TAR Firenze, sez. III, sentenza 2011-04-08, n. 201100641

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. III, sentenza 2011-04-08, n. 201100641
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 201100641
Data del deposito : 8 aprile 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00854/2007 REG.RIC.

N. 00641/2011 REG.PROV.COLL.

N. 00854/2007 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 854 del 2007, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Soc. Soged S.r.l., rappresentato e difeso dagli avv. F B C, V I, con domicilio eletto presso F B C in Firenze, via La Marmora N. 29;

contro

Comune di Prato, rappresentato e difeso dagli avv. E B, R G, P T, S L, con domicilio eletto presso Studio Stancanelli Cecchi in Firenze, via Masaccio 172;

per l'annullamento

a) nota 28 febbraio 2007 (p.g. n. 18608/BC) del dirigente del servizio istanze edilizie del Comune di Prato di "diniego di sanatoria" relativo alla domanda di condono edilizio l.r. n. 53/04 (pratica n. ord. C04 - 264 - 2004), notificata il 15 marzo 2007;

b) atti presupposti, preliminari e/o conseguenti, ancorché incogniti;

Visti i motivi aggiunti depositati presso la Segreteria di questo Tribunale il 30 aprile 2010, proposti per l'annullamento:

a) ingiunzione 19 febbraio 2010 (p.g. 24149/BC5) del dirigente del Servizio Gestione Attività Edilizia del Comune di Prato di "demolizione di opere pertinenziali eseguite in assenza di permesso di costruire valutate ripristinabili", notificata il 24 febbraio 2010;

b) atti presupposti, preliminari e/o conseguenti, ancorché incogniti;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Prato;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 novembre 2010 il dott. Silvia La Guardia e uditi per le parti i difensori V. Iezzi e E. Bartalesi.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La società ricorrente agisce, con atto notificato il 14.05.2007, per l’annullamento del diniego opposto dal Comune di Prato alla sua domanda di sanatoria ai sensi della legge reg. n. 53/2004 presentata il 9.12.2004 per opere realizzate nel 1985 su una porzione di annesso agricolo, indicato come preesistente da epoca anteriore 1967.

Denuncia: 1) violazione dei principi in materia edilizia, violazione degli artt. 22 e 37 DPR n. 380/2001, 4, commi 1, 2 e 4 legge reg. n. 52/1999, 2, commi 1 e 2, legge reg. n. 53/2004 e dei principi desumibili, eccesso di potere per difetto dei presupposti, omessa, carente o errata istruttoria, travisamento dei fatti sostenendo che nella nozione di ristrutturazione deve comprendersi anche la demolizione con ricostruzione del fabbricato preesistente, oltre gli ampliamenti non espressamente esclusi;
l’intervento operato non potrebbe, pertanto essere considerato nuova costruzione, come ritenuto dal Comune;
2) violazione dei principi in materia edilizia, violazione degli artt. 3 e 10 bis legge n. 241/90 e dell’art. 2, comma 1, legge reg. n. 53/2004, carente e/o illogica motivazione, eccesso di potere per illogicità, inintelligibilità, difetto dei presupposti, sostenendo che, trattandosi di ristrutturazione edilizia la sanatoria non avrebbe potuto essere negata;
mancherebbe una compiuta motivazione che evidenzi le ragioni del diniego mentre sarebbero illogici alcuni riferimenti contenuti nella motivazione, apodittica l’affermazione che, preesistendo un “rudere”, si sarebbe trattato di nuova edificazione;
inoltre sarebbe stato omesso un pertinente riscontro alle osservazioni presentate dall’interessata;
3) violazione dell’art. 3 legge n. 241/90 ed eccesso di potere per difetto dei presupposti, carenza e/o illogicità di motivazione, difetto di istruttoria sotto altro profilo, non avendo il Comune integrato l’istruttoria con riferimento alla destinazione d’uso del fabbricato, per il quale nell’istanza di sanatoria era stata barrata la casella “residenziale” ma nelle osservazioni del 5.02.2007 si era indicato un uso non abitativo;
4) ulteriore violazione dell’art. 3 legge n. 241/90 ed eccesso di potere per carenza di motivazione e di istruttoria sostenendosi l’inconferenza, stante la tipologia del manufatto e la sua corretta qualificazione, nonché la possibilità dell’istante di modificare la richiesta di sanatoria, dell’indicazione del superamento del limite di aumento di 100 mq., con richiamo all’art. 2, comma 2, legge reg. n. 53/04;
5) violazione degli artt. 5, comma 4, legge reg. n. 53/2004 e 6 legge n. 241/90, violazione del giusto procedimento, difetto di istruttoria, omessa acquisizione di parere obbligatorio, lamentando che nel provvedimento non vi sia alcun riferimento al parere della commissione edilizia.

