TAR Bologna, sez. I, sentenza 2019-11-15, n. 201900884

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bologna, sez. I, sentenza 2019-11-15, n. 201900884
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bologna
Numero : 201900884
Data del deposito : 15 novembre 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/11/2019

N. 00884/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00262/2014 REG.RIC.

N. 00221/2015 REG.RIC.

N. 00582/2016 REG.RIC.

N. 00150/2017 REG.RIC.

N. 00132/2018 REG.RIC.

N. 00187/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sui ricorsi riuniti ed iscritti ai numeri di registro generale 262 del 2014, 221 del 2015, 582 del 2016, 150 del 2017, 132 del 2018 e 187 del 2019 proposti da
Y R, A M V A, E D J M L, G V, J L D G, rappresentati e difesi dall'avv. M G T, con domicilio eletto presso il suo studio in Bologna, via Belluzzi 3;

contro

Ministero della Salute, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale Bologna, domiciliataria ex lege in Bologna, via A. Testoni 6;

Regione Emilia Romagna, in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. Maria Rosaria Russo Valentini, con domicilio eletto presso il suo studio in Bologna, via Marconi 34;

nei confronti

Claudio Lazzara, Evangelia Sifaki non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 262 del 2014:

della nota del Ministero della Salute del15/11/2013;

della determinazione del Responsabile del Servizio Assistenza distrettuale n. 17145 del 23.12.2013, di "Rettifica della graduatorie regionali di settore della medicina generale valevoli per l'anno 2013";

della determinazione del Responsabile del Servizio Assistenza distrettuale, medicina generale, pianificazione e sviluppo dei servizi sanitari della Regione Emilia Romagna, n. 124 del 10.1.2014 di "Rettifica della graduatorie regionali di settore della medicina generale valevoli per l'anno 2014";

della nota del Responsabile del Servizio Assistenza distrettuale, medicina generale di rettifica delle graduatorie per il 2013;.

quanto al ricorso n. 221 del 2015:

della determinazione regionale prot. 18847 del 19/12/2014 di approvazione delle graduatorie regionali di settore della medicina generale valevoli per l'anno 2015;

quanto al ricorso n. 582 del 2016:

della determinazione del Responsabile del Servizio Assistenza Distrettuale Medicina Generale, Pianificazione e sviluppo dei servizi sanitari della Regione Emilia Romagna n. 17641 del 10.12.2015 "di approvazione delle graduatorie regionali di settore della Medicina generale valevoli per l'anno 2016";

quanto al ricorso n. 150 del 2017:

della determinazione del Responsabile del Servizio Assistenza Territoriale della Regione Emilia Romagna n. 19623 del 6.12.2016, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Emilia Romagna, parte terza, n. 380, del 21.12.2016, di "approvazione delle graduatorie di settore della medicina generale valevoli per l'anno 2017", con la quale i ricorrenti sono stati esclusi dalle predette graduatorie in quanto "privi dell'attestato di formazione in medicina generale o titolo equipollente di cui al D.Lgs 368/1999";

quanto al ricorso n. 132 del 2018:

della determinazione del Responsabile del Servizio Assistenza Territoriale della Regione Emilia Romagna n. 19077 del 27.11.2017, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Emilia Romagna, parte terza, n. 325, del 06.12.2017, di “approvazione delle graduatorie di settore della medicina generale valevoli per l'anno 2018”, con la quale le ricorrenti sono state escluse dalle predette graduatorie per carenza dei requisiti in quanto “privi dell'attestato di formazione in medicina generale o titolo equipollente di cui al D.lgs 368/1999”;
nonché per quanto occorrer possa delle graduatorie regionali di settore provvisorie della M.G. pubblicate sul BURER parte terza, n. 269 dell'11.10.2017;
nonché delle note della Regione Emilia Romagna di risposta all'istanza di riesame della posizione delle ricorrenti nelle predette graduatorie;
nonché per l'annullamento per quanto occorrer possa, di tutti gli atti e provvedimenti comunque connessi a quelli impugnati, e non conosciuti dai ricorrenti;

quanto al ricorso n. 187 del 2019:

della Determinazione del Responsabile del Servizio Assistenza Territoriale della Regione Emilia Romagna n. 20735 del 10.12.2018, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Emilia Romagna, parte terza, n. 399, del 19.12.2018, di “approvazione delle graduatorie di settore della medicina generale valevoli per l'anno 2019”, con la quale le ricorrenti sono state escluse dalle predette graduatorie per carenza dei requisiti in quanto “privi dell'attestato di formazione in medicina generale o titolo equipollente di cui al D.lgs 368/1999”;
nonché l'annullamento, per quanto occorrer possa, delle graduatorie regionali di settore provvisorie della M.G. pubblicate sul BURER parte terza, n. 317 del 10.10.2018 , delle note della Regione Emilia Romagna di risposta all'istanza di riesame della posizione delle ricorrenti nelle predette graduatorie;

Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Salute e della Regione Emilia Romagna;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 novembre 2019 il dott. Ugo De Carlo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

I ricorrenti sono medici stranieri, in passato inseriti per diversi anni nelle graduatorie regionali di settore della Medicina generale, a seguito del riconoscimento della laurea in medicina considerata titolo abilitante equipollente conseguito all'estero, in data anteriore al 31.12.1994.

In conseguenza delle impugnate determinazioni regionali, approvate anno dopo anno per l’approvazione delle graduatorie regionali di settore della Medicina generale valevoli per gli anni dal 2015 al 2019, i medici ricorrenti si sono visti esclusi dalla stessa, per carenza di requisiti.

Hanno pertanto presentato un ricorso ogni anno a partire dal 2014 di contenuto identico per contestare l’esclusone dalle suddette graduatorie regionali.

Il primo motivo dei ricorsi denuncia la violazione degli artt. 3, 21 quinquies e 21 nonies L. 241/1990 e l’eccesso di potere per carenza di istruttoria, errata individuazione dei presupposti di fatto e di diritto, travisamento, carenza e contraddittorietà di motivazione

Gli atti impugnati hanno disposto l'esclusione dei ricorrenti per asserita mancanza dell'attestato di formazione in medicina generale o titolo equipollente, senza tuttavia idoneamente specificare né chiarire le motivazioni di tale ritenuta mancanza.

Il primo provvedimento del 2014 aveva preso spunto dal fatto che il decreto di riconoscimento del possesso del diritto acquisito ad esercitare in Italia l'attività professionale in qualità di Medico rilasciato ad uno dei ricorrenti dal Ministero della salute nel 2006, dal punto di vista amministrativo si configura come un provvedimento autorizzativo che dispiega i suoi effetti a partire dalla data del decreto medesimo, quindi ex nunc e non ex tunc.

Di conseguenza il Dott. D, ancorchè laureatosi a Maracaibo in Venenzuela nel 1990, è autorizzato ad esercitare, in Italia, la professione di medico chirurgo dal 23.2.2006, oltretutto ha acquisito la cittadinanza italiana dall'8.2.2006 e quindi, alla data del 31.12.1994, non era neanche cittadino italiano o comunitario.

Peraltro la nota ministeriale aveva natura meramente interpretativa e non conteneva quindi alcuna determinazione di cancellazione del ricorrente dalle graduatorie regionali, a cui fosse necessario "ottemperare".

L’illegittimità dei provvedimenti di esclusione deriva dall’aver sottolineato solo il carattere non retroattivo dei decreti ministeriali di riconoscimento dei titoli abilitativi conseguiti dai medici ricorrenti in altro paese, senza prendere in esame le loro diverse specifiche posizioni, situazioni e carriere, dal momento che da diversi anni operano con competenza, come Medici di Medicina Generale nei settori dell'assistenza primaria, della continuità assistenziale e della medicina dei servizi nell'ambito della Regione Emilia Romagna, senza aver frequentato in Italia il corso di formazione in Medicina Generale.

Precedentemente al primo provvedimento di esclusione era stato loro riconosciuto, anche ai fini delle attività di Medicina Generale, il valore abilitante ed equipollente del titolo conseguito all'estero in data anteriore al 31.12.1994. Si rileva inoltre la violazione dell'art 21 quinquies L. 241/90, perchè non risulta espressa idonea valutazione sullo specifico titolo dei richiedenti, né sulla esistenza o meno di un pubblico interesse al rigetto della richiesta di revoca dell'esclusione, e di provvisorio mantenimento in graduatoria dei ricorrenti, sino alla decisione deì ricorsi pendenti.

Il secondo motivo contesta il difetto assoluto di attribuzione, ex art. 21 septies L. 241/1990 e la violazione degli art. 2, 6 e 21 e 30 D.lgs. 368/1999 e

dell'art. 37 D.lgs. 206/2007.

