TAR Roma, sez. III, sentenza 2011-05-03, n. 201103776

Sintesi tramite sistema IA Doctrine

L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.Beta

Segnala un errore nella sintesi

Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. III, sentenza 2011-05-03, n. 201103776
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201103776
Data del deposito : 3 maggio 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 08154/2008 REG.RIC.

N. 03776/2011 REG.PROV.COLL.

N. 08154/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n.8154 del 2008 proposto da:
a) Impresa di Costruzioni Ing. E. Mantovani spa, in persona del legale rappresentante pro-tempore, in proprio e nella qualità di mandataria del raggruppamento temporaneo costituito con FIP Industriale spa e Rizzi-Zuin &
C. "Errezeta" snc;
b) Impresa FIP Industriale spa, in persona del legale rappresentante pro-tempore;
c) Impresa Rizzi-Zuin &
C. " Errezeta"snc, in persona del legale rappresentante pro-tempore;
rappresentate e difese dagli avv.ti. M P, E M e C C presso il cui studio in Roma, Via Pilo Albertelli n.1, sono domiciliatarie;

contro

ANAS spa, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato presso la cui sede in Roma, via dei Portoghesi n12, è domiciliataria;

nei confronti di

- Salini Locatelli srl ( ora Claudio Salini spa), in persona del legale rappresentante pro-tempore, in proprio ed in qualità di mandataria del rti costituito con la spa Locatelli Geometra Gabriele, Cotea Costruzioni Stradali Edili Idrauliche srl, Castelli Lavori srl, la 3T1 Progetti Italia Ingegneria srl, Igeam srl, G.P e Ingegneria srl, rappresentate e difese, anche disgiuntamente, dagli avv.ti prof. Stefano Vinti, Elia Barbieri e Dario Capotorto ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. Vinti in Roma, Via Emilia n.88;

per ottenere:

A) l’ANNULLAMENTO:

I) dell'aggiudicazione definitiva a favore dell'ati intimata della gara indetta da Anas spa per l'affidamento della progettazione esecutiva dei lavori sulla SS 38 variante di Morbegno, dallo svincolo di F allo svincolo del Tartano Stralcio 1° - tronco A - dallo svincolo di F allo Svincolo di Cosio Lotto 1;

II) di tutti gli atti presupposti, connessi e/o conseguenziali.

B) la CONDANNA della stazione appaltante a risarcire in forma specifica mediante aggiudicazione della gara al'ati ricorrente ovvero, in subordine, a risarcire per equivalente il danno dalla stessa subita.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio di Soc Anas Spa e di Soc Impresa Salini Locatelli Srl;

Visto l'atto di costituzione in giudizio proposto dal ricorrente incidentale Soc Salini Locatelli, rappresentato e difeso dagli avv. Elia Barbieri, Guido Cerruti, Stefano Vinti, Dario Capotorto, con domicilio eletto presso Stefano Vinti in Roma, via Emilia, 88;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 19 aprile 2011 il dott. G S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

L'ati ricorrente ha partecipato alla gara mediante procedura ristretta indetta dall'intimata Anas spa avente ad oggetto l'affidamento della progettazione esecutiva dei lavori sulla SS 38 variante di Morbegno, dallo svincolo di F allo svincolo del Tartano Stralcio 1° - tronco A - dallo svincolo di F allo Svincolo di Cosio Lotto 1, classificandosi al secondo posto dietro l'intimata Ati risultata aggiudicataria.

In punto di fatto deve essere evidenziato che:

a) i lavori de quibus erano stati inclusi nel primo programma delle infrastrutture strategiche approvato dal CIPE con delibera n.121 del 2001;

b) la lettera di invito al punto E - Offerta tecnica - prescriveva che:

b1) "l'offerta tecnica è costituita dal progetto definitivo, preventivamente verificato dal concorrente, secondo quanto più avanti decsritto, in uno con la documentazione ad esso riferito e con le varianti proposte e quanto deriva dal recepimento delle prescrizioni e raccomandazioni sul progetto definitivo contenute nella delibera CIPE n.151 del 2.12.2005 pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n.196 del 24.08.2006";

b2) " nella formulazione dell'offerta il concorrente ha l'obbligo di apportare, pena esclusione, al progetto definitivo, da verificare e fare proprio, le variazioni progettuali derivanti dal recepimento delle prescrizioni contenute nella delibera CIPE n.151 del 2.12.2005 pubblicata sulla gazzetta ufficiale n.196 del 24.8.2006, con evidenza di quelle da acquisire nel presente progetto. In esito a tale attività il concorrente è tenuto a produrre tutti gli elaborati tecnici, descrittivi e computazionali atti ad adeguare e/o integrare il progetto definitivo posto a base di gara".

