TAR Bologna, sez. II, sentenza 2023-02-06, n. 202300067

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bologna, sez. II, sentenza 2023-02-06, n. 202300067
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bologna
Numero : 202300067
Data del deposito : 6 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/02/2023

N. 00067/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00801/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 801 del 2021, integrato da motivi aggiunti, proposto da
E N, G P, M P G, rappresentate e difese dall’avv.to L M, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata nei Registri di Giustizia, e domicilio fisico ex lege presso la Segreteria della Sezione in Bologna, Via D’Azeglio n. 54;

contro

Comune di Modena, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avv.ti C G e S M, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata nei Registri di Giustizia, e domicilio fisico ex lege presso la Segreteria della Sezione in Bologna, Via D’Azeglio n. 54;

nei confronti

S M, rappresentata e difesa dagli avv.ti Annalisa Molinari a Carlo Masi, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata nei Registri di Giustizia, e domicilio fisico ex lege presso la Segreteria della Sezione in Bologna, Via D’Azeglio n. 54;

C G, rappresentato e difeso dall’avv.to Matilde Palmieri, con domicilio digitale corrispondente alla PEC indicata nei Registri di Giustizia, e domicilio fisico ex lege presso la Segreteria della Sezione in Bologna, Via D’Azeglio n. 54;

per l’annullamento

Ricorso introduttivo

- DEL

PROVVEDIMENTO DEL

17/6/2019, RECANTE LA FISCALIZZAZIONE DELL’ABUSO EDILIZIO DI VIA CASTELMARALDO N. 75;

- OVE OCCORRA, DEI PARERI DELLA COMMISSIONE DELLA QUALITA’ ARCHITETTONICA E PAESAGGIO, RICHIAMATI IN PREMESSA;

- DELLE RELAZIONI TECNICHE E DI OGNI ALTRO ATTO PRECEDENTE O SUCCESSIVO, PRESUPPOSTO O COMUNQUE CONNESSO.

Motivi aggiunti depositati il 2/10/2022

- DEL

PROVVEDIMENTO DIRIGENZIALE

22/8/2022 IL QUALE, IN

SOSTITUZIONE DEL PRECEDENTE ATTO

17/6/2019, CONFERMA L’APPLICAZIONE DELLA SANZIONE PECUNIARIA ALTERNATIVA ALLA DEMOLIZIONE, NELLA MISURA GIÀ

DEFINITA DI

30.700 €.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Modena, della controinteressata S M e di C G;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 gennaio 2023 il dott. Stefano Tenca e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

A. Le ricorrenti – residenti al primo, secondo e terzo piano dell’edificio condominiale in Piazza Pomposa n. 75 (centro storico) – lamentano un abuso edilizio compiuto nel 1983 dalla controinteressata proprietaria dell’ultimo piano, che avrebbe sopraelevato il fabbricato realizzando un nuovo vano adibito a salotto dell’abitazione, al posto del preesistente terrazzo. La Piazza prospiciente sarebbe vincolata ai sensi del D. Lgs. 42/2004.

B. Rappresentano in punto di fatto che l’istanza di condono edilizio ex L. 47/85 è stata rigettata con atto sindacale 30/10/1989, seguito dall’ordine di ripristino 1/3/1990. Gli atti repressivi sono stati impugnati innanzi a questo T.A.R. che ha rigettato i gravami con le sentenze n. 755/2003 e 756/2003, integralmente confermate in appello dal Consiglio di Stato (cfr. pronuncia della sez. V – 12/11/2012 n. 5707).

C. Riferiscono che, dopo la sentenza di appello, l’ordine di rimessa in pristino dell’1/3/1990 è divenuto definitivo, ma ciò nonostante l’amministrazione non vi ha dato esecuzione nel successivo triennio.

