TAR Trento, sez. I, sentenza 2023-10-18, n. 202300158

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Trento, sez. I, sentenza 2023-10-18, n. 202300158
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Trento
Numero : 202300158
Data del deposito : 18 ottobre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/10/2023

N. 00158/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00157/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa di Trento

(Sezione Unica)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 157 del 2022, proposto da A M L L, M B e E S, rappresentati e difesi dall’avvocato M I, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Trento, via dei Paradisi n. 152/2, presso lo studio del predetto avvocato;

contro

Comune di L, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato ai sensi dell’art. 41 del d.P.R. 1° febbraio 1973, n. 49, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Trento, largo Porta Nuova n. 9, presso gli uffici della predetta Avvocatura;
Provincia Autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati G B, Marialuisa Cattoni e Jessica Marica Rampone, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto in Trento, piazza Dante n. 15, con l’avvocato Marialuisa Cattoni, negli uffici dell’Avvocatura della Provincia;

nei confronti

M L S.r.l., non costituita in giudizio;

per l'annullamento

dei seguenti atti: A) delibera del Consiglio comunale del Comune di L n. 21 in data 11 agosto 2022, avente il seguente oggetto: «Estinzione del vincolo di uso civico e autorizzazione all’alienazione della p.f. 5400/3 di mq. 87.805, appartenente al patrimonio disponibile del Comune di L e soggetta al Piano Attuativo n. 29 - M L - art. 99 septies del Piano Regolatore Generale del Comune di L - disposizioni in materia di compensazione del vincolo di uso civico e approvazione delle condizioni essenziali di vendita»; B) determinazione del Dirigente del Servizio Autonomie Locali della Provincia Autonoma di Trento n. 2022-S11000313 in data 10 ottobre 2022 prot. 10845, avente il seguente oggetto: «Legge provinciale 14 giugno 2005 n.

6. Comune di L. Autorizzazione all’estinzione del vincolo di uso civico su mq. 44.273 della p.f. 5400/3 C.C. L e mq. 42.845 della p.f. 3697/1 C.C. L entrambe in P.T. 1 II per un totale di mq. 87.118 (neo p.f. 5400/3) ed apposizione del vincolo d’uso civico sulle pp.ff. 1764 di mq. 40505, 1888/1 di mq. 26338, 1888/2 di mq. 13777, 1891 di mq. 1917, 1899/1 di mq. 4597 e 1899/2 di mq. 633 tutte in C.C. L. Nullaosta alla costituzione della servitù di passo e ripasso a piede e con mezzi meccanici a carico della p.f. 3697/1 C.C. L P.T. 1 II ed a favore della neo p.f. 5400/3 C.C. L»
;
C) ogni altro atto connesso, presupposto o consequenziale,

nonché per la declaratoria dell’inefficacia del contratto di alienazione della p.f. 5400/3 eventualmente stipulato tra il Comune di L e l’acquirente;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di L e della Provincia Autonoma di Trento;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 ottobre 2023 il dott. C P e uditi per le parti gli l’avvocato M J per la parte ricorrente, l’avvocato dello Stato G F per il Comune di L, e l’avvocato G B per la Provincia autonoma di Trento.;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. In punto di fatto i ricorrenti - premesso che agiscono in giudizio in virtù dei diritti ad essi spettanti uti singuli e uti cives , quali abitanti del Comune di L, sui beni contraddistinti dalle p.f. 5400/3 e p.f. 3697/1 in

PT

1 C.C. L, assegnati alla categoria a) dell’art. 11 della legge n. 1766/1927 (terreni utilizzabili come bosco o come pascolo permanente), giusta decreto del Regio Commissario per la liquidazione degli usi civici del 18 agosto 1939 - riferiscono che: A) i provvedimenti impugnati, da un lato, riguardano parte dei terreni di proprietà collettiva che furono oggetto di una compravendita risalente al 1973 e, dall’altro, sono finalizzati alla cessione di ulteriori terreni di proprietà collettiva per scopi edificatori, con contestuale traslazione del vincolo di uso civico che insiste sui predetti terreni di proprietà collettiva su terreni di proprietà comunale;
B) in particolare il Comune di L con la delibera n. 59 del 10 settembre 1971 approvò la vendita di 69.682 mq di terreno soggetto a vincolo di uso civico alla società L Luserna M L S.p.a., di cui il Comune stesso divenne socio, nonché la concessione esclusiva per la costruzione di impianti di risalita, di un ristorante, di un albergo e di circa 130 appartamenti, ma non venne prevista alcuna compensazione a fronte di tale atto di disposizione del dominio collettivo;
C) è stata richiesta copia del prescritto parere del Commissario per la liquidazione degli usi civici su tale operazione, ma non risulta che tale parere all’epoca venne richiesto;
D) da ultimo, in attuazione di un accordo urbanistico stipulato in data 19 ottobre 2018 tra il Comune di L e la società M L s.r.l. ai sensi dell’art. 25 della legge provinciale n. 15/2015, è stata adottata l’impugnata delibera n. 21 in data 11 agosto 2022. Per quanto più interessa in questa sede, con tale delibera consiliare il Comune di L ha disposto, ai sensi dell’art. 16, comma 3, lett. c), della legge provinciale n. 6/2005: A) «l’estinzione del vincolo di uso civico iscritto sulla p.f. 5400/3 in C.C. L, per mq 87.118, previa autorizzazione del Servizio autonomie Locali della P.A.T. dovuta ai sensi della L.P. 6/2005 ..., con contestuale apposizione del medesimo vincolo sulle pp.ff. 1764, 1888/1, 1888/2, 1891, 1899/1 e 1899/2, aventi una superficie complessiva di mq. 87.769, tutte tavolarmente intestate al Comune di L, in conformità a quanto disposto dall’art. 16, comma 3 lettera c) della medesima legge» ;
B) di autorizzare l’alienazione in un unico lotto della predetta p.f. 5400/3;
C) che «i proventi derivanti dalla compravendita, relativamente alla parte corrispondente al valore del soprassuolo in ripresa decennale e stimati nell’ammontare di € 48.000,00, rimangano vincolati al miglioramento del patrimonio di uso civico esistente e reintegrato in virtù di quanto disposto al punto 1., in conformità al disposto dell’art. 16 della L.P. 6/2005, e che le eccedenze siano destinate in conformità a quanto disposto dall’art. 16 della medesima legge provinciale» ;
D) che l’efficacia dalla predetta alienazione «rimane subordinata all’ottenimento dell’autorizzazione provinciale all’estinzione dell’uso civico iscritto sull’area oggetto della stessa».

