TAR Roma, sez. I, sentenza 2020-12-31, n. 202014186

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2020-12-31, n. 202014186
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202014186
Data del deposito : 31 dicembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 31/12/2020

N. 14186/2020 REG.PROV.COLL.

N. 02188/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2188 del 2020, proposto da
Consorzio Stabile Aedars S.c. a r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato A G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, P.le Don Giovanni Minzoni 9;

contro

Autorità Nazionale Anticorruzione, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Enas - Ente Acque della Sardegna di Cagliari, non costituito in giudizio;

per l'annullamento,

previa sospensione dell’efficacia,

del provvedimento ANAC n. 0012650 del 14.2.2020, recante l'avvenuto inserimento dell'annotazione nel Casellario informatico degli operatori economici, esecutori dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture a seguito della segnalazione eseguita da ENAS - Ente Acque della Sardegna, nonché

di ogni ulteriore atto e/o provvedimento presupposto, antecedente, conseguente, collegato e conseguenziale e, in ogni caso lesivo dell'interesse del Consorzio ricorrente a non essere inerito nel Casellario ivi inclusa, ove occorra, la nota ANAC n. 0091655 del 15.11.2019.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Nazionale Anticorruzione;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza del giorno 2 dicembre 2020 la dott.ssa Francesca Petrucciani in collegamento da remoto in videoconferenza, secondo quanto disposto dall’art. 4 del d.l. 28/2020, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1 della l. 25 giugno 2020, n. 70, cui rinvia l’art. 25 d.l. 137/2020;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in epigrafe il Consorzio Aedars ha impugnato il provvedimento con cui l’ANAC, in data 14.2.2020, ha disposto l’inserimento nel Casellario informatico degli operatori economici, esecutori dei contratti pubblici di lavori, servizi e forniture dell'annotazione della risoluzione per inadempimento del contratto stipulato dal Consorzio ricorrente con l’ENAS - Ente Acque della Sardegna.

Il ricorrente ha esposto che con contratto del 26 gennaio 2010, e successivi atti aggiuntivi e modificativi, l’ENAS gli aveva affidato i lavori di realizzazione dello “Schema idrico del Flumineddu per l’alimentazione irrigua della Marmilla – Opere di adduzione ed attrezzamento irriguo della Bassa Marmilla alimentato dallo schema idrico Flumineddu – Tirso – Flumendosa”, a fronte di un corrispettivo netto di € 17.440.798,64.

Il cantiere era stato consegnato in data 20.7.2017 e il contratto prevedeva un tempo utile per l’esecuzione dei lavori pari a 1.080 giorni naturali e consecutivi, con termine di fine lavori al 13.7.2020.

Nel corso dell’esecuzione del contratto Aedars aveva più volte segnalato l’esistenza di numerose problematiche, relative all’incremento dei costi relativi alle attività di bonifica bellica, dovuto sia al mutamento normativo medio tempore intervenuto, sia alle prescrizioni del coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione (CSE), alla sopravvenuta indisponibilità sul mercato dei previsti tubi in cemento armato precompresso, alla conseguente necessità di smaltire parte delle terre e rocce da scavo presso idonee discariche non presenti sul territorio e all’incompatibilità dei progettati attraversamenti fluviali sul “Rio Lanessi” e sul “Rio Mannu” con la sopravvenuta normativa in materia.

All’esito dei reiterati solleciti dell’appaltatore la stazione appaltante aveva concordato sulla necessità di approvare una perizia di variante, per procedere ad una “variazione dei lavori” superiore al “quinto dell’importo dell’appalto”.

L’ENAS, tuttavia, aveva richiesto l’esecuzione dei lavori variati sino al raggiungimento del quinto d’obbligo senza riconoscimento di equo compenso e, “per la parte eccedente il quinto d’obbligo, ai sensi dell’art. 10 comma 3 del DM. N. 145/2000”, la realizzazione degli ulteriori 2,9 km terminali della condotta alle stesse condizioni del tratto precedente, con incremento dell’importo netto di contratto nell’ordine di € 470.000 oltre IVA.

Con atto stragiudiziale di diffida e messa in mora del 22.9.2018 Aedars aveva riscontrato la richiesta dell’ENAS eccependone l’illegittimità per non aver la Stazione appaltante adottato con sollecitudine la necessaria perizia di variante e per aver ENAS disatteso l’obbligo di approvare una perizia di variante di valore eccedente un quinto dell’importo contrattuale, stralciando, senza indennizzo, l’esecuzione dei residui 2,9 km di tubazione qualora l’appaltatore non avesse accettato l’inadeguato prezzo ventilato per la sola minor tratta.

