TAR Catania, sez. IV, sentenza 2013-09-26, n. 201302274

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catania, sez. IV, sentenza 2013-09-26, n. 201302274
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catania
Numero : 201302274
Data del deposito : 26 settembre 2013
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01879/2011 REG.RIC.

N. 02274/2013 REG.PROV.COLL.

N. 01879/2011 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1879 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
G, G e A C, in proprio e nella qualità di amministratori dell’Azienda Agricola Campisi Francesco di G, G e A, rappresentati e difesi dagli avv.ti S L e N S, ed elettivamente domiciliati presso lo studio di quest’ultimo in Catania, corso delle Province, 203;

contro

Assessorato Regionale Risorse Agricole e Alimentari, Ispettorato Provinciale Agricoltura di Siracusa, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura dello Stato domiciliataria ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;

nei confronti di

A B, non costituita in giudizio;

per l'annullamento

- quanto al ricorso principale:

del provvedimento n.1 del 18-3-2011, notificato alla Azienda ricorrente con nota di pari data, prot. n. 4178, successivamente ricevuta, con cui l’Ispettorato provinciale Agricoltura di Siracusa ha contestato all’Azienda ricorrente che i pagamenti disposti in suo favore – pari, complessivamente, a € 81.046,00 “per l’annualità 2008 e 2009”- “non erano dovuti” e ha disposto “il recupero della somma di € 81.046,00 che dovrà essere restituita con le modalità che verranno successivamente comunicate”;

di tutti gli atti presupposti e degli atti connessi e consequenziali, tra cui la nota dello stesso Ispettorato prot. n. 4340 del 22-3-2011 che indica le modalità di pagamento di detta somma, ed esecutivi, nella parte in cui disconoscono il diritto della Azienda ricorrente al contributo già riconosciuto a decorrere dalla campagna agraria 2008 per un impegno quinquennale.

- quanto al ricorso per motivi aggiunti:

del decreto del Dirigente generale dell’Assessorato regionale Risorse agricole e alimentari - Dipartimento Interventi strutturali per l’Agricoltura - n. 2218 del 14-7-2011, pubblicato su G.U.R.S. del 30-9-2011, p. I n. 41, che ha approvato le graduatorie definitive delle domande ammissibili e gli “elenchi delle istanze prive dei requisiti di ammissibilità/ricevibilità”, relativamente al bando 2008, misura 214, sottomisura 214/1, nella parte in cui la ricorrente non viene collocata nella posizione spettantele nella graduatoria concernente l’“azione 214/1B”, ma viene inserita nell’elenco delle istanze escluse (al n. 1 dell’elenco delle istanze escluse dell’Ispettorato provinciale Agricoltura di Siracusa);

di ogni atto preparatorio e connesso e di tutti gli atti consequenziali ed esecutivi,

e per il risarcimento

del danno derivante da tale esclusione.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’Assessorato Regionale Risorse Agricole e Alimentari e dell’Ispettorato Provinciale Agricoltura di Siracusa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 giugno 2013 il dott. P M S e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I. Ricorso principale.

La società ricorrente, iscritta alla C.C.I.A.A. di Siracusa (REA n. 113278) come impresa agricola, svolge, da decenni, attività di coltivazione di fondi agricoli in territorio di Siracusa.

Pubblicato il bando 2008 – Reg. CEE 1698/05, misura 2141B, la stessa proponeva istanza di contributo, che veniva accolta per l’importo di € 40.523,00 per anno.

Le consequenziali somme venivano erogate, per l’anno 2008, con i decreti nn. 96 del 17-12-2009 e 133 del 5-8-2010 e, per il 2009, con i decreti nn. 99 del 22-12-2009 e 133 del 5-8-2010.

Con nota prot. 22545 del 5-11-2010, l’Ispettorato provinciale Agricoltura di Siracusa comunicava all’Azienda ricorrente di aver “avviato un procedimento di recupero somme per pagamenti non dovuti per le seguenti motivazioni: mancanza requisiti di ammissibilità. Il titolo di conduzione dei terreni oggetto di contributo non ha la durata quinquennale prevista dagli impegni assunti con l’adesione alla misura 2141B del bando 2008 del Reg. CEE 1698/05. Ne consegue che non è stata dimostrata la titolarità unica della gestione dell’impresa agricola per tutto il periodo dell’impegno. La conduzione dei terreni dichiarati risultano carenti delle dichiarazioni di autorizzazione dei proprietari”.