Con motivi aggiunti notificati il 23.04.2010 la società ricorrente ha impugnato l’ingiunzione di demolizione del 19.02.2010, deducendo: 1) illegittimità derivata da quella del diniego di sanatoria ed eccesso di potere per difetto dei presupposti;
2) violazione degli artt. 3 legge n. 241/90, 10 e 37 DPR n. 380/2001, 78, comma 1, 79, comma 1 e 2, e 135 legge reg. n. 1/2005, eccesso di potere per travisamento e difetto dei presupposti, illogicità della motivazione sostenendo che le opere in questione sono soggette a DIA, trattandosi di pertinenza urbanistica, e che, pertanto non è appropriata la sanzione ripristinatoria ai sensi dell’art. 134 legge reg. n. 1/05 applicata dal Comune invece di quella pecuniaria;
3) violazione degli artt. 3 legge n. 241/90 e 134 legge reg. n. 1/2005, eccesso di potere per carenza di ponderazione degli interessi pubblici e privati coinvolti, considerando la possibilità del ripristino in riferimento al pregiudizio per le parti conformi del fabbricato;
4) violazione degli artt. 3 legge n. 241/90, 27 e 31 DPR n. 380/2001, 129 e 134 legge reg. n. 1/2005, eccesso di potere per difetto di motivazione del provvedimento, intervenuto dopo un’inerzia di un ventennio e gli affidamenti che essa avrebbe ingenerato;
5) violazione degli artt. 27 e 31 DPR n. 380/01, 129 e 132, commi 2 e 3 legge reg. n. 1/05, eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione per mancata specificazione dell’area che verrebbe acquisita di diritto in caso di inottemperanza.

Si è costituito il Comune di Prato, che replica in memoria.

Anche parte ricorrente ha dimesso memoria, nonchè replica, insistendo nelle proprie tesi.

Il ricorso è stato posto in decisione all’udienza del 4.11.2010.

DIRITTO

Il diniego di sanatoria edilizia straordinaria impugnato con il ricorso principale è motivato con il rilievo che la sanatoria non risulta ammissibile risultando in contrasto con l’art 2, comma 2, lettera a), della legge reg. n. 53/2004, avendo il volume del manufatto accessorio comportato un aumento superiore a 100 metri cubi della volumetria dell’unità abitativa (non risultando correttamente computata la volumetria indicata nell’istanza di mc. 99,45) ed un aumento complessivamente superiore a 200 metri cubi, considerando il manufatto accessorio adiacente di cui ad analoga e coeva richiesta di sanatoria (l’annesso di cui si discute è, come riferiscono entrambe le parti, una porzione dell’annesso in muratura distaccato dall’edificio principale ad abitazioni civili esistente sull’area).

L’atto puntualizza, inoltre, con riferimento alle osservazioni presentate dalla richiedente, che non erano stati indicati atti abilitativi che giustificassero la legittimità urbanistica della preesistenza e che, per quanto risultante da precedente ordinanza di demolizione, lo stato preesistente “non era considerato un edificio esistente in quanto indicato come rudere”.

L’amministrazione comunale ha, dunque, come agevolmente comprensibile dal tenore complessivo dell’atto, considerato il fabbricato quale nuova costruzione e ne ha escluso la sanabilità, data l’eccedenza rispetto ai limiti volumetrici che la legge reg. n. 53/2004 ammette per gli edifici residenziali.

I primi due motivi del ricorso principale si incentrano sulla affermazione che l’intervento realizzato dovrebbe qualificarsi come ristrutturazione edilizia di cui all’art. 4, comma 2, legge reg. n. 52/99, pertanto sanabile in quanto realizzata in assenza di denuncia di inizio attività anche se non conforme agli strumenti urbanistici (art. 2, comma 1, lettera b), legge reg. n. 53/2004), mentre la preesistenza dell’edificio ante 1967, dichiarata nell’istanza di sanatoria, non poterebbe considerarsi adeguatamente smentita dall’apodittica affermazione del dirigente comunale che trattavasi di “rudere”;
la ricorrente puntualizza che nella nozione di ristrutturazione va ricompresa anche la demolizione con integrale ricostruzione del fabbricato preesistente e sostiene che il diniego impugnato sia, oltre che carente di motivazione, conseguenza di una carente istruttoria e di travisamento dei fatti e di una conseguente riconduzione dell’intervento al regime concessorio contrastante con la normativa.

