TAR Trieste, sez. I, sentenza 2020-11-25, n. 202000401

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trieste, sez. I, sentenza 2020-11-25, n. 202000401
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trieste
Numero : 202000401
Data del deposito : 25 novembre 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 25/11/2020

N. 00401/2020 REG.PROV.COLL.

N. 00165/2020 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA NON DEFINITIVA

sul ricorso numero di registro generale 165 del 2020, proposto da
-OMISSIS-, rappresentati e difesi dall'avvocato M B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Luigi Capuana 207;

contro

L'Inps, Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, Succeduto ex Lege All'Inpdap, Direzione Provinciale di Gorizia, Ministero dell'Economia e delle Finanze Presso L'Avvocatura Distrettuale di Stato di Trieste non costituiti in giudizio;
Guardia di Finanza - Comando Generale, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Trieste, domiciliataria ex lege in Trieste, piazza Dalmazia, 3;

per l'accertamento

del diritto dei ricorrenti ai benefici economici normativamente contemplati all'art. 6 bis D.L. n. 387 del 1987, con il conseguente obbligo dell'Amministrazione di provvedere alla rideterminazione dell'indennità di buonuscita, mediante l'inclusione nella relativa base di calcolo, dei sei scatti stipendiali contemplati dalla disposizione citata.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero dell’Economia e delle Finanze (Guardia di Finanza - Comando Generale);

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 novembre 2020 il dott. Luca Emanuele Ricci e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Visto l'art. 36, co. 2, cod. proc. amm.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

I ricorrenti, ex appartenenti al Corpo della Guardia di Finanza e congedati a domanda (successivamente al compimento di 55 anni di età, e con oltre trentacinque anni di servizio utile contributivo) agiscono nei confronti dell’INPS e del Ministero dell’Economia (Comando Generale della Guardia di Finanza) per l’accertamento del diritto a percepire i benefici economici di cui all’art. 6 bis del d.l. n. 387 del 1987.

Rappresentano, infatti, di aver ricevuto un TFS liquidato in misura difforme da quanto previsto dalla normativa vigente, per essere stata esclusa dal conteggio la maggiorazione dei sei scatti stipendiali (di cui all’art. 4 del d.lgs. 165/1997) normativamente attribuibili anche al personale delle forze di polizia cessato a domanda.

L’azione dell’amministrazione sarebbe pertanto viziata da “ violazione e/o falsa applicazione dell’art. art. 6 bis D.L. n. 387/1987 come modificato dall’art. 21 Legge 232/1990. Eccesso di potere. Illogicità manifesta. Disparità di trattamento. Ingiustizia manifesta. Arbitrarietà. Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 97 Cost. Violazione e/o falsa applicazione articolo 3 legge 241/1990 .

I ricorrenti danno atto, infine, che l’interlocuzione stragiudiziale con l’amministrazione non ha avuto esito positivo: il Centro Informatico Amministrativo Nazionale del Corpo della G.d.F. ha infatti negato la riconducibilità a sé del provvedimento mentre l’INPS ha invece affermato di aver agito in conformità al Prospetto Dati per Buona uscita inviato dall’Amministrazione, sostenendo altresì che la maggiorazione della base di calcolo della buona uscita spetti al solo personale cessato per età o perché divenuto permanentemente inabile al servizio o perché deceduto.

Il Ministero ha fatto constare il suo difetto di legittimazione passiva, per non aver adottato alcun atto lesivo nei confronti del ricorrente, chiedendo al giudice di dichiarare la sua estromissione dal giudizio. Ha altresì sostenuto l’infondatezza nel merito del ricorso.

L’eccezione preliminare di carenza di legittimazione passiva appare fondata, pur con le precisazioni che seguono, e il giudizio può essere definito nei confronti del Ministero con sentenza parziale.

La presente azione è volta ad accertare un diritto degli odierni ricorrenti, correlato al rapporto di lavoro (estraneo però alla materia pensionistica in senso stretto e quindi alla giurisdizione contabile), conosciuto da questo giudice nell’esercizio della propria giurisdizione esclusiva sulle controversie in materia di pubblico impiego non privatizzato (art. 133, comma 1, lett. i c.pa.).

Solo l’ente previdenziale è titolare della competenza a calcolare, liquidare e corrispondere il trattamento di fine servizio, a nulla rilevando che, ai fini della sua quantificazione, esso si avvalga di atti formati dall’amministrazione di provenienza del dipendente, i quali non assumono rilevanza esterna (Consiglio Stato, sez. IV, 21 giugno 2007, n. 3365). Parimenti non hanno rilievo, in questa sede, le qualifiche di ordinatore primario o secondario della spesa, dovendosi guardare unicamente alla qualità di obbligato alla quantificazione ed erogazione del beneficio.

Trattandosi, dunque, di pretesa azionabile solo nei confronti dell’INPS, il Ministero deve considerarsi estraneo all’accertamento domandato nel presente giudizio. La questione è correttamente inquadrabile nel difetto di legittimazione passiva (e non attiene invece al merito della controversia), giacché investe il piano della prospettazione dei fatti costitutivi della posizione giuridica azionata, come operata dalla parte ricorrente, e in particolare il profilo relativo alla corrispondenza tra le parti del rapporto giuridico sostanziale e le parti del rapporto processuale (Cass. Civ., S.U., 16 febbraio 2016, n. 2951).

Dall’accertamento del difetto di legittimazione passiva del Ministero deriva l’inammissibilità della domanda nei suoi confronti, per difetto di una condizione dell’azione (cfr. Cass. Civ, Sez. III, 29 aprile 2015, n. 8693: “La decisione con cui il giudice di primo grado estrometta dal processo uno dei convenuti, ritenendolo privo di legittimazione passiva, configura, malgrado l'improprietà della formula adottata, una statuizione di rigetto della domanda nei suoi confronti” ), non invece una pronuncia di estromissione, istituto che trova applicazione nelle sole ipotesi tipizzate dal Codice di procedura civile (artt. 108, 109, 111 c.p.c.).

Spese compensate, attesa la particolarità della questione e il suo rilievo solo processuale.

Si rinvia a separata ordinanza per i provvedimenti conseguenti e per la regolarizzazione del contraddittorio nei confronti dell’INPS, non costituita in giudizio.

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