Aedars aveva dunque avvisato ENAS che avrebbe provveduto alla sospensione dei lavori, “ai sensi dell’art. 1460 cod. proc. civ.”, qualora la Stazione appaltante non avesse provveduto, nei successivi 30 giorni, a “dichiarare la sospensione dei lavori nelle more della definizione ed approvazione […] di una perizia di variante che preveda l’utilizzo del tubo in PRFV per l’integrale realizzazione della condotta adduttrice nonché la modificazione delle modalità di costruzione degli attraversamenti fluviali sul "Rio Lanessi" e sul "Rio Mannu"”, previo accordo su tutti i nuovi prezzi indicati.

L’appaltante aveva tuttavia disatteso l’intimazione dell’appaltatore.

A seguito dell’inottemperanza di ENAS alla diffida, con nota del 15.1.2019 Aedars aveva comunicato l’intervenuta risoluzione di diritto del contratto, invitando l’ente a comparire in cantiere per la data del 24.1.2019 per fissare il calendario e avviare le operazioni volte alla redazione dello stato di consistenza, nonché alla riconsegna alla stazione appaltante dei lavori e delle aree;
tale invito era stato disatteso.

Con nota del 1.3.2019 Aedars aveva quindi trasmesso alla stazione appaltante il verbale di consistenza finale, nel quale erano stati inseriti tutti i costi sostenuti dal Consorzio e dalle consorziate esecutrici, computati al valore venale, nonché le spese generali e l’utile di impresa detratti i pagamenti in acconto emessi dalla stazione appaltante, per un importo netto totale a favore del Consorzio di € 1.992.880,38.

Il Consorzio, a seguito dell’inadempimento della controparte e della risoluzione contrattuale, aveva subito ingenti danni (patrimoniali e non) dei quali era stato chiesto ristoro dinanzi al Tribunale Ordinario di Cagliari nel giudizio finalizzato alla declaratoria di legittimità della risoluzione contrattuale.

Con nota prot. n. 11175 dell’11.2.2019 ENAS aveva segnalato ad ANAC l’avvenuta risoluzione del contratto per grave inadempimento dell’appaltatore, tanto che con nota del 29.4.2019 era stato avviato il procedimento amministrativo di annotazione sul Casellario informatico.

Il Consorzio, con memoria difensiva del 22.11.2019, aveva espressamente contestato la ricostruzione fattuale e giuridica resa in maniera unilaterale da ENAS, evidenziando che la risoluzione era stata prioritariamente disposta, anche sotto l’aspetto cronologico, dall’appaltatore, stante il grave inadempimento della stazione appaltante e la violazione dei principi di correttezza e buona fede;
era stato poi rappresentato che la vicenda era sub iudice, chiedendo altresì l’audizione, che si era tenuta in data 19.12.2019.

Con provvedimento del 14.2.2020, ANAC aveva disposto l’annotazione, ritenendo sufficiente che la Stazione appaltante avesse “espressamente contestato il comportamento omissivo tenuto dal Consorzio che non ha mai adempiuto agli ordini di servizio della D.L., nonché il forte ritardo nell’esecuzione dei lavori dovuto a negligenza...”.

A sostegno del ricorso sono state formulate le seguenti censure:

1.carenza di legittimazione passiva. Violazione e falsa applicazione dell’art. 80 co. 11 del d.lgs. n. 50/2016 ed eccesso di potere per violazione delle Linee Guida ANAC n. 6/2016 e per sviamento dalle finalità dell’annotazione. Eccesso di potere per motivazione insufficiente, illogica e contraddittoria.

Le cause di esclusione dagli affidamenti di cui all’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 non si applicherebbero, alla stregua del comma 11 di tale disposizione, “alle aziende o società sottoposte a sequestro o confisca ai sensi dell'articolo 12-sexies del decreto legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 o degli articoli 20 e 24 del decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159, ed affidate ad un custode o amministratore giudiziario o finanziario, limitatamente a quelle riferite al periodo precedente al predetto affidamento”. Il Consorzio ricorrente rientrerebbe appieno tra le ipotesi derogatorie evidenziate, trattandosi di soggetto economico oggetto di confisca alla mafia ed affidato ad un amministratore giudiziario sotto il controllo dell’Agenzia Nazionale dei Beni confiscati alla mafia, tanto che la stessa ANAC aveva indicato nel provvedimento impugnato che “... il contratto e le contestazioni riguardano momenti diversi in cui non erano ancora state disposte le misure di gestione commissariale”.

Pertanto le cause risolutorie, essendo anteriori rispetto all’avvenuta confisca e, dunque, irrilevanti rispetto alle finalità preventive e cautelari sottese all’istituzione del Casellario, non avrebbero potuto applicarsi, venendo meno, conseguentemente, ogni utilità dell’annotazione.

