TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2019-03-27, n. 201904039
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Pubblicato il 27/03/2019
N. 04039/2019 REG.PROV.COLL.
N. 04213/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4213 del 2017, proposto da:
MARIO S.R.L., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli avvocati F S M, A S D, con domicilio eletto presso lo studio F S M in Roma, via di Villa Sacchetti n. 9;
contro
GESTORE DEI SERVIZI ENERGETICI– G.S.E. S.P.A., rappresentata e difesa dagli avvocati A P, M A F, A P, P R M, con domicilio eletto presso lo studio A P in Roma, via di Villa Sacchetti, 11;MINISTERO DELL'INTERNO, QUESTURA DI ROMA, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'ottemperanza
della sentenza di questo TAR Lazio, Roma, sez. III- ter , n. 1250/2017, depositata in data 24.1.2017 e notificata il 10.3.2017, resa a definizione del giudizio RGN 775/2013, promosso dalla Mario S.r.l. avverso il provvedimento di diniego del riconoscimento della qualifica I.A.F.R. ai sensi del d.m. 18.12.2008;
- per la conseguente declaratoria di nullità e comunque di inefficacia dell'atto prot. GSE I/20170020012 del 28.2.2017, recante “ Annullamento d'ufficio ai sensi della Legge n. 241/1990, in ordine al silenzio che è stato ritenuto dal Giudice Amministrativo formato sulla domanda di riconoscimento della qualifica di ‘impianto alimentato da fonti rinnovabili (IAFR)’ richiesta per il progetto di nuova costruzione dell'impianto eolico con potenza nominale media annuale pari a 1,500 MW, presentata da Mario srl con contestuale riapertura del procedimento di qualifica e comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza – AIFR 6245 ”, nonché della comunicazione di avvio del procedimento prot. GSE/P20170018001 del 20.2.2017 e di ogni atto presupposto, connesso e conseguente;
- conseguentemente, per l'accertamento del diritto della ricorrente al riconoscimento della qualifica IAFR e quindi per la condanna del G.S.E. a corrispondere alla Mario S.r.l. le somme dovute a titolo di incentivazione ex d.m. 18.12.2008;
nonché, in via subordinata, previa conversione del rito, per ottenere l'annullamento degli atti sopra indicati, come pure di ogni altro atto ai medesimi presupposto, connesso e conseguente, nei termini esposti con il presente ricorso, e per il conseguente accertamento del diritto della ricorrente al riconoscimento della qualifica IAFR e quindi per la condanna del G.S.E. a corrispondere alla Mario S.r.l. le somme dovute a titolo di incentivazione ex d.m. 18.12.2008;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Gestore dei Servizi Energetici– G.S.E. s.p.a. e del Ministero dell'Interno e della Questura Roma;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 3 dicembre 2018 il dott. A M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in epigrafe la Mario s.r.l., titolare di un impianto di produzione di energia da fonte eolica con potenza pari a 1,5 MW situato in Roseto Valfortore (FG), località Codaglia, ha domandato, in via principale, l’ottemperanza alla sentenza di questo TAR, n. 1250 del 2017, con la quale è stato annullato il provvedimento del Gestore dei Servizi Energetici– G.S.E. s.p.a. prot. n. 62909, del 14 novembre 2012, recante diniego di riconoscimento della qualifica di IAFR (Impianto Alimentato da Fonti Rinnovabili – qualifica prevista dall’art. 4 del d.m. 18 dicembre 2008, recante “ Incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ai sensi dell'articolo 2, comma 150, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 ”, e funzionale all’accesso ai meccanismi incentivanti previsti dalla legge per l’energia verde prodotta). La richiamata sentenza aveva annullato il provvedimento del GSE in quanto “ il diniego è stato comunicato quando il termine per la formazione del silenzio assenso era già spirato e dunque in un momento in cui il GSE non era più titolare del relativo potere (ferme restando, ovviamente, eventuali attribuzioni di autotutela, peraltro in concreto non esercitate) ”.
