TAR Roma, sez. 3S, sentenza 2022-11-09, n. 202214562
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Pubblicato il 09/11/2022
N. 14562/2022 REG.PROV.COLL.
N. 06354/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6354 del 2016, integrato da motivi aggiunti, proposto da
Fenascop Federazione Nazionale Strutture Comunitarie Psicosocioterapeutiche, Soc Villa Palma Srl, Soc Comunità Francesco Srl, Soc Villa Monia Srl, Soc Eunos Sas di Fabi Silvio e C, Soc Mafe S.r.l., Soc Colnav S.r.l., Associazione Mapsi Villa Bona, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dagli avvocati A T, F F, con domicilio eletto presso lo studio A T in Roma, via corso Trieste, 155;
Soc Samadi Spa, Soc Villa Von Siebenthal S.r.l., rappresentati e difesi dagli avvocati P C, A T, F F, con domicilio eletto presso lo studio A T in Roma, via corso Trieste, 155;
contro
Regione Lazio, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Roberta Barone, domiciliataria ex lege in Roma, via Marcantonio Colonna, 27;
Anci Lazio, non costituito in giudizio;
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Pier Ludovico Patriarca, domiciliataria ex lege in Roma, via Tempio di Giove, 21;
Commissario Ad Acta Sanita per la Regione Lazio, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti
Aresam Associazione Regionale per la Salute Mentale - Onlus, non costituito in giudizio;
per l'annullamento
- del decreto del Commissario ad acta n. 126/2016 del 20 aprile 2016 (in B.U.R.L. n. 36 del 5 maggio 2016) avente ad oggetto la “Definizione del livello massimo di finanziamento per l'anno 2016 per le prestazioni erogate da strutture private accreditate con onere a carico del S.S.R.: 1) riabilitazione territoriale intensiva, estensiva e di mantenimento rivolta a persona con disabilità fisica, psichica e sensoriale;2) assistenza psichiatrica;3) assistenza residenziale intensiva, estensiva e di mantenimento rivolta a persone non autosufficienti, anche anziane;4) assistenza per cure palliative;
- dei DCA n. 62/2016 e n. 562/2015;
e con motivi aggiunti:
per l’annullamento
- del decreto del Commissario ad acta n. 234/2016 del 1° luglio 2016 (in B.U.R.L. n. 55 del 12 luglio 2016).
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Regione Lazio e di Roma Capitale e di Commissario Ad Acta Sanita per la Regione Lazio;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 14 ottobre 2022 la dott.ssa C L e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Le ricorrenti – la prima, la FENASCOP (Federazione Nazionale delle Strutture Comunitarie Psico-Socio-Terapeutiche), un’associazione che riunisce strutture residenziali e semiresidenziali, sia private che pubbliche, impegnate attivamente nel lavoro all'interno delle Comunità Terapeutiche, le altre, tutte, in toto o in parte, società che gestiscono Strutture Residenziali Psichiatriche insistenti sul territorio della Regione Lazio e regolarmente autorizzate ed accreditate con il S.S.N. per l’effettuazione delle relative prestazioni – hanno impugnato il decreto del Commissario ad Acta n. 126/2016 avente ad oggetto “ 'Definizione del livello massimo di finanziamento per l'anno 2016 per le prestazioni erogate da strutture private accreditate con onere a carico del SSR: l) Riabilitazione territoriale intensiva, estensiva e di mantenimento rivolta a persone con disabilità fisica, psichica e sensoriale;2) Assistenza psichiatrica;3) Assistenza residenziale intensiva, estensiva e di mantenimento rivolta a persone non autosufficienti, anche anziane;4) Assistenza per cure palliative (Hospice) ”.
In particolare, in applicazione di specifici provvedimenti vincolanti di carattere nazionale, la Regione ha fissato le modalità e le quote di compartecipazione dovute dagli utenti o dai Comuni, che in alcuni casi, e sulla base delle citate disposizioni nazionali, sono dovute ad integrazione di quanto posto a carico del Servizio Sanitario Regionale, definendo, da ultimo, con il provvedimento impugnato, il livello massimo di finanziamento per l’anno 2016 per le prestazioni erogate dalle strutture private accreditate come le odierne ricorrenti.
