TAR Salerno, sez. I, sentenza 2019-04-29, n. 201900686
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Pubblicato il 29/04/2019
N. 00686/2019 REG.PROV.COLL.
N. 00434/2018 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 434 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati M D C, F B, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’avv.to F B in Salerno, c.so V E n. 140;
contro
Ministero Interni - Questura della Provincia di Salerno non costituito in giudizio;
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata
ex lege
in Salerno, c.so V E, 58;
per l'annullamento
del provvedimento n. CATX/178 Div.A.C M.P. emesso in data 22.02.2018 dal Questore della Provincia di Salerno, avente ad oggetto il divieto di ritorno nel Comune di Salerno per la durata di anni 3, notificato in data 9.03.2018;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 marzo 2019 il dott. F M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1.- Con il ricorso in epigrafe, l'odierno ricorrente impugna il provvedimento del Questore di Salerno, n. CATX/178 Div.A.C M.P. emesso in data 22.02.2018 e notificatogli in data 9.3.2018, con cui è stato diffidato dal fare ritorno nel Comune di Salerno per la durata di tre anni, essendo stato trovato in possesso di attrezzi atti allo scasso e di arme bianche nonché in considerazione sia precedenti di polizia a suo carico, sia del provvedimento di fermo adottato nei suoi riguardi per il delitto di tentata rapina asseritamente commesso in data 2 febbraio 2018.
A sostegno dell'impugnativa deduce i seguenti motivi, così riassumibili:
I. Violazione di Legge ed Eccesso di Potere: difetto di istruttoria, travisamento dei fatti, difetto di motivazione;violazione dell’art. 8 C.E.D.U..
Il ricorrente non potrebbe essere considerato soggetto destinatario del provvedimento impugnato in quanto non inquadrabile in nessuna delle categorie di soggetti indicati dall'art. 1 del D.lgs. 150 del 2011 né persona pericolosa per la sicurezza pubblica. L'Amministrazione non avrebbe, invero, considerato la mancata convalida da parte del Gip sede del provvedimento di fermo da cui era stato attinto, attesa la carenza del quadro indiziario posto a fondamento dell’adottata misura.
Inoltre, non solo l’unico precedente penale a suo carico riguardava il reato di immigrazione clandestina oramai estinto, ma anche le armi bianche e gli attrezzi di scasso rinvenuti a seguito della perquisizione condotta nei suoi confronti non erano significative della sua pericolosità sociale, poiché, da un lato, appartenevano al nipote con lui convivente e, dall’altro, apparivano strettamente inerenti all’attività lavorativa svolta dal ricorrente.
Infine, l’amministrazione aveva omesso di considerare sia i legami familiari del ricorrente localizzati nel comune di Salerno, sia la stabile attività lavorativa dal medesimo svolta.
II. Violazione dell'art. 7 della legge 241 del 90: sarebbe stata del tutto ingiustificatamente omessa la comunicazione di avvio del procedimento prescritta per legge.
II. Violazione di Legge: violazione degli articoli 1 e 2 del D.Lgs. 159/2011. Il ricorrente non rientrava in nessuna delle categorie soggettive individuate dal combinato disposto dei citati articoli.
Si è costituito in giudizio il Ministero dell'Interno, eccependo l'infondatezza di tutti i motivi ex adverso dedotti, poiché, in sintesi, sussisterebbero pienamente nella fattispecie i presupposti per l'adozione di una misura tipicamente preventiva quale quella per cui è causa in considerazione del fondato giudizio prognostico di pericolosità sociale alla luce dei precedenti penali e di polizia a carico del ricorrente
Alla camera di consiglio del 18.4.2018, con ordinanza n. 193/2018 è stata accolta la domanda incidentale cautelare in considerazione della prospettata necessità familiare.
In prossimità dell'udienza di merito la difesa della ricorrente ha insistito per l'accoglimento del gravame depositando memoria ex art. 73 c.p.a.
All'udienza pubblica del 27 marzo 2019, uditi i difensori, la causa è stata trattenuta in decisione.
2.- - È materia del contendere la legittimità del provvedimento del Questore di Salerno del 22 marzo 2018, con cui è stato disposto nei confronti del ricorrente il divieto di fare ritorno nel Comune di Salerno per la durata di anni tre.
