TAR Brescia, sez. II, sentenza 2010-08-27, n. 201003261

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Brescia, sez. II, sentenza 2010-08-27, n. 201003261
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Brescia
Numero : 201003261
Data del deposito : 27 agosto 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00880/2009 REG.RIC.

N. 03261/2010 REG.SEN.

N. 00880/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

sezione staccata di Brescia (Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 880 del 2009, proposto da:
S C, rappresentato e difeso dall'avv. A A, con domicilio eletto presso T.A.R. Segreteria in Brescia, via Malta, 12;

contro

Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Cremona, rappresentato e difeso dagli avv.ti V C e P Go, con domicilio eletto presso P Go in Brescia, viale Italia, 2;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

- della deliberazione dell’Ordine dei medici chirurghi ed odontoiatri di Cremona del 7 luglio 2009, di sospensione dall’esercizio della professione odontoiatrica;

- della nota 7 agosto 2009, prot. n. 2081/5/A, con cui il provvedimento è stato comunicato al dott. C Stefano;

- di ogni altro atto presupposto, preparatorio, conseguente e connesso.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ordine Provinciale dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri di Cremona;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 luglio 2010 la dott.ssa M B e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

Il dott. C Stefano è stato sospeso dall’albo degli odontoiatri per commenti sull’attività di un collega, dopo aver ottenuto, dalla Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie, la riduzione della sanzione originariamente irrogatagli dall’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Cremona nella misura di 6 mesi, a 2 mesi.

Poiché nella comunicazione della decisione del ricorso di secondo grado si rappresentava che l’eventuale proposizione del ricorso alla Cassazione non avrebbe determinato la sospensione dell’esecuzione della decisione, dall’1 maggio al 1 luglio il ricorrente si è fatto sostituire da altro collega nella responsabilità del proprio studio.

Di tale sospensione dell’attività del dott. C è stato puntualmente informata l’ASL - cui è stato comunicato il nominativo del medico che avrebbe sostituito l’odierno ricorrente – che ne ha preso atto con nota del 11 maggio 2009 prot. n. 33808/09.

Ciononostante, in data 7 luglio 2009, l’Ordine dei medici di Cremona ha deliberato di fissare il decorso della sospensione di due mesi dall’1 settembre 2009.

Dell’illegittimità di tale provvedimento si duole il destinatario dello stesso, deducendo:

1. violazione e falsa applicazione dell’art. 68 del D.P.R. 5 aprile 1950, n. 221, il quale prevede espressamente, come richiamato nella stessa decisione della Commissione centrale, che “il ricorso non ha effetto sospensivo”, con la conseguenza che un eventuale atto dell’Ordine territoriale non potrebbe che avere natura dichiarativa e confermativa della sanzione;

2. eccesso di potere, travisamento dei fatti ed errore sui presupposti, illogicità ed ingiustizia manifeste. Il provvedimento si fonderebbe su due presupposti entrambi erronei: che la decisione della Commissione centrale non fosse esecutiva e che la sua esecuzione in concreto non avesse avuto luogo.

Si è costituito in giudizio l’Ordine provinciale dei medici chirurghi e degli odontoiatri di Cremona, eccependo l’infondatezza del ricorso, dal momento che, in ragione del d. lgs. 13 settembre 1946, n. 233, ed in particolare dell’art. 3, l’esercizio del potere disciplinare nei confronti dei sanitari liberi professionisti è attribuito al Consiglio Direttivo dell’Ordine cui sono iscritti, cui compete anche di fissare il termine di decorrenza e di durata della sanzione disciplinare della sospensione dall’esercizio della professione.

Il comportamento del ricorrente, inoltre, presenterebbe dei profili di incoerenza, in quanto è stato il medesimo a richiedere all’Ordine di sospendere l’esecuzione della decisione della Commissione centrale e poi, una volta ricevuta, il 13 agosto 2009, la comunicazione della data fissata per il decorso della sospensione ha eccepito di aver già dato spontanea esecuzione alla sanzione irrogata.

In sede cautelare sono stati ravvisati i presupposti per sospendere l’esecuzione dei provvedimenti impugnati.

In vista della pubblica udienza parte ricorrente ha depositato una memoria nella quale ha ribadito le ragioni per le quali la decisione della Commissione centrale dovrebbe essere ritenuta autoesecutiva e come, dunque, il dott. C non avesse altra possibilità che quella di sospendere subito la propria attività professionale.