La ricorrente ha dedotto i seguenti motivi: 1. Violazione degli artt. 1 e 3 septies del d.lgs. 30.12.1992 n. 502. Violazione dell'art. 2, comma 1, lettera n), della l. 30.11.1998, n. 419. Violazione del d.P.R. 10.11.1999 P.O. tutela della salute mentale 1998/2000. Violazione e falsa applicazione dei d.P.C.M. 14.2.2001 e 29.11.2001. Violazione dell'art. 3 l. 7.8.1990 n. 241. Violazione degli artt. 3 e 97 Cost. Eccesso dl potere per difetto dei presupposti. Carenza dl istruttoria. Illogicità. Ingiustizia manifesta. Disparità di trattamento. Difetto dl istruttoria. Violazione del giusto procedimento. Difetto di motivazione. 2. Violazione degli artt. 1 e 3 septies del d.lgs. 30.12.1992 n. 502. Violazione dell'art. 2, comma 1, lettera n), della l. 30.11.1998, n. 419. Violazione del d.P.R. 10.11.1999 P.O. tutela della salute mentale 1998/2000. Violazione della legge n. 328 del 8.11.2000. Violazione degli artt. 181 e ss. E 191 e ss. del d.lgs. 18.8.2000 n. 267. Violazione e falsa applicazione dei d.P.C.M. 14.2.2001 e 29.11.2001. Violazione dell'art. 3 l. 7.8.1990 n. 241 s.m.i. violazione degli artt. 3 e 97 Cost. Eccesso di potere per difetto dei presupposti. Carenza dl istruttoria. Difetto dl motivazione. Motivazione perplessa e contradittoria. 3. Violazione dell'art. 8 e ss. del d.lgs. 30.12.1992 n. 502 s.m.i. violazione dell’art. 7 e ss. della l. 7.8.1990 n. 241 s.m.i. eccesso di potere per violazione del giusto procedimento. Mancata comunicazione dl avvio del procedimento. Mancata partecipazione dei ricorrenti al procedimento.
Sostengono i ricorrenti:
- che i provvedimenti impugnati sono viziati, oltre che per violazione delle norme di legge richiamate, anche per eccesso di potere sotto il profilo del difetto dei presupposti, non essendo intervenuta, come detto, alcuna modifica della normativa nazionale che fissa i limiti della compartecipazione a carico degli utenti o dei Comuni per le prestazioni diagnostiche, terapeutiche, riabilitative e socioriabilitative in regime residenziale (H 24). Ciò denota, altresì, un'evidente carenza di istruttoria, oltre che un'illogicità ed un’ingiustizia manifesta, stante la evidenziata disparità di trattamento determinata dalla residenza nella Regione Lazio;
- che non sussiste alcuna motivazione che chiarisca le ragioni di ordine logico che hanno determinato (e consentito) una modificazione sì radicale della normativa vigente;
- che pur stabilendo la decorrenza dal prossimo 1 0 luglio 2016 del nuovo regime di contribuzione, i provvedimenti lasciano insoluto il problema di individuare le modalità di identificazione del soggetto a carico del quale grava il costo della prestazione sociale ovvero i criteri per l’individuazione del Comune quale titolare del pagamento piuttosto che l’utente;
- che nulla dicono circa i criteri per individuare i Comuni a carico dei quali dovrà gravare la quota di contribuzione,
- che sono rimaste completamente estranee alla fase istruttoria del procedimento allorché si è deciso di modificare il sistema di compartecipazione per le SRSR ad alta intensità assistenziale.
Con motivi aggiunti le ricorrenti hanno impugnato il Decreto del Commissario ad Acta n. 234/2016 avente ad oggetto “ Attività sanitaria e sociosanitaria nell’ambito di programmi riabilitativi a favore delle persone con problemi psichiatrici e/o delle famiglie;prestazioni terapeutiche e socio riabilitative in strutture ad alta, media e bassa intensità assistenziale socio-sanitaria. Compartecipazione alla spesa. Differimento dei termini” .
Si sono costituiti la Regione, controdeducendo nel merito, e Roma Capitale.
Alla pubblica udienza del 14 ottobre 2022 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
Il ricorso è fondato sulla base della decisione n. 8608/2019 del Consiglio di Stato con la quale è stato disposto l’annullamento della sentenza di questo Tribunale che aveva rigettato un ricorso avente ad oggetto i medesimi provvedimenti impugnati nel presente giudizio.
In particolare, il Consiglio di Stato ha ritenuto:
<< 1.1 Con il primo mezzo di impugnazione, la parte appellante formula nei confronti della pronuncia di primo grado rilievi critici concernenti innanzitutto l’erroneo inquadramento giuridico della res controversa, in quanto impostato sul richiamo a fonti normative non pertinenti o contraddittorie rispetto alla tesi poste a base della statuizione di reiezione del ricorso.
