TAR Napoli, sez. I, sentenza 2009-05-19, n. 200902725

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. I, sentenza 2009-05-19, n. 200902725
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 200902725
Data del deposito : 19 maggio 2009
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 02667/2008 REG.RIC.

N. 02725/2009 REG.SEN.

N. 02667/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Campania

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

Sul ricorso numero di registro generale 2667 del 2008, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
P R, rappresentato e difeso dagli avv. G A, F C e G C, con domicilio eletto presso il primo in Napoli, viale Gramsci, n. 16;

contro

Ministero dell'Interno, Prefetto Provincia di Caserta e Questura di Caserta, rappresentati e difesi dall'avvocatura dello Stato, con domicilio eletto presso la sede in Napoli, via Diaz n. 11;

nei confronti di

Site s.p.a., n.c.;

per l'annullamento

quanto al ricorso introduttivo: - della informativa antimafia prot. n. 1496/12b.16/ant/area 1^ del 20 marzo 2008 dell’Ufficio Territoriale del Governo di Caserta;
- di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente, ivi compresi la note della Questura di Caserta, la relazione di indagine e la segnalazione del CED;
- e per il risarcimento dei danni.

quanto al primo ricorso per motivi aggiunti (spediti l’8 luglio 2008): - dei medesimi atti, nonché della relazione redatta il 14 marzo 2008 dal G.I.A. presso l’U.T.G. di Caserta e della nota della DIA di Napoli del 14 febbraio 2008;

quanto al ricorso per secondi motivi aggiunti (notificati il 14 e 16 ottobre 2008): - dei medesimi atti, nonché della nota prot. n. 1496/12b.16/ant/area 1^ del 28 agosto 2008 dell’Ufficio Territoriale del Governo di Caserta;
- di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente;
- e per il risarcimento dei danni.

quanto al ricorso per terzi motivi aggiunti (notificati il 4 e 6 febbraio 2009): - dei medesimi atti, nonché della nota della Questura di Caserta del 13 agosto 2008, n. prot. Q.2/2/Ant/2008/MA, delle precedente missiva proveniente dal medesimo organo del 23 maggio 2008;
- di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente;
- e per il risarcimento dei danni.


Visto il ricorso ed i motivi aggiunti, con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero e del Prefetto della Provincia di Caserta;

Viste le memorie difensive e tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 aprile 2009 il dott. Michele Buonauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO

La società ricorrente impugna gli atti epigrafati con i quali, sulla base dell’informativa antimafia dell’Ufficio Territoriale del Governo di Caserta prot. n. 1496/12b.16/ant/area 1^ del 20 marzo 2008, in cui si è rappresentato che a carico della stessa sussisteva il pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata, la S.i.t.e. s.p.a. ha interrotto il rapporto di sub-appalto relativo all’affidamento di lavori di posa in opera di impianti in fibra ottica e rifacimento del manto stradale, commissionato dalla Infratel Italia s.p.a..

Il ricorso originario censura il provvedimento prefettizio (e tutti gli atti presupposti) in base al quale il sub-appaltante ha proceduto alla revoca del servizio svolto dalla ricorrente. A seguito di ordinanza istruttoria, l’amministrazione prefettizia ha depositato gli atti di indagine svolti al fine di verificare la permeabilità mafiosa dell’impresa sottoposta a scrutinio;
contro tali atti sono diretti i primi motivi aggiunti, spediti a mezzo posta l’otto luglio 2008.

In sostanza parte ricorrente deduce che l’informativa prefettizia dell’U.T.G. di Caserta sia affetta da vizi di violazione di legge ed eccesso di potere per difetto di istruttoria, contraddittorietà ed erroneità della valutazione degli elementi acquisiti, atteso che gli elementi a disposizione degli inquirenti non consentivano l’esito sfavorevole del giudizio di permeabilità mafiosa.

Con nota del 9 maggio 2008 il ricorrente ha chiesto all’U.T.G. di Caserta l’aggiornamento della posizione della ditta alla luce delle argomentazioni difensive sviluppate nell’istanza. Avverso il provvedimento di conferma del giudizio di contiguità mafiosa della ditta ricorrente, sono stati dispiegati i secondi motivi aggiunti, notificati nell’ottobre 2008;
acquisiti gli ulteriori atti di indagine alla base del provvedimento di conferma, questi sono stati censurati con terzi motivi aggiunti, notificati a febbraio 2009. Lamenta la carenza di istruttoria e di motivazione alla base del provvedimento di aggiornamento della posizione della ditta ricorrente e, comunque, la illegittimità derivata dalla originaria informativa.

Si è costituito in giudizio l’Ufficio Territoriale del Governo di Caserta che conclude per il rigetto del ricorso. All’udienza di discussione del 22 aprile 2009 la causa veniva trattenuta per la decisione.

