TAR Torino, sez. I, sentenza 2017-04-13, n. 201700484
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Pubblicato il 13/04/2017
N. 00484/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00479/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 479 del 2011, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
Confsal -Confederazione Generale Sindacati Autonomi dei Lavoratori, in persona del legale rappresentante pro-tempore e Confsal - Segreteria Provinciale di Torino, in persona del legale rappresentante pro-tempore, entrambi rappresentati e difeso dagli avvocati M M C.F. MRNMHL64S14H501A, T S C.F. SRRTZN67B51L219B, S V C.F. VTISFN58T14H501B, M R L L C.F. LIOMHL64R18G942Q, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato T S in Torino, via Assarotti, 15;
contro
Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, in persona del Ministro pro-tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, domiciliata in Torino, corso Stati Uniti, 45;
Direttore Provinciale pro-tempore del Lavoro di Torino non costituito in giudizio;
nei confronti di
Cgil -Roma-, Cgil -Torino, Cisl -Roma-, Cisl -Torino-, Uil -Roma-, Uil -Torino-, Ugl -Torino-, Ciro Marino, Commissione Provinciale di Conciliazione di Torino non costituiti in giudizio;
per l'annullamento:
del decreto 14.1.2011, pubblicato sulla G.U. n. 32 del 9.2.2011, con il quale il Direttore Provinciale del Lavoro di Torino ha istituito presso la Direzione Provinciale del Lavoro di Torino la Commissione provinciale di conciliazione per l'espletamento del tentativo di conciliazione di cui all'art. 410 c.p.c., nella parte in cui non ha individuato la Confsal quale organizzazione sindacale maggiormente rappresentativa legittimata a formulare la corrispondente designazione e l'ha esclusa da tale designazione;
nonché di tutti gli atti presupposti, connessi e consequenziali ivi compresi:
gli atti e accertamenti istruttori espletati ai fini della individuazione delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative; criteri di valutazione del grado di rappresentatività adottati;le valutazioni comparative effettuate sul grado di rappresentatività delle organizzazioni sindacali;tutti gli atti di individuazione, quali organizzazioni maggiormente rappresentative per i lavoratori dipendenti, non della Confsal;gli atti con cui si è disposta l'assegnazione di tutti i rappresentanti, effettivi e supplenti, dei lavoratori dipendenti in seno alla Commissioen Provinciale di Conciliazione presso la DPL di Torino alle sole CGIL, CISL, UIL, UGL e non pure alla Confsal
Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 22 febbraio 2017 la dott.ssa Roberta Ravasio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso introduttivo del giudizio si impugna la determinazione 14.01.2011 del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali – Direzione Provinciale del Lavoro di Torino, ha istituito, ai sensi dell’art. 410 c.p.c., come modificato dall’art. 31 della L. 183/2010, la Commissione Provinciale di Conciliazione presso la Direzione Provinciale del lavoro di Torino, nella parte in cui tale provvedimento non individua CONFSAL come sindacato maggiormente rappresentativo, conseguentemente escludendolo dal novero dei soggetti legittimati a designare dei rappresentanti.
2. Riferisce la ricorrente Associazione sindacale che le Commissioni Provinciali di Conciliazione sono istituite con decreto del Direttore Provinciale del Lavoro, e che di essa fanno parte, tra gli altri componenti, anche dei rappresentanti dei lavoratori designati dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative sul piano territoriale. Nella specie sono state individuate CGIL, CISL, UIL e UGL.
3. La ricorrente riferisce inoltre di vantare, sul piano nazionale, oltre 1000000 di iscritti;di aver istituito numerosi enti bilaterali;di aver stipulato convenzioni con vari enti pubblici;di vantare solo nella provincia di Torino 42.000 iscritti e 65 sedi;di aver sottoscritto 4 contratti provinciali oltre a 480 contratti aziendali, e di aver trattato oltre 500 controversie individuali di lavoro.
4. A sostegno del ricorso ha pertanto articolato i seguenti motivi:
I) violazione della Costituzione, dell’art. 410 c.p.c., dell’art. 31 L. 183/2010, eccesso di potere sotto vari profili: CONFSAL ha dati di rappresentatività a livello provinciale che superano quelli di UGL, che ciò nonostante è stata ritenuta un sindacato maggiormente rappresentativo;
II) difetto di istruttoria e motivazione, in quanto il decreto impugnato enuncia i vari criteri che sono stati utilizzati ai fini della individuazione dei sindacati maggiormente rappresentativi, senza poi spiegare l’importanza che è stata data a ciascuno di essi, e soprattutto non si comprende se siano stati tenuti in considerazione i dati di rappresentatività a livello nazionale o – come doveva essere – quelli di rappresentatività a livello territoriale;secondo la ricorrente ai fini di che trattasi non si possono considerare, per ovvi motivi, i dati comunicati dalla varie OO.SS., senza effettuare una istruttoria;
III) violazione del principio pluralistico, della Costituzione, dell’art. 410 c.p.c.: ai fini di garantire il pluralismo è lecito attribuire un rappresentante ad un sindacato che sia dotato di una certa rappresentatività, anche se essa non sia tra le maggiori;infatti il principio pluralistico esige che la ripartizione avvenga in modo da assicurare la più estesa presenza delle organizzazioni rappresentative.