1.1.a) Risulterebbe inappropriato, in particolare, il richiamo al Patto della salute 2014/2016, poiché in nessuna delle sue disposizioni (v. artt. 6 e 8) è dato rinvenire un qualche passaggio dispositivo che si ponga come prodromo diretto od indiretto ad una limitazione nell’accesso alle prestazioni erogate in favore di soggetti in cura presso le SRSR ad alta e media intensità assistenziale. Al contrario, la ratio di tale normativa viene rinvenuta dalla parte appellante nell’intento di rafforzare l’intero processo assistenziale in tale settore, tanto sul piano operativo quanto su quello dell’integrazione delle risorse messe a disposizione per le due aree, quella sociale e quella sanitaria.
Inoltre, ammesso e non concesso che se ne possa trarre il significato erroneamente attribuitogli dal Tar, il rilievo conferito al Patto della Salute non tiene conto, sempre secondo la parte appellante, della normativa nel tempo vigente e della consolidata giurisprudenza in tema di prevalenza del rispetto dei livelli essenziali di assistenza (LEA) su eventuali esigenze e discipline di contenimento dei costi sanitari. Si imputa al giudice di primo grado, in definitiva, di non aver fornito alcuna motivazione in ordine alle ragioni per le quali il suddetto patto assumerebbe forza prevalente rispetto alle disposizioni normative innanzi richiamate.
1.1.b) Risulterebbe inoltre del tutto criptico e, quindi, meramente apparente, il passaggio motivazionale incentrato sul riferimento ad una presunta intervenuta modifica della natura giuridica e assistenziale delle case di cura Neuropsichiatriche: anche qui, il primo giudice non spiega come la Regione possa avere validamente introdotto l’obbligo di compartecipazione anche per le strutture ad alta e media intensità assistenziale a fronte di una normativa (in primis i DPCM del 14.2.2001 e del 29.11.2001) che, al contrario, stabilisce che le cure e le prestazioni erogate in tale strutture sono ad esclusivo carico del Servizio Sanitario Nazionale.
1.1.c) In sostanza, il TAR avrebbe del tutto omesso di considerare quanto peraltro evidenziato nel primo e principale motivo di ricorso, ossia che il d.lgs. 502/1992 e i DPCM del 14 febbraio 2001 e del 29 novembre 2001, espressamente richiamati nel DCA n. 562/2015, escludono la possibilità di introdurre la compartecipazione per le strutture ad alta e media intensità assistenziale.
1.2. Il settimo motivo di appello riguarda l’intervento di riorganizzazione delle strutture residenziali psichiatriche operato con il DCA 3 ottobre 2014 n. 310, il quale, a detta del primo giudice, costituirebbe la base fondante della rimodulazione delle quote di compartecipazione.
1.2.a) Di contro, la parte appellante osserva che il DCA n. 310/2014 ha recepito l’Accordo n.116/CU del 17 ottobre 2013 ove viene stabilita, per l’intero territorio nazionale, la tipologia delle strutture residenziali psichiatriche;e che al punto 4 del suddetto Accordo figura un esplicito richiamo al DPCM del 2001, del seguente tenore: “Per quanto concerne la compartecipazione alla spesa, il riferimento normativo è rappresentato dal decreto del Presidente del Consiglio 29 novembre 2001- Definizione dei livelli essenziali di assistenza”. Risulta quindi confermato che la normazione nazionale in materia di Livelli essenziali di assistenza è quella che fornisce le indicazioni decisive e inderogabili in materia di riparto degli oneri di spesa delle prestazioni socio-sanitarie.
1.2.b) A detta della parte appellante il Tar avrebbe inoltre omesso di pronunciarsi sul vizio di carenza di motivazione e di istruttoria eccepito in relazione al fatto che la delibera n. 395/2017, travisando ed contraddicendo quanto stabilito dal DCA n. 562/2015 (che, proprio alla luce dell’alta intensità assistenziale, aveva limitato per le SRSR h24 la compartecipazione ad un periodo di 12 mesi), ha esteso tale compartecipazione per le SRSR ad alta intensità assistenziale 24/h anche agli anni successivi, aumentando, peraltro, la quota sociale a carico del comune/utente dal 40 al 60%.
1.3. Ai sensi dell’ottavo motivo di appello, egualmente erroneo ed illogico appare alla parte ricorrente il richiamo alla legge di semplificazione regionale del Lazio del 10 agosto 2016, n. 12, essendone stato totalmente travisato l’effettivo significato.
1.3.a). Osserva sul punto Roma Capitale che la legge regionale è intervenuta per stabilire i criteri di suddivisione della quota sociale tra utente e Comune (in base al reddito) e le modalità con le quali la Regione è chiamata a partecipare agli oneri posti a carico dei Comuni (attraverso il rimborso del 50% della quota sociale complessiva pagata da questi). La legge regionale, però, in alcun modo ha stabilito a quali “strutture” ed a quali “prestazioni socioriabilitative psichiatriche” debba applicarsi, in relazione alla quota sociale, la “compartecipazione” del Comune e/o dell’utente, sicché ad essa è estranea la questione cruciale oggetto della presente contesa.
