TAR Catania, sez. II, sentenza 2023-04-07, n. 202301161
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Pubblicato il 07/04/2023
N. 01161/2023 REG.PROV.COLL.
N. 03273/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia
sezione staccata di Catania (Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3273 del 2012, proposto da
S R, rappresentato e difeso dagli avvocati G S e G S, con domicilio eletto presso lo studio Lucia Tilotta in Catania, Via G. Leopardi 103;
contro
Comune di Milazzo, rappresentato e difeso dall'avvocato G D B, con domicilio eletto presso lo studio Antonella Cannarozzo in Catania, Piazza G. Verga 16;
per la condanna
dell’Amministrazione intimata al risarcimento del danno.
Visti tutti gli atti della causa e le difese delle parti, come in atti o da verbale;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 aprile 2023 il dott. D B;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO e DIRITTO
Nel ricorso, per quanto in questa sede interessa, si rappresenta in punto di fatto quanto segue: a) con sentenza n. 2074/2005 in data 21 novembre 2005 il Tribunale ha accolto il ricorso proposto dall’interessato in relazione a talune procedure concorsuali avviate dal Comune di Milazzo e alle quali il ricorrente non era stato ammesso;b) la decisione del Tribunale è stata confermata dal Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana con decisione n. 251/2008 in data 26 marzo 2008, passata in giudicato;c) dopo aver proposto alcune diffide, il ricorrente ha proposto ricorso per l’esecuzione del giudicato al fine di ottenere la rinnovazione delle operazioni relative alle selezioni concorsuali di cui si tratta, con ammissione alla procedura del l’interessato;d) il Comune di Milazzo, costituitosi nel giudizio di ottemperanza, ha osservato che con delibere di giunta in data 8 luglio 2008 e 31 marzo 2011 l’Amministrazione, anche in considerazione del proprio status di Ente strutturalmente deficitario riconosciuto con delibera consiliare in data 18 novembre 2010, era stata costretta ad adottare misure per il contenimento della spesa del personale e, pertanto, a non rinnovare le procedure selettive;e) con sentenza n. 1817/2012 in data 10 luglio 2012 il Tribunale ha rigettato il ricorso in ottemperanza proposto dall’interessato, osservando che l’unico obbligo derivante dall’annullamento degli atti concorsuali consisteva nell’inquadramento dei vincitori della selezione annullata nella qualifica precedentemente posseduta e non anche nella rinnovazione della procedura.
Con il presente ricorso l’interessato ha chiesto il risarcimento del danno, osservando, in sintesi, quanto segue: a) nel biennio 2004-2005 l’Amministrazione non ha bandito alcun concorso pubblico e ha provveduto al reclutamento del personale esclusivamente tramite selezioni interne;b) in particolare, per quanto riguarda le selezioni alle quali il ricorrente ha chiesto di partecipare, è stata prevista la copertura, per diverse categorie, di 39 posti, tutti riservati al personale interno;c) il comportamento dell’Amministrazione è stato ritenuto illegittimo con le decisioni che già sono state menzionate;d) la giurisprudenza ha affermato che: - nell’ipotesi in cui la graduatoria di un concorso venga annullata, perché non trasparente, deve essere risarcita la perdita di chances del dipendente escluso, il quale provi le proprie concrete possibilità di vittoria qualora la selezione si fosse svolta in maniera regolare;- la prova può essere fornita anche in via presuntiva e probabilistica;e) nella specie il ricorrente ha allegato la documentazione attestante il suo stato di invalidità nella misura del 46% e la sua iscrizione nel registro degli invalidi civili ai sensi dell’art. 19 della legge n. 482/1968;f) ai sensi dell’art. 7, secondo comma, della legge n. 68/1999, nell’indizione di un concorso va riservata una quota di posti ai lavoratori disabili regolarmente iscritti nell’apposito elenco, sicché deve ritenersi che l’interessato avrebbe necessariamente conseguito almeno uno dei posti che l’Amministrazione aveva l’obbligo di riservare ai lavoratori disabili;g) spetta all’interessato il risarcimento del danno consistente nella retribuzione che questi avrebbe percepito ove fosse stato correttamente ammesso alla procedura e assunto, oltre il risarcimento dei danni morali;h) le circostanze addotte dal Comune nel corso del giudizio di ottemperanza costituiscono un posterius irrilevante.