A seguito della sentenza di questo TAR, il GSE ha adottato il provvedimento prot. n. 20012, del 28 febbraio 2017, con cui ha disposto l’annullamento, in autotutela, del silenzio-assenso ed ha contestualmente riaperto il procedimento amministrativo sulla valutazione della qualifica di IAFR, comunicando alla Mario s.r.l., ai sensi dell’art. 10- bis della legge n. 241 del 1990, i motivi ritenuti ostativi all’accoglimento della sua istanza. La ricorrente, oltre a domandare – come detto – l’ottemperanza della sentenza di questo TAR, ha quindi anche domandato, in via subordinata, l’annullamento del citato provvedimento prot. n. 20012 del 2017 del GSE, eventualmente anche all’esito di conversione del rito. In tale prospettiva la ricorrente ha sollevato le seguenti censure:
- “violazione dei principi che governano l’azione amministrativa e in particolare di quello di proporzionalità e di quelli concernenti i poteri di autotutela della P.A., nonché [di] elusione di ogni canone di buona fede e correttezza”, con particolare riguardo sia alla violazione del termine ragionevole per l’esercizio del potere di autotutela, di cui alla legge n. 124 del 2015 ed all’art. 1, comma 136, della legge n. 311 del 2004, sia alla mancanza di motivazione circa “l’interesse pubblico sotteso al provvedimento di annullamento, interesse che non può ridursi al mero ripristino della legalità violata”;
- “assoluta incompetenza del Gestore a sindacare l’‘idoneità’ dei titoli autorizzativi alla costruzione e all’esercizio degli impianti alimentati a fonti rinnovabili”, avuto riguardo alla nota del Comune di Roseto Valfortore prot. n. 88, inviata al GSE in data 10 gennaio 2011, che aveva escluso la sussistenza di alcuna anomalia edilizia nella realizzazione dei lavori di costruzione dell’impianto: si tratterebbe, infatti, secondo la ricorrente, “di competenza che spetta unicamente agli enti territoriali, così come previsto dal D.P.R. n. 380 del 2001”;
- nel merito delle contestazioni mosse dal Gestore con il provvedimento n. 20012 del 2017, poi, la ricorrente ha dedotto che – contrariamente da quanto sostenuto nell’atto impugnato – l’impianto ben poteva essere assentito, nel caso di specie, attraverso la procedura abilitativa semplificata (c.d. PAS) di cui all’art. 6 del d.lgs. n. 28 del 2011 (titolo nella specie posseduto ed ottenuto in data 20 aprile 2011), anziché mediante rilascio di autorizzazione unica ex art. 12 del d.lgs. n. 387 del 2003;inoltre, e contrariamente a quanto sostenuto dal Gestore nella motivazione dell’atto, la stessa dichiarazione di inizio attività (DIA) n. 157, del 14 gennaio 2008, costituirebbe nella specie titolo idoneo ad abilitare la realizzazione dell’impianto, ai sensi della legge della Regione Puglia n. 1 del 2008, avuto peraltro riguardo anche alla prioritaria destinazione all’autoconsumo che, sin dal momento dell’entrata in esercizio, avrebbe caratterizzato l’impianto de quo , con conseguente sua assentibilità con DIA ai sensi della d.G.R. pugliese n. 35 del 2007 (recante “ Procedimento per il rilascio dell'Autorizzazione unica ai sensi del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 e per l'adozione del provvedimento finale di autorizzazione relativa ad impianti alimentati da fonti rinnovabili e delle opere agli stessi connesse, nonché delle infrastrutture indispensabili alla costruzione e all'esercizio ”).
2. Si sono costituiti in giudizio, con atto di mero stile depositato il 7 giugno 2017 e con contestuale deposito di documenti, il Ministero dell’Interno e la Questura di Roma, rappresentati e difesi dall’Avvocatura generale dello Stato. Si è altresì costituito in giudizio il Gestore dei Servizi Energetici– G.S.E. s.p.a., in persona del Direttore pro tempore della Direzione Affari Legali e Societari, depositando documenti e chiedendo il rigetto del ricorso.