Con il proposto gravame l'ati ricorrente ha contestato l'aggiudicazione intervenuta a favore del raggruppamento intimato lamentando che l'offerta tecnica da quest'ultimo presentata non aveva recepito alcune delle varianti obbligatorie al progetto di cui alla menzionata delibera CIPE e prospettando a tal fine il seguente ed articolato motivo di doglianza:

Violazione e falsa applicazione del bando di gara e della lettera di invito. Violazione e falsa applicazione delle prescrizioni contenute nella delibera CIPE n.151 del 2.12.2005 nonchè di quelle relative alla lista delle categorie di cui alle note ANAS D.D. 30.010.2008/28.01.2008. Eccesso di potere per errore nei presupposti di fatto e di diritto. Difetto di istruttoria. Contraddittorietà. Sviamento.

Sempre con il gravame in trattazione l'ati ricorrente ha chiesto, altresì, la condanna dell'intimata stazione al risarcimento dal danno in via primaria in forma specifica, da attuarsi mediante aggiudicazione della gara a proprio favore, ovvero in via subordinata per equivalente.

Essendo intervenuta la stipulazione del contratto l'odierna istante, alla luce dell'art.246, comma 4, del d.lgvo n.163/2006 il quale stabilisce che " la sospensione o l'annullamento dell'affidamento non comporta la caducazione del contratto già stipulato e il risarcimento del danno eventualmente dovuto avviene solo per equivalente", ha chiesto, modificando il petitum originale, unicamente la condanna dell'intimata stazione appaltante al risarcimento dei danni subiti in conseguenza dell'illegittima perdita dell'appalto in questione.

Si è costituita l'Anas spa contestando la fondatezza delle dedotte doglianze e concludendo per il rigetto delle stesse.

Si è pure costituita l'ati aggiudicataria la quale:

a) ha confutato la fondatezza delle prospettazioni ricorsuali chiedendone il rigetto;

b) ha proposto ricorso incidentale lamentando la mancata esclusione dell'ati ricorrente sotto vari profili.

Alla pubblica udienza del 19.4.2011 il ricorso è stato assunto in decisione.

DIRITTO

Oggetto della presente controversia è la pretesa con cui l'ati ricorrente - la quale aveva partecipato alla procedura ristretta indetta dall'ANAS avente ad oggetto l'affidamento della progettazione esecutiva dei lavori sulla SS 38 variante di Morbegno, dallo svincolo di F allo svincolo del Tartano Stralcio 1° - tronco A - dallo svincolo di F allo Svincolo di Cosio Lotto 1, classificandosi al secondo posto della relativa graduatoria dietro l'intimata ati cui è stato aggiudicato l'appalto de quo - ha chiesto la condanna della resistente stazione appaltante al risarcimento dei danni per equivalente subiti in conseguenza della mancata aggiudicazione a proprio favore della menzionata gara.

Deve essere evidenziato che originariamente l'ati istante aveva chiesto in via prioritaria l'annullamento della citata aggiudicazione e la condanna dell'intimata amministrazione al risarcimento del danno in forma specifica, ma, successivamente, a seguito della stipula del contratto, alla luce del disposto dell'art.246, comma 4, del D.lgvo n.163/2006, ha chiesto unicamente la condanna di Anas al risarcimento per equivalente.

Così precisato l'ubi consistam della presente controversia, in via prioritaria il Collegio è chiamato ad esaminare l'ammissibilità e la fondatezza delle doglianze dedotte in via incidentale dall'ati aggiudicataria.

In merito il Collegio osserva, alla luce di quanto disposto dall'art. 246, comma 4, del codice dei contratti, che essendo intervenuta la stipula del contratto l'ati Salini dall'accoglimento della dedotta pretesa risarcitoria non riceverebbe alcun nocumento, conservando comunque titolo all'esecuzione dell'opera in ragione dei rapporti obbligatori derivante dal contratto stipulato.

