r. 6 giugno 2001, n. 380, pur restando di proprietà dei rispettivi operatori, e ad esse si applica la normativa vigente in materia, fatto salvo quanto previsto dagli articoli 87 e 88 con riferimento alle autorizzazioni per la realizzazione della rete di comunicazioni elettroniche e degli elementi ad essa collegati per le quali si attua il regime di semplificazione ivi previsto>>.
L’art. 90, ancora, si riferisce agli impianti di telecomunicazioni in termini di “opere aventi carattere di pubblica utilità”, e l’art. 93 (rubricato “divieto di imporre altri oneri”), di particolare interesse nell’ambito della decisione della presente controversia, dispone che <<gli operatori che forniscono reti di comunicazione elettronica hanno l'obbligo di tenere indenne la Pubblica Amministrazione, l'Ente locale, ovvero l'Ente proprietario o gestore, dalle spese necessarie per le opere di sistemazione delle aree pubbliche specificamente coinvolte dagli interventi di installazione e manutenzione e di ripristinare a regola d'arte le aree medesime nei tempi stabiliti dall'Ente locale. Nessun altro onere finanziario, reale o contributo può essere imposto, in conseguenza dell'esecuzione delle opere di cui al Codice o per l'esercizio dei servizi di comunicazione elettronica, fatta salva l'applicazione della tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui al capo II del decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507, oppure del canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche di cui all'articolo 63 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, e successive modificazioni, calcolato secondo quanto previsto dal comma 2, lettere e) ed f), del medesimo articolo, ovvero dell'eventuale contributo una tantum per spese di costruzione delle gallerie di cui all'articolo 47, comma 4, del predetto decreto legislativo 15 novembre 1993, n. 507>>.
1.2. Come più sopra ricordato, il legislatore statale, con l’emanazione della l. 27 dicembre 2019, n. 160, ha introdotto il c.d. canone unico patrimoniale (CUP) stabilendo, all’art. 1, comma 816, che <<a decorrere dal 2021 il canone patrimoniale di concessione, autorizzazione o esposizione pubblicitaria, ai fini di cui al presente comma e ai commi da 817 a 836, denominato «canone», è istituito dai comuni, dalle province e dalle città metropolitane, di seguito denominati «enti», e sostituisce: la tassa per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, il canone per l'occupazione di spazi ed aree pubbliche, l'imposta comunale sulla pubblicità e il diritto sulle pubbliche affissioni, il canone per l'installazione dei mezzi pubblicitari e il canone di cui all'articolo 27, commi 7 e 8, del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, limitatamente alle strade di pertinenza dei comuni e delle province. Il canone è comunque comprensivo di qualunque canone ricognitorio o concessorio previsto da norme di legge e dai regolamenti comunali e provinciali, fatti salvi quelli connessi a prestazioni di servizi>>.
Il comma 817, quindi, precisa che il canone è disciplinato dagli enti in modo da assicurare un gettito pari a quello conseguito dai canoni e dai tributi che sono sostituiti dal canone, fatta salva, in ogni caso, la possibilità di variare il gettito attraverso la modifica delle tariffe.
Il comma 819, definisce il presupposto del canone, individuandolo:
a) nell'occupazione, anche abusiva, delle aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti e degli spazi soprastanti o sottostanti il suolo pubblico;
b) nella diffusione di messaggi pubblicitari, anche abusiva, mediante impianti installati su aree appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile degli enti, su beni privati laddove siano visibili da luogo pubblico o aperto al pubblico del territorio comunale, ovvero all'esterno di veicoli adibiti a uso pubblico o a uso privato.
Si tratta di due presupposti alternativi, in quanto l'applicazione del canone dovuto per la diffusione dei messaggi pubblicitari di cui alla lettera b) del comma 819 esclude l'applicazione del canone dovuto per le occupazioni di cui alla lettera a) del medesimo comma (così il comma 820).
Nella controversia che ci occupa, non viene in esame, e non verrà, pertanto, approfondita, la natura, tributaria o patrimoniale dell’imposizione relativa al CUP, in quanto, in ogni caso, non si tratta di un mero prezzo/corrispettivo per l’occupazione del suolo pubblico, ma di una prestazione patrimoniale imposta che “supera”, sostituendole, tutte le precedenti forme di imposizione poste a carico dei soggetti che occupano il suolo pubblico ovvero pongono in essere atti di diffusione di messaggi pubblicitari.
Non a caso, il comma 847, sancisce l’abrogazione dei capi I e II, d.lgs. n. 507 del 1993, gli artt. 62 e 63, d.lgs. n. 446 del 1997 e ogni altra disposizione in contrasto con le norme della l. n. 160 del 2019.
Ancorché la norma preveda che il canone è comunque “comprensivo” <<di qualunque canone ricognitorio o concessorio>>, non si tratta di un mero “assorbimento” di precedenti istituti giuridici di diversa natura e presupposti, ma di un nuovo istituto, autonomo nella disciplina e nei presupposti, il cui solo elemento di “raccordo” con il “passato” è costituito dal dato, contabile, dell’invarianza di gettito.