C.1 Dai documenti ottenuti con l’accesso si evincerebbe l’instaurazione di una trattativa, che doveva prevedere la demolizione spontanea in cambio di una sorta di giardino d’inverno in ferro-vetro, in posizione arretrata non visibile dalla strada pubblica. In proposito, l’atto dirigenziale 21/5/2014 (doc. 4) subordinava l’efficacia dell’intesa all’espressa autorizzazione delle ricorrenti (condomine comproprietarie), che non è mai stata richiesta.

D. Con atto dirigenziale 30/7/2015 il Comune diffidava a dar corso alla demolizione entro 90 giorni, precisando che in mancanza sarebbe stata applicata la sanzione ex art. 31 comma 4-bis del DPR 380/2001 pari a 20.000 €. Il termine accordato è spirato inutilmente, la controinteressata non ha provveduto alla demolizione e pertanto, secondo le esponenti, si è realizzata l’acquisizione automatica dell’opera al patrimonio comunale.

E. Nel 2018 una delle condomine veniva a conoscenza del deposito di una SCIA condizionata in data 22/2/2018, con la quale la Sig.ra Marchiò proponeva una ristrutturazione integrale per mantenere il fabbricato nonostante il divieto di assoluta inedificabilità in centro storico e il vincolo di restauro e risanamento conservativo gravante sull’immobile (e peraltro era intervenuta l’acquisizione ex lege , con conseguente carenza di legittimazione a inoltrare qualsivoglia istanza sul bene).

F. Tuttavia il dirigente istruiva la pratica sottoponendola alla CQAP e qualificandola come ottemperanza della sentenza del Consiglio di Stato n. 5707/2012. In data 11/5/2018 la Commissione esprimeva parere negativo (per il contrasto con il vincolo di restauro e risanamento conservativo gravante sull’immobile) ma suggeriva di valutare l’applicazione di sanzioni alternative alla demolizione, la quale avrebbe determinato uno “stato peggiorativo” . Il 13/5/2018 le ricorrenti inviavano una diffida al dirigente, che le rassicurava sulla trasparenza dell’Ente.

G. Rappresentano che alcuna notizia di avvio del procedimento è nel seguito pervenuta, e che con precedente sentenza del Tribunale di Modena n. 410 del 7/3/2011 (doc. 8), divenuta irrevocabile, veniva accertato che la sopraelevazione aveva pregiudicato l’aspetto architettonico dell’edificio condominiale (all’opposto di quanto ipotizzato dal Comune).

G.1 Dopo l’istanza di avocazione trasmessa il 29/5/2021 al Dirigente Capo Settore, quest’ultimo le informava dell’atto 17/6/2019 impugnato in questa sede. In base a quest’ultimo l’abuso risulta fiscalizzato con il pagamento di 30.700 € – pari al doppio dell’aumento di valore dell’immobile – e la giustificazione dell’interesse pubblico si fonda sul parere della Commissione per la Qualità Architettonica e il Paesaggio (CQAP) nel senso che l’eventuale modifica dell’attuale fisionomia dell’edificio, consolidatasi nel tempo, impatterebbe sull’aspetto architettonico complessivo della Piazza, alterandone il decoro: per questo è stato revocato l’ordine di demolizione e irrogata la sanzione pecuniaria sostitutiva ai sensi dell’art. 10 comma 2 della L.r. 23/2004. L’atto dà altresì atto del mancato reperimento di documentazione idonea a consentire di risalire con certezza “allo stato di progetto originario dell’immobile cui ricondurre un’eventuale riduzione in pristino” .

H. Con gravame ritualmente notificato e tempestivamente depositato a mezzo PAT le ricorrenti impugnano gli atti in epigrafe, deducendo in diritto i seguenti motivi:

I) Violazione dell’art. 7 della L. 241/90, slealtà, lesione dei canoni di efficienza, imparzialità, trasparenza e buon andamento, in quanto le ricorrenti dovevano essere rese dedotte dell’avvio del procedimento, tra l’altro oggetto di preciso impegno (doc. 7);
l’ iter non compare nella banca dati delle pratiche edilizie on-line del Comune, mentre tutte le altre sono visualizzabili.