Tali censure si rivelano infondate, non risultando, sulla base della documentazione dimessa, comprovato il presupposto fattuale della preesistenza sin dal 1967 di un manufatto di superficie e volumetria quantomeno ben identificabili, ossia di un manufatto del quale siano riconoscibili i connotati essenziali, onde possa parlarsi di sua ristrutturazione – mediante demolizione e fedele ricostruzione – e non della realizzazione di una entità edilizia non riferibile a una conforme preesistenza, da considerare costruzione ex novo. La prova di tale fatto, dichiarato nell’istanza di sanatoria ma contestato dall’amministrazione sulla base delle risultanze in suo possesso (il diniego richiama quanto indicato nella precedente ordinanza di demolizione p.g. 4251 del 1996, la quale si basa sul rapporto della vigilanza urbana n. 282 del 31.05.95 che riferiva della demolizione di un preesistente “rudere” posto a tergo dell’edificio principale), incombe a chi di tale fatto intenda avvalersi ai fini dell’ottenimento della sanatoria;
non tiene conto della motivazione del provvedimento (e neppure delle difese in giudizio – nella memoria del Comune si sostiene che il fabbricato preesistente “altro non era che una vecchia e diruta capanna agricola aperta su tre lati” -) l’errata affermazione di parte ricorrente, nella memoria di replica, che “le circostanze sono pacifiche e incontroverse e, quindi, provate in quanto non contraddette ex adverso (principio della c.d. non contestazione)”. I rilievi aerofotogrammetrici del 1954 e 1965 (peraltro scattati a quota elevata), così come l’estratto grafico del perimetro del centro abitato del Comune di Prato relativo all’area in questione possono, al più, fornire un’indicazione dell’esistenza di una qualche costruzione in una certa collocazione e della superficie occupata ma non consentono di formulare neppure ipotesi sulla relativa sagoma e volumetria;
né a quest’ultimo riguardo è di ausilio la documentazione fotografica allegata alla domanda di sanatoria ex legge n. 47/85, rammostrante il compendio edilizio precedente ai lavori per i quali è stato chiesto condono, ben poco “leggibile” quanto all’annesso di cui si discute ed inidonea a fornire al riguardo chiari elementi dimensionali. La relazione illustrativa “degli avvenimenti e dei fatti accaduti” (v. descrizione dell’incarico), stesa ed asseverata dell’aprile 1996, del geom. C (doc. 20 di parte ricorrente) riferisce, per quanto interessa (pag. 6), che in data 2.11.95 la Vigilanza Edilizia, a seguito di sopralluoghi, redigeva un verbale evidenziando il risultato delle ricerche espletate, nel quale si riferiva che da una visione ingrandita della documentazione fotografica, riportante sul retro la data del 20.12.83, presentata per un’autorizzazione del 1984, si ricavava che “il complesso edilizio risultava costituito da un corpo centrale di forma rettangolare con quattro avancorpi, tre dei quali in appendice ed uno staccato. Quest’ultimo risulta un rudere nella foto del 20.12.83 mentre sembra già ricostruito alla data del 22.09.85 quando è stato scattato il rilievo aerofotogrammetrico” (il geom. C annota al riguardo che si sta parlando del piccolo fabbricato di cui era prevista in concessione edilizia la demolizione, non ancora avvenuta;
si tratta, quindi, del manufatto di cui ora si discute). Tale relazione, dunque, non accredita la tesi della ricorrente ma si limita a riportare, nell’ambito di una cronologia degli atti relativi al compendio immobiliare, circostanze e rilievi che, piuttosto, denotano come nel 1983 esistesse solo un rudere là dove sorgeva nel 1985 un avancorpo staccato ricostruito.

Non risulta, quindi, comprovato il presupposto fattuale sulla base del quale la ricorrente afferma la riconducibilità dell’intervento del quale chiede la sanatoria alla tipologia della ristrutturazione, e, specularmente, il travisamento dei fatti e conseguente violazione di legge imputati al Comune, mentre la motivazione del provvedimento, per quanto succinta, risulta idonea a rendere comprensibile il fondamento fattuale (preesisteva solo un rudere;
non vi erano titoli abilitativi legittimanti il manufatto del quale era stata ordinata la demolizione il 22.01.1996) e giuridico (inammissibilità della sanatoria del manufatto ai sensi della legge reg. n. 53/2004) della determinazione assunta.