L'intangibilità del bene della vita che l'ati aggiudicataria mira a conservare anche con la proposizione del ricorso incidentale, comporta, altresì, che nel giudizio de quo quest'ultima non assuma in alcun modo la veste di controinteressata, atteso che:

a) per consolidata giurisprudenza (ex plurimis CS, sez.IV, n. 7340/2010) non può considerarsi controinteressato nel processo di primo grado il soggetto per il quale l'esito del giudizio è del tutto indifferente, non essendo in grado di ricevere da esso né un vantaggio né un pregiudizio;

b) l'accoglimento delle pretesa attorea nessun vantaggio nè pregiudizio provocherebbe nella sfera giuridica dell'ati Salini, in quanto:

1) obbligata al risarcimento del danno è solo la stazione appaltante;

2) la predetta ati conserva in forza dell'avvenuta stipula del contratto il proprio diritto ad ultimare i lavori affidatigli;

3) l'eventuale accertamento dell'illegittimità del provvedimento di aggiudicazione intervenuto nei suoi confronti, che costituisce uno dei presupposti per l'accoglimento della pretesa risarcitoria attorea, non produce i medesimi effetti dell'annullamento dello stesso e, in ogni caso, risulta ininfluente sull'esistenza del contratto.

In altri termini in un giudizio risarcitorio per equivalente l'ati aggiudicataria può assumere unicamente la mera veste giuridica di interventore adesivo ad opponendum, con poteri che sono limitati all'espletamento di un'attività accessoria e subordinata a quella svolta dalla parte adiuvata, potendo sviluppare le proprie deduzioni ed eccezioni unicamente nell'ambito delle domande ed eccezioni proposte da detta parte;
poichè è palese che le doglianze dedotte in via incidentale nella controversia in esame palesemente eccedono tale ambito in quanto tendono a prospettare l'illegittimità dell'operato della parte adiuvata, ne consegue che non possono in alcun modo essere formulate, nè valere come eccezioni, dall'interveniente adesivo ad opponendum in sede di giudizio risarcitorio.

In simile contesto, quindi, il proposto gravame incidentale deve essere dichiarato inammissibile.

Così individuata la cornice processuale, la pretesa ricorsuale tesa ad ottenere la condanna dell'intimata stazione appaltante al risarcimento del danno per equivalente è senz'altro ammissibile in quanto lo strumento risarcitorio costituisce nel caso di specie l'unico mezzo effettivo di tutela della posizione giuridica (interesse legittimo pretensivo) dedotta in giudizio.

Come costantemente affermato dalla giurisprudenza l'astratta risarcibilità dei danni derivanti da lesione dell'interesse legittimo, di tipo sia oppositivo sia pretensivo, è indubbia.

In tal senso depongono sia le innovazioni normative introdotte prima dal D.Lgs. 80/1998 e poi dalla L. 205/2000, sia l'indirizzo giurisprudenziale formulato dalle Sezioni Unite della Corte di Cassazione a partire dalla nota sentenza n. 500/1999.

In particolare, l'orientamento introdotto con la citata sentenza e costantemente confermato dalla successiva giurisprudenza ha evidenziato che la normativa sulla responsabilità aquiliana ha la funzione di riparazione del danno ingiusto e cioè del danno che l'ordinamento non può tollerare rimanga a carico della vittima, ma che va trasferito sull'autore del fatto in quanto lesivo di interessi giuridicamente rilevanti quale che sia la loro qualificazione formale. Ai fini della responsabilità aquiliana, non assume rilievo determinante la qualificazione formale della posizione giuridica vantata dal soggetto, poiché la tutela risarcitoria è assicurata solo in relazione all'ingiustizia del danno, che costituisce fattispecie autonoma, contrassegnata dalla lesione di un interesse giuridicamente rilevante.

Il rilievo centrale, quindi, è assunto dal danno, del quale è previsto il risarcimento qualora sia ingiusto, per cui la lesione dell'interesse legittimo è condizione necessaria ma non sufficiente per accedere alla tutela risarcitoria ex art. 2043 c.c. in quanto occorre altresì che risulti leso, per effetto dell'attività illegittima e colpevole dell'amministrazione pubblica, l'interesse al bene della vita al quale, secondo il concreto atteggiarsi del suo contenuto, l'interesse legittimo effettivamente si collega.