II) Eccesso di potere sotto i plurimi seguenti profili.

II.0) Violazione dell’art. 39 della L.r. 23/2004, ai sensi del quale i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore della legge – come quello di cui è causa avviato prima del 1990 – si concludono secondo le disposizioni statali (titolo IV parte I del DPR 380/2001);
è pertanto illegittima l’applicazione dell’art. 10 comma 2 della L.r. 23/2004.

II.I) Carenza di legittimazione al provvedimento di sanatoria per perdita della proprietà, dato che con atto 30/7/2015 sono stati accordati 90 giorni per il ripristino spontaneo, dopodiché è intervenuta l’acquisizione gratuita ex art. 31 comma 3 del DPR 380/2001 (circostanza che rende inammissibile l’istanza di sanatoria postuma del responsabile dell’abuso).

II.II) Carenza di legittimazione sotto altro profilo, in quanto la compromissione del decoro architettonico è stata acclarata dalla sentenza del Tribunale di Modena 410/2011, passata in giudicato;
inoltre, per intervenire sulle parti comuni occorre il consenso di tutti i condomini e ciononostante si è provveduto nel merito dell’istanza di sanatoria.

II.III) Violazione dell’art. 1127 del c.c., dell’art. 90 comma 1 del DPR 380/2001, del DM 14/1/2008, della L.r. 19/2008 e delle norme tecniche in materia sismica, dal momento che non è stata offerta la prova che la sopraelevazione non comporta un rischio sismico, e detta verifica è prescritta anche dalla circolare comunale (doc. 11) la quale prescrive la preventiva acquisizione dell’autorizzazione sismica nel caso di rilascio di atti in sanatoria.

II.IV) Violazione dell’art. 10 comma 2 della L.r. 23/2004 perché non vi è traccia della prescritta relazione tecnica che accerti l’impossibilità di restituzione in pristino a causa della compromissione del bene tutelato, mentre sussiste solo un irrazionale giudizio estetico della CQAP che afferma il consolidamento dell’abuso, la cui eliminazione sarebbe peggiorativa (parere 11/5/2018);
la storicizzazione dell’abuso è cosa ben diversa dall’impossibilità di ripristino, e il secondo parere 7/6/2019 (sulla domanda di fiscalizzazione) è del tutto privo di argomentazioni.

II.V) Illegittimità derivata degli altri atti gravati, posto che il peggioramento architettonico risulta attestato dal T.A.R. (quando afferma che l’opera “determina un evidente peggioramento architettonico di piazza della Pomposa” ) e dal Tribunale civile (il quale ritiene che la sopraelevazione “sia disarmonica rispetto all’organismo preesistente e perciò determini una evidente diminuzione del pregio estetico dell’edificio” ).

II.VI) Violazione dell’art. 10 comma 2 L.r. 23/2004 sotto altro profilo, difetto di istruttoria: il progetto di sopraelevazione del 1926 era stato già riproposto nel 2006 e denegato dal Comune (cfr. pratica di valutazione preventiva n. 478 del 2006).

II.VII) Incongruità della motivazione, posto che non è configurabile un interesse pubblico a mantenere un abuso piuttosto che eliminare il corpo estraneo.

II.VIII) Eccesso di potere per mancata applicazione della sanzione di 20.000 € dovuta ex art. 31 comma 4-bis, invocato nell’atto comunale 30/7/2015.

II.IX) Disparità di trattamento con altro abuso meno grave, per il quale l’amministrazione ha preteso immediatamente la demolizione.

I. Si sono costituiti in giudizio il Comune di Modena e i controinteressati, formulando eccezioni in rito e chiedendo la reiezione del gravame nel merito.