L’Azienda ricorrente riscontrava la detta comunicazione, evidenziando di aver documentato il titolo della conduzione dei terreni quale proprietà indivisa e in parti uguali dei fratelli G, G, A, Immacolata e Donatella Campisi, coltivati dall’Azienda intitolata al loro comune genitore, di cui erano soci e amministratori i primi tre germani. In ordine, poi, alla restante quota dei 2/5, di proprietà delle sorelle Immacolata e Donatella, precisava la ricorrente che sussisteva con le stesse regolare contratto d’affitto relativo alle dette parti indivise.

Chiarivano, inoltre, che il contratto, stipulato nel 2009, aveva una durata minima di legge non inferiore a 15 anni;
in ogni caso, anche a voler considerare la scadenza in esso prevista di anni 10, lo stesso si era tacitamente rinnovato, per mancata tempestiva disdetta.

Nonostante i detti chiarimenti, l’Ispettorato emetteva l’impugnato “provvedimento n. 1 del 18-3-2011”, recante “verbale di contestazione”, con il quale si precisava “che alla ditta Azienda Agricola Campisi Francesco di G, G e A sono stati erogati contributi non dovuti”;
alla contestazione faceva immediatamente seguito il provvedimento di “recupero della somma di € 81.046,00, somma che dovrà essere restituita con le modalità che verranno successivamente comunicate”.

Con ricorso passato per la notifica il 17.5.2011 e depositato l’1.6.2011, la ricorrente ha impugnato siffatto provvedimento, affidandosi alle seguenti censure:

1) Violazione degli artt. 1 e 3 L. 241/90 e s.m.i. - Eccesso di potere per difetto di attività dovuta, errore nel presupposto, difetto di pubblico interesse.

L’impugnato provvedimento avrebbe trascurato di fornire, come dovuto, un’adeguata motivazione in ordine alla ragioni che lo hanno determinato, omettendo, in particolare, di considerare le deduzioni presentate dalla ricorrente, a fronte del preavviso di revoca del contributo.

L’Azienda, invero, come asseritamente documentato, sarebbe di proprietà dei f C, proprietari per tre quinti dei terreni, affittati, per i restanti due quinti, all’Azienda.

Le dette circostanze non sarebbero state in alcun modo smentite dall’impugnato provvedimento.

2) Violazione delle disposizioni del Regolamento CE 1698/05, delle relative Disposizioni attuative dell’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione siciliana, del D.M. 20-3-2008 n. 1205 “in materia di violazioni riscontrate nell’ambito (…) del Regolamento (CE) 1698/2005”, del D.D. Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione siciliana n. 2763 del 16-12-2008 - Illogicità e ingiustizia manifeste.

Le condizioni di ammissibilità dell’istanza di contributo sarebbero state vagliate e ritenute sussistenti.

Le stesse, in ragione di quanto precisato in ordine alla disponibilità del fondo, persisterebbero alla data odierna, non essendo venuti meno né il titolo di proprietà, né l’efficacia ed esecutività del contratto di affitto, non disdettato alla scadenza in esso prevista, e quindi tacitamente rinnovato, la cui durata di legge (L. 203/1982, art. 22 co. 2) sarebbe comunque di anni 15.

Non essendo intervenuti fatti nuovi volti a modificare le situazioni reali od obbligatorie documentate dall’Azienda ricorrente, l’impugnato provvedimento sarebbe illegittimo – oltre che per la mancanza di loro rappresentazione e di esame delle deduzioni dei ricorrenti, con le relative motivazioni - per violazione delle disposizioni regolatrici dell’ammissione al beneficio in questione.

In ogni caso, la sanzione impugnata sarebbe illegittima, poiché, ai sensi dell’art. 51 del Reg. (CE) n. 1698/2005, “l’importo complessivo dei pagamenti a cui [i beneficiari] hanno diritto nell’anno civile in cui si è verificata l’inadempienza è ridotto o revocato”: ciò nel caso in cui i beneficiari “non ottemperino, nell’insieme della loro azienda, in conseguenza di atti od omissioni loro direttamente imputabili, ai requisiti obbligatori di cui agli artt. 4 e 5”, che riguardano gli obiettivi del sostegno e la coerenza degli interventi con le politiche comunitarie.