I ricorrenti riferiscono altresì che il dirigente del Servizio Autonomie Locali della Provincia di Trento con la determinazione prot. 10845 in data 10 ottobre 2022 ha disposto (sempre per quanto interessa in questa sede) di autorizzare il Comune di L: A) «all’estinzione del vincolo d’uso civico su mq. 44.273 della p.f. 5400/3 C.C. L e mq. 42.845 della p.f. 3697/1 entrambe in C.C. L P.T. 1 II per un totale di mq. 87.118, come risulta dal tipo di frazionamento citato al fine della vendita previo esperimento di asta pubblica in base al prezzo a base d’asta pari ad € 927.232,00» ;
B) ad «apporre il vincolo di uso civico, in estensione dell’originario decreto commissariale di assegnazione prot.n. 1217/39 di data 18 agosto 1939 a favore del comune di L sulle pp.ff. 1764 di mq. 40505, 1888/1 di mq. 26338, 1888/2 di mq. 13777, 1891 di mq. 1917, 1899/1 di mq. 4597 e 1899/2 di mq. 633 tutte in C.C. L già intestate al comune assegnandole alla categoria A) dell’articolo 11 della L. 16 giugno 1927 n. 1766 quale terra utilizzabile come bosco e pascolo permanente».

2. Degli atti impugnati i ricorrenti chiedono quindi l’annullamento - con conseguente declaratoria dell’inefficacia del contratto di alienazione dei terreni eventualmente stipulato dal Comune di L - affidandosi a otto distinti motivi, che risultano, almeno in parte, ripetitivi delle medesime censure, come correttamente rimarcato da entrambe le Amministrazioni resistenti.

I) Eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti e/o difetto di istruttoria;
violazione dell’art. 1, della legge provinciale n. 6/2005, nonché dell’art. 3, comma 1, lett. a), e comma 3, della legge n. 168/2017.

L’impugnata delibera consiliare muove dall’erroneo presupposto che la p.f. 5400/3 appartenga «al patrimonio disponibile» del Comune di L (come si legge nell’intestazione del provvedimento), senza considerare che il bene è invece soggetto a vincolo ai sensi della legge n. 1766/1927. Dunque la p.f. 5400/3: A) non è di proprietà del Comune di L, bensì della generalità degli abitanti del Comune stesso, i quali sono titolari di diritti d’uso sul bene;
B) è ricompresa tra i beni collettivi di cui all’art. 3, comma 1, lett. a), della legge n. 168/2017, (che menziona “le terre di originaria proprietà collettiva della generalità degli abitanti del territorio di un comune o di una frazione, imputate o possedute da comuni, frazioni od associazioni agrarie comunque denominate” ) ed è, quindi, inalienabile ai sensi dell’art. 3 comma 3, della medesima legge.

Ne consegue che l’impugnata delibera consiliare è illegittima, perché è stata adottata nell’erroneo convincimento che l’Amministrazione comunale potesse disporre della p.f. 5400/3 come di un bene proprio, «attuando così una indebita confusione di diritti, poteri e funzioni », così come è nullo l’accordo urbanistico stipulato in data 19 ottobre 2018 tra il Comune di L e la società M L s.r.l., sia sotto il profilo soggettivo, perché concluso dal Comune «in proprio e non quale amministrazione di beni del dominio collettivo che sono beni altrui» , sia sotto il profilo oggettivo, in quanto avente ad oggetto beni inalienabili e, come tale, «viziato per impossibilità dell’oggetto ovvero per carenza dei requisiti di cui all’art. 1325 c.c.».

II) Eccesso di potere per sviamento, travisamento dei fatti, abnormità e/o difetto di istruttoria;
violazione dell’art. 16, comma 3, lett. c), della legge provinciale n. 6/2005, nonché della circolare del Servizio Libro Fondiario della Provincia di Trento n. 2/2008 del 3 aprile 2008, dell’art. 2, comma 4, della legge n. 168/2017 e dell’art. 42, comma 2, Cost..