2. Violazione e falsa applicazione del combinato disposto di cui agli artt. 213 co. 10 e 80 co. 5 lett. c) - c) quater d.lgs. n. 50/2016. Violazione dell’art. 97 Cost e dell’art. 3 L. 241/90 per violazione dei principi di adeguatezza, proporzionalità, ragionevolezza, precauzione e per motivazione insufficiente. Eccesso di potere per violazione e falsa applicazione delle Linee Guida ANAC n. 6/2016.

I fatti oggetto di annotazione dovevano presentare una evidente e manifesta certezza o, quanto meno, non avrebbero dovuto essere oggetto di adeguata contestazione giurisdizionale, mentre, nel caso di specie, il Consorzio ricorrente aveva risolto anticipatamente il contratto in danno per gli inadempimenti della controparte.

L’Autorità, non trovandosi di fronte ad ipotesi che comportano l’esclusione dalle gare pubbliche - sia automatica (come indicato nell’ultima parte dell’annotazione), sia discrezionale (art. 80 co. 11 d.lgs. 50/2016) - e non trovandosi di fronte al compimento di un c.d. “atto dovuto”, aveva esercitato un potere discrezionale in ordine all’an e al quomodo dell’annotazione e avrebbe quindi dovuto motivare sulle ragioni per cui aveva ritenuto “utile” la relativa pubblicazione.

3. Eccesso di potere per travisamento dei fatti ed erroneità dei presupposti. Insufficienza istruttoria e ingiustizia manifesta. Il provvedimento impugnato era stato emesso sulla base di una errata rappresentazione dei fatti, che non aveva tenuto adeguatamente conto delle memorie procedimentali e della versione dei fatti resa dal Consorzio.

Si è costituita l’ANAC resistendo al ricorso.

All’udienza del 2 dicembre 2020, tenutasi mediante collegamento da remoto secondo quanto disposto dall’art. 4 del d.l. 28/2020, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

Il ricorso è infondato.

Con il provvedimento impugnato l’ANAC ha disposto l’annotazione nel Casellario informatico della risoluzione del contratto in questione, evidenziando, con riferimento alla vicenda concreta, che la stazione appaltante aveva “ espressamente contestato il comportamento omissivo tenuto dal Consorzio che non ha mai adempiuto agli ordini di servizio della D.L., nonché il forte ritardo nell’esecuzione dei lavori dovuto a negligenza ...”, e che la valutazione di sua competenza era limitata alla verifica della “non manifesta infondatezza” dei fatti segnalati e della loro conferenza con le finalità del Casellario informatico.

L’ANAC ha poi dato atto nel testo dell’annotazione della presenza del giudizio civile in corso.

Con il primo motivo la ricorrente ha dedotto che le cause di esclusione dagli affidamenti previste dall’art. 80 del d.lgs. n. 50/2016 non si applicherebbero, alla stregua del comma 11 di tale disposizione, “alle aziende o società sottoposte a sequestro o confisca ai sensi dell'articolo 12-sexies del decreto legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 o degli articoli 20 e 24 del decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159, ed affidate ad un custode o amministratore giudiziario o finanziario, limitatamente a quelle riferite al periodo precedente al predetto affidamento”.

Nella specie le cause di esclusione, essendo anteriori rispetto all’avvenuta confisca e, dunque, irrilevanti rispetto alle finalità preventive e cautelari sottese all’istituzione del Casellario, non avrebbero potuto trovare applicazione, venendo meno, conseguentemente, ogni utilità dell’annotazione.

Tale assunto è infondato.

Ai sensi dell’art. 213, co. 10 del d.lgs. n. 50/2016 “L’Autorità stabilisce le ulteriori informazioni che devono essere presenti nel casellario ritenute utili ai fini della tenuta dello stesso, della verifica dei gravi illeciti professionali di cui all’articolo 80, comma 5, lettera c), dell’attribuzione del rating di impresa di cui all’articolo 83, comma 10, o del conseguimento dell’attestazione di qualificazione di cui all’articolo 84.”.

Con riferimento a tale potere la giurisprudenza amministrativa ha affermato che il “provvedimento di inserimento nel casellario informatico, disposto dall’Anac ai sensi dell’art. 213, comma 10, del d.lgs. n. 50/2016, ha una mera funzione di pubblicità notizia, rispetto al quale l’adozione di un eventuale provvedimento di esclusione ai sensi dell’art. 80, comma 5, del medesimo d.lgs. da parte di una stazione appaltante si pone come meramente eventuale (sulla funzione di pubblicità notizia delle annotazioni di cui all’art. 213, comma 10, cfr. Tar Lazio, sez. I, 5 aprile 2017, ordinanze nn. 1743 e 1744 e, più diffusamente, 24 aprile 2018, sentenza n. 4577)” (Tar Lazio, Roma, Sez. I, ordinanze nn. 4719 del 2.8.2018 e 4411 del 19.7.2018).