5. A seguito della costituzione in giudizio del Ministero il Sindacato ricorrente ha articolato motivi aggiunti per impugnare: a) la relazione dell’ufficio legale del 21/04/2011, dalla quale a detta della ricorrente si dovrebbe desumere che la verifica della rappresentatività sarebbe stata effettuata tenendo in considerazione solo il numero di iscritti comunicati dalla varie OO.SS., senza svolgere una autonoma istruttoria;b) la nota del Ministero del lavoro 12.11.2008, nella quale si afferma che la valutazione dei dati di rappresentatività forniti dalle associazioni sindacali non può essere verificata dalla Amministrazione “ data la nota mancata attuazione dell’art. 39 della Costituzione ”.
5.1. A sostegno del nuovo gravame parte ricorrente ha dedotto che i documenti indicati comprovano che il Ministero ha tenuto in considerazione i dati forniti dalle associazioni sindacali, senza svolgere una autonoma istruttoria, così fondando la propria decisione su dati di rappresentatività del Sindacato UGL assolutamente inattendibili;così facendo il Ministero è incorso nei vizi indicati nel ricorso introduttivo del giudizio.
6. Il ricorso è stato chiamato alla pubblica udienza del 22 febbraio 2017, allorché è stato introitato a decisione.
7. Prima di procedere all’esame del merito del ricorso è bene precisare che con la nota ministeriale del 12.11.2008, impugnata con i motivi aggiunti, il Ministero ha comunicato alla Direzione Provinciale del Lavoro di Torino i dati di rappresentatività delle associazioni sindacali rilevati a livello nazionale, precisando che tali dati non possono essere verificati dalla Amministrazione in ragione della mancata attuazione dell’art. 39 Costituzione e che per una eventuale valutazione critica degli stessi era possibile ragionare su alcuni dati statistici pure indicati nella circolare. La nota rammentava poi che secondo giurisprudenza consolidata la rappresentatività doveva essere desunta da una valutazione globale dei vari indici e quindi considerando congiuntamente sia il dato relativo al numero di iscritti, sia i dati relativi ai contratti collettivi stipulati dalle associazioni, al numero di controversie di lavoro curate da ciascuna, alla diffusione di strutture ed al numero di atti aziendali alla cui formazione avevano concorso. Detta nota risulta essere stata indirizzata alla Direzione Provinciale del Lavoro di Torino in risposta ad un fax, il cui contenuto non è noto ma che sembrerebbe avesse ad oggetto la rappresentatività sindacale a livello nazionale.
7.1. La indicata nota ministeriale non sembra quindi avere la valenza di una circolare, essendosi in sostanza limitata a comunicare, alla Direzione Provinciale del Lavoro di Torino che li aveva richiesti, i dati numerici relativi alle varie associazioni sindacali esistenti e rappresentative a livello nazionale.
7.2. Quanto sin qui rilevato dissipa il dubbio che questo Tribunale possa difettare di competenza relativamente al gravame spiegato nei confronti della nota ministeriale, risultando la medesima indirizzata alla sola Direzione Provinciale del Lavoro di Torino ed avendo essa, essenzialmente, un contenuto informativo, piuttosto che dispositivo.
7.3. Il Tribunale può pertanto procedere ad esaminare la nota ministeriale in questione, che secondo parte ricorrente avrebbe svolto un ruolo determinante nella formazione dell’atto impugnato: sostiene in particolare il Sindacato ricorrente che la affermazione contenuta nella nota ministeriale, secondo cui la mancata attuazione dell’art. 39 della Costituzione precluderebbe alla Amministrazione di verificare i dati di rappresentatività comunicati dalle associazioni sindacali, avrebbe in concreto indotto la Direzione Provinciale del Lavoro di Torino ad utilizzare i dati comunicati dalla varie associazioni sindacali senza svolgere alcuna autonoma istruttoria.
7.4. Sul punto il Collegio, pur condividendo il principio statuito nella pronuncia del Consiglio di Stato n. 971/2007, che ammette che i dati di rappresentatività forniti dalle associazioni sindacali possano, contrariamente a quanto affermato nella nota in esame, essere verificati con istruttoria da parte del Ministero del Lavoro, ritiene di dover precisare che un tale approfondimento istruttorio, non previsto da una norma specifica, non può assurgere alla stregua di un adempimento obbligatorio e deve quindi ritenersi sempre possibile e tuttavia doveroso solo quando circostanze specifiche evidenzino l’incongruenza o comunque la inattendibilità dei dati forniti dalle associazioni sindacali.
