TAR Catanzaro, sez. I, sentenza 2014-12-19, n. 201402206
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N. 02206/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00181/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 181 del 2010, proposto da:
D T, F T e M T, rappresentati e difesi dall'avv. M C, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. R G in Catanzaro, Galleria Mancuso - Scala B;
contro
Comune di Lamezia Terme, rappresentato e difeso dall'avv. D A, con domicilio eletto presso il suo studio in Lamezia Terme, Uff. Legale c/o Comune Lamezia T;Suap - Sportello Unico delle Attivita' Produttive del Comune;
per l'annullamento del provvedimento del Comune di Lamezia Terme (SUAP) n. 19 del 12 ottobre 2009, notificato in data 1 dicembre 2009, avente ad oggetto il diniego al rilascio di permesso di costruire “in sanatoria”, relativo ad un impianto produttivo e di commercializzazione di prodotti per l’edilizia operante in Località Bosco Amatello del Comune di Lamezia Terme, in relazione al quale i ricorrenti avevano inoltrato richiesta di attivazione della procedura semplificata ex art. 5 D.P.R. 447/1998.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Lamezia Terme;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2014 la dott.ssa Germana Lo Sapio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1.1 Con istanza - prot. 4646128 - dell’1 agosto 2007, i ricorrenti inoltravano al Comune di Lamezia Terme richiesta di rilascio del permesso di costruire “in sanatoria” in relazione ad un impianto produttivo e di commercializzazione di prodotti per l’edilizia, sito in località Bosco Amatello del medesimo Comune (su terreno identificato nel C.T. del Comune Fl. 5 p.lle n. 43, 47, 99, 101, 102, 103, 840). Come rappresentato dagli stessi interessati, il progetto allegato all’istanza era “ in contrasto con lo strumento urbanistico ”, e sul presupposto della sua conformità “ a tutte le norme vigenti in materia ambientale e sanitaria ” se ne chiedeva l’approvazione mediante l’adozione della procedura “semplificata” prevista dall’art. 5 del D.P.R. 447/98.
1.2 Previa adozione del “ preavviso di rigetto ” ex art. 10 bis della Legge 241/ 1990 (nota Prot. 0062783 dell’1 settembre 2009), con il provvedimento n. 19 del 12.10.2009, il Comune comunicava il diniego al rilascio del titolo abilitativo “in sanatoria ”, sulla base dei seguenti plurimi presupposti: a) l’inapplicabilità della procedura semplificata prevista dall’art. 5 del D.P.R. 447/1998 all’istanza di “sanatoria di immobili abusivi”, trattandosi non di impianti da realizzare ma di impianti già esistenti e realizzati senza il necessario titolo abilitativo, su un’area dove è ammessa solo l’edificazione di manufatti destinati agli addetti all'agricoltura;b) la violazione delle distanze dai confini di proprietà privata;c) l’insistenza sull'area d'intervento di vincolo archeologico e paesistico.
2. Con il ricorso in esame, parte ricorrente chiede l’annullamento del diniego, deducendo, in sintesi, i seguenti motivi di illegittimità:
- vizio di violazione di legge con riferimento all’art. 7 L. 241/90, per mancata comunicazione di avvio del procedimento;
- vizio di “eccesso di potere” , articolato in diversi profili: a) in relazione alla scelta di non convocare la conferenza di servizi, per lo svolgimento della procedura semplificata di cui all’art. 5 DPR 447/98, non prevedendo la predetta norma il “ divieto ” della sua applicazione alle opere già realizzate e irregolari sotto il profilo urbanistico, ed avendo quindi l’Ente Comunale “ deliberatamente limitato l’ambito applicativo della detta normativa ”;b) in relazione al rilievo del mancato rispetto delle distanze rispetto ai corpi di fabbrica confinanti, per mancanza del presupposto di fatto;c) in relazione ai vincoli archeologico e paesistico, per omessa valutazione della sussistenza della loro effettiva attualità.