La impugnata determinazione regionale risulta inoltre nulla, o illegittima per errata interpretazione ed applicazione del D.lgs. 368/1999, e del comma 1 dell'art. 37 D.lgs. 206/2007, sotto altro profilo.

L’esclusione dei ricorrenti dalle graduatorie regionali per la medicina generale è stata giustificata con la mancanza di titolo equipollente ex art. D.lgs. 368/1999, all'attestato di formazione in medicina generale e per non idoneità dei decreti ministeriali di riconoscimento dei titoli abilitativi dei ricorrenti, conseguiti all'estero entro il 1994, in quanto riconosciuti dal Ministero in data successiva al 31.12.94.

Secondo tale tesi, per poter svolgere l’attività di medico di medicina generale senza aver frequentato il corso di formazione in Medicina Generale, bisogna aver conseguito l’abilitazione generale alla professione entro il 31.12.1994 con efficacia ex tunc, per i soli cittadini italiani.

Tale tesi risulta basata su interpretazione palesemente infondata dell'art. 37 D.lgs 206/2007 perché attribuisce al successivo decreto ministeriale di riconoscimento dell'equipollenza del titolo, comunque conseguito in paese estero entro la stessa data, efficacia limitata ex nunc.

Questa interpretazione è in contrasto con i principi generali di interpretazione della legge di cui all'art. 12 e 14 delle disposizioni sulla legge in generale, e con la consolidata prassi in base alla quale era stato possibile ad alcuni dei ricorrenti, grazie ai decreti ministeriali di riconoscimento previamente conseguiti, vedersi riconosciuto l'inserimento nelle graduatorie regionali in anni precedenti;
nonché in contrasto con l'art. 2 comma 3 del D.lgs. 286/98, norma che, per quanto attiene all'accesso all'esercizio dei diritto al lavoro, afferma la parità di trattamento e la piena uguaglianza degli stranieri ai cittadini italiani, senza alcuna limitazione di sorta.

La tesi ministeriale viola anche l'art. 9, comma 12, lettera b) D.lgs. 251/2007, di recepimento della direttiva 2003/109/CE, che stabilisce che i titolari del permesso di soggiorno CEE per soggiornanti di lungo periodo hanno diritto di " svolgere nel territorio dello stato ogni attività lavorativa subordinata o autonoma salvo quelle che la legge espressamente riserva al cittadino o vieta allo straniero ".

Si evidenzia altresì la violazione dell'art. 2, comma 4, DPR 237/2012, che stabilisce che " sono in ogni caso vietate limitazioni discriminatorie, anche indirette, all'accesso e all'esercizio della professione, fondate sulla nazionalità del professionista (...) ".

Infine la lettura data dalla norma dal Ministero introduce un criterio restrittivo non esplicitamente previsto dalla legge e quindi non introducibile in via di mera interpretazione analogica.

Per le considerazioni sopra svolte, gli atti oggi impugnati risultano quindi nulli ex art. 21 septies della 1. n. 241/1990, o illegittimi per incompetenza o carenza di potere, non potendo ritenersi la mancanza in capo ai ricorrenti

Il terzo motivo censura la violazione dell'art. 15 dell'Accordo Collettivo Nazionale 23 marzo 2005 testo integrato con l'A. C. N. 29 luglio 2009.

Oltre che per le ragioni precedentemente illustrate, i provvedimenti impugnati sono illegittimi secondo i ricorrenti per violazione dell'art. 15 dell'accordo Collettivo Nazionale, ai sensi del quale il requisito deve essere posseduto al momento della prima iscrizione nelle graduatorie stesse.

I ricorrenti, come già rilevato in premessa, erano stati in precedenza inseriti senza riserva alcuna nelle graduatorie regionali annuali di settore, valevoli per l'anno 2013;
ed erano stati pertanto riconosciuti in possesso di idoneo titolo, al momento della prima iscrizione nelle stesse.

Si sono costituiti in giudizio la Regione Emilia-Romagna che ha chiesto il rigetto di tutti i ricorsi, eccependo che quello presentato nel 2016 sarebbe inammissibile in quanto originariamente era stato formulato come ricorso straordinario al Capo dello Stato, ma al momento della trasposizione in sede giurisdizionale non era stato notificato alla Regione.

