TAR Roma, sez. 5B, sentenza 2023-06-07, n. 202309619
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Testo completo
Pubblicato il 07/06/2023
N. 09619/2023 REG.PROV.COLL.
N. 04005/2019 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Quinta Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4005 del 2019, proposto da -OMISSIS-, rappresentata e difesa dall’avvocato G C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
Ministero dell’Interno, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia
del provvedimento -OMISSIS- del 7 novembre 2018, con il quale il Ministero dell’Interno ha rigettato la domanda di concessione della cittadinanza italiana presentata dall’odierna ricorrente ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 91/1992.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero dell’Interno;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l’art. 87, comma 4- bis , cod. proc. amm.;
Relatore all’udienza straordinaria di smaltimento dell’arretrato del giorno 28 aprile 2023 il dott. Enrico Mattei e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe si contesta la legittimità del decreto del Ministero dell’Interno -OMISSIS- del 7 novembre 2018, con il quale è stata rigettata la domanda di concessione della cittadinanza italiana ai sensi dell’art. 9, comma 1, lett. f), della legge n. 91/1992, presentata dall’odierna ricorrente in data 28 gennaio 2015, risultando a suo carico una condanna per il reato di cui all’art. 6, comma 3, della legge n. 40/1998 (violazione delle norme sulla disciplina dell’immigrazione e la condizione dello straniero), inflittale con sentenza del Tribunale di Crema del 30 novembre 2001.
Con unico motivo di ricorso si censura il provvedimento impugnato per eccesso di potere, difetto d’istruttoria ed erronea valutazione dei presupposti, basandosi il diniego di cittadinanza su vicenda molto risalente nel tempo legata alla mancata regolarizzazione della ricorrente sul nostro Territorio, per la quale la medesima ha ottenuto riabilitazione in data 15 novembre 2016.
Il Ministero dell’Interno si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso in ragione dell’infondatezza delle censure ivi formulate.
Con ordinanza cautelare n. 5647 del 9 settembre 2019, il Collegio ha respinto la domanda di sospensione dell’efficacia del provvedimento impugnato, per mancata prospettazione di un pregiudizio grave ed irreparabile a carico della ricorrente.
All’udienza di smaltimento dell’arretrato del giorno 28 aprile 2023 la causa è passata in decisione.
Il ricorso è infondato e va respinto.
Giova in via preliminare osservare in merito alla natura del provvedimento di concessione della cittadinanza alla luce della giurisprudenza in materia, come di recente sintetizzata dalla Sezione (TAR Lazio, sez. V bis, n. 2943, 2944, 2947, 3018, 3471, 5130 del 2022), che l’acquisizione dello status di cittadino italiano per naturalizzazione è oggetto di un provvedimento di concessione, che presuppone un’amplissima discrezionalità in capo all’Amministrazione, come si ricava dalla norma, attributiva del relativo potere, contenuta nell’art. 9, comma 1, della legge n. 91/1992, ai sensi del quale la cittadinanza “può” essere concessa.
Tale discrezionalità si esplica, in particolare, in un potere valutativo in ordine al definitivo inserimento dell'istante all’interno della comunità nazionale, in quanto al conferimento dello status civitatis è collegata una capacità giuridica speciale, propria del cittadino, che comporta non solo diritti – consistenti, sostanzialmente, nei “diritti politici” di elettorato attivo e passivo (che consente, mediante l’espressione del voto alle elezioni politiche, la partecipazione all’autodeterminazione della vita