È soltanto la lesione al bene della vita, infatti, che qualifica in termini di "ingiustizia" il danno derivante dal provvedimento illegittimo e colpevole dell'amministrazione e lo rende risarcibile.

La circostanza che il danno derivi dalla lesione di un interesse legittimo pretensivo e non di un diritto soggettivo o di un interesse legittimo oppositivo determina che l'obbligazione risarcitoria dipende dalla verifica della sostanziale spettanza del bene della vita ed implica un giudizio prognostico.

La pretesa al risarcimento del danno ingiusto derivante dalla lesione dell'interesse legittimo, insomma, si fonda su una lettura dell'art. 2043 c.c. che riferisce il carattere dell'ingiustizia al danno e non alla condotta, di modo che presupposto essenziale della responsabilità non è la condotta colposa, ma l'evento dannoso che ingiustamente lede una situazione soggettiva protetta dall'ordinamento ed affinché la lesione possa essere considerata ingiusta, quando, come nel caso, di specie, si controverte su interessi legittimi pretensivi, è necessario verificare attraverso un giudizio prognostico se, a seguito del corretto agire dell'amministrazione, il bene della vita sarebbe effettivamente spettato al titolare dell'interesse (cfr., da ultimo Cass. Civ., III, 3 settembre 2007, n. 18511, che richiama una cospicua giurisprudenza).

La domanda giudiziale volta ad ottenere il risarcimento del danno ingiusto derivante dalla lesione dell'interesse legittimo postula che l'accertamento istituzionalmente devoluto al giudice deve investire, ben più che l'isolato dato della legittimità formale e sostanziale di un singolo provvedimento, il grado di fondatezza delle aspettative e delle correlative pretese che costituiscono la materia del singolo rapporto di diritto amministrativo.

In particolare, per valutare la fondatezza della pretesa risarcitoria quando, come nel caso di specie, è dedotta la lesione di un interesse legittimo pretensivo, il giudice deve esaminare tutti gli aspetti del rapporto, atteso che la logica del giudizio di accertamento della pretesa al risarcimento del danno da lesione dell'interesse legittimo pretensivo è essenzialmente finalizzata allo svolgimento di un giudizio prognostico sull'effettiva spettanza del bene della vita, vale a dire alla valutazione della sussistenza dell'ingiustizia del danno, elemento costitutivo fondamentale dell'illecito.

In sostanza, quando, come nella specie, l'oggetto del giudizio è costituito dall'accertamento di una pretesa al risarcimento del danno derivante dalla lesione di un interesse legittimo pretensivo e dall'eventuale conseguente condanna dell'amministrazione, l'accertamento degli elementi costitutivi della fattispecie, tra i quali rientra anche la spettanza del bene della vita, deve essere effettuato sulla base delle prove legittimamente fornite in merito dalle parti, atteso che per consolidata giurisprudenza (ex plurimis CS, sez.IV n.6666/2003) l'azione risarcitoria, pur se proposta davanti al giudice amministrativo in virtù del principio di concentrazione della tutela sancito dalla disposizione attributiva della giurisdizione esclusiva, sul piano probatorio è soggetta non già alla regola del principio dispositivo con metodo acquisitivo, bensì al principio dell'onere della prova ex art. 2697 c.c., applicabile anche al processo amministrativo avente ad oggetto diritti soggettivi come quello del risarcimento del danno ingiusto.

Ciò precisato, passando all'esame della fondatezza della pretesa risarcitoria il Collegio è chiamato a valutare l'asserita illegittimità dell'aggiudicazione intervenuta a favore dell'ati Salini, la cui offerta secondo la prospettazione dell'ati ricorrente doveva essere esclusa in quanto risultava in palese contrasto con quanto prescritto dalla lex specialis della gara per mancato recepimento nell'offerta tecnica di alcune prescrizioni previste dalla delibera CIPE del 2.12.2005, allegata al bando e dichiarate di cogente adempimento in fase di elaborazione del progetto.