L’art. 51 richiederebbe la diretta imputabilità ai beneficiari del comportamento inottemperante e la commisurazione della sanzione “alla gravità” e “alla portata” delle inadempienze.

Nella specie, all’Azienda ricorrente non sarebbe imputabile alcuna inottemperanza.

Infatti, i suoi titolari avrebbero dichiarato di disporre di determinati appezzamenti di terreno sia in quanto proprietari, sia in ragione di un contratto di affitto per i restanti due quinti.

L’ipotesi di cessazione di detto ultimo contratto (in presenza della volontà manifestata dalla sig.ra Campisi Immacolata di non volerlo rinnovare relativamente al solo quinto di proprietà indivisa), non si sarebbe in fatto verificata, poiché nessuna porzione del terreno coltivato sarebbe stato sottratto alla disponibilità dell’Azienda.

Sicché non si sarebbe concretata l’inottemperanza richiesta dalla predetta norma come presupposto della sanzione.

Comunque, non potrebbe imputarsi al beneficiario di non aver ipotizzato (e dichiarato) eventuali atti contra legem di terzi.

Per altro, in osservanza al principio di proporzionalità, proprio del diritto comunitario, anche ove si potesse ipotizzare, durante l’impegno assunto, la necessità del rilascio di una porzione del fondo coltivato, dovrebbe reputarsi che dallo stesso potrebbe derivare, al più, la riduzione del contributo riconosciuto in maniera corrispondente alla perdita della proprietà e non mai la revoca totale del contributo.

Per le riduzioni, a seguito di violazioni a disposizioni del Regolamento CE 1698/05, sarebbe però richiesta una “violazione intenzionale” (così l’art. 3 D.M. 1205/08), ovvero il “mancato rispetto degli impegni ai quali è subordinata la concessione dell’aiuto”, eventi, questi, asseritamente insussistenti nel caso di specie.

3) Risarcimento del danno.

La ricorrente ha concluso, altresì, con la richiesta di risarcimento del danno derivante dall’impugnato provvedimento, riservandosene la quantificazione da effettuare anche in considerazione degli effetti del chiesto provvedimento cautelare, nonché dal pregiudizio derivante dell’immagine dell’Azienda ricorrente, da liquidarsi, salva più precisa indicazione, in via equitativa.

Costituitasi, l’Amministrazione ha concluso per l’irricevibilità del ricorso per mancata impugnazione del provvedimento ispettoriale n. 36 del 9.12.2009, notificato in pari data e, comunque, per l’infondatezza dello stesso, posto che il contratto d’affitto non sarebbe stato rinnovato per il rifiuto opposto dalla sig.ra C D.

Con Ordinanza n. 828/11, questa stessa Sezione ha accolto la domanda cautelare di sospensione dei provvedimenti impugnati.

II. Ricorso per motivi aggiunti.

Frattanto, il Tribunale di Siracusa, Sezione specializzata agraria, con sentenza n. 1249/11, depositata il 3-11-2011, statuiva che “il contratto di locazione di fondo rustico stipulato il 13-5-1999 tra Campisi Immacolata e C D, da una parte, e l’Azienda agricola Campisi Francesco di G, G e A società semplice, dall’altra, scadrà il 12-5-2014 e che, per l’effetto, Campisi Gatano, Campisi G e Campisi A avevano il diritto a detenere il fondo oggetto del contratto fino alla detta scadenza”.

Tuttavia, il 30-9-2011 veniva pubblicato sulla G.U.R.S. l’elenco definitivo dalle ditte escluse, tra le quali, per il territorio di Siracusa, veniva inserita, al primo posto, l’Azienda agricola Campisi Francesco di G, G e A, società semplice.

Il motivo dell’esclusione era sempre legato alla mancanza della titolarità unica della gestione dell’impresa agricola per tutto il periodo dell’impegno e delle autorizzazioni dei comproprietari.

Avverso l’esclusione e la consequenziale archiviazione dell’istanza, la ricorrente ha proposto ricorso per motivi aggiunti, affidandosi alle seguenti ulteriori censure:

1) Violazione degli artt. 1 e 3 L. 241/90 e s.m.i.- Eccesso di potere per difetto di esame e di istruttoria, errore nel presupposto, travisamento di fatto, difetto di pubblico interesse - Violazione del bando, sub 1.3.