Comune di Milazzo: a) è intervenuta la decadenza di cui all’art. 30, quinto comma, c.p.a., atteso che la sentenza del Consiglio di Giustizia Amministrativa è passata in giudicato in data 26 marzo 2008, mentre il ricorso è stato notificato in data 14 dicembre 2012, e ciò anche qualora si tenga conto della data di entrata in vigore del codice del processo amministrativo (16 settembre 2010), b) non può ovviamente affermarsi che il termine decadenziale di cui si è detto trovi applicazione solo in relazione a giudicati di annullamento che si siano formati successivamente all’entrata in vigore del codice;c) la pretesa risarcitoria è, comunque, prescritta, ove si assuma come dies a quo il momento dell’adozione dei provvedimenti lesivi e anche qualora si voglia attribuire un effetto interruttivo alla proposizione del ricorso impugnatorio in data 17 maggio 2005;d) ad ogni buon conto, deve osservarsi che il risarcimento del danno da lesione di interesse legittimo pretensivo, oltre ad essere soggetto all’onere della prova in ordine a tutti gli elementi essenziali della fattispecie aquiliana, presuppone la dimostrazione della spettanza del bene della vita collegato all’interesse;e) il ricorrente non ha mai censurato la sua esclusione dalla procedura, contestando, nella sostanza, la decisione del Comune di privilegiare una certa procedura per la copertura del fabbisogno organico;f) la posizione del ricorrente assume la configurazione dell’interesse di mero fatto, in ordine al quale questo Tribunale si è già pronunciato in sede di giudizio di ottemperanza con sentenza n. 117/2012 in data 10 luglio 2012;g) non vi era alcuna probabilità che il ricorrente risultasse vincitore di una selezione riservata alla progressione verticale dei dipendenti in servizio e non può ritenersi probabile che egli sarebbe risultato vincitore di un eventuale concorso pubblico, per l’indizione del quale l’Amministrazione conserva comunque poteri discrezionali in ordine all’ an e al quomodo ;h) in ogni caso, nella fattispecie non emergono elementi di grave negligenza e imperizia da parte dell’Ente nell’adozione degli atti annullati;i) il Comune è stato successivamente dichiarato “Ente Locale strutturalmente deficitario” e la mancata attivazione delle selezioni pubbliche e di quelle interne è esclusivamente riconducibile al cosiddetto “blocco delle assunzioni” e alla successiva situazione di dissesto;l) la quota di riserva di cui alla legge n. 68/1999 era, all’epoca, incapiente, come risulta dal prospetto informativo del personale in servizio alla data del 31 dicembre 2005, versato in atti.
Con memoria in data 6 marzo 2023 il ricorrente ha ribadito le proprie difese anche alla luce delle deduzioni avversarie, precisando, in particolare, quanto segue in ordine all’eccezione in rito sollevata dall’amministrazione resistente: a) nel caso di specie la definitiva sentenza di annullamento risale al 26 marzo 2008, venendo in rilievo una vicenda anteriore all’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, sicché non trova applicazione il termine decadenziale previsto dall’art. 30 c.p.a., ma, invece, il termine prescrizionale quinquennale, con decorrenza dal passaggio in giudicato della decisione di annullamento;b) può aggiungersi che il danno si è consolidato nel momento in cui il Comune ha deliberato di non procedere all’espletamento delle procedure concorsuali, circostanza che è stata resa nota all’interessato con atto n. 5990/289 in data 30 gennaio 2009, sicché è da tale data che l’eventuale termine prescrizionale è eventualmente decorso;c) in ogni caso, la domanda di annullamento è indice della volontà di reagire all’azione amministrativa ed è, quindi, idonea a interrompere per la durata del processo il termine di prescrizione per la proposizione dell’azione risarcitoria.
Con memoria in data 16 marzo 2023 il ricorrente ha succintamente ribadito le proprie difese.