Il legislatore, cioè, “nel novellare” l’entrata patrimoniale correlata ai presupposti impositivi predetti, ha inteso garantire agli Enti comunali lo stesso gettito complessivo che agli stessi derivava dall’applicazione dei previgenti istituti.
A questo proposito, è, ai fini della presente decisione, e tenuto conto, altresì, delle contestazioni sollevate dal Comune di Vicenza, fondamentale sottolineare come l’”invarianza” garantita dal legislatore non riguardi tanto il singolo rapporto concessorio o il singolo tributo o entrata patrimoniale, ma il complessivo gettito e, quindi, la complessiva entrata finanziaria che gli Enti comunali si vedevano garantita dall’applicazione dell’insieme di tutti gli istituti previgenti.
A tal fine, pertanto, con il comma 817, bilanciando il dovere di predeterminazione statuale della tariffa “standard”, al fine di garantire il rispetto dell’art. 23 Cost., con la necessità di salvaguardare gli spazi di autonomia finanziaria dei singoli Enti territoriali, in conformità agli artt. 117, 118 e 119 Cost., il legislatore ha, come detto, attribuito agli Enti medesimi il potere di disciplinare il canone in modo da assicurare l’invarianza di gettito anche eventualmente attraverso la modifica delle tariffe.
L’interpretazione costituzionalmente orientata del comma 817, peraltro, al fine di evitare possibili contrarietà con l’art. 23 Cost., conduce inevitabilmente a ritenere il dato dell’”invarianza di gettito” quale limite “bidirezionale” per le determinazioni comunali: l’Ente, infatti, ha il potere di disciplinare il canone in modo da arrivare sino a tale soglia, ma non può superarla.
Diversamente opinando, infatti, la disciplina verrebbe ad essere sospettata di incostituzionalità non avendo il legislatore statale indicato parametri e limiti specifici ulteriori per delimitare il potere di determinazione “in aumento” del canone da parte dei Comuni.
Il legislatore, invece, ha chiaramente delimitato i poteri dei Comuni “infra limite di gettito”, da un lato, attribuendo agli stessi poteri regolamentari, affinché possano dettare la necessaria disciplina secondaria idonea a modulare l’applicazione del canone in funzione delle specificità della singola realtà territoriale;dall’altro lato, individuando anche i criteri e parametri utilizzabili dagli Enti per procedere a tale modulazione applicativa.
In tal senso, il comma 821, prevede che il canone è disciplinato dagli enti, <<con regolamento da adottare dal consiglio comunale o provinciale, ai sensi dell'articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, in cui devono essere indicati: a) le procedure per il rilascio delle concessioni per l'occupazione di suolo pubblico e delle autorizzazioni all'installazione degli impianti pubblicitari;b) l'individuazione delle tipologie di impianti pubblicitari autorizzabili e di quelli vietati nell'ambito comunale, nonché il numero massimo degli impianti autorizzabili per ciascuna tipologia o la relativa superficie;c) i criteri per la predisposizione del piano generale degli impianti pubblicitari, obbligatorio solo per i comuni superiori ai 20.000 abitanti, ovvero il richiamo al piano medesimo, se già adottato dal comune;d) la superficie degli impianti destinati dal comune al servizio delle pubbliche affissioni;e) la disciplina delle modalità di dichiarazione per particolari fattispecie;f) le ulteriori esenzioni o riduzioni rispetto a quelle disciplinate dai commi da 816 a 847;g) per le occupazioni e la diffusione di messaggi pubblicitari realizzate abusivamente, la previsione di un'indennità pari al canone maggiorato fino al 50 per cento, considerando permanenti le occupazioni e la diffusione di messaggi pubblicitari realizzate con impianti o manufatti di carattere stabile e presumendo come temporanee le occupazioni e la diffusione di messaggi pubblicitari effettuate dal trentesimo giorno antecedente la data del verbale di accertamento, redatto da competente pubblico ufficiale;h) le sanzioni amministrative pecuniarie di importo non inferiore all'ammontare del canone o dell'indennità di cui alla lettera g) del presente comma, né superiore al doppio dello stesso, ferme restando quelle stabilite degli articoli 20, commi 4 e 5, e 23 del codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285>>.
Si ricorda che l’art. 52, d.lgs. 15 dicembre 1997, n. 446 attribuisce a Province e Comuni <<il potere di disciplinare con regolamento le proprie entrate, anche tributarie, salvo per quanto attiene alla individuazione e definizione delle fattispecie imponibili, dei soggetti passivi e della aliquota massima dei singoli tributi, nel rispetto delle esigenze di semplificazione degli adempimenti dei contribuenti. Per quanto non regolamentato si applicano le disposizioni di legge vigenti.