7.5. Ciò premesso, e per tornare al caso di specie, va detto che dall’esame della determinazione impugnata in via principale, nonché dall’esame del parere legale interno del 21 aprile 2011 impugnato con i motivi aggiunti, risulta che la Direzione Provinciale del Lavoro di Torino ai fini della determinazione qui impugnata ha preso in considerazione dati che essa aveva acquisito dalle varie associazioni sindacali sin dalla primavera dell’anno 2010 e che essa aveva già utilizzato ai fini della individuazione dei rappresentanti sindacali in seno a organi diversi dalla Commissione di Conciliazione da istituirsi, per l’anno 2011, presso la Direzione Provinciale del Lavoro di Torino. Il Sindacato ricorrente non ha dedotto se non in via del tutto generica la inattendibilità di tali dati, limitandosi in sostanza ad affermare che quelli relativi al Sindacato UGL sarebbero inverosimili, senza indicarne la ragione. Né esso ha dimostrato di aver in precedenza contestato la veridicità di quei dati risalenti a 2010 e già utilizzati dalla Amministrazione, dati che, per quanto è dato sapere, potrebbero aver già penalizzato il CONFSAL ai fini della istituzione di altro organo collegiale – ed allora non si comprende per quale motivo il medesimo non risulti essersene lagnato in precedenza – ovvero potrebbero averlo favorita - dalla qual cosa si dovrebbe invece desumere la attendibilità dei dati stessi o, quantomeno, la già avvenuta accettazione di essi da parte del CONFSAL -.
7.6. Tenuto conto di tali considerazioni il Collegio ritiene che, almeno nel caso di specie, il fatto che la Direzione Provinciale del Lavoro non abbia ritenuto di procedere ad un approfondimento istruttorio per accertare la veridicità dei dati forniti dalle associazioni sindacali sembra doversi ascrivere al fatto che nessun approfondimento si palesava necessario difettando ragioni concrete per contestare i dati stessi;correlativamente, mancando nella determinazione del 14.01.2011 un riferimento qualsiasi alla nota ministeriale dell’12.11.2008, non v’è prova del fatto che questa ultima, laddove afferma - erroneamente - che i dati forniti dalle associazioni sindacali non possono essere oggetto di verifica, abbia svolto un ruolo determinante nella formazione dell’atto impugnato in via principale.
7.7. Quanto sin qui esposto conduce ad affermare che l’impugnativa della nota ministeriale deve considerarsi inammissibile per difetto di interesse.
8. Ugualmente inammissibile per difetto di interesse risulta l’impugnativa spiegata nei riguardi del parere legale interno del 21.04.2011, che è stato redatto posteriormente all’atto impugnato in via principale al fine di consentire alla Avvocatura distrettuale di articolare la difesa del Ministero in giudizio e che in realtà si limita ad indicare le possibili ragioni per cui il provvedimento del 14.01.2011 deve considerarsi legittimo, nulla provando però in ordine alle ragioni che in concreto hanno indotto il Direttore dell’Ufficio Provinciale ad assumere la determinazione impugnata. Non sussiste, dunque, un concreto interesse del Sindacato ricorrente ad impugnare il parere di che trattasi.
9. Venendo al ricorso principale, va subito affermata la infondatezza dei primi due motivi di ricorso, che possono essere esaminati congiuntamente.
9.1. Alla luce delle considerazioni che precedono: il Direttore dell’Ufficio Provinciale non aveva un obbligo assoluto di verificare i dati di rappresentatività delle associazioni sindacali e nella specie egli ha utilizzato dati di rappresentatività che - per i motivi già indicati - non aveva motivo di ritenere inattendibili. Il provvedimento del 14.01.2011 non può quindi ritenersi illegittimo perché fondato su dati che l’Ufficio Provinciale non ha verificato con autonoma istruttoria.
9.2. Il Sindacato ricorrente lamenta che il Direttore dell’Ufficio Provinciale non ha effettuato la valutazione di rappresentatività dei sindacati considerando globalmente i vari dati. Sul punto il Collegio osserva che il modo in cui gli uffici periferici del Ministero del Lavoro ponderano i dati di rappresentatività delle associazioni sindacali è espressione di una discrezionalità che, come tale, è sindacabile dal Giudice Amministrativo nei limiti della manifesta irragionevolezza o travisamento, sotto pena di esorbitare i limiti del sindacato generale di legittimità. Nel caso di specie una tale manifesta irragionevolezza o travisamento in fatto non si apprezza.