A fronte dell’esistenza di un’annotazione di tale tipologia, pertanto, permane immutato il potere discrezionale della stazione appaltante di stabilire se l’operatore economico assicura il grado di affidabilità richiesto ai fini della stipula del contratto.

Ne consegue che le due disposizioni non hanno il medesimo ambito di applicazione, sussistendo un ineliminabile iato tra l’accertamento dell’esistenza di un’annotazione e la verifica della sussistenza di una causa di esclusione dalla gara.

Pertanto, le argomentazioni della ricorrente, fondate sull’asserita simmetria delle due disposizioni, non sono accoglibili, in quanto la clausola derogatoria nei confronti delle ditte oggetto di confisca concerne le sole “cause di esclusione”, e non i conseguenti provvedimenti di annotazione di competenza dell'Autorità, non potendosi escludere, anche in tal caso, l’utilità di una notizia riguardante ipotesi di inadempimento nell’esecuzione di contratti pubblici.

In difetto di una espressa disposizione in tal senso non può quindi essere applicata analogicamente, con riferimento all’ambito dei fatti oggetto di annotazione, la previsione della non applicabilità delle cause di esclusione in caso di confisca e amministrazione giudiziaria dell’ente, non coincidendo la sfera di operatività delle due norme, giacché l’art. 80, comma 1, del d.lgs. n. 50/2016 concerne l’esclusione dalle gare, mentre l’art. 213, comma 10, la pubblicità delle notizie che possano avere rilievo al fine di consentire alle stazioni appaltanti di conoscere in modo esauriente tutti gli elementi necessari atti a valutare l’affidabilità degli operatori economici.

Si consideri, altresì, che lo scioglimento e la liquidazione del Consorzio sono intervenuti nel luglio 2016, mentre il contratto di appalto, benché stipulato nel gennaio del 2010, ha iniziato ad avere esecuzione nel 2017, con la consegna dei lavori avvenuta il 20 luglio 2017.

Pertanto, anche sotto il profilo temporale l’inadempimento contestato, ed oggetto della segnalazione, non può ritenersi antecedente rispetto al provvedimento di confisca, sicché non risulterebbe comunque applicabile la disposizione di cui all’art. 80, comma 1, citato, secondo cui le cause di esclusione previste dalla norma non si applicano “alle aziende o società sottoposte a sequestro o confisca ai sensi dell’articolo 12-sexies del decreto-legge 8 giugno 1992, n. 306, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 1992, n. 356 o degli articoli 20 e 24 del decreto legislativo 6 settembre 2011 n. 159, ed affidate ad un custode o amministratore giudiziario o finanziario, limitatamente a quelle riferite al periodo precedente al predetto affidamento”.

Con il secondo e il terzo motivo, che possono essere esaminati congiuntamente, il Consorzio ricorrente ha dedotto che l’Autorità non avrebbe adeguatamente considerato che il contratto era stato già risolto anticipatamente per gli inadempimenti della controparte, né motivato in ordine all’utilità, ciononostante, dell’annotazione.

Anche tale assunto è infondato.

L'ANAC, infatti, ha correttamente riportato, nell’annotazione, lo svolgimento dei fatti, precisando che “... Il Consorzio ha evidenziato che è pendente dinanzi al Tribunale ordinario di Cagliari RG 4157/2019 il giudizio avviato dal Consorzio teso all’accertamento e alla dichiarazione dell’avvenuta risoluzione di diritto ex art. 1454 del contratto. Il Giudice, fatti salvi e riservati i diritti di udienza, ha fissato la trattazione dell’udienza al 26 marzo 2020. Il Consorzio è stato oggetto di confisca definitiva ed acquisizione al patrimonio dello Stato con sentenza definitiva della Cassazione ed è attualmente sotto il controllo dell’Agenzia nazionale dei beni confiscati alla mafia... ”.

Pertanto l’Autorità, pur non potendo entrare nel merito delle reciproche contestazioni di inadempimento, che esula evidentemente dal corretto esercizio del potere di annotazione, ha comunque accertato, espletando la necessaria istruttoria sul punto, la non manifesta infondatezza dei fatti oggetto di segnalazione, garantendo il pieno contraddittorio tra tutti i soggetti interessati – anche attraverso l’avvenuta audizione – e dando correttamente atto della pendenza del giudizio iniziato dal ricorrente.

L’annotazione risulta quindi disposta all’esito di un’adeguata istruttoria in ordine ai fatti segnalati, non essendo a tal fine necessaria una penetrante verifica nel merito dei fatti segnalati, demandata al giudizio civile.

Il ricorso deve quindi essere respinto.

La peculiarità della questione controversa giustifica, comunque, la compensazione delle spese di lite.

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