Con sentenza non definitiva n. 9912, del 26 settembre 2017, questo TAR – previa estromissione, in rito, del Ministero dell’Interno e della Questura di Roma – ha respinto la domanda di ottemperanza, rinviando a successiva pronuncia l’esame della domanda subordinata di annullamento, con conversione del rito da camerale ad ordinario.
In vista della pubblica udienza di discussione sulla domanda caducatoria, sia la ricorrente che il Gestore resistente hanno svolto difese (con memorie depositate, rispettivamente, il 31 ottobre ed il 2 novembre 2018), anche nella forma delle reciproche repliche (depositate, per entrambe le parti, in data 12 novembre 2018). Il Gestore, in particolare, ha eccepito l’improcedibilità del gravame per sopravvenuta carenza di interesse in capo alla ricorrente, avuto riguardo all’adozione, nelle more del giudizio, del provvedimento di diniego della qualifica di IAFR adottato dal GSE in data 8 giugno 2017;esso ha anche rilevato che la ricorrente, nel dedurre i vizi afferenti agli aspetti sostanziali della vicenda, avrebbe mancato di dedurre alcunché nei confronti di talune delle ragioni addotte dal GSE a sostegno del preannunziato diniego della qualifica di IAFR.
Alla pubblica udienza del 3 dicembre 2018, dopo breve discussione orale, la causa è stata trattenuta in decisione.
3. La domanda di annullamento non è fondata nel merito (salva la declaratoria di parziale inammissibilità per difetto di interesse, sulla quale infra ) e deve essere respinta, potendosi pertanto prescindere dall’eccezione di improcedibilità sollevata dal Gestore resistente.
3.1. Quanto al primo dei motivi dedotti, deve essere qui confermato l’orientamento già assunto da questa Sezione – e recentemente consolidatosi, anche sulla scorta di decisioni del Giudice d’appello – secondo il quale la legittimità, o meno, del procedimento di accertamento nella specie avviato dal Gestore (con contestuale annullamento del precedente silenzio significativo) deve essere valutata sulla scorta del parametro costituito dall’art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011, ossia della norma speciale che rimette al Gestore stesso il compito di verificare i dati forniti dai soggetti responsabili che presentano istanza di accesso ai meccanismi incentivanti, verifica che si compie “ attraverso il controllo della documentazione trasmessa, nonché con controlli a campione sugli impianti ” (così l’art. 42, comma 1, cit.). Si tratta di un potere di accertamento con caratteristiche del tutto peculiari rispetto a quelle tipiche del generale potere di autotutela amministrativa, avuto riguardo alla particolare delicatezza del settore che qui viene in considerazione, quello degli incentivi alla produzione di energia da fonti rinnovabili: invero, come consentito dall’art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011, tale attività di verifica può “fisiologicamente” collocarsi anche a valle del provvedimento di ammissione al beneficio (ovvero, come nel caso che qui viene in rilievo, a valle del provvedimento, anche silente, che ha riconosciuto la qualifica di IAFR), in quanto espressione di un potere immanente di verifica della spettanza del diritto agli incentivi, e può sfociare in un provvedimento significativamente dalla norma denominato di “ decadenza ”, come tale non riconducibile alla generale potestà di autotutela ex art. 21- nonies della legge n. 241 del 1990 (cfr., in particolare, i precedenti di cui alle sentt. della Sezione n. 9906 del 2017 e nn. 7220 e 8838 del 2018). Del resto, l’art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011, entrato in vigore in epoca successiva all’art. 21- nonies della legge n. 241 del 1990 (introdotto dall’art. 14 della legge n. 15 del 2005), non richiama, ai fini dell’esercizio del potere di “ decadenza ”, ivi citato, i presupposti sostanziali (interesse pubblico attuale e valutazione dell’affidamento) e temporali (termine ragionevole comunque non superiore a 18 mesi) alla cui sussistenza il citato art. 21- nonies àncora la legittimità del potere di autotutela (così, di recente, della Sezione, la sentt. nn. 8845 e 8846 del 2018).