I provvedimenti impugnati sono stati adottati ai sensi dell’art. 16, comma 3, lett. c), della legge provinciale n. 6/2005 - che “eccezionalmente” ammette l’estinzione del vincolo di uso civico gravante su un determinato bene “qualora vi sia compensazione mediante apposizione del vincolo su altri beni idonei di pari valore o superficie acquisiti in permuta o con altro titolo ...” - senza considerare però che: A) non è possibile svincolare beni gravati da un uso civico in costanza della mera apposizione del vincolo su altri beni di pari superficie;
B) nel caso in esame manca il requisito dell’eccezionalità, trattandosi della stessa operazione già posta in essere negli anni ‘70 e senza alcuna compensazione a beneficio del patrimonio collettivo, e comunque manca la valutazione della migliore utilizzazione del bene e dell’interesse proprietario, così come non è stata valutata la possibilità di perseguire l’interesse proprietario mediante gli altri atti di gestione previsti dal capo III della legge provinciale n. 6/2005.

Fermo restando quanto precede, i provvedimenti impugnati sono illegittimi anche perché: A) manca un titolo idoneo che disponga il trasferimento dei beni di proprietà del Comunale al dominio collettivo, titolo che non può mancare sia in ragione dei principi di diritto civile in materia di trasferimento dei beni, sia in ragione di quanto previsto dalla circolare del Servizio Libro Fondiario n. 2/2008, ove si prevede che: «Se l’immobile intestato alla Frazione/ASUC con annotazione di uso civico è oggetto di trasferimento al Comune o a terzi, titoli necessari per l’intavolazione del diritto di proprietà sono: 1) provvedimento deliberativo o determinativo del Comune o dell’ASUC, 2) Determinazione del Servizio Autonomie Locali di autorizzazione all’estinzione del vincolo di uso civico, 3) Atto traslativo» ;
B) non è stato indicato in motivazione chi sostiene i costi del trasferimento dei beni di proprietà del Comune, così come non sono stati indicati nel bilancio del Comune i proventi derivanti dalla cessione di beni;
C) risulta violato l’art. 2, comma 4, della legge n. 168/2017 - secondo il quale “I beni di proprietà collettiva e i beni gravati da diritti di uso civico sono amministrati dagli enti esponenziali delle collettività titolari. In mancanza di tali enti i predetti beni sono gestiti dai comuni con amministrazione separata” - perché la funzione dell’amministrazione separata (prevista quando i comuni amministrano beni di un dominio collettivo) è quella di non confondere il patrimonio collettivo con quello del Comune e, quindi, la cessione di beni di proprietà del Comune di L al dominio collettivo non è giustificata perché è priva di titolo e comunque carente dei requisiti necessari per un valido atto traslativo a titolo gratuito.

III) Violazione dell’art. 61 del PRG del Comune di L, dell’art. 3, comma 6, della legge n. 168/2017, del decreto legislativo n. 42/2004 e dell’art. 1, comma 3, della legge provinciale n. 6/2005;
eccesso di potere per sviamento e motivazione contraddittoria.

I provvedimenti impugnati sono stati adottati in violazione dell’art. 61 del PRG del Comune di L, rubricato “Aree di tutela ambientale” , secondo il quale “Sono indicate le aree dove la tutela ambientale è esercitata dalle autorità competenti, a norma della legislazione vigente in materia” , e dell’art. 3, comma 6, della legge n. 168/2017, secondo il quale “Con l’imposizione del vincolo paesaggistico sulle zone gravate da usi civici di cui all’articolo 142, comma 1, lettera h), del codice dei beni culturali e del paesaggio, di cui al decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, l’ordinamento giuridico garantisce l’interesse della collettività generale alla conservazione degli usi civici per contribuire alla salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio. Tale vincolo è mantenuto sulle terre anche in caso di liquidazione degli usi civici”. Difatti l’area contraddistinta dalla p.f. 5400/3 è soggetta a vincolo paesaggistico, ma in sede di adozione dell’impugnata delibera non è stato considerato che tale vincolo, per l’appunto, persiste “anche in caso di liquidazione degli usi civici”.

IV) Violazione dell’art. 16, comma 1, della legge provinciale n. 6/2005;
incompetenza;
violazione dell’art. 42, comma 2 Cost.;
eccesso di potere per contraddittorietà

Secondo l’art. 16, comma 1, della legge provinciale n. 6/2005 l’estinzione del vincolo di uso civico è ammessa “eccezionalmente” e solo ai fini della migliore utilizzazione e valorizzazione del bene di uso civico, ossia “sempre che la migliore utilizzazione e valorizzazione del bene di uso civico non sia perseguibile mediante altri atti di gestione” previsti dal capo III della medesima legge.

Invece nel caso in esame difetta innanzi tutto il requisito dell’eccezionalità. Difatti, sebbene tale requisito non sia codificato, tuttavia con l’impugnata delibera viene disposta la «mera alienazione del bene a fini edificatori» , in palese contrasto con la disciplina vincolistica e in violazione del diritto di proprietà.

Inoltre non è stata vagliata alcuna soluzione alternativa. Difatti - premesso che, come si legge nella relazione illustrativa del progetto del piano attuativo n. 29, a firma dell’architetto R dello Studio Starg Architecture, il progetto stesso «non può prescindere da una ampia preliminare opera di bonifica con la demolizione degli edifici fatiscenti presenti nell’area, sia quelli alberghieri che quelli a destinazione residenziale» , ma non si procede alla bonifica integrale - non sono state valutate: A) la possibilità di porre in vendita un compendio di minori dimensioni;
B) la possibilità di porre in vendita il compendio senza vincoli, con evidente possibilità di realizzare un maggior valore in sede di vendita all’asta;
C) la possibilità di vendere all’asta il solo diritto di superficie a tempo determinato, così da permettere al dominio collettivo di ritornare nel possesso del bene a scadenza;
D) la possibilità di prevedere di retrocessione del bene per il caso in cui il bene non venga destinato in conformità al progetto e nell’interesse del dominio collettivo, fermo restando che «vendere nuovi beni e renderli edificabili per sanare il pregresso non appare una alternativa valida nel rispetto della norma».