Il terzo e quarto motivo del ricorso principale sono tesi a contestare una erronea o comunque immotivata, in relazione alle rettifiche effettuate a seguito della comunicazione dei motivi ostativi all’accoglimento dell’istanza di sanatoria, applicazione della disciplina concernente gli immobili ad uso residenziale. Tali contestazioni sono, ancor prima che infondate, inammissibili per carenza di interesse. La legge reg. n. 53/2004 non consente di sanare nuove costruzioni ma solo gli ampliamenti di quelle esistenti;
pertanto il manufatto in questione, in quanto nuova costruzione, non è comunque suscettibile di sanatoria, ove considerato a sé stante quale manufatto a “destinazione non abitativa” – secondo la “rettifica” esposta in sede di osservazioni ex art. 10 bis legge n. 241/90 -. Una destinazione accessoria all’abitazione risulta, peraltro, oltre che dalla domanda di sanatoria, dalla documentazione integrativa alla stessa (doc. 11 della ricorrente) che definisce l’unità ad uso ripostiglio e dalla documentazione fotografica di corredo all’istanza di sanatoria (doc. 6 del Comune) che rammostra un utilizzo di fatto a deposito mobilio, oggetti e utensili collegati ad un uso abitativo, mentre la pertinenzialità alla civile abitazione è riferita nelle stesse osservazioni;
non si rendeva, quindi, in concreto necessaria da parte dell’amministrazione una nuova istruttoria o particolare motivazione sulla c.d. rettifica, considerato che il Comune ha preso in esame comunque l’ipotesi più favorevole per la ricorrente, salvo poi constatare l’eccedenza rispetto alla volumetria di 100 mc. ammessa, in quanto la misura indicata dalla ricorrente in mc. 99,45 non era stata correttamente calcolata, tralasciando lo spessore delle murature (sul punto della misurazione non vi sono contestazioni).

Infondato risulta anche il quinto motivo di impugnazione del diniego atteso che non si rendeva, nella specie, necessaria l’acquisizione del preventivo parere della Commissione edilizia, fondandosi il provvedimento su un preliminare rilievo di inammissibilità della domanda, in quanto esorbitante dalle ipotesi ammesse alla sanatoria.

Quanto all’impugnazione, coi motivi aggiunti, dell’ingiunzione di demolizione risultano, conseguentemente, prive di fondamento la prima doglianza di illegittimità derivata, così come il terzo motivo aggiunto, con il quale si contesta che l’amministrazione non avrebbe motivato sul perchè considera demolibile un manufatto legittimamente edificato anteriormente al 1967, in quanto l’ordine di demolizione non ha ad oggetto l’originario manufatto ma il fabbricato che lo ha abusivamente sostituito negli anni ’80 e, per quanto succinta, la motivazione lo evidenzia chiaramente, con richiamo alla qualificazione delle opere ed alla possibilità del ripristino. Né persuade la tesi, posta alla base del secondo motivo aggiunto, della soggezione dell’intervento a semplice D.I.A., in quanto riferito a pertinenza urbanistica, trattandosi di manufatto in sé suscettibile di svolgere funzione anche autonoma rispetto ad altra costruzione, con conseguente necessità di titolo concessorio. Con il quarto motivo aggiunto si valorizzano pretesi affidamenti ingenerati dalla ventennale inerzia dell’amministrazione comunale prima di sanzionare l’abuso;
la giurisprudenza concorda, tuttavia, nel ritenere che il mero decorso del tempo non è idoneo a far insorgere affidamenti sulla legittimità dell’opera o sul consolidamento dell’interesse privato al suo mantenimento ed, in conseguenza, ad imporre l’onere di una specifica motivazione sulla prevalenza dell’interesse pubblico alla sanzione dell’abuso ed alla relativa rimozione;
nella specie, inoltre, va segnalato che il Comune di Prato aveva già adottato, nel 1996, un provvedimento sanzionatorio (ordinanza di demolizione p.g. n. 4251, doc. 4 del Comune), onde nessun affidamento è configurabile in relazione al tempo trascorso, anche in dipendenza di procedimento di sanatoria cui dar preliminarmente corso. Il quinto motivo denuncia l’illegittimità dell’ordinanza per mancata indicazione dell’area che sarebbe stata acquisita nel caso di inottemperanza. Anche tale censura è infondata;
l’atto fa riferimento all’art. 132, comma 9, della legge n. 1/2005, che rimanda alla disciplina sanzionatoria del successivo art. 134, norme, dunque, che non prevedono l’acquisizione, e, coerentemente, avverte che in caso non venisse data spontanea esecuzione, la demolizione “sarà eseguita a cura del Comune ed a spese dei responsabili dell’abuso”.

In conclusione, il ricorso ed i motivi aggiunti sono infondati e vanno respinti.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

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