DIRITTO

Preliminarmente occorre dare atto del mancato deposito delle cartoline postali inerenti la notifica all’amministrazione dei primi motivi aggiunti. La circostanza che con tali motivi vengano impugnati i medesimi atti di cui al ricorso originario (oltre atti endoprocedimentali) e la considerazione che l’amministrazione si è costituita e si è difesa anche avverso tali censure esime dalla verifica della ammissibilità degli stessi.

Il ricorso appare meritevole di accoglimento, nella parte in cui si affida alle doglianze che si concentrano sulla carenza istruttoria e motivazionale dei provvedenti prefettizi impugnati con riguardo alla insufficienza degli elementi posti a fondamento del negativo giudizio formulato a carico della società.

Sull’adeguatezza di tali elementi si appuntano le censure di parte, le quali evidentemente possono essere prese in considerazione nei limiti in cui non originano il sindacato di merito, ma solo la verifica di logicità e coerenza con le finalità della legge. In questa prospettiva la valutazione del Prefetto deve essere sorretta da uno “specifico” quadro indiziario, ove assumono rilievo preponderante i fattori induttivi della non manifesta infondatezza che i comportamenti e le scelte dell’imprenditore possano rappresentare un veicolo di infiltrazione delle organizzazioni criminali negli appalti delle pubbliche amministrazioni.

Nella specie il giudizio di sussistenza di pericolo di condizionamento da parte della criminalità organizzata viene basato dal Prefetto di Caserta sostanzialmente sulla esistenza di coinvolgimenti del ricorrente in una serie di episodi ritenuti sintomatici che ruotano intorno alla figura del P. In particolare lo snodo del ragionamento inferenziale effettuato dal Prefetto è costituito dal coinvolgimento di questa persona in un procedimento penale che ha coinvolto esponenti del clan Farina. Alla luce di questo evento si conferisce rilievo, in un’ottica di complessiva lettura delle emergenze investigative, ad ulteriori aspetti dell’attività svolta dal ricorrente, che si sostanziano nell’essere vice-presidente di un consorzio che ha partecipato ad un gara in raggruppamento con società (Betra s.r.l.) colpita da informativa antimafia e nell’esistenza di una cointeressenza societaria (quale quotista al 50%) con un soggetto (I.T.) che ha stretti rapporti di parentela (padre e fratello) con soggetti ritenuti appartenenti all’organizzazione delinquenziali preminente sul territorio (clan dei casalesi).

Ritiene il Collegio che gli elementi emersi a carico del titolare della ditta ricorrente non siano idonei allo stato a sorreggere l'informativa positiva nei suoi confronti, ovvero non siano idonei a supportare le conclusioni cui è pervenuto il Prefetto di Caserta.

Se pur vero che le singole risultanze istruttorie sulla cui scorta si forma il giudizio prefettizio non possono essere esaminate atomisticamente (Tar Campania, sezione prima, 16 settembre 2002, n. 5002), nel caso di specie la valutazione non appare coerente e logica alla luce del quadro fattuale innanzi richiamato e delle specificazioni introdotte dalla difesa del ricorrente. Di fatti è stato prodotto in giudizio l’incartamento relativo al procedimento penale (punto di partenza del ragionamento inferenziale di contiguità criminale), da cui emerge che il soggetto interessato, quale rappresentante di fatto della società amministrata dalla moglie, risulta persona offesa del delitto di estorsione aggravato dalle modalità mafiose. Se è vero che la posizione di estorto non esclude necessariamente la sussistenza di un pericolo di condizionamento (poichè attesta l’esistenza di un contatto tra il soggetto passivo e la criminalità organizzata), è del pari evidente che la forza argomentativa di questo elemento, ai fini del giudizio di mafiosità, è significativamente sminuita dalla peculiare posizione dell’interessato, il quale avrebbe subito l’ingerenza di gruppi camorristici. Di questo aspetto l’informativa non tiene in alcun modo conto, limitandosi a richiamare ermeticamente la sussistenza di un procedimento penale, poi, peraltro, conclusosi con l’assoluzione dei presunti estorsori.