Né la scelta operata si configura come la “migliore utilizzazione e valorizzazione del bene di uso civico” - peraltro di indiscusso valore paesaggistico - perché: A) il mutamento di destinazione di una vasta area di pregio (oltretutto maggiore dell’area che s’intende recuperare) ai fini di una nuova edificazione è volto al recupero di un’area diversa da quella oggetto di alienazione e, quindi, il bene di uso civico viene declassato con un «utilizzo strumentale» , dello stesso, mirato al «recupero di un’area privata di minore entità» ;
B) non si comprendono né la ragione per cui si rendono necessarie nuove aree gravate da vincolo di uso civico e nuove volumetrie per accrescere la qualità della stazione turistica, né il beneficio per i titolari del bene appartenente al dominio collettivo, né il motivo per incrementare l’attività turistica invernale in relazione alle caratteristiche proprie della zona, in danno al patrimonio ambientale.

Infine i ricorrenti: A) lamentano una «manifesta sproporzione» tra la superficie delle aree di proprietà della società M L s.r.l. (pari a 22.827 mq) e la superficie delle aree di proprietà delle Comune di L interessate dall’operazione di cui trattasi (pari a 88.125 mq), in quanto parametrando tra loro le superfici dei terreni oggetto dell’accordo urbanistico stipulato in data 19 ottobre 2018 «si individua un rapporto 1:4, in danno del dominio collettivo» ;
B) muovono plurime contestazioni al progetto del piano attuativo n. 29, a firma dell’architetto R dello Studio Starg Architecture.

In particolare i ricorrenti deducono che: A) «usando un criterio proporzionale, per raggiungere l’obiettivo della riqualificazione dell’intera area di 7 ettari si prospetta necessità di ulteriore operazione di risanamento/bonifica con necessità di sacrificio di ulteriori 18 ettari di patrimonio in area di tutela ambientale (art. 61 NDA del PRG) nonché di protezione cui all’art. 54 NDA del PRG pure oggetto dell’irragionevole odierno sacrificio fino ad ora non menzionate ... . Precisamente mq 180.769, ricavati dalla seguente proporzione: mq 88.125 sta a mq 22.837 come mq 46.845 sta a X - mq 180.769 appunto - dove i mq 46.845 sono i mq che residuerebbero da riqualificare rispetto agli originari mq 69.682 della operazione degli anni Settanta» ;
B) secondo l’architetto R dello Studio Starg Architecture il progetto del piano attuativo n. 29 «non può prescindere da una ampia preliminare opera di bonifica con la demolizione degli edifici fatiscenti presenti nell’area, sia quelli alberghieri che quelli a destinazione residenziale» , ma secondo quanto risulta da uno stralcio del progetto stesso (come rappresentato sul sito www.starg.it alla data del 30 ottobre 2022), «detti edifici a destinazione residenziale non sono oggetto di demolizione, così come quanto viene demolito non viene affatto recuperato, ma recuperata la relativa volumetria che viene aggiunta ad una ulteriore e ben maggiore nuova volumetria. Pertanto, dalle parole del tecnico citato, incaricato dalla stessa M L srl ai fini della bonifica, emerge che il progetto di riferimento di allora è irrealizzabile -basti il fatto che si è in mancanza di recupero integrale ivi documentato quale imprescindibile - mentre l’odierno progetto (ove presente, comunque non disponibile) è contraddittorio i. con l’imprescindibile, ii. con lo scopo che va oltre la bonifica (rectius mera probabilità di riuscita della operazione commerciale individuata dal tecnico della società M L srl stessa), iii. con gli scopi dichiarati, nonché iv. con la tutela ambientale, dove prevede bonifica meramente parziale (25,92% della superficie originaria = 22.837/88.125x100) e la compromissione di una superficie maggiore di quella intera da previamente bonificare (126,47% = 88.125/69.682x100) e bonifica dei soli edifici a destinazione alberghiera».

V) Eccesso di potere per contraddittorietà, travisamento dei fatti, mancata considerazione dell’interesse costituzionalmente tutelato alla conservazione dell’ambiente e difetto di istruttoria;
violazione dell’art. 142, comma 1, lett. h), del decreto legislativo n. 42/2004 e dell’art. 3, comma 6, della legge n. 168/2017;
incompetenza;
violazione dell’art. 42, comma 2, Cost. e dell’art. 54 delle NTA del PRG del Comune di L.

La delibera della Giunta Provinciale n. 515 in data 2 aprile 2021 (con cui è stata approvata la variante al PRG relativa al piano attuativo n. 29, conseguente all’accordo urbanistico stipulato in data 19 ottobre 2018 reca in allegato: A) il parere Servizio Urbanistica e tutela del paesaggio n. 24/20 del 30 luglio 2020, ove si legge che, per quanto attiene a tale accordo urbanistico, «ai sensi dell’art. 25 della legge urbanistica, si richiede di rafforzare il rilevante interesse pubblico che deve sottendere l’intervento. Il recupero paesaggistico e turistico del contesto di M L, già condiviso dalla Provincia nel 2014, va evidentemente declinato nella relazione di piano per spiegare, sotto il profilo delle ricadute complessive economiche e non, gli obiettivi dell’intervento e i suoi effetti territoriali» ;
B) la nota Servizio Urbanistica e tutela del paesaggio prot. 820096 in data 8 dicembre 2020, ove si richiama «il rilevante interesse pubblico che deve essere a base dell’accordo urbanistico ai sensi dell’articolo 25 della l.p. n. 15/2015, la cui motivazione va ricercata nella riqualificazione del complesso edilizio».