L’impugnata inclusione nell’elenco definitivo delle domande escluse non avrebbe, ancora una volta, tenuto conto dell’apporto partecipativo al procedimento dei ricorrenti.

In ogni caso, sarebbe viziata nel merito, in quanto sarebbe stato giudizialmente statuito che l’Azienda ricorrente possedevano la titolarità unica dei fondi da loro coltivati per l’intero quinquennio.

Né l’esclusione potrebbe trovare legittimo presupposto nella ritenuta mancata presentazione delle “autorizzazioni dei comproprietari previste dal punto 1.3 del bando”, poiché tale richiesta non sarebbe assistita da sanzione di esclusione per il caso di inosservanza.

La detta disposizione sarebbe limitata a richiedere “l’autorizzazione da parte del proprietario”, senza nulla stabilire in ordine all’ipotesi di comunione, rilevante nel caso di specie, per il quale il fondo, in comproprietà indivisa, per come chiarito, sarebbe nella sua interezza nella disponibilità dell’Azienda ricorrente.

La norma del bando, quindi, sarebbe rivolta a regolare il caso in cui il proprietario del fondo sia un soggetto diverso dal coltivatore che propone l’istanza;
nella specie, non essendo mai intervenuta alcuna divisione, il fondo sarebbe unitariamente coltivato dall’Azienda agricola dei tre f C, proprietari di tre quinti del fondo, che, in forza di contratto di affitto, verserebbero alle due sorelle un canone corrispondente, per ciascuna, alla quota di un quinto del fondo, rimasto indiviso.

I ricorrenti, pertanto, essendo proprietari esclusivi dell’Azienda e per tre quinti del fondo, non avrebbero avuto alcun obbligo di presentare alcuna autorizzazione per la richiesta di aiuto;
la concorrente proprietà dei restanti “due quinti indivisi” non darebbe luogo a una alternativa titolarità di diritti, esercitabile in opposizione alla volontà del coltivatore, mancando anche l’individuazione dei confini del fondo il cui proprietario - in ipotesi - potrebbe manifestare il proprio dissenso alla coltivazione secondo i metodi di sostenibilità ambientale cui è ispirata la misura agevolativa.

2) Violazione delle disposizioni del Regolamento CE 1698/05, delle relative Disposizioni attuative dell’Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione siciliana, del D.M. 20-3-2008 n. 1205 “in materia di violazioni riscontrate nell’ambito (…) del Regolamento (CE) 1698/2005”, del D.D. Assessorato Agricoltura e Foreste della Regione siciliana n. 2763 del 16-12-2008. Illogicità e ingiustizia manifeste. Violazione del principio di proporzionalità.

La ricorrente ha sostanzialmente ribadito quanto sostenuto con la seconda censura mossa con il ricorso principale.

3) Risarcimento del danno.

La stessa ha, infine, concluso con la richiesta di risarcimento del danno per la mancata erogazione, per le competenti annualità, degli aiuti già riconosciuti alla ricorrente, quantificato non solo dagli importi non corrisposti, ma anche dal pregiudizio discendente dalla mancata disponibilità nel tempo cui erano riferiti: di tale voce di danno, e del danno morale, hanno chiesto la determinazione, occorrendo, in via equitativa.

Con Ordinanza n. 30/12, questa stessa Sezione ha accolto la domanda di sospensione dei provvedimenti impugnati, disponendo, al tempo stesso, gli accantonamenti delle somme spettanti.

Alla Pubblica Udienza del 27.6.2013, la causa è stata trattenuta per la decisione.

III. Va preliminarmente esaminata l’eccezione dell’Amministrazione resistente di irricevibilità del ricorso.

La stessa non può essere condivisa.

Non vi è alcun dubbio che sia il provvedimento dell’Ispettorato dell’Agricoltura di Siracusa prot. n. 22280 del 9.12.2009, che il decreto n. 36 avente pari data, rispettivamente, rigettano la domanda di contributo della ricorrente e stabiliscono l’esclusione della stessa dall’elenco degli aventi diritto.

Tuttavia, la stessa Amministrazione, per un verso, ha allegato i successivi estratti dei versamenti effettuati in favore della ricorrente, di guisa che il comportamento concludente sopravvenuto, all’evidenza, ha escluso l’interesse della stessa a qualsiasi immediata impugnativa, ove soprattutto si consideri che il primo pagamento non solo è successivo ai provvedimenti impugnati, ma, di più, è stato emanato il 22.12.2009, nei termini utili per proporre il ricorso.

