TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2016-06-16, n. 201603033

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. VI, sentenza 2016-06-16, n. 201603033
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201603033
Data del deposito : 16 giugno 2016
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 06209/2011 REG.RIC.

N. 03033/2016 REG.PROV.COLL.

N. 06209/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Sesta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 6209 del 2011, proposto da:
F M, rappresentato e difeso dagli avv. E M e A R, con domicilio eletto ai sensi dell’art. 25 c.p.a. presso la Segreteria del Tar Campania – Napoli, piazza Municipio n. 64;

contro

Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, domiciliata in Napoli, via Diaz, 11;

per l'annullamento

della determinazione n.851/2011 notificata il 13/09/2011 con cui il Comando Generale Campania della Guardia di Finanza respingeva la domanda di equo indennizzo presentata il 05/10/2000 in relazione alla seguente infermità: “Esiti di varismo con accentuato recurvato del ginocchio di frattura femore dx da ferita d’arma da fuoco”;


Visti il ricorso ed i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2016 la dott.ssa Renata Emma Ianigro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Con ricorso iscritto al n. 6209/2011 Miceli Fabio, quale Maresciallo Capo della Guardia di Finanza, esponeva che, in data 25.09.2000 alle ore 14,15 circa dopo aver espletato attività di servizio, avendo superato alla guida della propria autovettura un motociclo occupato da due soggetti, fermatosi per aver sentito inveire contro di lui gli occupanti del motociclo, veniva attinto alle gambe da un colpo d’arma da fuoco esploso da tale Carranante Nicola appartenente alla P.S. e veniva sottoposto ad un intervento di osteonsintesi con placca e viti per frattura pluriframmentaria scomposta al femore dx e rimozione corpo estraneo al ginocchio destro.

Premesso che la Commissione Medico Ospedaliera di Caserta in seguito alla disposta visita collegiale aveva riconosciuto l’infermità come dipendente da causa di servizio nonché come menomazione ascrivile alla tabella A categoria 8 misura massima, che il Comitato di verifica aveva negato la concessione del beneficio con parere n. 106325 del 7.08.2009 ravvisando elementi di colpa grave nel comportamento del dipendente, e che l’amministrazione aveva respinto la domanda di equo indennizzo senza tuttavia tener conto delle osservazioni presentate in data 9.10.2009, impugnava il diniego oppostogli deducendone l’illegittimità sulla base dei seguenti motivi di diritto:

- Violazione degli artt. 3 della legge n. 241/1990, errore nei presupposti, difetto di motivazione, eccesso di potere per ingiustizia manifesta e/o mancanza d’istruttoria e/o travisamento dei fatti;

Dalla documentazione versata in atti non può escludersi un’incidenza a livello di concausa tra il servizio prestato e le patologie lamentate, dato che l’incidente è avvenuto mentre il ricorrente era in itinere dal Tribunale di Napoli dove aveva prestato servizio quale teste. La motivazione del diniego è incongrua e insufficiente tenuto conto che la C.M.O. di Caserta ha riconosciuto l’infermità come dipendente da causa di servizio, senza che siano stati indicati i motivi del dissenso. Il diniego è vago e non circostanziato e non tiene conto della documentazione prodotta in istruttoria dalla Guardia di Finanza e degli ulteriori elementi forniti dal ricorrente attraverso le osservazioni. L’amministrazione non raffigura la realtà dei fatti, sia nell’analizzare i giudizi, sia nel rappresentare la vicenda penale scaturita dalla denuncia del Carranante che si è conclusa con una sentenza del 9.12.2008 di non doversi procedere per prescrizione e senza alcun rilievo di tipo disciplinare né in termini di riduzione delle note caratteristiche.

Per tali ragioni concludeva per l’accoglimento del ricorso con ogni conseguente statuizione.

L’amministrazione intimata si costituiva per opporsi al ricorso chiedendone il rigetto.

Alla pubblica udienza del 25.05.2016 il ricorso veniva introitato per la decisione.

2. Prelimarmente, in rito, va disposta l’estromissione del Ministero dell’Economia e Finanze in ragione della sua estraneità al presente giudizio non identificandosi esso con l’Autorità che ha emanato l’atto gravato, rispetto al quale ha rivesto un ruolo esclusivamente endoprocodimentale in funzione della emissione del presupposto parere del Comitato di verifica.

2.1 nel merito il ricorso è infondato e va respinto come di seguito argomentato.

Nella specie risulta gravato il decreto prot. n. 120609/11 del 22.04.2011 con cui il Comando generale della Guardia di Finanza, uniformandosi ai pareri resi il 12.05.2008 e l’1.04.2011 dal C.t.o., respingeva l’istanza di riconoscimento dell’equo indennizzo inoltrata dal ricorrente in relazione all’infermità : “esiti di varismo con accentuato recurvato del ginocchio di frattura femore destro da ferita da arma da fuoco con lesione complessa capsulolegamentosa e artrosi secondaria”. Ciò premesso, parte ricorrente, assume che le lesioni riportate sarebbero conseguenza di un infortunio “in itinere” verificatosi lungo il percorso stradale al rientro verso casa dopo aver prestato attività di servizio quale teste presso il Tribunale di Napoli.

Al riguardo occorre precisare che, in ipotesi di infortunio c.d. in itinere, per giurisprudenza costante, la dipendenza da causa di servizio discende dall’accertamento che l’evento sia obiettivamente riconducibile a fatti in cui il dipendente si sia trovato coinvolto per ragioni legate alla propria attività lavorativa intesa in senso ampio;
pertanto, il nesso di causalità sul quale sono chiamati ad esprimersi gli organi consultivi per le cause di servizio è quello materiale fra l’evento dannoso e le infermità riscontrate. In un momento successivo, l’Amministrazione deve accertare e valutare l’esistenza e l’intensità dell’eventuale colpa del dipendente, in modo da definire se il dolo o la colpa grave del dipendente abbiano interrotto il nesso causale tra servizio ed evento morboso, così da escludere la concessione di benefici connessi alla contrazione dell’infermità. (Cons. Stato, Sez. IV, 5051/2008).