Il ricorso è fondato e va accolto, pur se nei limiti di cui appresso.
2.1.- L'art. 2 del D.lgs. 159/2011 prevede che il foglio di via obbligatorio possa essere emesso nei confronti dei soggetti tassativamente individuati dall'art. 1 del medesimo decreto, segnatamente: "a) coloro che debbano ritenersi, sulla base di elementi di fatto, abitualmente dediti a traffici delittuosi;b) coloro che per la condotta ed il tenore di vita debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che vivono abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose;c) coloro che per il loro comportamento debba ritenersi, sulla base di elementi di fatto, che sono dediti alla commissione di reati che offendono o mettono in pericolo l'integrità fisica o morale dei minorenni, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica ".
Tratto qualificante le tre categorie sopra citate è la dedizione dei soggetti interessati ad attività criminose che l'Amministrazione può accertare (sulla scorta di "elementi di fatto") al fine di pervenire a un giudizio - attuale e prognostico - di pericolosità sociale, tale da giustificare l'adozione di un provvedimento che limita la libertà di movimento e di soggiorno nel territorio del Comune dal quale i soggetti in questione siano stati allontanati.
La ratio della citata disposizione, in sostanza, è quella di fronteggiare la compromissione della sicurezza pubblica, assegnando allo Stato il ruolo di garante dell'ordinato e pacifico svolgersi delle relazioni civili mediante misure di prevenzione speciale che prescindono dalla commissione di un reato, configurandosi, dunque, quali provvedimenti ante o praeter delictum .
Anche la Corte Costituzionale è stata chiamata a valutare la legittimità costituzionale del foglio di via obbligatorio, escludendo il prospettato contrasto con il dettato di cui agli artt. 13 e 16 della Costituzione e giungendo a concludere che tale misura non incide sulla libertà personale, bensì sulla libertà di circolazione, che può essere limitata per ragioni di sicurezza pubblica (cfr. Corte Costituzionale, 30 giugno 1960, n. 45).
Essendo, tuttavia, l'emissione del foglio di via connotata dall'esercizio di un'ampia discrezionalità, suscettibile di trasmodare in arbitrio ove non risulti temperata dalla puntuale individuazione dei presupposti previsti dal D.lgs. 159/2011, deve ritenersi indispensabile che nella motivazione del provvedimento siano indicati gli elementi di fatto sui quali si basi il giudizio di appartenenza dell'interessato ad una delle categorie indicate nell'art. 1 del citato decreto, oltre che l'indicazione delle ragioni che inducano a ritenere la persona come socialmente pericolosa, non potendosi ravvisare un'automatica coincidenza tra l'appartenenza ad una delle categorie di cui al predetto art. 1 e la pericolosità per la sicurezza pubblica ex art. 2 della medesima normativa.
In altre parole, per poter comminare il foglio di via obbligatorio, occorrono contestualmente:1) il ricorrere di una delle situazioni indicate sub a), b) e c) all'art. 1 menzionato;2) un giudizio di pericolosità per la sicurezza pubblica riguardo al soggetto da colpire;3) il trovarsi di quest'ultimo fuori dei luoghi di residenza.
2.2. - Sul punto, il ricorrente ha fondatamente dedotto di non poter essere annoverato in nessuna delle categorie di persone per le quali gli artt. 1 e 2 del D.lgs. 159/2011 prevedono l'applicazione della misura di prevenzione applicata con il provvedimento impugnato.
Nella specie l'unico episodio posto a fondamento dell’adottato provvedimento onde comprovare la pericolosità sociale del ricorrente è quello sopra illustrato, che ha dato luogo, oltre che all'emissione della misura qui censurata, altresì alla denuncia per rapina.
Tuttavia, occorre rilevare che, come ampliamento comprovato per tabulas dal ricorrente, l’episodio in questione si è concluso con la mancata convalida dell’adottato provvedimento di fermo, attesa la carenza del quadro indiziario assunto a suo carico.
Non si comprende come un episodio isolato, in assenza di ulteriori precedenti di polizia, - non potendosi considerare tale, stante la sua sopravvenuta abrogazione, il reato di immigrazione clandestina invocato dall’amministrazione onde avvalorare la formulata prognosi di pericolosità -, possa aver determinato l'adozione dell’adottato provvedimento.