Con particolare riguardo alla censura di parte ricorrente incentrata sulla violazione del “termine ragionevole” per l’esercizio del potere di controllo, deve peraltro osservarsi che – anche a voler ricondurre nell’ambito dell’art. 21- nonies della legge n. 241 del 1990 l’attività di secondo grado nella specie posta in essere dal Gestore – l’attività di verifica è stata esercitata comunque entro un termine che non può considerarsi “irragionevole”. Va qui premesso, anzitutto, che non si apprezza una violazione del termine di 18 mesi introdotto dalla legge n. 124 del 2015 il quale – come da pacifica giurisprudenza (cfr., ex multis : Cons. Stato, sez. V, sent. n. 250 del 2017;TAR Campania, Napoli, sez. VIII, sent. n. 5276 del 2018;TAR Sicilia, Catania, sez. IV, sent. n. 2026 del 2017)–, rispetto ai provvedimenti di primo grado adottati anteriormente all'attuale versione dell’art. 21- nonies cit., decorre a far data dall'entrata in vigore della novella del 2015 (28 agosto 2015): rispetto a tali provvedimenti, il termine è quindi rispettato se – come nella specie – l’atto di secondo grado sopraggiunge entro il 28 febbraio 2017. Né, comunque, è dato rinvenire un eccessivo ritardo neanche secondo i parametri normativi vigenti anteriormente al 2015, tenuto conto che – come parimenti osservato in giurisprudenza (cfr. Cons. Stato, sez. VI, sent. n. 3975 del 2016) – l’evidente interesse pubblico alla regolarizzazione del regime di erogazione dei benefici economici collegati al riconoscimento dei certificati verdi rende neutro il dato temporale e fa emergere la natura recessiva dell’interesse fatto valere dalla ricorrente. Del resto, come questa Sezione non ha mancato di osservare, in passato, per fattispecie similari alla presente, l’esercizio del potere di autotutela, diretto al ritiro di provvedimenti implicanti un illegittimo esborso di pubblico denaro, non richiede una specifica motivazione sulla sussistenza e prevalenza dell’interesse pubblico, essendo questo automaticamente individuabile nell’indebita erogazione di benefici economici a danno delle finanze pubbliche, senza che assuma rilievo in senso contrario nemmeno il decorso del tempo (cfr., tra le tante, TAR Lazio, Roma, questa sez. III- ter , sent. n. 3408 del 2014 ed ivi altri precedenti richiamati;più di recente, si vd. anche la sent. n. 7411 del 2017, nonché la già citata sent. n. 9906 del 2017).
Né può trovare alcuno spazio applicativo, nella specie, la pur invocata norma di cui all’art. 1, comma 136, della legge n. 311 del 2004 la quale, nel limitare a soli tre anni il termine per l’adozione di un atto di autotutela, si riferisce espressamente ai provvedimenti “ incidenti su rapporti contrattuali o convenzionali con privati ”: fattispecie che all’evidenza qui non ricorre, trattandosi dell’annullamento di un precedente silenzio significativo, senza che fosse mai intervenuta la stipula di alcuna convenzione tra la Mario s.r.l. ed il Gestore.
3.2. Non è poi fondato il secondo motivo portato a sostegno dell’azione di annullamento, ossia quello della dedotta “incompetenza” del GSE nel “sindacare l’‘idoneità’ dei titoli autorizzativi alla costruzione e all’esercizio degli impianti alimentati a fonti rinnovabili”.