Alla pubblica udienza del 29 luglio 2010 la causa, su conforme richiesta dei procuratori dei ricorrenti, è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

Si ritiene opportuno sottolineare, in via preliminare, come la controversia in esame abbia ad oggetto l’accertamento dell’illegittimità del provvedimento con cui l’Amministrazione intimata ha ravvisato l’inadempimento di una sanzione irrogata in via definitiva in esito alla conclusione dell’iter all’uopo previsto e non anche un provvedimento sanzionatorio, suscettibile di ricorso avanti la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie.

Ciò chiarito, ai fini di un corretto inquadramento della fattispecie, il ricorso merita accoglimento.

Come evidenziato dal Consiglio di Stato, nel parere 10 marzo 2003 , n. 4199 “il potere disciplinare dell' ordine professionale si esercita mediante provvedimenti di primo grado, aventi natura amministrativa, a loro volta impugnabili, con rimedi di ordine giurisdizionale, davanti ai consigli nazionali ("rectius", per le professioni sanitarie, avanti la Commissione centrale per gli esercenti le professioni sanitarie) che sono giudici speciali.

Tale puntualizzazione circa la natura – giurisdizionale - del provvedimento con cui viene irrogata, in secondo grado, la sanzione disciplinare si rende necessaria al fine di corroborare l’interpretazione letterale della disposizione invocata da parte ricorrente al fine di dimostrare la correttezza della spontanea esecuzione della stessa.

Secondo quest’ultima, infatti, il dato letterale dell’art. 68 del D.P.R. 5 aprile 1950, n. 221, oltre ad escludere la sospensione degli effetti del provvedimento sanzionatorio nelle more del giudizio per Cassazione, escluda anche ogni possibilità che il decorso dell’efficacia della sanzione irrogata possa essere subordinato all’individuazione di tale data da parte dell’Ordine territorialmente competente.

Il Collegio ritiene di poter condividere tale conclusione, in linea sia con la lettera della disposizione, che con la sua ratio, proprio in considerazione anche della suddetta natura giurisdizionale da attribuirsi alla decisione della citata Commissione.

Correttamente, quindi, il destinatario della sanzione ha, pur in pendenza del ricorso per Cassazione, ritenuto di dover spontaneamente adempiere a quanto ordinatogli con il provvedimento di sospensione, al fine di evitare di incorrere in ulteriori sanzioni collegabili alla mancata ottemperanza alla decisione della Commissione centrale.

Né appare ravvisabile, nel comportamento prudente dell’odierno ricorrente, alcuna ipotesi di incoerenza. È pur vero, infatti, che il dott. C ha proposto all’Ordine dei medici di Cremona, in data 23 aprile 2009, una possibile sospensione dell’esecuzione della sanzione così da evitare il pericolo di un risarcimento del danno laddove la Cassazione dovesse accogliere il suo ricorso. Appare chiaro, infatti, come un tale tenore della nota inviata all’Ordine non avrebbe avuto senso se il dott. C non fosse stato cosciente dell’obbligo imposto dalla legge di dare immediata esecuzione alla sanzione. Diversamente il ricorrente ben avrebbe potuto proporre di procrastinare la fissazione della data di decorrenza del periodo, presumendola in disponibilità dell’Amministrazione e non anche di sospendere l’efficacia della sanzione, presumendola già, pertanto, produttiva di effetti.

Tutto ciò premesso, in concreto il ricorrente risultava, alla data di adozione del provvedimento censurato, aver già ottemperato alla sanzione, con la conseguenza che la contestata fissazione della nuova data di decorrenza del periodo di sospensione equivarrebbe, in concreto, ad irrogare una nuova sanzione, priva di giustificazione.

Ne discende l’illegittimità dei provvedimenti impugnati che debbono, quindi, essere annullati, avendo già provveduto, il ricorrente, a dare esecuzione alla sanzione comminatagli.

Tale conclusione appare peraltro confermata, in punto di fatto, dalla circostanza per cui l’Ordine dei medici non ha mai contestato la circostanza dell’intervenuta effettiva sospensione dell’attività, così come comunicata all’ASL.

Le spese del giudizio seguono l’ordinaria regola della soccombenza e debbono, pertanto, essere poste a carico dell’Amministrazione nella misura in dispositivo indicata.

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