Dunque in sede di approvazione della variante al PRG non è stato valutato l’interesse, costituzionalmente tutelato, alla conservazione dell’ambiente, ma tale valutazione è improcrastinabile nel procedimento finalizzato all’estinzione del vincolo di uso civico, specie se si considera che la modifica della destinazione della p.f. 5400/3 si pone in contrasto con il combinato disposto dell’art. 142, comma 1, lettera h), del Codice dei beni culturali e del paesaggio con l’art. 3, comma 6, della legge n. 168/2017, secondo il quale il vincolo paesaggistico “è mantenuto sulle terre anche in caso di liquidazione degli usi civici” . Inoltre la legge n. 168/2017 vieta l’alienazione e il mutamento di destinazione dei beni di proprietà collettiva, così impedendo - e «senza eccezioni» - operazioni del genere di quella di cui trattasi.

I provvedimenti impugnati sono, quindi, illegittimi perché l’interesse pubblico alla nuova edificazione, sotteso all’operazione di cui trattasi, non può essere ritenuto prevalente: A) né sull’interesse, costituzionalmente tutelato, alla conservazione dell’ambiente;
B) né sul diritto di proprietà collettiva, anch’esso riconosciuto e tutelato dall’art. 42, comma 2, Cost..

VI) Eccesso di potere per travisamento dei fatti, difetto di istruttoria e carenza di motivazione.

I beni sui quali con l’impugnata delibera consiliare è stato apposto il vincolo di uso civico - ossia i terreni contraddistinti dalla p.f. 1764, dalla p.f. 1888/1, dalla p.f. 1888/2, p.f. 1891, dalla p.f. 1899/1 e dalla p.f. 1899/2 - non appartengono al patrimonio disponibile del Comune di L in quanto nel 1928 sono stati oggetto di un lascito testamentario, da parte di tal E G, in favore delle frazioni ivi indicate.

Ne discende che i predetti beni già non possono essere oggetto di alienazione in favore di terzi e, quindi i provvedimenti impugnati sono illegittimi perché comportano una «inutile duplicazione ovvero potenzialmente confliggente con quella che si vuole porre in compensazione».

VII) Eccesso di potere per travisamento dei fatti, sviamento, irragionevolezza e carenza di istruttoria;
violazione dell’art. 42 Cost. e dell’art. 1, comma 1, del Protocollo Addizionale CEDU.

Considerato che non è stato acquisito il parere del Commissario per la liquidazione degli usi civici in occasione della compravendita risalente al 1973, che quindi «risulta passibile di declaratoria di nullità/inefficacia» , e considerato che l’operazione è stata comunque portata avanti senza alcuna compensazione a beneficio del dominio collettivo, i provvedimenti impugnati determinano un’ulteriore violazione del dominio collettivo, anch’esso riconosciuto e tutelato dall’art. 42 Cost e dell’art. 1, comma 1, del Protocollo addizionale alla Convezione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (secondo il quale “Ogni persona fisica o giuridica ha diritto al rispetto dei suoi beni. Nessuno può essere privato della sua proprietà se non per causa di utilità pubblica e nelle condizioni previste dalla legge e dai princìpi generali del diritto internazionale” ). Del resto non solo gli errori del passato non autorizzano l’Amministrazione a ripetere i medesimi errori, ma anzi «la vendita di ulteriore porzione di proprietà per sanare il pregresso non è alternativa, ma una evidente contraddizione» , nel senso che l’operazione oggetto dei provvedimenti impugnati non si giustifica se prima non si riconosce al dominio collettivo quanto meno un risarcimento o una compensazione.

Pertanto, nella denegata ipotesi che si ritenesse che i terreni contraddistinti dalla p.f. 1764, dalla p.f. 1888/1, dalla p.f. 1888/2, p.f. 1891, dalla p.f. 1899/1 e dalla p.f. 1899/2 appartengano al patrimonio disponibile del Comune di L, i terreni stessi andrebbero utilizzati innanzitutto per compensare il patrimonio in dominio collettivo, a titolo di sanatoria, ai sensi dell’art. 16, comma 3, lett. c), della legge provinciale n. 6/2005.

VIII) Questione di legittimità costituzionale dell’art. 16, comma 1 e comma 3, lett. c), della legge provinciale n. 6/2005 per violazione dell’art. 3 Cost., nonché delle norme costituzionali alle quali gli articoli 2, comma 5, 3, commi 6 e 8-bis, lett. a), della legge n. 168/2017 danno attuazione, nonché per violazione degli articoli 2, 9 e 42 Cost..

La questione di legittimità costituzionale delle disposizioni dell’art. 16, comma 1 e comma 3, lett. c), della legge provinciale n. 6/2005 è rilevante nel presente giudizio, perché i provvedimenti impugnati fanno espressa applicazione di tali disposizioni, e risulta altresì non manifestamente infondata, innanzi tutto perché non è ragionevole consentire all’Amministrazione di disporre “eccezionalmente” l’estinzione del vincolo di uso civico, senza poi specificare i casi concreti nei quali è ammessa l’eccezione alla regola.