3. Si è costituito il Comune chiedendo il rigetto del ricorso perché infondato.
4. All’udienza pubblica del 21 novembre 2014, il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
5. Il ricorso è infondato e va rigettato.
6. Osserva il Collegio, preliminarmente, che quello in esame è un provvedimento di diniego al rilascio del permesso di costruire in sanatoria di un immobile abusivo (permesso richiesto, in particolare, mediante l’istanza di attivazione della cd. procedura semplificata disciplinata dall’art. 5 del D.P.R. 447/1998), da qualificarsi come “plurimotivato”, come chiaramente emerge dalla struttura motivazionale, essendo basato su una triplice giustificazione ostativa, ciascuna sufficiente al rigetto dell’istanza (riportata sinteticamente, supra sub punto 1.2. lett., a, b, c.). A tanto consegue che, secondo la consolidata giurisprudenza registrabile sul punto, solo l'accertata illegittimità di tutti i singoli profili su cui esso risulta incentrato può comportare l'illegittimità e il conseguente effetto annullatorio;al contrario, accertata la legittimità anche solo di uno dei motivi posti a fondamento del medesimo, è superfluo l'esame della fondatezza delle censure avverso gli ulteriori motivi a supporto dello stesso, i quali possono essere dichiarati “assorbiti” (cfr. da ultimo Cons. St., sez. V, 23 ottobre 2014 n. 5240;Cons. St., Sez. VI , 18 luglio 2014, n. 3861;Cons. St., sez. VI, 17 giugno 2014, n. 3038;Cons. St., sez. VI, 17 marzo 2014, n. 1308;Cons. St, Sez. V, 27 maggio 2014, n. 2728;Tar Campania, Napoli, 28 luglio .2014 n. 4349;Tar Sicilia, Palermo, II, 30 marzo 2013, n. 1193;Tar Liguria, I, 25 marzo 2013, n. 522;Tar Campania, Napoli, VII, 9 dicembre 2013 n. 5632).
7.1 Tanto premesso, ritiene il Tribunale di dover esaminare con priorità la censura concernente “ vizio di irragionevolezza, incoerenza, illogicità delle valutazioni effettuate ed violazione di legge sub specie di eccesso di potere ” per aver l’amministrazione resistente negato l’avvio della procedura cd. semplificata di cui all’art. 5 DPR 447/1998, non ritenendo tale procedura applicabile alla “sanatoria” di immobili abusivi.
7.2. Ai fini di una sintetica ricognizione del quadro normativo di riferimento, va evidenziato quanto segue.
L'art. 5 del D.P.R. 447/1998 citato prevede che, qualora il progetto per la realizzazione di impianti produttivi presentato sia in contrasto con gli strumenti urbanistici, " il responsabile del procedimento rigetta l'istanza ".
Tuttavia, allorché il progetto sia conforme alle norme vigenti in materia ambientale, sanitaria e di sicurezza del lavoro, ma " lo strumento urbanistico non individui aree destinate all'insediamento di impianti produttivi ovvero queste siano insufficienti in relazione al progetto presentato ", il responsabile del procedimento " può, motivatamente, convocare una conferenza di servizi per le conseguenti decisioni ". Come ripetutamente osservato dalla giurisprudenza registrabile in materia, il predetto procedimento costituisce uno schema di semplificazione procedimentale che - piuttosto che concludersi con un secco diniego per contrasto con la strumentazione urbanistica - persegue l'obiettivo, a determinate condizioni, di favorire la installazione di impianti produttivi rilasciando il permesso edilizio contestualmente alla variazione della disciplina urbanistica.