La censura è già stata respinta dalla sentenza n. 1250 del 2017 della Sezione, ove si è ricordato che, muovendo dall’art. 42 del d.lgs. n. 28 del 2011 e dall’art. 18 del d.m. 18 dicembre 2008, il Gestore ha il “potere-dovere di verificare l’attendibilità dei dati forniti dal richiedente gli incentivi, potendo a tal fine disporre verifiche e controlli sugli impianti in esercizio o in costruzione” e che “L’art. 4, co. 2, lett. c) , d.m. cit. precisa che alla domanda di qualifica IAFR deve essere allegata, tra l’altro, copia del titolo autorizzativo (autorizzazione unica ovvero d.i.a. o altre comunicazioni necessarie), sicché può ritenersi che lo scrutinio sulla sussistenza del titolo rientri nei compiti di controllo del Gestore”. Si è quindi affermato che “Nel caso di specie la ricorrente deduce di avere legittimamente agito in forza di p.a.s., mentre il Gestore contesta l’idoneità di questo titolo, con la conseguenza che la verifica in contestazione è stata effettivamente volta ad accertare la ‘sussistenza dell’idoneo titolo abilitativo e di tutti i parametri per poterlo considerare utile ed efficace ai soli fini del rilascio della qualifica IAFR’”.
Peraltro, la giurisprudenza della Sezione è ormai ferma nel ritenere che il GSE, in quanto titolare del potere di effettuare verifiche sulla conformità a legge degli impianti ai fini dell’erogazione del beneficio tariffario, “è abilitato a compiere una valutazione complessiva dei titoli autorizzativi relativi all’impianto oggetto di controllo, compresa la verifica del requisito del titolo edilizio” (cfr. sent. n. 2355 del 2018) e che, diversamente ragionando, si finirebbe con lo svuotare di significato “le ampie attribuzioni assegnate dalla legge al Gestore stesso per garantire la correttezza dell’erogazione degli incentivi, ivi inclusa – e a questo limitato fine – quella di apprezzare l’idoneità del titolo autorizzativo vantato dal produttore interessato” (cfr. la sent. n. 6935 del 2018).
3.3. Quanto, infine, alle censure con le quali la ricorrente ha contestato, dal punto di vista sostanziale, le ragioni che hanno indotto il Gestore a riaprire il procedimento volto al riconoscimento della qualifica IAFR per l’impianto de quo , esse devono essere dichiarate inammissibili in adesione alla specifica eccezione formulata dalle difese del Gestore.
E’ infatti evidente che, nel formulare tali censure, la ricorrente ha considerato soltanto due dei quattro motivi ostativi che il provvedimento prot. n. 20012, del 28 febbraio 2017, aveva esplicitato. Quest’ultimo aveva affermato che: a) la PAS del 20 aprile 2011 non poteva considerarsi riferita ad un “impianto già esistente” ai sensi dell’art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011, in quanto quello già realizzato risultava privo delle opere di connessione alla rete elettrica, derivandone la necessità di ottenere apposita autorizzazione unica; b) ai sensi della d.G.R. n. 35 del 2007, l’originaria DIA del 2008 non poteva considerarsi titolo idoneo per la realizzazione dell’impianto, come da progetto originario, trattandosi di impianto non destinato prioritariamente all’autoconsumo; c) l’impianto, per come realizzato, differisce sia dal progetto allegato alla DIA del 2008 sia dal progetto allegato alla PAS del 2011; d) ai fini di verificare l’effettiva entrata in esercizio dell’impianto, la documentazione trasmessa dal soggetto responsabile si era rivelata “ carente ” sotto diversi aspetti. Quello impugnato, pertanto, presentava i tratti del provvedimento plurimotivato, risultando sorretto da ciascuna delle quattro autonome ragioni appena indicate, rispetto alle quali le censure sviluppate nel ricorso si sono occupate solamente di quelle sub a) e b) , mentre nulla si è dedotto contro quelle sub c) e d) : pertanto, conformemente alla giurisprudenza amministrativa, anche di questa Sezione, pur laddove tali censure si svelassero fondate, ciò non sarebbe sufficiente a far ottenere la caducazione dell’atto impugnato il quale continuerebbe a fondarsi sulle altre due autonome ragioni giustificatrici non contestate, con conseguente difetto di interesse alla disamina delle censure sollevate (cfr., da ultimo, TAR Friuli– Venezia Giulia, sent. n. 127 del 2016).
4. Le spese del presente giudizio annullatorio seguono la soccombenza e sono da liquidarsi in euro 3.000,00 (tremila/00), oltre accessori di legge.