D’altra parte, la scelta di fondo in materia, proprio perché rimessa alle fonti normative di rango statale e vincolata ai LEA (valevoli in tutto il territorio nazionale), non può costituire oggetto di intervento della normativa regionale, potendo questa occuparsi della sola regolamentazione delle modalità attuative della compartecipazione, ove dovuta.
1.3.b) L’eventuale diversa interpretazione, che intendesse la suddetta legge regionale del 2016 come valida copertura legislativa della innovativa regola della compartecipazione, viene avversata dalla parte appellante con l’ulteriore richiesta dell’attivazione di un incidente di legittimità costituzionale in relazione al suo art. 6, per asserita violazione degli artt. 3 e 32 della Costituzione.
1.4. Così riepilogati i motivi di impugnazione, il Collegio ritiene che essi siano fondati, nei limiti e per le ragioni che di seguito si vanno a illustrare.
1.5. Occorre premettere che il DCA n. 562/2015 – sviluppando una impostazione poi ampiamente ricalcata nella memoria difensiva regionale depositata il 12 aprile 2019:
a) illustra lo schema delle strutture SRSR a elevata (24 ore/24), media (12 ore/24) e bassa intensità assistenziale socio-sanitaria, come previste nei DCA n. 101/2010 e n. 8/2011, individuando il fattore ad esse comune nell’erogazione di prestazioni di supporto socio-riabilitativo a carattere non prevalentemente terapeutico (pag. 7);
b) elenca le nuove tre tipologie di struttura residenziale individuate dall’Accordo Nazionale n. 116/CU del 17.10.2013 e differenziate in SRP1 (per trattamenti terapeutico riabilitativi a carattere intensivo), SRP2 (per trattamenti terapeutico riabilitativi a carattere estensivo) ed SRP3 (per interventi socio riabilitativi ripartiti in tre sottolivelli di intensità assistenziale su 24, 12 ore e fasce orarie) (pag. 8);
c) evidenzia la corrispondenza tra i due sistemi a confronto, mediante un tabella nella quale tutte le preesistenti SRSR (24h, 12h e fasce orarie) confluiscono nelle attuali SRP3 (pag. 9): da tale schema si evince che le SRSR e le SRP3 condividono la funzione di erogare esclusivamente prestazioni a carattere socio-riabilitativo;
d) dà atto che, ai sensi del DPCM del 2001 (definizione dei livelli essenziali di assistenza) “i trattamenti residenziali socio riabilitativi (sono) a carico del Servizio Sanitario Nazionale per una quota pari al 40% della tariffa giornaliera”, diversamente dai “trattamenti residenziali terapeutico-riabilitativi intensivi ed estensivi totalmente a carico del Servizio Sanitario Nazionale” (pag. 9);
e) applica, infine, la regola della compartecipazione alla spesa a carico dell’utente o del Comune a tutte le tipologie di SRSR, ivi incluse quelle 24h/24 ad elevata intensità assistenziale (pag. 11).
1.6. Si tratta a questo punto di appurare quale sia la linea di ragionamento che interpreta i DPCM del 2001 nel senso che l’obbligo di compartecipazione a carico dell’utente o del Comune riguarda tutti i “trattamenti residenziali socio-riabilitativi” (pag. 9 del DCA 562/2015) e non già le sole prestazioni “socio riabilitative a bassa intensità assistenziale”.
Il punto critico è rappresentato, infatti, dall’inquadramento dei servizi resi 12h/24 e 24h/24 presso le SRSR (ora confluite tra le SRP3) tra quelli a “bassa intensità assistenziale”.
1.7. Va premesso che le prestazioni “socio - riabilitative” rientrano tra quelle a carattere “socio-sanitario” (quindi non puramente assistenziale), nelle quali la componente sanitaria non è nettamente distinguibile da quella sociale: è questa la ragione per la quale tali prestazioni non possono gravare interamente sul cittadino o sul Comune - pur potendosi ammettere, a certe condizioni, un concorso alla spesa da parte dell’utente del servizio.
1.8. La seconda premessa è che il DPCM del 14 febbraio 2001 (atto di indirizzo e coordinamento in materia di prestazioni sociosanitarie) prevede per le “patologie psichiatriche” l’eventuale compartecipazione dei Comuni per la sola accoglienza in strutture “a bassa intensità assistenziale e programmi di reinserimento sociale e lavorativo” (tabella prevista dall’art. 4, comma 1 del decreto). A seguire ed in coerenza con il precedente atto di indirizzo, il