La questione di legittimità costituzionale delle predette disposizioni non è manifestamente infondata anche avuto riguardo all’art. 2, comma 5, della legge n. 168/2017 (recante la normativa statale in materia di domini collettivi), secondo il quale “I princìpi della presente legge si applicano alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano in conformità ai rispettivi statuti e alle relative norme di attuazione” . Difatti tali disposizioni si pongono in contrasto: A) con il principio desumibile dall’art. 3, comma 6, della legge n. 168/2017 - nella parte in cui prevede che “l’ordinamento giuridico garantisce l’interesse della collettività generale alla conservazione degli usi civici per contribuire alla salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio” - perché tale previsione mira a «conservare i diritti e su un bene determinato» ;
B) con l’ulteriore principio desumibile dall’art. 3, comma 6, della legge n. 168/2017 - nella parte in cui prevede che il vincolo paesaggistico “è mantenuto sulle terre anche in caso di liquidazione degli usi civici” - perché le disposizioni di cui trattasi si prestano ad essere interpretate (com’è avvenuto nel caso in esame) nel senso che è possibile assentire l’edificazione in contrasto con il vincolo paesaggistico, sebbene sia «irragionevole prevedere la conservazione degli usi civici per la salvaguardia dell’ambiente e un vincolo a tal fine sul bene di concreto valore paesaggistico e ammettere per mera contingenza che il bene venga destinato a nuova edificazione» ;
C) con il principio desumibile dalla dall’art. 3, comma 8-bis, della legge n. 168/2017 - nella parte in cui prevede che “Le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano possono autorizzare trasferimenti di diritti di uso civico e permute aventi a oggetto terreni a uso civico appartenenti al demanio civico in caso di accertata e irreversibile trasformazione, a condizione che i predetti terreni: a) abbiano irreversibilmente perso la conformazione fisica o la destinazione funzionale di terreni agrari, boschivi o pascolativi per oggettiva trasformazione prima della data di entrata in vigore della legge 8 agosto 1985, n. 431, e le eventuali opere realizzate siano state autorizzate dall’amministrazione comunale;
...”
- perché le disposizioni di cui trattasi sono applicabili anche fuori dai casi di “accertata e irreversibile trasformazione” dei terreni e anche se i terreni non hanno perso la conformazione fisica o la destinazione funzionale di terreni agrari, boschivi o pascolativi (com’è avvenuto nel caso in esame).

Infine le disposizioni dell’art. 16, comma 1 e comma 3, lett. c), della legge provinciale n. 6/2005 si pongono in contrasto con l’art. 42, comma 3, Cost. - secondo il quale “La proprietà privata può essere, nei casi previsti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d’interesse generale” - perché si prestano ad essere interpretate (com’è avvenuto nel caso in esame, nel quale non è stata disposta una compensazione mediante apposizione del vincolo e acquisto in permuta o altro titolo) nel senso che è sufficiente la mera apposizione di vincolo di uso civico su bene altrui, senza il trasferimento del bene al dominio collettivo.

In ogni caso i provvedimenti impugnati sono frutto di un’interpretazione della disciplina posta dall’art. 16, comma 1 e comma 3, lett. c), della legge provinciale n. 6/2005 irragionevole e contrastante con i principi che regolano la circolazione della proprietà, perché tale disciplina: A) non prevede che oggetto di compensazione possano essere beni che già appartengono ad un Comune;
B) anche a voler ammettere che i terreni contraddistinti dalla p.f. 1764, dalla p.f. 1888/1, dalla p.f. 1888/2, p.f. 1891, dalla p.f. 1899/1 e dalla p.f. 1899/2 appartengono al patrimonio disponibile del Comune di L, un Comune possa cedere a titolo gratuito beni del proprio patrimonio disponibile per compensare l’acquisto di beni del dominio collettivo da parte di terzi.