9.2.1. La Direzione Provinciale del Lavoro di Torino pare aver attribuito rilevanza assorbente alla notevole differenza esistente tra il numero degli iscritti al CONFSAL ed il numero degli iscritti all’UGL (dati questi che per i motivi sopra indicati non possono essere rimessi in discussione), ma in realtà questo dato non costituisce l’unico indice di maggior rappresentatività dell’UGL: emerge dalla tabella prodotta in giudizio dalla Avvocatura distrettuale che l’UGL, oltre ad aver contribuito alla stipula di un numero di contratti collettivi doppio rispetto a quelli stipulati dal CONFSAL, ha trattato un numero di vertenze individuali di lavoro (815) enormemente superiore al numero di vertenze trattate dal CONFSAL (102), e proprio questo dato appare significativo della rappresentatività dell’UGL, evidenziando la fiducia ad esso accordata da singoli lavoratori in un frangente delicato come è quello di una controversia individuale di lavoro.
9.2.2. La valutazione di maggior rappresentatività del Sindacato UGL effettuata nel caso di specie dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Torino non appare quindi fondata su un evidente travisamento o su una valutazione totalmente illogica;difettano dunque le condizioni perché essa possa essere sindacata dal Giudice Amministrativo. Da qui l’infondatezza del secondo dei motivi di ricorso.
10. Con l’ultimo motivo il Sindacato ricorrente denuncia la violazione del principio pluralistico, in ossequio al quale si deve garantire la maggior rappresentatività possibile delle associazioni sindacali.
10.1. Osserva il Collegio che il principio in esame trova origine nella libertà di associazione sindacale garantita dalla Costituzione, della quale costituisce un corollario;tale libertà implica che ad ogni associazione sindacale deve essere riconosciuta la possibilità, ma non il diritto, di partecipare attivamente a tutti gli organismi ai quali è affidato il compito di tutelare gli interessi delle varie categorie di soggetti rappresentati a livello sindacale. Non potendosi estendere all’infinito il numero dei componenti di tali organismi, in corrispondenza con il proliferare delle associazioni sindacali, il legislatore ha fatto la scelta di assicurare, in senso a tali organismi, solo la presenza dei sindacati maggiormente rappresentativi, da individuare di volta in volta e, per quanto riguarda il caso specifico, su base territoriale, all’evidente scopo di valorizzare la specificità delle singole realtà territoriali, nelle quali la sindacalizzazione delle varie categorie può non rispecchiare quella emergente dai dati nazionali compositi. L’applicazione del criterio della maggior rappresentatività su base territoriale rappresenta, ad avviso del Collegio, un compromesso ragionevole, perché consente anche ad associazioni sindacali che non sono fortemente rappresentate su scala nazionale, e che tuttavia trovano un riconoscimento significativo in specifiche realtà territoriali, di partecipare attivamente agli organismi istituiti a tutela degli interessi delle categorie rappresentate;tale criterio penalizza, quindi, solo le associazioni sindacali che su base territoriale non hanno un seguito di rilievo e che potrebbero essere di intralcio ai lavori di un determinato organismo senza che ciò sia giustificato dal grado di rappresentatività. Del resto la giurisprudenza della Corte Costituzionale ha più volte riconosciuto che il fatto che determinati diritti sindacali siano attribuiti, dal legislatore, solo alle associazioni sindacali maggiormente rappresentative, risulta conforme all’art. 39 della Costituzione in quanto scelta che poggia su un criterio di “effettività” e, quindi, di razionalità (si vedano ad esempio: Corte Cost. n. 54/74, n. 334/88, nonché, in particolare, la sentenza n. 30/1990, paragrafo 6). Per le dianzi brevemente riassunte ragioni il Collegio non scorge possibili ed evidenti profili di incostituzionalità dell’art. 410 c.p.c., nella parte in cui esso dà ingresso, in seno al Comitato di Conciliazione, alle sole associazioni sindacali maggiormente rappresentative a livello territoriale.
10.2. Ciò premesso il fatto che il Sindacato ricorrente non abbia avuto un rappresentante in seno al Commissione di Conciliazione istituita, nell’anno 2011, presso la Direzione Provinciale del lavoro di Torino, non rappresenta la conseguenza della violazione, da parte del Direttore, del principio pluralistico, sibbene della applicazione di un criterio legislativo che, per i motivi dianzi esposti, il Collegio ritiene esente da evidenti censure di incostituzionalità e che nella specie risulta anche essere stato applicato correttamente.
11. Per tutte le indicate ragioni va respinto il ricorso principale e dichiarati inammissibili per difetto di interesse i motivi aggiunti.
12. Le spese possono essere compensate in ragione della peculiarità della vicenda e della sussistenza di un margine di opinabilità, particolarmente quanto ai primi due motivi di ricorso principale.