Anche il Ministero della Salute si costituiva chiedendo preliminarmente di essere estromesso dal giudizio poiché solo nel primo ricorso è stato impugnato un atto ministeriale ma esclusivamente in quanto posto a fondamento della determinazione regionale di esclusione dalle graduatorie che costituisce il vero atto lesivo;
in mero subordine concludeva per il rigetto dei ricorsi.

Preliminarmente è necessario disporre la riunione dei sei ricorsi per connessione oggettiva e soggettiva.

Va poi valutata la sussistenza dei presupposti per l’estromissione dal giudizio del Ministero della Salute.

La richiesta può essere accolta perché nei ricorsi presentati dopo il 2014 non vi è impugnazione di alcun atto ministeriale, mentre nel primo, presentato nel 2014, la nota del 15.11.2013 non ha carattere provvedimentale essendo una mera richiesta di chiarimenti nella quale è espresso un parere giuridico. E’ evidente che se la Regione non si fosse adeguata all’interpretazione della normativa data dal Ministero, espungendo i ricorrenti dalla graduatoria regionale ove erano stati iscritti fino ad allora, il Ministero avrebbe assunto un provvedimento amministrativo per ripristinare la legalità: essendosi la Regione adeguata è stata sufficiente la mera richiesta di chiarimenti.

E’ opportuno ricostruire la disciplina che regolamenta l’accesso alla professione di medico di medicina generale.

Il D.lgs. 256/1991 fu emanato in attuazione della direttiva n. 86/457/CEE relativa alla formazione specifica in medicina generale e fece salvo il diritto per quei medici che fino al 31.12.1994 avevano esercitato tale funzione senza essere specializzati, di continuare a svolgerla in virtù dell’art. 6, comma 1, D.lgs. 256/1991 e del D.M. 15.12.1994 attuativo della norma.

Ciò fu necessario anche perché i corsi biennali per il conseguimento dell'attestato di formazione specifica in medicina generale, previsti dall'art. 1 del decreto 256/1991 furono attivati solo nel corso del secondo semestre del 1994.

La direttiva comunitaria 86/457/CFE, che imponeva a partire dal 1.1.1995 per l'esercizio delle attività di medico generico nell'ambito dei loro regimi di sicurezza sociale il possesso di un diploma, certificato o altro titolo, al comma 2 precisa " Ogni Stato membro determina i diritti acquisiti. Tuttavia esso deve considerare come acquisito il diritto di esercitare le attività di medico in qualità di medico generico nell'ambito del suo regime nazionale di sicurezza sociale senza il diploma, certificato o altro titolo di cui all'articolo i per tutti i medici che godano di tale diritto al 31 dicembre 1994 ai sensi della direttiva 75/362/CEE e alla data menzionata, siano stabiliti nel suo territorio avendo beneficiato delle disposizioni degli articoli 2 o 9, paragrafi 1 di tale direttiva ".

Nessuno dei ricorrenti al 31.12.1994 possedeva il requisito appena indicato per poter fruire della salvaguardia dei diritti acquisiti.

Il diritto di esercitare senza aver preso la specializzazione in medicina generale fu esteso ai medici, cittadini di un altro Stato membro già iscritti all'albo dei medici chirurghi e che erano titolari, alla data del 31 dicembre 1996, di un rapporto convenzionale per l'attività di medico in medicina generale ex art. 37 D.lgs. 206/2007.

In virtù dell’adesione progressiva di alcuni Stati all’Unione Europea, la direttiva 2005/36/CE, recepita in Italia con il D.lgs. 206/2007, ha precisato che per quegli Stati che già erano membri al 1.1.1995, il regime transitorio era valido fino al 31.12.1994, mentre per gli Stati entrati a far parte dell’Unione successivamente, il regime transitorio valeva per i medici chirurghi che avessero acquisito il diritto di esercitare in qualità di medici di medicina generale in base al proprio ordinamento fino al giorno prima dell’adesione del proprio Stato all’UE.

Per i medici cittadini extracomunitari si é ritenuto di estendere la possibilità di beneficiare dei diritti acquisiti, qualora fossero in possesso dei requisiti di laurea ed abilitazione conseguiti in Italia anche attraverso il riconoscimento della laurea conseguita all’estero entro la data del 31.12.1994.

Pertanto l’aver conseguito i ricorrenti la laurea in medicina in altro paese prima del 1994 non li abilitava a rientrare nella disciplina appena richiamata.

