TAR Roma, sez. III, sentenza breve 2024-04-18, n. 202407684

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza breve 2024-04-18, n. 202407684
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202407684
Data del deposito : 18 aprile 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/04/2024

N. 07684/2024 REG.PROV.COLL.

N. 16888/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 114 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 16888 del 2023, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato D N L, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Rugabella n. 17;

contro

Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’accertamento dell’illegittimità del silenzio

dell’Ambasciata d’Italia a Kinshasa in relazione alla richiesta di legalizzazione dell’atto di nascita e di tutti i documenti connessi e dipendenti della ricorrente e alla richiesta di rilascio del visto Shengen per turismo di familiare di cittadino UE;

nonché per l’accertamento

del diritto a ottenere il visto Schengen per turismo di familiare di cittadino UE

e per la condanna

dell’Amministrazione intimata al risarcimento del danno.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 aprile 2024 il dott. Marco Savi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;


1. In data 23.9.2023 parte ricorrente ha inviato all’Ambasciata d’Italia a Kinshasa richiesta per la legalizzazione dell’atto di nascita e di tutti i documenti connessi e/o dipendenti, depositando domanda per l’ottenimento del visto Schengen per turismo di familiare di cittadino UE. L’Ambasciata ha, quindi, fissato apposito appuntamento per il giorno 25.9.2023.

2. Espone, tuttavia, il ricorrente che il giorno dell’appuntamento l’Ambasciata ha rifiutato di legalizzare la documentazione prodotta e di ricevere la domanda di visto, invitandolo a richiedere appuntamento tramite prenot@mi, nonostante detta possibilità fosse esclusa, essendo possibile soltanto per visti relativi al coniuge, al figlio/a e al Genitore di cittadino UE in relazione al ricongiungimento familiare.

3. Nonostante plurime diffide, l’Ambasciata non avrebbe più provveduto sulle istanze presentate. Con il presente ricorso, parte ricorrente, sollevando plurimi profili di violazione di legge ed eccesso di potere, chiede quindi che venga accertata l’illegittimità del silenzio serbato dall’Amministrazione, con accertamento, altresì, della fondatezza della pretesa al rilascio del visto ex art. 31, co. 3, c.p.a. e condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale, quantificato in euro 50.000,00.

4. L’Amministrazione si è costituita eccependo preliminarmente la nullità della procura alle liti per mancanza di legalizzazione.

5. Nel merito, ha osservato che:

- la Cancelleria consolare dell’Ambasciata d’Italia a Kinshasa, a seguito di un accordo di delega, ha conferito al CEV- Centre européen des Visas (già Maison Schengen) gestito dall’Ambasciata del Belgio a Kinshasa la competenza al rilascio dei visti per soggiorno di breve durata (c.d. visti Schengen), così come peraltro chiaramente indicato sul sito Internet dell’Ambasciata;

- l’Ambasciata mantiene la competenza al rilascio per soggiorno di lunga durata ed alcune limitate tipologie di visti per soggiorno di breve durata, quali quelli per i familiari che accompagnino o raggiungano il cittadino dell’UE, come definiti dal D. Lgs. 6 febbraio 2007, n. 30, recante attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri;

- l’Ambasciata ha ricevuto in data 23.9.2023, via PEC, richiesta di appuntamento per la legalizzazione dell’atto di nascita della ricorrente e di documenti ad esso connessi. All’istante veniva tempestivamente fissato appuntamento presso l’ufficio competente alla legalizzazione per il giorno 25.9.2023. In tale occasione l’istante chiariva che la richiesta di legalizzazione era finalizzata al deposito di una domanda di rilascio di un visto per turismo per familiare di cittadino UE ai sensi del citato D. Lgs 30/ 2007 per raggiungere in Italia il fratello per un periodo di vacanza;

- all’istante veniva rappresentato che il rapporto di consanguineità tra l’interessata e l’invitante non la qualificasse come “familiare” ai sensi del secondo comma dell’articolo 2 del D. Lgs. 30/ 2007 che contempla (i) il coniuge, (ii) il partner che abbia contratto con il cittadino un’unione registrata, (iii) i discendenti diretti di età inferiore ai 21 anni o a carico e quelli del coniuge o partner, (iv) gli ascendenti diretti a carico e quelli del coniuge o partner;

- l’istante, secondo quanto dalla stessa dichiarato, non appariva trovarsi neanche nelle condizioni indicate dall’articolo 3 dello stesso decreto che estende il trattamento di favore ad ogni altro familiare a carico, convivente o bisognoso di assistenza ed ai partner con relazione stabile attestata dallo Stato del cittadino;

- in ragione di quanto sopra, non si accettava la domanda di visto per turismo per familiari di cittadini UE in assenza dei presupposti previsti dalla normativa di riferimento per radicare la competenza dell’Ambasciata a trattare il dossier. La ricorrente veniva piuttosto invitata a rivolgersi al CEV – Centre européen des visas per prenotare un appuntamento per il deposito di una domanda di visto per turismo. Per tale motivo, non si procedeva neanche alla legalizzazione dell’atto di nascita e dei documenti ad esso collegati, in quanto non rientranti tra i documenti richiesti a corredo di una domanda di visto per turismo;

- a seguito della diffida per la legalizzazione dell’atto di nascita inoltrata via PEC l’ufficio, non avendo conservato documentazione relativa alla pratica, invitava l’istante a prendere nuovo appuntamento presso l’ufficio legalizzazioni dell’Ambasciata attraverso il sistema prenot@mi del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale per un nuovo esame della pratica;

- pertanto non si è profilato alcuna condotta omissiva o di inerzia da parte dell’Ambasciata che ha dato riscontro alla richiesta dell’istante.

6. Con ordinanza -OMISSIS- la Sezione ha disposto la regolarizzazione della procura tramite legalizzazione, cui il ricorrente ha provveduto depositando l’atto regolarizzato in data 14.3.2024.

7. Alla camera di consiglio del 17.4.2024 parte ricorrente ha dichiarato di rinunciare alla domanda risarcitoria. La causa è stata, quindi, trattenuta in decisione.

8. Va preliminarmente dato atto della sopravvenuta carenza di interesse di parte ricorrente alla trattazione della domanda risarcitoria, giusta dichiarazione di rinuncia resa dal legale di parte ricorrente in udienza.

9. Ciò premesso, il ricorso è fondato nei limiti di seguito illustrati.

10. Nel caso di specie trova applicazione la disciplina di cui all’art. 3, comma 2, lett. a), del d.lgs. 6 febbraio 2007, n. 30 e s.m.i., recante “ Attuazione della direttiva 2004/38/CE relativa al diritto dei cittadini dell’Unione e dei loro familiari di circolare e di soggiornare liberamente nel territorio degli Stati membri ”. Tale disposizione normativa, in particolare, dispone che “ Senza pregiudizio del diritto personale di libera circolazione e di soggiorno dell’interessato, lo Stato membro ospitante, conformemente alla sua legislazione nazionale, agevola l’ingresso e il soggiorno delle seguenti persone: a) ogni altro familiare, qualunque sia la sua cittadinanza, non definito dall’articolo 2, comma 1, lettera b), se è a carico o convive, nel paese di provenienza, con il cittadino dell’Unione titolare del diritto di soggiorno a titolo principale o se gravi motivi di salute impongono che il cittadino dell’Unione lo assista personalmente.

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