Al riguardo l'ati ricorrente ha sostenuto che nel progetto presentata dall'ati aggiudicataria mancavano:

1) la strada di accesso parallela al fosso in località Piagno al Km 7+435, prevista a pag, 23 della richiamata delibera;

2) sia il tombinamento completo della Fossa Spagnola sia l'allargamento dello stesso (pag.23 par. 3 e 4);

3) la verifica della realizzabilità di bacini di fitodepurazione da fare in fase di gara (pag,24) rimandata al progetto esecutivo;

4) lo sviluppo del progetto inerente i filtri a coalascenza, presenti solo come mera indicazione (pag.24-par.21);

5) una corretta progettazione acustica dell'opera che implica un notevole incremento delle protezioni antirumore (pag.26, apr.8);

6) l'omogenizzazione tra la tipologia e le lunghezze delle campane dei ponti e dei viadotti.

Con riferimento alle doglianze de quibus il Tribunale con ordinanza n.162/2009 ha disposto la nomina di un Consulente tecnico e con successive ordinanze n.214/2009 e n.67/2010 ha formulato i quesiti concernenti gli aspetti tecnici controversi, tra i quali, quelli relativi all'offerta tecnica dell'ati Salini.

La relazione versata agli atti dal consulente, cui il Collegio intende uniformarsi, ha chiarito che le prescrizioni di cui sopra erano di assoluta indispensabilità e quindi dovevano essere compiutamente ottemperate in fase di gara.

Ne discende la fondatezza delle dedotte doglianze con conseguente illegittimità dell'aggiudicazione intervenuta a favore dell'ati Salini.

In ordine agli altri elementi costitutivi dell'illecito osserva che:

a) la mancata esclusione dell'ati aggiudicataria non può non essere imputata ad un comportamento colpevole della pubblica amministrazione che ha aggiudicato la gara ad un'offerta che risultava in palese contrasto con la lex specialis di gara, la cui portata era stata successivamente chiarita dalla stessa stazione appaltante;

b) relativamente al giudizio prognostico della spettanza del bene della vita non può essere seriamente contestato che la mancata esclusione dell'offerta della Salini ha precluso all'ati ricorrente, seconda classificata nella graduatoria finale, di ottenere l'affidamento dei lavori de quibus.

Per quanto concerne il quantum del risarcimento, l'ati ricorrente ha chiesto il ristoro delle seguenti voci di danno subito in conseguenza dell'illegittima aggiudicazione, con interessi e rivalutazione monetaria:

a) lucro cessante da quantificare sulla base dell'offerta dalla stessa presentata e nella percentuale stimata dal CTU;

b) danno curriculare quantificato nella misura del 3% dell'importo dell'offerta;

c) perdita di chance nella misura del 3%.

Per quanto riguarda la quantificazione del risarcimento del lucro cessante equivalente, il cui ammontare secondo la ricorrente deve essere individuato sulla base del criterio dell’utile presuntivo di cui all’art. 345 della L. n.2248/1865 all.F o in via equitativa, il Collegio, in linea con quanto affermato dalla sentenza n.2736/2009, osserva che:

1) il criterio di cui citato art.345 nonchè quello successivo, cui la Sezione si è recentemente uniformata (n.10227/2007), del 10% dei quattro quinti del prezzo posto a base di gara, depurato dal ribasso offerto dalla ricorrente, ex art.122 del D.P.R. 21 dicembre 1999 n. 554 in tema di recesso unilaterale della p.a. dal contratto di appalto di opere pubbliche, recepito dall’art. 134 del D.lgvo n.163/2006, deve essere inteso come un criterio generale di quantificazione del margine di profitto dell'appaltatore nei contratti con l'Amministrazione, e viene a concretizzare una sorta di forfetizzazione legale del danno nella sua misura massima, operante quando il pregiudizio non possa essere precisato e provato nel suo preciso ammontare;

2) tale forma di forfetizzazione del danno assumendo, quindi, una funzione residuale non può in alcun modo essere automaticamente riconosciuta al soggetto leso dal comportamento dell’amministrazione, in quanto un simile modus operandi risulterebbe in contrasto con il principio che impone al ricorrente nei giudizi risarcitori di provare l’entità del pregiudizio subito nonché comporterebbe il pericolo che all’impresa danneggiata possa essere riconosciuta una sorta di “overcompensation” in violazione della regola della risarcibilità del danno sofferto e di cui all’art.1223 del cod. civ.

