TAR Latina, sez. I, sentenza 2023-06-12, n. 202300418

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Latina, sez. I, sentenza 2023-06-12, n. 202300418
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Latina
Numero : 202300418
Data del deposito : 12 giugno 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 12/06/2023

N. 00418/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00049/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

sezione staccata di Latina (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 49 del 2013, proposto da Accornero s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dall’avv. L S, con domicilio eletto presso il suo studio in Latina, via Umberto I 62;

contro

Comune di Priverno (LT), in persona del Sindaco p.t. , rappresentato e difeso dagli avv. C C ed E M, con domicilio eletto presso la segreteria del TAR per il Lazio, sezione staccata di Latina, in Latina, via A. Doria 4;

per

A) l’annullamento della determinazione dirigenziale n. 385 del 21 dicembre 2012, con la quale sono state escusse le garanzie fideiussorie prestate dalla ricorrente per l’attività estrattiva svolta, ai sensi dell’art. 16, l. reg. 6 dicembre 2004 n. 17;

B) il risarcimento del danno occorso.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Comune di Priverno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio straordinaria di smaltimento del giorno 28 aprile 2023 il dott. Valerio Torano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. – Accornero s.r.l. con istanza allibrata al prot. n. 7267 del 28 aprile 1989 ha chiesto al Comune di Priverno il rilascio dell’autorizzazione all’estrazione di sabbia silicea nella località Valle Canneto-Conchetella. Il procedimento de quo si è favorevolmente concluso con il rilascio dell’autorizzazione n. 4 del 29 giugno 1990, previa stipula della convenzione rep. n. 3415 del 28 giugno 1990, relativa ai lavori di recupero ambientale (il cui art. 3 prevede che dette opere “ dovranno essere – anche per singole fasi – completate entro un anno dalla data di cessazione dell’attività ”). A garanzia di detti lavori, la società odierna ricorrente ha fornito la polizza fideiussoria assicurativa n. 655 del 28 gennaio 1990, emessa in favore dell’Amministrazione civica dalla Società Reale Mutua di Assicurazioni.

Con successiva istanza assunta al prot. n. 14757 del 4 ottobre 1999, Accornero s.r.l. ha domandato l’autorizzazione per l’ampliamento della citata attività estrattiva su terreni confinanti. Pertanto, previa adozione della delibera giuntale n. 187 del 13 giugno 2002, con convenzione rep. n. 4178 del 4 luglio 2002 l’odierna ricorrente ed il Comune di Priverno hanno modificato ed integrato il citato accordo del 28 giugno 1990 stabilendo, tra l’altro, che “ L’attività di ripristino dovrà avvenire durante le fasi estrattive e non nella fase finale ” (art. 3). A garanzia dell’esatto adempimento degli obblighi derivanti all’impresa dalla esecuzione delle opere di ampliamento dell’attività estrattiva, in materia di corretto esercizio della cava e realizzazione delle opere di recupero ambientale, Accornero s.r.l. ha fornito all’Amministrazione civica una ulteriore polizza fideiussoria rilasciata dalla Banca di credito cooperativo di Alba, Langhe e Roero in data 1° luglio 2002. In conseguenza di ciò, giusta determinazione dirigenziale n. 61 del 10 luglio 2002, il Comune di Priverno ha assentito l’autorizzazione n. 12 del 12 luglio 2002, per l’ampliamento dell’attività produttiva de qua per la durata di anni 3, condizionando la stessa anche al rispetto “ delle norme e delle condizioni contenute nella convenzione per la coltivazione e per l’esecuzione delle opere di sistemazione ambientale [...]”.

Con ulteriore istanza assunta al prot. n. 13415 del 9 giugno 2006, Accornero s.r.l. ha chiesto la proroga di un anno dei termini di scadenza delle autorizzazioni n. 4 del 29 giugno 1990, valida per anni 15, e n. 12 del 12 luglio 2002, valida per anni 3, sino al 2 maggio 2007, ai fini del completamento del recupero ambientale;
la richiesta è stata accolta dal Comune di Priverno con determinazione dirigenziale n. 26 del 13 aprile 2007.