I.1 In punto di fatto, puntualizzano entrambe le controparti che il condominio di cui si discorre è privo di pregio storico-culturale e monumentale e non è oggetto di alcun vincolo ex art. 42 del D. Lgs. 42/2004 (tra l’altro la Soprintendenza non avrebbe mai ritenuto di intervenire). Aggiungono che, all’epoca, l’opera è stata autorizzata dal condominio all’unanimità (cfr. delibera 11/7/1983, doc. 1 amministrazione). A loro avviso il pregiudizio architettonico non è riferito dal giudice amministrativo al fabbricato ma alla Piazza, mentre la pronuncia del giudice civile non fa stato nei confronti del Comune (estraneo a quel giudizio).

I.2 Il Comune osserva che la concreta esecuzione dell’ordine demolitorio presuppone la conoscenza dello stato legittimo da ripristinare (in questa sede molto incerto), mentre nelle zone omogenee “A” ristabilire lo status quo ante può arrecare un danno ai valori ambientali e culturali superiore all’abuso, per cui è preferibile optare per la sanzione pecuniaria. Inoltre, all’acquisizione al patrimonio comunale, già preclusa dal mancato accertamento dell’inottemperanza notificato all’interessato, osterebbe comunque l’art. 13 comma 6 della L.r. 23/2004, trattandosi di organismo privo di autonoma configurazione fisica e funzionale. In definitiva, non vi sarebbe alcun ritardo imputabile ma solo la doverosa valutazione degli aspetti concreti afferenti alla fase esecutiva. Infine, l’apporto partecipativo non avrebbe inciso sul provvedimento finale vista l’ampia documentazione disponibile sul tema, fornita anche dalle stesse ricorrenti (tra l’altro la SCIA della Sig.ra Marchiò di loro interesse era stata archiviata).

L. Con ordinanza n. 186, adottata nella Camera di consiglio del 6/4/2022, è stata accolta la domanda cautelare.

M. Nella propria memoria del 2/9/2022 il Comune rappresenta di aver prescritto alla Signora Marchiò la presentazione di apposita relazione redatta da un tecnico abilitato, dalla quale doveva emergere – se sussistente – il rispetto delle norme tecniche per le costruzioni sotto il profilo sismico;
era imposta altresì un’ulteriore relazione, corredata da ogni più utile documentazione, in grado di delineare un idoneo percorso di ricostruzione dello stato legittimo dei luoghi. Dopo l’acquisizione di entrambe (doc. 11a e 12a), l’amministrazione ha emanato l’atto dirigenziale 22/8/2022 in sostituzione di quello gravato in questa sede, che conferma la revoca dell’ordinanza di demolizione 1/3/1990 e l’applicazione della sanzione pecuniaria, alla luce di un’articolata motivazione.

N. Su istanza di parte ricorrente, all’udienza di trattazione del 5/10/2022 è stato accordato un rinvio per formulare motivi aggiunti. Tra i documenti depositati il 22/7/2022 dalle Sigg.re N, P e G vi è la sentenza della Corte d’Appello di Bologna 8/8/2014 n. 1.900 (doc. 16) che rigetta sia l’appello principale che quello incidentale e conferma integralmente la sentenza del Tribunale di Modena n. 410/2011.

O. Con motivi aggiunti depositati il 2/10/2022 le ricorrenti si dolgono del provvedimento 22/8/2022 (doc. 32), emanato in sostituzione del precedente e avente natura confermativa/modificativa.

O.1 Dopo aver inquadrato la fattispecie nel genus della ristrutturazione edilizia (art. 3 comma 1 lett. d) e art. 10 comma 1 lett. c del DPR 380/2001) l’Ente locale ha statuito (pag. 6) che “è, pertanto, possibile applicare la sanzione pecuniaria, alternativa alla demolizione - in applicazione dell’art. 33, comma 4 DPR 380/200 - stante, da un lato, l’impossibilità di stabilire con certezza la condizione originaria dei luoghi cui ricondurre il rispristino e, dall’altro, il fatto che qualsiasi intervento anche semplicemente demolitorio comporterebbe una alterazione della facciata dell’immobile non compatibile – in quanto falso storico – con i contenuti della già detta categoria del restauro e risanamento conservativo propria dell’immobile stesso, c. alla luce di quanto sopra deve e non può che concludersi che il mantenimento dello stato attuale, senza opere di conformazione (parere CQ 7/6/2019), rappresenta la soluzione più adeguata alla salvaguardia sia dell’edificio che dell’ambiente circostante” .