A fronte di una valenza quantomeno ambigua del riferimento ad un procedimento penale in cui il sottoposto figura quale persona offesa dal reato, sarebbe occorsa una puntuale motivazione sulla incidenza di tale vicenda nel complessivo giudizio di permeabilità mafiosa, tenuto anche conto che gli altri elementi a supporto dell’informativa, di per sé considerati, non paiono rivestire idonea valenza corroborativa. La circostanza che il P sia vice-presidente di un consorzio che ha partecipato in a.t.i. con una società colpita da informativa antimafia sfavorevole, in assenza di ulteriori specificazioni, non evidenzia necessariamente un collegamento economico e personale tra l’impresa sospetta ed il ricorrente. Qualora nell’ambito di un raggruppamento di imprese una società sia colpita da informativa antimafia, la normativa prevede l’estromissione dell’impresa sospetta, di modo che l’incapacità a contrarre con le pubbliche amministrazioni non si estenda alle altre partecipanti. Pertanto il mero dato della esistenza di un raggruppamento di imprese fra cui è presente una impresa sospetta, che per il legislatore non integra causa di risoluzione del rapporto con l’intera compagine che si è aggiudicata l’appalto, richiede uno sforzo di indagine ulteriore, mediante la specificazione di effettivi collegamenti economici fra i partecipanti, al fine di ricavarne un indizio di presumibile permeabilità mafiosa. Viene poi in rilievo la partecipazione del P in una società con I.T., a carico del quale, secondo quanto accertato dagli organi inquirenti, non sussistono elementi significativi, al di fuori del legame di parentela. Vale osservare che se il plurimo legame di parentela ed il particolare contesto socio-ambientale possono costituire un valido indice di rilevamento della permeabilità mafiose dell’impresa, non può trascurarsi che gli addebiti, in base ai quali il giudizio viene formulato, debbano essere connotati da precise indicazioni verificabili in sede giurisdizionale, specialmente quando il soggetto imparentato non è direttamente coinvolto nel giudizio di permeabilità mafiosa, ma costituisce un anello di collegamento nei confronti di una soggetto distino (vale a dire l’odierno ricorrente). Sul punto il G.i.a. si limita ad un oscuro richiamo ai contenuti di una nota dalla d.i.a. del 14.2.2008, la quale, nonostante la disposta istruttoria, non è presente agli atti del giudizio, e dunque non verificabile. Non risulta versato in atti, in questa sede giudiziale, alcun rapporto di polizia dal quale ciò possa desumersi o, quanto meno, la documentata rappresentazione di un quadro indiziario sintomatico di un concreto collegamento con la detta criminalità. Appare intuitivo, del resto, che il giudice della legittimità degli atti della pubblica amministrazione non può basare le proprie decisioni su quanto meramente affermato negli atti medesimi, in disparte restando l’autorevolezza della fonte. Le circostanze in questione avrebbero meritato maggiore approfondimento investigativo alla stregua della logica che informa l’istituto dell’accertamento di permeabilità mafiosa di una impresa, dovendosi lo stesso incentrarsi più che sull’operato di terzi, sulla propensione dei soggetti interessati alla compromissione.

Alla luce di dette circostanze, ricomprese in un quadro che per altri versi escludeva l'emersione di elementi di condizionamento o tentativi di infiltrazione camorristica, ritiene il Collegio che il giudizio del Prefetto difetti, allo stato dato, dei presupposti voluti dalla norma per far luogo alla informativa interdittiva, in quanto, a fronte dei chiarimenti offerti dalla difesa del ricorrente, non risulta suffragata da congrui accertamenti che consentano di comprovare in maniera adeguata il giudizio di pericolosità espresso, fermo residuando il potere dell’amministrazione di rivalutare la posizione del ricorrente, alla luce del complesso degli elementi – anche favorevoli - sottoposti al suo giudizio.

Ne consegue la fondatezza della denuncia di eccesso di potere (per difetto di motivazione) rivolta avverso l'esaminata determinazione prefettizia ed il conseguente suo necessitato annullamento, in una a quello della determinazione di conferma del giudizio di permeabilità mafiosa, gravato con i secondi ed i terzi motivi aggiunti, per illegittimità derivata, limitandosi la Prefettura a confermare senza nuove argomentazioni il giudizio espresso in precedenza.

Nonostante l’accoglimento del ricorso e dei motivi aggiunti, la richiesta risarcitoria non può trovare accoglimento per un duplice ordine di considerazioni: da un lato, infatti, non risulta impugnato l’atto di revoca del sub-appalto emanato dalla società SITE s.p.a. (e dunque sul punto il comportamento della parte assume i connotati dell’acquiescenza parziale) e, in ogni caso, la stessa si presenta del tutto sguarnita di prova, non fornendosi neppure l’indicazione dell’importo del sub-appalto e degli altri elementi indispensabili al fine di verificare la fondatezza della richiesta risarcitoria. Pertanto deve ritenersi che il ricorrente non abbia assolto in maniera adeguata all’onere della prova, limitandosi a richiedere la tutela in forma specifica, non percorribile stante la mancata evocazione in giudizio della stazione appaltante e della ditta che ha affidato al P il sub-appalto.

Conclusivamente, il ricorso ed i motivi aggiunti sono fondati nei sensi sopra specificati e vanno accolti con annullamento degli atti gravati. La delicatezza del giudizio induce a compensare le spese di giudizio.

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