Per altro verso, la medesima Amministrazione ha ammesso che la competenza ad emettere il relativo provvedimento definitivo di esclusione, per come dimostrato dal Decreto impugnato con il ricorso per motivi aggiunti, appartiene al Dirigente Generale del competente Dipartimento degli Interventi strutturali, di guisa che gli atti non impugnati, seppur volti all’arresto procedimentale, oltre ad essere stati, come appena chiarito, superati dall’(immediato) successivo pagamento, sono stati travolti dal definitivo provvedimento proveniente dall’organo competente, avversato nei termini di rito.

Delle dette circostanze appare essere consapevole la stessa Amministrazione, posto che né nella comunicazione di avvio del procedimento, né nel provvedimento definitivo impugnato vi è riferimento alcuno agli atti adesso invocati per sostenere la tardività del gravame.

Consegue il rigetto dell’eccezione.

IV. E’ possibile affrontare il merito della questione.

Non è contestato che l’Amministrazione è stata resa edotta della circostanza che la proprietà esclusiva del fondo in questione in capo ai ricorrenti è pari ai 3/5 dello stesso, mentre, per la restante parte di 2/5 sussiste contratto di affitto.

A nulla rileva che vi sia stata l’opposizione al rinnovo relativo alla scadenza prevista nel contratto (30.6.2009) da parte di una delle due locatrici, di guisa che l’Amministrazione ha tratto la conseguenza (conforme alle disposizioni che regolano l’erogazione del contributo, ma errata in punto di fatto) secondo la quale mancherebbe in capo alla ricorrente il requisito della disponibilità del fondo per almeno cinque anni.

Infatti, come confermato dalla sentenza del Tribunale di Siracusa – Sezione specializzata agraria – n. 1249/11 del 3.11.11 e, soprattutto, come rappresentato dai ricorrenti in data 4.12.2009 in sede di controdeduzioni, il contratto di affitto ha durata legale non inferiore a 15 anni e, come tale, sarebbe scaduto (per come accertato dalla detta decisione) in data 12.5.2014.

Ne deriva che il suddetto periodo di cinque anni, in considerazione della domanda inoltrata in data 11.7.2008, è stato ampiamente superato.

Per altro, la circostanza della sussistenza di un contenzioso in merito (e, quindi, della carenza del valore legale assolutamente preclusivo al rinnovo della richiamata opposizione di uno dei comunisti) è stata rappresentata nella predetta nota del 4.12.2009, di guisa che l’Amministrazione avrebbe dovuto ben tenere presente le ragioni di diritto poste a fondamento delle condivisibili giustificazioni poste a fondamento delle controdeduzioni presentate dalla ricorrente.

Al contrario, il provvedimento impugnato è privo di qualsiasi riferimento alle rappresentate dirimenti circostanze.

Non sembra, inoltre, che possa sostenere la legittimità del provvedimento impugnato, il riferimento nello stesso contenuto circa l’assenza delle “dichiarazioni di autorizzazione dei proprietari previste al paragrafo 1.3, comma 2, del bando 2008”.

Il Collegio, per altro in assenza di contrarie deduzioni dell’Amministrazione, condivide quanto sostenuto dalla ricorrente con la memoria depositata in data 6.6.2013.

Ivi è precisato che il punto 1.2 del detto bando consente di accedere agli aiuti anche alle “società agricole di persone e capitali, purché finalizzate alla conduzione e gestione di aziende agricole”;
“nei casi di proprietà indivisa dovrà essere comprovata la titolarità unica della gestione dell’impresa agricola da parte del richiedente”.

Secondo il punto 1.3, invocato dal provvedimento impugnato,“i beneficiari dovranno dimostrare di disporre, per l’intera durata dell’impegno assunto, dell’azienda per la quale intendano ricevere l’aiuto in base a un diritto reale di godimento debitamente provato attraverso la proprietà del bene o la presenza di contratto registrato d’affitto”. La disposizione successiva, come non contestato, richiede l’autorizzazione “del proprietario”.

Appare evidente che quest’ultima debba essere richiesta nelle ipotesi in cui la proprietà appartenga a soggetto diverso.