3. Il Comune di L si è costituito in giudizio per resistere al ricorso e con memoria depositata in data 4 agosto 2023 ha diffusamente replicato alle suesposte censure osservando, in particolare, quanto segue: A) come si evince dall’estratto del Libro fondiario e dal decreto di assegnazione n. 1217 del 18 agosto 1939, l’area contraddistinta dalla p.f. 5400/3 e gravata dal vincolo di uso civico è di proprietà del Comune, che può disporne «unicamente nelle forme previste dalla legge» ;
B) nella fattispecie il Comune ha adempiuto al compito di amministrare e gestire la p.f. 5400/3 in conformità a quanto previsto dalla della legge provinciale n. 6/2005, disponendo l’estinzione vincolo di uso civico gravante su tale particella fondiaria con contestuale adozione di «un atto unilaterale di apposizione del medesimo vincolo su pari superficie di uguale, anzi migliore per la verità, come si evince dalla parte motiva della deliberazione impugnata n. 21/2022 e dalla ivi allegata planimetria ortofotografica, oppure, quanto meno, di analoga qualità e idoneità all’esercizio dell’uso civico boschivo e di pascolo» ;
C) non giova ai ricorrenti contestare la mancanza di un atto traslativo delle particelle che con i provvedimenti impugnati vengono gravate da uso civico in compensazione perché la circolare del Servizio Libro Fondiario della Provincia di Trento n. 2/2008 si riferisce alla fattispecie, diversa da quella in esame, nella quale il bene sia tavolarmente intestato alla «Frazione/ASUC» ;
D) nella stima allegata all’impugnata delibera consiliare è chiaramente evidenziato il valore dell’uso civico estinto sulla p.f. 5400/3, paria a € 48.000,00, somma che l’acquirente deve corrispondere per garantire l’invarianza del valore dell’uso civico estinto;
E) la scelta urbanistica di riqualificare e valorizzare l’area denominata M L, risalente agli anni 2006-2007, non è mai stata oggetto di una rituale impugnazione e i provvedimenti impugnati mirano proprio al recupero e alla valorizzazione ambientale, oltre che turistica, di tale area, fermo restando che il «sacrificio» del vincolo di uso civico gravante sulla p.f. 5400/3 dev’essere rapportato al superiore interesse pubblico perseguito con l’operazione di cui trattasi;
F) la disposizione dell’art. 16, comma 3, lett. c), della legge provinciale n. 6/2005 nel caso in esame è stata scrupolosamente rispettata sia dal Comune che dalla Provincia, perché trattasi di un’operazione posta in essere nell’interesse della generalità degli abitanti del Comune ed è prevista un’adeguata compensazione mediante l’apposizione del vincolo di uso civico su altri beni idonei di pari valore e superficie;
G) avuto riguardo alla censura incentrata sulla mancata valutazione di soluzioni alternative, occorre considerare che - ferma restando la presupposta scelta urbanistica - «ogni consumo ulteriore di suolo pubblico sarebbe evidentemente peggiorativo rispetto ad un recupero programmato di un sito già fortemente compromesso, che potrebbe invece solamente essere parzialmente ripristinato e migliorato nel suo complesso (ove anche si pensi che, se l’insediamento ricettivo fosse collocato nelle stesse aree proposte in compensazione dell’uso civico porterebbe al risultato di un sostanziale raddoppio delle aree boscate sacrificate)» ;
H) neppure giova ai ricorrenti invocare il legame tra la conservazione dell’uso civico sulla p.f. 5400/3 e la tutela paesaggistica del territorio, perché la scelta urbanistica innanzi ricordata presenta « quale unica ratio l’intento ultimo di migliorare per quanto possibile lo sventramento paesaggistico-ambientale operato negli anni ‘70, in aderenza ad un sito di Importanza Comunitaria qual è riconosciuto il Laghetto Palù di Monterovere» ;
I) in definitiva nella fattispecie l’operato dell’Amministrazione comunale è dipeso «dall’esigenza di pubblico interesse di riqualificare una zona di interesse ambientale e turistico senza pregiudizio per l’uso civico dei terreni boschivi, ma al fine di perseguire l’interesse collettivo della comunità di L a vedere valorizzata l’area di malga laghetto, che negli anni 70 del secolo scorso era stata oggetto di un intervento il quale nel tempo aveva portato al suo degrado» ;
L) la questione di legittimità costituzionale prospettata dai ricorrenti è manifestamente infondata perché la Corte costituzionale con la sentenza n. 119 del 2023 ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3, comma 3, della legge n. 168/2017, nella parte in cui, riferendosi ai beni indicati dall’art. 3, comma 1, non esclude dal regime della inalienabilità i terreni di proprietà di privati, sui quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici non ancora liquidati, ma già in precedenza la Consulta con la sentenza n. 103 del 2017 aveva affermato che la destinazione di beni civici può essere variata purché «nel rispetto della vocazione dei beni e dell’interesse generale della collettività, all’esito di un procedimento tecnico-amministrativo, rispettoso dell’art. 41 del r.d. n. 332 del 1928».

4. Anche la Provincia Autonoma di Trento si è costituita in giudizio per resistere al ricorso e con memoria depositata in data 11 settembre 2023 ha diffusamente replicato alle suesposte censure osservando, in particolare, quanto segue: A) è irrilevante che nell’intestazione dell’impugnata delibera consiliare si affermi che la p.f. 5400/3 appartiene «al patrimonio disponibile» del Comune di L perché è stata comunque formalizzata la prescritta richiesta di autorizzazione all’estinzione del vincolo d’uso civico sulla predetta particella fondiaria;
B) l’estinzione del vincolo di uso civico sulla p.f. 5400/3 rientra nel perimetro applicativo dell’art. 16, comma 3, lett. c), della legge provinciale n. 6/2005 innanzi tutto perché l’operazione oggetto dei provvedimenti impugnati è finalizzata alla «realizzazione di una serie di interventi di recupero e valorizzazione di M L quale polo ricettivo e centro di servizi turistici di qualità che non possono essere realizzati tramite altri atti di gestione previsti dal capo III della legge 6/2005 quali la variazione d’uso o la sospensione del vincolo d’uso civico disciplinati, rispettivamente, dagli articoli 14 e 15 della L.P. 6/2005 in considerazione del fatto che gli interventi proposti hanno carattere definitivo ed irreversibile» ;
C) posto che secondo l’art. 16, comma 3, lett. c), della legge provinciale n. 6/2005, laddove venga deliberata l’estinzione del vincolo di uso civico, la compensazione deve avvenire «mediante apposizione del vincolo su altri beni idonei di pari valore o superficie acquisiti in permuta o con altro titolo», l’acquisizione in permuta è solo una delle ipotesi previste dalla norma, ben potendo la compensazione essere effettuata con beni acquisiti con altro titolo, e quindi il Comune di L ha correttamente chiesto di essere autorizzato ad apporre il vincolo di uso civico su altri beni già di sua proprietà a compensazione dell’estinzione del vincolo sulla p.f. 5400/3;
D) le particelle fondiarie sulle quali con l’impugnata delibera consiliare è stato apposto il vincolo d’uso civico in base all’estratto tavolare risultano di proprietà del Comune di L e nel foglio C) della partita (o foglio degli aggravi, che riporta l’iscrizione di diritti reali che gravano le particelle o altre annotazioni) nulla è indicato circa l’esistenza di un vincolo testamentario;
E) sulla possibilità di compensare la perdita di patrimonio collettivo mediante l’apposizione del vincolo di uso civico su altri beni si è già espressa la Corte costituzionale nella sentenza n. 71/2020 affermando che «Proprio l’onerosità delle trasformazioni assunte nel rispetto del dettato legislativo, è in grado di salvaguardare il patrimonio d’uso civico nel suo complesso poiché le riduzioni o modificazioni della sua consistenza possono ben essere compensate dall’acquisizione - con identico vincolo - di altre aree» ;
F) nella fattispecie la compensazione della perdita di patrimonio collettivo avviene non solo mediante l’apposizione del vincolo d’uso civico sulle particelle fondiarie indicate nell’impugnata delibera, ma anche mediante l’accantonamento di una quota dei proventi derivanti dalla vendita (pari a € 48.000,00) vincolata per legge al miglioramento del patrimonio d’uso civico esistente e dunque per l’incremento dello stesso;
G) non è pertinente il passo della circolare del Servizio Libro Fondiario della Provincia di Trento n. 2/2008 invocato dai ricorrenti, perché disciplina l’ipotesi del trasferimento di proprietà tra comune e frazione, richiedendo un atto traslativo.