Con nota allibrata al prot. n. 2754 del 17 febbraio 2011, l’odierna ricorrente ha comunicato l’avvenuto completamento delle opere di recupero ambientale per la cava in questione, richiedendo il collaudo previsto dall’art. 16, l. reg. 6 dicembre 2004 n. 17. Tuttavia, a seguito del sopralluogo effettuato dall’Amministrazione civica il 12 aprile 2011, è stata accertata la mancata esecuzione delle opere di recupero previste in progetto, con l’effetto che il Comune di Priverno, con nota prot. n. 7876 del 12 maggio 2011, ha comunicato ad Accornero s.r.l. l’avvio del procedimento previsto all’art. 16, l. reg. n. 17 del 2004, e, quindi, l’intenzione di escutere le già citate polizze fideiussorie poste a garanzia dei lavori e delle opere di recupero del sito, stante il grave danno ambientale prodottosi. In particolare, la serietà dei fenomeni di smottamento esistenti in loco , tali da richiedere interventi urgenti a tutela dell’incolumità delle persone, è stata accertata anche dal Corpo forestale dello Stato il quale, con nota allibrata dal Comune di Priverno al prot. n. 7875 del 12 maggio 2011, ha reso noto che, a seguito dei sopralluoghi effettuati nelle aree delle cave della Accornero s.r.l., sono stati constatati dei casi di sprofondamento del terreno noti come “ sinkhole ”, tali per dimensioni da mettere in pericolo l’intera zona, limitrofa a due strade sterrate molto frequentate e ne veniva pertanto richiesta la messa in sicurezza.

Le manifestazioni di degrado del territorio sopra descritte sono state accertate anche dall’Istituto superiore per la protezione dell’ambiente (ISPRA) nel sopralluogo svolto il 14 giugno 2011, i cui esiti sono stati condivisi con il Comune di Priverno nella relazione geologica del 22 giugno 2011, assunta dall’ente locale al prot. n. 11767 dell’11 luglio 2011, ove si conclude che i suddetti fenomeni di sinkhole sono particolarmente presenti proprio nei pianori dei fronti cava, in cui l’asporto della copertura sabbiosa, dovuto all’attività estrattiva, ha ridotto lo spessore delle sabbie causando l’infiltrazione delle acque e la creazione di voragini.

In data 16 aprile 2012 è stata così eseguita la verifica finale dei lavori di recupero, che ha confermato la mancata integrale esecuzione delle opere previste in convenzione, secondo la quale, come detto, “ l’attività di ripristino dovrà avvenire durante le fasi estrattive e non nella fase finale”, essendo stato accertato che il ripristino è stato solo in parte effettuato. A tal fine, è stato prescritto alla società di presentare entro un mese uno specifico progetto di completamento, che è stato inviato con nota dell’11 maggio 2012, ricevuta il successivo giorno 15, per un costo complessivo preventivato di euro 356.523,79, ma che, in attesa delle autorizzazioni prescritte, non è stato eseguito.

Il Comune di Priverno, quindi, ritenendo accertata la violazione degli obblighi convenzionali, posto che il ripristino integrale non è avvenuto durante la fase estrattiva, non è stato integrale e ha determinato episodi di franamento, smottamento e sprofondamento di dimensioni tali da determinare anche situazioni di pericolo per le persone, con determinazione dirigenziale n. 385 del 21 dicembre 2012, adottata ai sensi dell’art. 16, comma 5, lett. c), l. reg. n. 17 cit., ha incamerato le citate polizze fideiussorie di Reale Mutua di Assicurazioni, per un importo di euro 652.222,28, e di Banca di credito cooperativo di Alba, Langhe e Roero, per un ulteriore importo di euro 235.624,30.