Nel caso di specie, ciò è vero soltanto nel limite dei 2/5 dell’intero, per i quali, in luogo della detta dichiarazione, la ricorrente ha comprovato la legittimità dell’uso del fondo, e quindi la disponibilità dello stesso, mediante un contratto di locazione sussistente tra le parti, efficace (e il caso in esame è assolutamente emblematico, stante il contrasto tra le parti) a prescindere dalla volontà dei singoli obbligati e salva l’ipotesi di un insussistente diverso accordo tra gli stessi.

Diversamente opinando, la certezza dei rapporti giuridici, fondata sugli atti di impegno tra le parti, potrebbe venire meno per effetto di mere strumentali diverse dichiarazioni provenienti dalle stesse.

Deriva che il rapporto contrattuale, efficace, come chiarito, nel quinquennio di interesse, supera naturalmente ogni diversa dichiarazione unilaterale, che, quindi, non può scalfire la prova della disponibilità del fondo per il predetto periodo.

Consegue, assorbiti gli ulteriori motivi, la fondatezza del ricorso principale e, quindi, dei successivi consequenziali motivi aggiunti.

Dall’accoglimento consegue l’obbligo dell’Amministrazione di corrispondere gli importi ammessi al contributo e non erogati.

Posto che la sospensione cautelare dei provvedimenti impugnati non ha generato alcun danno in ordine alle somme di cui si è chiesta la restituzione, solo sulle somme non corrisposte, in quanto debito di valuta, va disposta la corresponsione degli interessi legali decorrenti dalla singola maturazione del credito e sino all’effettivo soddisfo.

Non può, invece, essere accordata la rivalutazione monetaria non avendo la ricorrente dimostrato in modo adeguato che un pagamento tempestivo avrebbe evitato e/o ridotto gli effetti derivanti dall'inflazione (T.A.R. Latina Lazio sez. I, 11 marzo 2013, n. 215;
Consiglio di Stato sez. VI, 12 ottobre 2012, n. 5271).

Nessun danno concreto all’immagine, pure richiesto, poi, è stato oggetto di quantificazione e prova da parte della ricorrente e, come tale, non può essere liquidato.

Invero, come condivisibile giurisprudenza ha chiarito (cfr. T.A.R. Roma Lazio sez. II, 7 gennaio 2013, n. 67), il <<
risarcimento di danno non patrimoniale e la risarcibilità del danno non patrimoniale è pacificamente riconoscibile anche nei confronti della persona giuridica allorché il fatto lesivo incida su una situazione giuridica della predetta persona che sia equivalente ai diritti fondamentali della persona umana garantiti dalla Carta Costituzionale;
e poiché rientra tra tali diritti l'immagine della persona giuridica, potrà essere risarcito anche il danno non patrimoniale costituito dalla diminuzione della considerazione della persona giuridica nel che si esprime la sua immagine, sia sotto il profilo dell'incidenza negativa che tale diminuzione comporta nell'agire delle persone fisiche che ricoprano gli organi della persona giuridica o dell'ente e, quindi, nell'agire dell'ente, sia sotto il profilo della diminuzione della considerazione da parte dei consociati in genere o di settori o categorie di essi con le quali la persona giuridica sovente interagisca.

<<
La pretesa risarcitoria prospettata in termini di danno all'immagine e alla reputazione esige, tuttavia, un'allegazione di dati specifici da cui desumere il pregiudizio di carattere oggettivo subito e non può essere ritenuta sussistente in re ipsa nel comportamento contrario a norme del presunto autore dell'illecito, con l'automatico ricorso alla liquidazione equitativa (T.A.R. Sardegna Cagliari Sez. I, 24-01-2012, n. 50).

<<
Per la quantificazione del danno si può, quindi, ricorrere anche a criteri equitativi ma, comunque, non ci si può sottrarre al principio dell'onere della prova a carico di parte attrice, anche mediante presunzioni ( e deve ritenersi che, al riguardo, un elemento essenziale sia il cd. "clamor fori", cioè la diffusione della notizia nei mass-media, e comunque la più o meno grande risonanza dell'evento, che genera nei cittadini quanto sopra evidenziato, che, tuttavia, nel caso di specie, non è stata argomentata in alcun modo)>>.

Quanto alle spese di giudizio, va confermata la condanna delle Amministrazioni resistenti in favore della ricorrente per l’importo liquidato in sede cautelare (€ 2.000/00 complessivi, € 1.000/00 per ciascuna fase processuale).

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