Lungi dal creare una speciale ipotesi di sanatoria, la disposizione di cui all’art. 5 D.P.R. 447/1998 (cui è riconosciuta “ natura eccezionale ”: cfr. TAR Puglia, Bari, sez. III, 6 novembre 2008 n. 2540) consente all'impresa interessata di ottenere, attraverso un procedimento semplificato e previa valutazione contestuale dei diversi interessi in gioco, operata mediante la “conferenza di servizi” , il rilascio del titolo edilizio, qualora, oltre ai presupposti di legge, sussista la convergente volontà dell'Amministrazione di adottare scelte urbanistiche conformi al progetto presentato.
In questo ambito, coincidente con i poteri di governo del territorio, l'Amministrazione è pertanto titolare di un ampio potere discrezionale, connesso alla facoltà – e non all'obbligo - di avviare, sulla scorta di una congrua motivazione, l'iter semplificato per l'introduzione della variante (cfr. Consiglio di Stato 1038/2006;TAR Lombardia, Brescia, sez. I, 1 luglio 2010 n.2411).
Alla luce della natura “speciale” del procedimento derogatorio ex art. 5 DPR 447/1998 e della natura ampiamente discrezionale del potere con esso esercitato, deve pertanto escludersi che tale istituto possa essere equiparato in sostanza – come auspicato da parte ricorrente - a quello dell'istituto del permesso di costruire in deroga, che trova il suo attuale modello nel cd. accertamento di “doppia conformità" previsto dall'art. 36 DPR 380/2001 (T.U. Edilizia);istituto finalizzato invece a sanare le opere solo formalmente abusive, in quanto eseguite senza titolo abilitativo, ma doppiamente conformi alla disciplina urbanistica applicabile per l'area su cui sorgono, in relazione sia al momento della loro realizzazione che al momento della presentazione dell'istanza. Costituisce infatti jus receptum che, in tal caso l'Amministrazione, è chiamata a svolgere una valutazione vincolata, priva di contenuti discrezionali e relativa alla realizzazione di un assetto di interessi già prefigurato dalla disciplina urbanistica applicabile.
In sintesi, per la “sanatoria” edilizia – e ad esclusione di ipotesi particolari e temporanee di condono che hanno natura eccezionale e che sono individuate con rigorosa tassatività dalle singole leggi istitutive, senza possibilità di integrazione con diverse fattispecie previste da altri corpi normativi – l’unico schema applicabile è quello riconducibile all’art. 36 del D.P.R. 380/2001 (cfr. sul punto Consiglio di Stato Ad. Plen. 4/2009), cui non è equiparabile il procedimento della cd. variante semplificata di cui all’art. 5 DPR 447/1998, che è invece orientato ad altra finalità, ovvero quello di semplificare o rendere più celere la modifica dello strumento urbanistico e dunque, da ultimo, favorire l'installazione di strutture produttive, con un meccanismo procedurale analogo a quello previsto dall’art. 19 del D.P.R. 327/2001 (in senso conforme, cfr. T.A.R. Puglia, sez. III Lecce, 14 gennaio 2010, n.146).
In mancanza delle condizioni previste per l'avvio del procedimento ex art. 5 DPR 447/1998, l'Amministrazione ha dunque correttamente applicato la norma invocata che, espressamente dispone, in via generale, che " qualora il progetto presentato sia in contrasto con lo strumento urbanistico, o comunque richieda una sua variazione, il responsabile del procedimento rigetta l'istanza "
In conclusione sul punto, ritiene il Collegio che sia esente dal vizio di “eccesso di potere” la motivazione posta a base del diniego, nella parte in cui evidenzia che la “sanatori di immobili abusivi” è fattispecie non prevista per l’attivazione della procedura ex art. 5 DPR 447/1998, “ trattandosi di opere già realizzate e non di progetto di nuove opere da realizzare ”.
Trattandosi di un motivo ostativo all’accoglimento dell’istanza, già di per sé sufficiente a sorreggere il diniego cd. plurimotivato, il ricorso va pertanto rigettato, con assorbimento delle altre censure.
9. La peculiarità della fattispecie concreta giustifica la compensazione delle spese di lite tra le parti.