L’unica differenziazione può valere per la ricorrente R perché ha conseguito la laurea in Ungheria cui il riconoscimento della laurea può valere dal 1.1.2004 data di ingresso dell’Ungheria nell’Unione Europea che comunque coincide sostanzialmente con l’epoca in cui ha ottenuto il riconoscimento del titolo dall’Italia;
in ogni caso poiché al momento dell’ingresso nell’U.E. dell’Ungheria non era abilitata a svolgere servizi di medicina generale, anche nel suo caso la cancellazione dalle graduatorie regionali è legittima.

Va ora esaminata la censura attinente alla produzione di effetti ex nunc anziché ex tunc del decreto di riconoscimento del loro titolo abilitante alla professione medica.

La nota del Ministero, impugnata con il primo dei ricorsi, sostiene la tesi avversata dai ricorrenti, ma tale interpretazione è avvalorata dalla sentenza 1648/2010 del Consiglio di Stato che, in una situazione perfettamente sovrapponibile a quella analizzata in questa sede, ha confermato la pronuncia del TAR Piemonte 3038/2004: “ il riconoscimento dei titoli professionali concerne l'ipotesi in cui l'interessato risulti già abilitato all'esercizio di una professione in un certo Stato ed intenda ottenere nel territorio italiano analoga abilitazione (Cons. St. Sez. VI, 31.1.2007, n. 376). A quest'ultima non può essere quindi riconosciuta efficacia retroattiva. Secondo quanto stabilito dall'art. 13 del D.Lgs. 27.1.1992 n. 115, richiamato dall'art. 49, c. 2 d.P.R. n. 394/99, il decreto di riconoscimento "attribuisce" (quindi, con efficacia costitutiva) al beneficiario il diritto di accedere alla professione e di esercitarla, nel rispetto delle condizioni richieste ai cittadini italiani, diverse dal possesso della formazione e delle qualifiche professionali. È solo con il rilascio del decreto di riconoscimento e con la successiva iscrizione all'albo professionale [...] che il beneficiario può considerarsi abilitato all'esercizio dell'attività medica. Della normativa transitoria non si ritiene, peraltro, possibile una estensione oltre i limiti prescritti dalla disciplina comunitaria, conformemente alla cui finalità deve essere interpretato il diritto nazionale (nella specifica materia, cfr. Consiglio di Stato 1407/2000). Né alcuna disparità di trattamento tra cittadini comunitari può rilevarsi nella fattispecie ”.

Resta da esaminare la censura inerente l’irregolare esercizio del potere di autotutela.

La nota del Ministero relativa al dottor D ha fornito l’occasione alla Regione Emilia-Romagna per correggere un’erronea interpretazione del complesso corpus normativo che regola la possibilità per medici extracomunitari di esercitare nel nostro paese la funzione di medico di medicina regionale che comporta per attivare l’apposita convenzione l’iscrizione nella apposite graduatorie regionali.

Il potere è stato esercitato circa un mese dopo che la nota ministeriale era giunta a conoscenza della Regione;
trattandosi di atto dovuto, la mancata comunicazione dell’avvio del procedimento a prescindere da ogni valutazione sulle ragioni di urgenza non è rilevante. Non sussiste, infine, alcun difetto di motivazione poiché l’esclusione è sempre stata accompagnata dalla specificazione del motivo cioè della mancanza dell’attestato di formazione in medicina generale o titolo equipollente di cui al d.lgs. n. 368/99.

Per le stesse ragioni il Collegio ritiene integrati tutti i requisiti che un atto di autotutela deve contenere dal momento che, in un materia come quella dei requisiti per esercitare una specializzazione medica, il ripristino della legalità è un interesse pubblico in re ipsa senza bisogno di una diffusa motivazione, l’annullamento è stato assolutamente tempestivo rispetto al momento in cui è emersa l’erroneità dell’interpretazione fino ad allora data dalla Regione e l’affidamento dei ricorrenti circa i presupposti per la permanenza nelle graduatorie non può che soccombere rispetto all’interesse pubblico suindicato.

Quanto alla disciplina in materia di immigrazione il riferimento all’art. 9, comma 12, lettera b) D.lgs. 251/2007 è incongruo perché non è stata operata alcuna discriminazione in danno di un residente extracomunitario.

I ricorsi riuniti vanno quindi respinti ma, tenuto della difficoltà di interpretazione della complessa materia ed in considerazione che in precedenza i ricorrenti erano stati iscritti nelle graduatorie, appare opportuno compensare le spese di giudizio.

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