Con memoria in data 20 marzo 2023 il Comune, nel ribadire le proprie difese anche alla luce delle deduzioni avversarie, ha precisato, in particolare, quanto segue: a) il ricorrente ha ipotizzato una nuova e diversa decorrenza del termine prescrizionale, facendolo coincidere con la delibera di Giunta n. 174/2008, cui fa riferimento la nota n. 5990/298 del 30 gennaio 2009;b) la tesi è destituita di fondamento, atteso che, come risulta dalla citata nota, il Comune di Milazzo, lungi dall’esercitare alcuna discrezionalità, ha solo ottemperato alle disposizioni di cui al decreto legge n. 112/2008, convertito in legge. n. 133/2008, il quale ha imposto la riduzione delle dotazioni organiche.
Nella pubblica udienza in data odierna la causa è stata trattenuta in decisione.
Deve, in primo luogo, osservarsi che, come chiarito dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (quanto alla disciplina dei termini per avanzare domanda risarcitoria nel processo amministrativo): a) il termine decadenziale di centoventi giorni previsto, per la domanda di risarcimento per lesione di interessi legittimi, dall'art. 30, comma 3, del codice del processo amministrativo, non è applicabile ai fatti illeciti anteriori all'entrata in vigore del codice (Cons. St., Ad. Plen., n. 6/2015);b) l'azione di risarcimento dei danni può essere proposta sia unitamente all'azione giurisdizionale di annullamento degli atti illegittimi, sia in via autonoma, dopo l'annullamento degli atti in sede giurisdizionale;c) in quest'ultimo caso, il momento iniziale del decorso del termine quinquennale di prescrizione dell'azione di risarcimento va individuato nella data di passaggio in giudicato della decisione di annullamento del giudice amministrativo (Cons. St., Ad. Plen., n. 2/2006).
Tuttavia, la sentenza - passata in giudicato - del Tribunale con cui è stato rigettato il ricorso in ottemperanza proposto dall’interessato ha affermato testualmente quanto segue: a) “in materia di procedure concorsuali per la copertura di posti di pubblico impiego l’effetto conformativo del giudicato va inteso nel senso che la rinnovazione della procedura deve avvenire in osservanza dei principi statuiti dalla sentenza di cui si chiede l’ottemperanza, restando tuttavia riservata all’Amministrazione la facoltà di scegliere di non coprire i posti in questione”;b) “la sentenza di cui si chiede l’ottemperanza, peraltro, si è limitata a statuire l’annullamento degli atti impugnati, di talché dalle statuizioni di essa nessun obbligo di rinnovare le procedure discende per l’Amministrazione, la quale si era conformata alla predetta statuizione, provvedendo all’inquadramento dei vincitori del concorso annullato della qualifica precedentemente posseduta”.
Ne consegue che, nel caso di specie, il provvedimento amministrativo non ha cagionato all’interessato alcuna lesione del “bene della vita”, in quanto l’Amministrazione non era, comunque, tenuta “ab origine” ad indire una procedura concorsuale, né a ciò era tenuta a seguito della pronuncia di annullamento intervenuta in sede giurisdizionale, con la quale ha ricevuto tutela, come si suole dire, un interesse meramente strumentale del ricorrente.
In altri termini, come risulta dalla sentenza che ha rigettato il ricorso in ottemperanza, la decisione di annullamento pronunciata dal Tribunale deve intendersi nel senso che, qualora l’Amministrazione avesse inteso ricorrere alla procedura concorsuale, avrebbe dovuto farlo seguendo le indicazioni rese dal giudice, ferma restando la piena discrezionalità del Comune di non avviare alcuna selezione (come, poi, avvenuto), sicché l’interessato non ha patito alcun pregiudizio per effetto del provvedimento amministrativo che è stato annullato, posto che la sua mancata partecipazione al concorso - e, in ipotesi, la sua mancata assunzione - non è dipesa da tale provvedimento, ma da decisioni ulteriori che l’Amministrazione ha assunto (non rinnovando la selezione) e che, correttamente, sono state ritenute legittime con la sentenza resa dal Tribunale sul ricorso in ottemperanza proposto dall’interessato (e passata in cosa giudicata).
Per le considerazioni che precedono il ricorso va rigettato, restando assorbita ogni altra questione, mentre, tenuto conto del complessivo svolgimento della vicenda, le spese di lite possono essere compensate.