In relazione a quanto sopra, con il ricorso all’esame, notificato il 17 gennaio 2013 e depositato il successivo giorno 18, Accornero s.r.l. ha impugnato il provvedimento indicato in epigrafe, lamentando:

I) violazione dell’art. 16, comma 5, lett. c), l. reg. n. 17 cit., non sussistendo i presupposti per l’incameramento della cauzione consistenti nella mancata esecuzione totale delle opere di ripristino, in un grave danno ambientale e nella sussistenza di un nesso causale tra le due;

II) eccesso di potere, dato che, da un lato, l’ISPRA si sarebbe limitato a descrivere la sussistenza di fenomeni naturali di dissoluzione carsica propri dell’area, senza stabilire alcun rapporto di causalità con l’attività estrattiva e senza operare alcuna qualificazione degli stessi in termini di grave danno ambientale e, dall’altro, che il verbale del 16 aprile 2012 ha concesso un termine per la presentazione di un progetto di recupero, sì che la decisione di escutere la cauzione sarebbe quantomeno intempestiva e basata su un quadro conoscitivo parziale.

A sostegno delle proprie ragioni, Accornero s.r.l. ha anche chiesto il risarcimento del danno patito.

Si è costituito il Comune di Priverno, che ha controdedotto nel merito delle censure svolte, chiedendo il rigetto del gravame.

Con ordinanza cautelare 7 febbraio 2013 n. 57, è stata respinta la domanda di rilascio di misure interinali, rilevandosi l’assenza di profili di fondatezza del ricorso, in considerazione dell’obbligo sussistente in capo alla società ricorrente di svolgere le opere di ripristino già durante le fasi estrattive e del grave danno ambientale provocato da tali inadempienze. Il Consiglio di Stato, sezione V, con ordinanza cautelare 17 aprile 2013 n. 2542, ha confermato l’insussistenza dei presupposti per la sospensione dell’efficacia dell’atto impugnato, rilevando che esso è “ preceduto da congrua istruttoria e assistito da adeguata motivazione in ordine alla violazione, da parte del ricorrente, dell’obbligo di svolgere le opere di ripristino già durante le fasi estrattive […] e al grave pregiudizio ambientale cagionato da tali inadempienze […]”.

Alle camere di consiglio straordinarie di smaltimento del 28 aprile 2021 e dell’11 ottobre 2022 la trattazione della causa è stata rinviata su concorde richiesta delle parti, in considerazione della pendenza di un procedimento per l’approvazione del progetto di recupero ambientale della cava di cui è causa.

Alla camera di consiglio straordinaria del 28 aprile 2023, invece, la causa è stata trattenuta per la decisione.

2. – Il ricorso è infondato.

2.1 Preliminarmente, alla luce del principio generale sancito dall’art. 73, comma 1- bis , cod. proc. amm., introdotto dall’art. 17, comma 7, lett. a), d.l. 9 giugno 2021 n. 90, conv. nella l. 6 agosto 2021 n. 113, va respinta l’ulteriore richiesta di rinvio della trattazione del merito del ricorso, motivata con la necessità di attendere gli sviluppi che il progetto di recupero ambientale del sito ha assunto dopo la proposizione del ricorso giurisdizionale;
infatti, a ben vedere, tale circostanza non costituisce un caso eccezionale che consenta di disporre il differimento della trattazione.

Rileva sul punto il collegio che l’odierno oggetto del contendere non consiste nella valutazione dell’adeguatezza del progetto di recupero ambientale presentato dalla società ricorrente l’11 maggio 2012 ed oggetto, nel corso degli anni, di consistenti approfondimenti istruttori, bensì nel mero accertamento della sussistenza o meno dei presupposti previsti dall’art. 16, comma 5, lett. c), l. reg. n. 17 cit., per come ritenuti accertati dall’Amministrazione nel provvedimento del 21 dicembre 2012. In altri termini, si tratta di valutare se, avuto riguardo alla situazione esistente a tale ultima data, fosse legittima l’escussione delle garanzie assicurative prestate dalla ricorrente sul presupposto del suo inadempimento agli obblighi di ripristino ambientale convenzionalmente assunti con il Comune di Priverno e, segnatamente, aventi ad oggetto l’integrale esecuzione delle necessarie opere durante la fase estrattiva di coltivazione della cava.