In particolare, non può un singolo episodio, peraltro non solo non ancora accertato sotto il profilo penale con alcuna sentenza, ma anche allo stato privo del mero riscontro indiziario come dichiarato dall’autorità giudiziaria, determinare un giudizio, sulla persona dell'attuale istante, né in ordine alla 'abituale' dedizione a traffici delittuosi, né circa il fatto di vivere 'abitualmente', anche in parte, con i proventi di attività delittuose.
Parimenti, le stesse risultanze della perquisizione personale e domiciliare non sono idonee a supportare il predetto giudizio di pericolosità, atteso che, da un lato, il possesso del piccone e del cacciavite appare compatibile con l’attività lavorativa di manovale edile svolta dal ricorrente (vedi contratto di lavoro in atti) e, dall’altro, stante la sua convivenza con altro connazionale, non appare chiaramente accalarata la riferibilità al ricorrente del possesso dell’arma bianca rinvenuta a seguito della perquisizione domiciliare.
2.4.- Il provvedimento questorile appare fare riferimento al sopra descritto episodio, pervenendo poi alla supposizione che il ricorrente si rechi a Salerno solo per commettere attività delittuose sulla base soltanto della considerazione che ivi non svolge alcuna attività lavorativa.
Tuttavia, tale deduzione non solo confligge con l’attività lavorativa svolta dal ricorrente alle dipendenze di una società edile avente sede in Salerno, ma anche oblitera i comprovati legami con il suo nucleo familiare, in particolare con i figli minori ivi residenti (vedi Decreto del Tribunale di Salerno 231/2017).
Pertanto, anche sotto quest’ultimo profilo l’impugnato provvedimento mostra il fianco alle dedotte doglianze di eccesso di potere per difetto di istruttoria e violazione dell'art. 8 della Convenzione EDU, quale diritto (pur se non assoluto cfr. Cassazione civile, sez. VI, 10 settembre 2015, n. 17942) fondamentale della persona alla tutela dell'unità familiare.
Infatti, è stato documentato in giudizio il legame familiare esistente tra il ricorrente ed i figli minori residenti nel comune di Salerno, si da far quantomeno presumere la veridicità delle invocate esigenze di assistenza, le quali devono necessariamente essere esaminate dall'Amministrazione, compiendo le opportune verifiche e rinnovando l'attività istruttoria al fine di escluderne la sola finalità elusiva.
L'art. 8 della Convenzione EDU salvaguardia l'unità familiare, intesa quale vincolo tra genitori e figli o tra parenti legati da consanguineità e convivenza effettiva, che impone allo Stato di contenere le limitazioni all'esercizio del diritto alla famiglia ed ai rapporti familiari, potendole stabilire soltanto in presenza delle condizioni di cui al paragrafo 2 dell'art. 8, ossia in forza di una disposizione di legge, nei limiti di quanto imposto per assicurare la sicurezza nazionale, l'ordine pubblico, il benessere economico del paese, la prevenzione dei reati, la protezione della salute o della morale o la protezione dei diritti e delle libertà altrui e se proporzionate al fine legittimo perseguito (Cassazione penale, sez. I, 29 settembre 2015, n. 48684).
È pertanto fondata la censura di violazione dell'art. 8 della CEDU unitamente al difetto di istruttoria, non avendo l'autorità di pubblica sicurezza valutato la particolare situazione familiare.
In definitiva, alla luce delle concrete circostanze del fatto contestato così come dell'assenza di precedenti specifici e dell’omessa valutazione dei comprovati legami familiari, difettano nel caso in esame "elementi" idonei a sostenere il giudizio - attuale e prognostico - di pericolosità sociale richiesto dal combinato disposto degli artt. 1 e 2 del d.lgs. 159/2011, che solo potrebbe giustificare l'adozione di un provvedimento che limita la libertà di movimento e di soggiorno nel territorio del Comune da cui il soggetti in questione è stato allontanato.
Per i suesposti motivi il ricorso è fondato e va accolto con l'effetto dell'annullamento dei provvedimenti impugnati, al fine del necessario riesame.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di lite in relazione alla particolare materia trattata.