Nel caso in specie, dalla motivazione del parere reso il 12.05.2008 dal Comitato tecnico di verifica, e successivamente confermato il 30.11.2010 in riscontro alle osservazioni presentate dall’interessato, si ricava che nella fattispecie l’amministrazione ha escluso l’esistenza di un rapporto causale o concausale tra l’evento traumatico occorso al ricorrente poiché favorito dal comportamento del dipendente nel quale si sono ravvisati elementi di colpa grave tali da interrompere il rapporto di causalità e/o concausalità efficiente e preponderante con il servizio svolto. A detto parere si è, poi, uniformata l’Amministrazione competente nell’adottare l’impugnato provvedimento con il quale è stato negato il riconoscimento dell’equo indennizzo. Dunque, atteso che il ricorrente ha subito l’incidente durante il percorso dalla sede di lavoro all’abitazione, in astratto ascrivibile alla categoria dell’infortunio in itinere, si è ritenuto che l’intera dinamica incidentale, così come desumibile dalla documentazione in atti e da quanto rappresentato in ricorso, configuri l’ipotesi della colpa grave, deponendo per il rigetto della domanda di riconoscimento dell’equo indennizzo.

Orbene, per costante giurisprudenza, le valutazioni espresse dall’autorità amministrativa, non sindacabili sul piano di merito, sono censurabili sul piano della legittimità in caso vizi logici desumibili dalla motivazione degli atti impugnati.

Nella fattispecie, la Sezione rileva come siano sufficientemente enunciati i presupposti di fatto e le ragioni giuridiche sulla cui base è stata ravvisata la colpa grave nella condotta del ricorrente.

La Sezione ritiene che l’apparato motivazionale del provvedimento manifesti, con carattere di assoluta evidenza, lo svolgimento di un congruo apprezzamento e un’esauriente valutazione degli elementi disponibili e non può porsi in dubbio che il comitato abbia adeguatamente considerato la realtà fattuale della vicenda, così come rappresentata dagli atti di causa, avendo dato atto di aver esaminato e valutato senza tralasciarne alcuno, tutti gli elementi connessi con lo svolgimento del servizio da parte del dipendente e tutti i precedenti di servizio risultanti dagli atti. La motivazione del provvedimento impugnato non manifesta lacune o carenze istruttorie, non travisa né valuta erroneamente alcuno dei fatti oggettivamente rilevabile, non contraddice il giudizio operato dalla commissione medico-ospedaliera.

Quanto all’Amministrazione, come si desume agevolmente dal testo del provvedimento impugnato, essa ha seguito l’iter logico previsto, coerentemente considerando altresì le osservazioni formulate dal ricorrente sì da richiedere con nota n.184589/10 del 18.06.2010 il riesame del precedente parere negativo espresso, così, assolvendo pienamente, sia pure per relationem, l’obbligo motivazionale. Per costante giurisprudenza, l’Amministrazione, in presenza dell’apprezzamento tecnico del comitato di verifica, competente in via esclusiva ad esprimersi sul nesso causale tra il servizio e l’evento dannoso, ha l’obbligo di acquisire detto parere, verificando soltanto se esso sia stato reso sulla base di una compiuta conoscenza di tutti gli elementi di giudizio che erano stati sottoposti all’esame dell’organo in questione, ivi compreso il parere della commissione medico-ospedaliera, e se non sia affetto da macroscopici vizi logici o da un palese travisamento dei fatti.

Rispetto alla tesi sostenuta dal ricorrente, secondo cui nella causazione dell’incidente ha contribuito il fattore esterno del comportamento di altra persona, in assenza della colpa grave ravvisata dall’amministrazione, rileva la Sezione che, rispetto alla dinamica dei fatti, non risultino emersi in giudizio elementi a sostegno della tesi difensiva secondo cui il Miceli nell’accaduto avrebbe rivestito il ruolo di vittima. Né a diverse conclusioni può addivenirsi sulla base della mera constatazione che, in seguito al rinvio a giudizio del ricorrente, il giudizio penale instaurato si è concluso con la declaratoria di estinzione del reato per prescrizione. Come noto, ai sensi dell’art. 129 c.p.p., l’applicabilità della causa estintiva del reato presuppone in ogni caso che non emergano in modo incontrovertibile a livello di mera constatazione elementi rilevatori dell’insussistenza del fatto, ovvero della sua non attribuibilità penale all’imputato (Cass. Pen. sent. n. 45891 del 15.10.2015). Esclusa pertanto l’equiparabilità di una pronuncia di estinzione del reato ad una causa di assoluzione, che come detto, presuppone la non acquisizione al giudizio di evidenti elementi atti ad escludere la responsabilità penale dell’imputato, va in ogni caso considerato che, ferma restando l’autonomia del giudizio in ordine al fatto che l’amministrazione è deputata a formulare ai fini dell’equo indennizzo, parte ricorrente non ha introdotto comunque né nel procedimento né nel presente giudizio elementi utili a supportare l’assunto ruolo di vittima nella vicenda per cui è causa. Per quanto sopra considerato, non rilevano motivi per i quali l’Amministrazione avrebbe dovuto da tale parere discostarsi.

In conclusione il ricorso va respinto e le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.

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