Conseguentemente, sebbene l’attuale stato dell’ iter di approvazione del progetto di recupero ambientale del sito sia senz’altro parte di una più complessiva vicenda unitaria, nella quale si inscrive lo specifico episodio amministrativo sottoposto all’odierno scrutinio, la considerazione delle vicende dell’approvazione del progetto appare comunque inconferente rispetto al proprium del thema decidendum per come sopra fissato. Pertanto, di là di ragioni di opportunità, non si ravvisa una cogente necessità di rinviare ulteriormente la decisione sul ricorso che, come detto, si limita a riguardare la legittimità di un provvedimento assunto il 21 dicembre 2012 esclusivamente sulla base della situazione fattuale all’epoca esistente.

2.2 Peraltro, non ci si può esimere dall’osservare che il fatto stesso che Accornero s.r.l. abbia presentato un progetto di recupero ambientale del sito di cui è causa dopo il negativo collaudo dei lavori eseguiti, collaudo che da essa stessa è stato richiesto il 17 febbraio 2011, tende già di per sé ad avvalorare la posizione dell’Amministrazione, perché disvela l’inadeguatezza di quanto posto in essere rispetto agli obblighi pattiziamente assunti. In altri termini, la considerazione degli sviluppi successivamente assunti dalla vicenda si presta a fornire argomenti a sostegno della sussistenza del presupposto della mancata integrale esecuzione delle opere di ripristino, richiesto dall’art. 16, comma 5, lett. c), l. reg. n. 17 cit., per procedere all’incameramento della cauzione. Se, infatti, il ripristino ambientale fosse stato eseguito a regola d’arte sin dal principio, non vi sarebbe stata alcuna necessità di prescrivere l’esecuzione di ulteriori opere dopo la fine dell’attività estrattiva delle quali ancora oggi, a distanza di oltre dieci anni, si sta ancora discutendo in sede amministrativa. In questo ordine di idee, anche l’ultimo atto depositato in giudizio dalla ricorrente in limine alla discussione del 28 aprile 2023, al fine di supportare la richiesta di rinvio, cioè la determinazione dirigenziale n. 861, reg. n. 286, del 27 aprile 2023, recante conclusione della conferenza di servizi indetta sul progetto di completamento di recupero ambientale delle cave di sua proprietà, dà espressamente atto (pag. 2) proprio del fatto che “ il recupero ambientale è stato solo parzialmente eseguito ”.

2.3 Fatte queste premesse, è possibile procedere allo scrutinio congiunto di ambo i motivi di gravame, attese l’unitarietà dei fatti e, soprattutto, la circostanza per cui l’esistenza dei presupposti di escussione della garanzia fideiussoria sia contestata anche sotto il profilo dell’inattendibilità delle valutazioni tecnico-discrezionali operate dall’ISPRA nella ricostruzione dei fenomeni di degrado ambientale del sito.

Il ricorso non può, dunque, trovare accoglimento.

2.3.1 Si premette che l’art. 16, comma 5, lett. c), l. reg. n. 17 cit., prevede che: “ Nel caso di verifica finale il comune: […] c) ove risulti che dalla mancata esecuzione delle opere previste nella convenzione derivi un grave danno ambientale, incamera la somma, residua o totale, oggetto della garanzia fideiussoria, provvedendo d’ufficio all'esecuzione delle opere stesse con rivalsa per le eventuali maggiori spese sull’obbligato ”. Si premette, altresì, che il concetto di “ danno ambientale ” sotteso alla citata disposizione regionale, risalente al 2004, non è stato formulato mediante uno esplicito rinvio alla correlativa nozione dettata dall’art. 18, l. 8 luglio 1986 n. 349 – vigente alla data di entrata in vigore della l. reg. n. 17 cit. come pure a quella di stipula della convenzione del 28 giugno 1990 sia quella integrativa del 4 luglio 2002 – in base al quale “ qualunque fatto doloso o colposo in violazione di disposizioni di legge o di provvedimenti adottati in base a legge che comprometta l’ambiente, ad esso arrecando danno, alterandolo, deteriorandolo o distruggendolo in tutto o in parte ”. Nozione che, successivamente, è stata sostituita da quella introdotta dall’art. 300, comma 1, d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152, che si rifà all’art. 2 della direttiva 2004/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 21 aprile 2004, sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale. In particolare, la nuova definizione di danno ambientale introdotta nel 2006 comprende “ qualsiasi deterioramento significativo e misurabile, diretto o indiretto, di una risorsa naturale o dell’utilità assicurata da quest’ultima ” e, limitatamente al danno al terreno, ha specifico riguardo a “ qualsiasi contaminazione che crei un rischio significativo di effetti nocivi, anche indiretti, sulla salute umana a seguito dell’introduzione nel suolo, sul suolo o nel sottosuolo di sostanze, preparati, organismi o microrganismi nocivi per l’ambiente ”.