O.2 L’atto richiama le due relazioni rassegnate dai tecnici della Sig.ra Marchiò e nello specifico “la Relazione Tecnica del geom. Egidio De Stefano in data 29/6/2022, prot. n. 255348/2022 nella quale è stata evidenziata e ulteriormente chiarita la condizione di incertezza tuttora immanente nella individuazione della condizione dei luoghi preesistente e legittimata cui ricondurre l’ordinato ripristino” , nonché <<la Relazione Tecnica asseverata dell’ing. Raffaele Eliardo, in data 8/6/2022, prot. n. 255406/2022, attestante che il manufatto in questione è stato realizzato, regolarmente, nel rispetto “delle norme tecniche vigenti all’epoca dell’intervento” e che le strutture a sostegno della copertura “non presentano situazioni e/o condizioni che comportino pericolo di cedimento”>>
.

O.3 Conclude con la conferma della fiscalizzazione dell’abuso già disposta in precedenza, “esclusa … l’ablazione del manufatto a favore del Comune” , “in assenza di pericolo per la staticità dell’immobile” , “in assenza di riferimenti certi relativamente allo stato legittimato cui ricondurre il ripristino” , “in presenza del rischio, affermato dalla competente Commissione di qualità nei pareri, 11/572018 e del 7/6/2019, che la semplice demolizione comporti uno stato peggiorativo dell’immobile, mentre la “ricostruzione” di qualche elemento costituirebbe un falso storico volto ad alterare in maniera esteticamente e storicamente inadeguata la facciata dell’immobile, su cui il manufatto si è invece consolidato nel tempo” .

O.4 I motivi dedotti sono i seguenti:

III) Permanenza dei vizi illustrati con l’atto introduttivo, non sanati con l’atto confermativo che si sofferma solo su alcuni di essi (inapplicabilità legge regionale, adempimenti sismici, approfondimenti sullo stato legittimo del 1926).

II.1) Carenza di legittimazione per perdita della proprietà, dato che con atto 30/7/2015 sono stati accordati 90 giorni per il ripristino spontaneo, dopodiché è intervenuta l’acquisizione gratuita ex art. 31 comma 3 DPR 380/2001 (circostanza che rende inammissibile l’istanza di sanatoria postuma del responsabile dell’abuso).

II.II) Carenza di legittimazione sotto altro profilo, in quanto la compromissione del decoro architettonico è stata acclarata dalla sentenza del Tribunale di Modena 410/2011, passata in giudicato;
inoltre per intervenire sulle parti comuni occorre il consenso di tutti i condomini e ciononostante si è provveduto nel merito dell’istanza di sanatoria.

II.III) Violazione dell’art. 1127 c.c., dell’art. 90 comma 1 del DPR 380/2001, del DM 14/1/2008, della L.r. 19/2008 e delle norme tecniche in materia sismica, dal momento che sono stati omessi gli adempimenti a tutela della statica e sicurezza sismica, mentre la relazione peritale è stata redatta ex art. 22 comma 1 della L.r. 19/2008 quando per la fiscalizzazione è necessaria – ai sensi del comma 2 – l’autorizzazione sismica o il deposito del progetto;
il tecnico ha poi soltanto esaminato la struttura del tetto, omettendo i muri di sopraelevazione e le strutture dei piani sottostanti.

II.IV) Violazione dell’art. 33 comma 4 del DPR 380/2001 (evocato nel provvedimento in luogo dell’art. 10 comma 2 della L.r. 23/2004) perché non vi è traccia della prescritta relazione tecnica che accerti l’impossibilità di restituzione in pristino senza pregiudizio per le parti residue dell’edificio.