3) in tale contesto, si osserva che , per determinare nella sua concretezza tale voce risarcitoria , può farsi richiamo a quanto esposto dal CTU nella sua relazione recante data 15 ottobre 2010 e depositata in data 20 ottobre, ed in base alla quale è stato affermato,con riferimento a parametri tecnici, che : “ l’utile presunto dell’impresa Mantovani in caso di aggiudicazione del lavoro in esame, possa considerarsi compreso tra le percentuali del 5 % e del 9 % dell’ offerta presentata. Non si ritiene infatti possibile l’individuazione di un valore univoco ed assoluto ( omissis )”. Il CTU ha inoltre dichiarato che : “sulla base di ragionamenti esclusivamente tecnici , si ritiene altresì corretta la risarcibilità del danno per perdita curriculare nella misura del 3% e per perdita di chance nella percentuale del 3%, mentre non si ritiene risarcibile il mancato ammortamento delle attrezzature e dei costi di partecipazione alla gara “.

Al riguardo il Collegio , nell’uniformarsi , di massima , ai valori percentuali sopra indicati , ritiene equo assegnare il coefficiente di ristoro danni nella misura del 6% dell’importo della offerta.

Relativamente al danno curriculare, consistente nel pregiudizio subito dall'impresa a seguito del mancato arricchimento del curriculum professionale per non aver potuto indicare in esso l'avvenuta esecuzione dell'appalto rimasto compromesso a causa del comportamento illegittimo dell'Amministrazione, l'ati ricorrente lo ha dimostrato adducendo, non contestata sul punto dalla resistente Anas, e comunque in linea con quanto sopra indicato dal CTU , che la mancata esecuzione dell'appalto in questione avrebbe precluso a ciascuna delle imprese componenti di incrementare la qualificazione nella categorie di lavori per le quali erano titolari di attestazione ovvero di acquisire una qualificazione superiore.

Si ritiene pertanto di liquidare quanto indicato al CTU per tale voce di danno, in misura corrispondente al 3% dell'importo dell’ ammontare dell’ offerta .

Da rigettare è invece la pretesa ricorsuale tesa ad ottenere il ristoro della perdita di chance, in quanto, come affermato dal consolidato orientamento giurisprudenziale, la cui notorietà esime il Collegio da ogni citazione in merito, il risarcimento di tale voce di danno è accordato unicamente all'impresa illegittimamente esclusa da una procedura concorsuale ed è alternativo al lucro cessante.

Resta esclusa ogni altra prospettazione di danno:

In ordine ai richiesti accessori la Sezione osserva che:

a) trattandosi di debito di valore sulla somma complessiva liquidata a titolo di risarcimento spetta la rivalutazione monetaria dal giorno in cui è stato stipulato il contratto con l’impresa illegittima aggiudicataria sino alla pubblicazione della presente sentenza, a decorrere dal quale, in conseguenza della liquidazione giudiziale, il debito di valore si trasforma in debito di valuta;

b) non spettano, invece gli interessi compensativi (dalla data della stipula del contratto fino alla pubblicazione della sentenza) sulla somma via via rivalutata, in mancanza - come è dato riscontrare nella fattispecie in esame - di qualsiasi allegazione e prova circa l’insufficienza della rivalutazione ai fini del ristoro del danno da ritardo nella corresponsione dell'equivalente monetario attuale della somma dovuta all'epoca della produzione del danno (CS, sez.VI, n. 3144/2009).

Ciò premesso, il proposto gravame va accolto con conseguente condanna della stazione appaltante a risarcire i danni all'ati ricorrente da quantificare secondo i criteri di cui in motivazione.

Le spese della consulenza tecnica sono poste integralmente a carico della amministrazione resistente.

In ordine alla quantificazione delle stesse si fa presente che:

a) con Decreto Presidenziale n. 122 del 27.7.2010 è stato liquidato l’importo di € 43,797,00= corrisposto dalla ricorrente;

b) essendo stata disposta un’integrazione della Consulenza, il consulente ha chiesto che gli venisse riconosciuta l’ulteriore somma di € 10,541,03=,, al lordo dell’IVA del 20%;

c) in relazione a tale ultima somma che il Collegio riconosce,con ordinanza,n.215 del 15.10.2009, è stata disposta la corresponsione a carico della ricorrente di un anticipo di € 2.000,00.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

Iscriviti per avere accesso a tutti i nostri contenuti, è gratuito!
Hai già un account ? Accedi