Conseguentemente, stante l’assenza di una specifica voluntas legis di definire il “ grave danno ambientale ex art. 16, comma 5, lett. c), l. reg. n. 17 cit., tramite un rinvio alla specifica definizione statale, può ritenersi che esso non debba essere individuato alla luce dei rigorosi elementi costitutivi della fattispecie di cui all’art. 300, comma 1, d.lgs. n. 152 del 2006, vigente alla data di adozione del provvedimento impugnato. Esso, quindi, può essere identificato in una qualsiasi grave modificazione peggiorativa dell’ambiente che sia stata prodotta dall’attività estrattiva;
ciò in continuità con l’idea, generica ed onnicomprensiva, di danno ambientale che era sottesa alla legislazione statale vigente alla data di entrata in vigore della l. reg. n. 17 cit. e presupposta dalle parti all’atto della stipula delle convenzioni di cui è causa.

2.3.2 Così ricostruito il quadro giuridico di riferimento, si rileva che l’art. 3 della convenzione stipulata il 4 luglio 2002 tra il Comune di Priverno e Accornero s.r.l., innovando a quanto precedentemente pattuito nella convenzione del 28 giugno 1990, ha previsto che l’attività di ripristino ambientale debba avvenire “ durante le fasi estrattive e non nella fase finale ”, in linea, del resto, con quanto poi sarebbe stato prescritto dall’art. 12, comma 9, l. reg. n. 17 cit., giusto il quale: “ 9. Qualora l’autorizzazione venga rilasciata per successivi lotti o fasi di coltivazione, il recupero ambientale deve avvenire contestualmente alla coltivazione, secondo le modalità ed i tempi previsti dal piano di coltivazione e di recupero ambientale ”.

Nella vicenda che ci occupa, il rispetto dell’obbligo di ripristino ambientale de quo è stato garantito dalle polizze fideiussorie rilasciate in favore dell’Amministrazione il 28 gennaio 1990 e il 1° luglio 2002, con la conseguenza che in ogni caso di violazione di tale obbligo – e cioè, a dire, di mancato, parziale o difforme ripristino ambientale del sito – sussiste il presupposto dell’inadempimento degli obblighi convenzionali che, unitamente ad un grave danno ambientale ad esso causalmente ricollegabile, dà al Comune diritto di escutere la cauzione.

Ebbene, a seguito della verifica finale svolta in contraddittorio il 16 aprile 2012 su istanza di Accornero s.r.l., è emerso che gli obblighi di ripristino de quibus non sono stati puntualmente osservati e che, quale conseguenza di tale inosservanza, il sito su cui sono localizzate le cave di sabbia gestite dall’odierna ricorrente è stato interessato da importanti fenomeni di deterioramento dell’ambiente.