II.V) Eccesso di potere per irrazionalità e contraddittorietà dei pareri della Commissione sui quali unicamente si fonda l’atto di sanatoria, in quanto la fiscalizzazione è subordinata al parere vincolante della Soprintendenza, e non si può acquisire il giudizio estetico della CQAP.

II.IX) Disparità di trattamento con altro abuso meno grave, per il quale l’amministrazione ha preteso immediatamente la demolizione.

III.I) Violazione dell’art. 33 comma 4 del DPR 380/2001, il cui presupposto è la riconduzione dell’intervento alla ristrutturazione edilizia leggera sine titulo , mentre nel caso di specie si tratta di nuova costruzione secondo quanto statuito da una pronuncia passata in giudicato (cfr. sentenza di questo T.A.R. 11/6/2003 n. 755, non suscettibile di essere ulteriormente discussa).

III.II e III.III) Omessa acquisizione del parere vincolante della Soprintendenza ex art. 33 comma 4 DPR 380/2001 (oltre al mancato introito del contributo di costruzione).

III.IV) Violazione degli artt. 22 e 11 lett. D della L.r. 19/2008, dell’art. 90 comma 1 del DPR 380/2001, dell’art. 14 della L. 64/74, dell’art. 1127 del c.c., in quanto gli adempimenti intimati alla controinteressata investono l’accertamento di conformità, mentre per la fiscalizzazione viene in considerazione l’art. 22 comma 2 del T.U., con obbligo di presentazione di istanza di autorizzazione o obbligo di deposito del progetto strutturale, viceversa omessi.

III.IV) In subordine, il professionista dove asseverare pienamente il rispetto delle NTC al momento della loro realizzazione, mentre si è limitato al tetto senza comprendere le strutture verticali portanti (innalzamento murale del 1983 e muri portanti preesistenti);
le relative osservazioni non sono state puntualmente esaminate.

III.V) Violazione dell’art. 33 comma 4 del DPR 380/2001 per mancato accertamento dell’impossibilità di demolire senza pregiudizio delle parti restanti e arbitraria valutazione del pregiudizio estetico;
difetta il motivato accertamento dell'ufficio tecnico comunale, il quale attesti che il ripristino dello stato dei luoghi non è possibile in quanto la sottrazione delle addizioni abusive pregiudica la struttura delle altre parti legittime (ordinariamente il privato redige una perizia a comprova e l’amministrazione effettua gli approfondimenti);
così si capovolge la regola della prevalenza del ripristino, per cui se la ricerca sullo stato legittimato non dà esiti certi si provvede alla fiscalizzazione;
ad ogni modo l’eliminazione sarebbe semplicissima e arrecherebbe un beneficio strutturale al fabbricato per il venir meno dei laterizi sulle strutture portanti;
l’abuso è stato consolidato unicamente per un giudizio estetico della CQAP.

III.VI) Incompetenza, per esercizio indebito di poteri spettanti alla Soprintendenza ex art. 33 comma 4 T.U..

P. Alla pubblica udienza del 31/1/2023 il gravame introduttivo e i motivi aggiunti sono stati chiamati per la discussione e trattenuti in decisione.

DIRITTO

Le ricorrenti censurano il provvedimento comunale 17/6/2019 di fiscalizzazione dell’abuso edilizio di Via Castelmaraldo n. 75, oltre ai pareri e alle relazioni tecniche. Con motivi aggiunti denunciano l’illegittimità del successivo atto dirigenziale 22/8/2022 che sostituisce e integra/modifica il precedente, confermando l’applicazione della sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione, nella misura già definita.

IL RITO

Ad avviso del Collegio permane l’interesse all’esame dell’intera controversia, poiché il secondo atto – gravato con motivi aggiunti – ha natura mista sostitutiva-confermativa e integrativa-modificativa: siccome taluni profili restano intatti nel provvedimento 22/8/2022, sarà cura del Collegio individuare eventuali improcedibilità per carenza di interesse in relazione alle singole censure.

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