In merito, poi, alla sussistenza in concreto di detti fenomeni ed alla loro ascrivibilità all’attività estrattiva svolta in loco , il Comune di Priverno è pervenuto a tali conclusioni essenzialmente sulla base della relazione geologica dell’ISPRA del 22 giugno 2011. Sul punto, si sottolinea che a fronte di manifestazioni di discrezionalità tecnica dell’Amministrazione, tra le quali senz’altro rientrano anche le valutazioni scientifiche in materia ambientale, il giudice possa solo verificare la logicità, la congruità, la ragionevolezza e l’adeguatezza del provvedimento e della sua motivazione, la regolarità del procedimento e la completezza dell’istruttoria, l’esistenza e l’esattezza dei presupposti di fatto posti a fondamento (cfr. Cons. Stato, sez. IV, 22 dicembre 2014 n. 6313;
sez. III, 2 aprile 2013 n. 1856;
TAR Campania, Napoli, sez. V, 13 dicembre 2022 n. 7779). Per quanto attiene al merito amministrativo, viceversa, il sindacato del giudice deve arrestarsi dopo aver verificato la legittimità delle regole tecniche sottostanti alla scelta dell'amministrazione, poiché diversamente vi sarebbe un’indebita sostituzione del primo alla seconda, titolare del potere esercitato (Cons. Stato, sez. IV, 26 febbraio 2015 n. 966;
sez. VI, 13 settembre 2012 n. 4873;
TAR Campania, Napoli, sez. V, 13 dicembre 2022 n. 7779). Questa impostazione è idonea a declinare il principio di effettività della tutela giurisdizionale nello specifico settore delle valutazioni tecniche, pur senza trasformare il controllo giurisdizionale in un’indebita sovrapposizione del giudizio espresso dall’organo di verifica del corretto esercizio della legalità sostanziale a quello effettuato dal competente plesso amministrativo (TAR Campania, Napoli, sez. V, 13 dicembre 2022 n. 7779;
TAR Lombardia, Milano, sez. II, 8 ottobre 2018 n. 2228).

Conseguentemente, ritiene il collegio che, facendo applicazione delle suddette coordinate al caso odierno, il giudizio tecnico discrezionale in materia geologica reso dall’ISPRA, organo pubblico munito di particolare competenza scientifica settoriale, non appaia manifestamente viziato da travisamenti dei fatti, illogicità o irragionevolezza. Infatti, la relazione de qua è sufficientemente chiara nell’istituire un nesso di causalità tra i fenomeni di smottamento del terreno e l’asporto massivo di materiale sabbioso dovuto alla precedente attività estrattiva, evidentemente non compensato dall’esercente la cava in sede di ripristino ambientale. Né parte ricorrente ha versato in atti documenti idonei a dimostrare che, di là della fisiologica opinabilità del giudizio così espresso, sussistano in concreto gli indici rivelatori di uno scorretto esercizio della discrezionalità tecnica dell’ISPRA.

In definitiva, i descritti fenomeni di degrado ambientale hanno comportato significative modifiche peggiorative alle caratteristiche ed alla conformazione dei luoghi, ridondanti addirittura in una situazione di pericolo per le persone, come segnalato con la citata nota del Corpo forestale dello Stato del 12 maggio 2011, che sono utili a qualificare la situazione in termini di gravità. Tale compromissione dei luoghi appare, infine, ragionevolmente riconducibile alle attività estrattive svolte in loco e, soprattutto, al mancato integrale ripristino che avrebbe dovuto essere posto in essere in costanza di coltivazione, come prescritto dalla convenzione sottoscritta da Accornero s.r.l. con il Comune di Priverno il 4 luglio 2002. Ciò, in particolare, tenuto conto che la validità dei titoli abilitativi è stata prorogata sino al 2 maggio 2007 ai soli fini di risanamento del sito e che la verifica sull’esaustività attività di ripristino si è svolta, con esito negativo, addirittura il 16 aprile 2012, cioè quasi cinque anni dopo lo spirare del termine di validità delle autorizzazioni. Infine, come si è già detto, l’esito negativo della verifica è ulteriormente confermato dal fatto che si è resa necessaria la successiva presentazione di un progetto di ripristino ambientale, che è volto proprio a rimediare alle carenze delle attività sino a quel momento svolte dalle odierne ricorrente.

2.4 La legittimità della determinazione assunta comporta il rigetto della domanda risarcitoria, difettando l’insopprimibile presupposto della presenza di un atto amministrativo illegittimo cui imputare causalmente il pregiudizio.

2.5 Sono fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione in esito alla positiva conclusione della conferenza di servizi, di cui alla citata determinazione dirigenziale del 27 aprile 2023, ai fini del rilascio dell’autorizzazione al completamento del risanamento ambientale del sito ed alla stipula della relativa convenzione.

3. – In considerazione della comprovata attivazione della società ricorrente ai fini del recupero ambientale delle cave di sua proprietà, sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.

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