Inoltre la Provincia ha diffusamente illustrato le ragioni per le quali la novella dell’art. 3 della legge 168/2017, operata con l’art. 63-bis, comma 1, del decreto legge n. 27/2021, convertito dalla legge n. 108/2921 - ove si prevede la possibilità per le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano di autorizzare trasferimenti di diritti di uso civico e permute aventi ad oggetto terreni a uso civico appartenenti al demanio civico “in caso di accertata e irreversibile trasformazione” - non valgono a rendere incostituzionale le disposizioni dell’art. 16, comma 1 e comma 3, lett. c), della legge provinciale n. 6/2005. In particolare, secondo la Provincia: A) la disciplina posta dall’art. 16 della legge provinciale n. 6/2005 è riconducibile alla materia degli “usi civici” , che rientra nella potestà legislativa primaria della Provincia di Trento ai sensi dell’art. 8, comma 1, n. 7), dello Statuto speciale, approvato con il D.P.R. n. 670/1972, così come la materia della “tutela del paesaggio” , rientra potestà legislativa primaria della Provincia di Trento ai sensi dell’art. 8, comma 1, n. 6), dello Statuto speciale;
B) l’art. 2, comma 5, della legge n. 168/2017 dev’essere letto considerando che l’esercizio della competenza legislativa primaria della Provincia di Trento è soggetto al rispetto dei limiti individuati dall’art. 4 dello Statuto e, quindi, delle “norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica” , ma ciò non significa che le disposizioni statali ricondotte a questa categoria devono essere applicate direttamente anche nel territorio provinciale, bensì che la Provincia deve rispettare le medesime norme fondamentali nell’esercizio delle proprie competenze legislative riconosciute dallo Statuto e, se del caso, intervenire al fine di adeguare la legislazione provinciale;
C) la tesi dei ricorrenti - secondo cui la normativa statale non ammetterebbe l’alienazione dei beni gravati da vincolo d’uso civico al di fuori dello specifico caso di “accertata e irreversibile trasformazione” dei beni stessi, previsto all’art. 3, comma 8-bis, della legge 168/2017 dalla legge n. 168/2017 - oltre a non trovare riscontro nel quadro normativo statale, ove sono previsti casi di alienazione come quello di cui all’art. 12, comma 2, della legge n. 1766/1927 e all’art. 39 del R.D. n. 332/1928, contrasta anche con il principio generale della migliore utilizzazione economica dei beni di uso civico per la valorizzazione e il miglioramento del patrimonio civico, in coerenza con una visione dinamica (e non più statica) che deve sottendere l’attività di gestione e tutela del patrimonio civico, e ciò anche alla luce della giurisprudenza costituzionale (cfr., in particolare, la sentenza n. 71 del 2020).

5. I ricorrenti con memoria depositata in data 20 settembre 2023 hanno diffusamente replicato alle difese svolte dalle Amministrazioni resistenti ed hanno insistito per l’accoglimento delle proprie domande. In particolare i ricorrenti hanno evidenziato che non giova al Comune di L invocare la sentenza della Corte costituzionale n. 119 del 2023, perché la p.f. 5400/3 rientra tra i beni del dominio collettivo del Comune stesso, che va tenuto distinto dai beni in proprietà privata oggetto di tale sentenza;
piuttosto, a giudizio dei ricorrenti, le motivazioni della predetta pronuncia dimostrerebbero la fondatezza della prospetta questione di legittimità costituzionale. Inoltre i ricorrenti, per il caso in cui il Comune di L insistesse nel sostenere che i provvedimenti impugnati non hanno ad oggetto beni ricompresi nel dominio collettivo, hanno eccepito il difetto di giurisdizione di questo Tribunale, in favore del Commissario liquidatore per gli usi civici, invocando l’art. 133, comma 1, lett. f), cod. proc. amm.

6. Alla pubblica udienza del 12 ottobre 2023 il difensore dei ricorrenti ha replicato all’eccezione processuale relativa all’omessa impugnazione degli atti presupposti osservando che tali atti sono o estranei all’oggetto del giudizio o inefficaci in quanto nulli e, in subordine, chiedendo la concessione di un termine per poterli impugnare. Quindi il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente il Collegio osserva che non v’è motivo di dubitare della legittimazione ad agire dei ricorrenti alla luce di quanto ribadito dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 71 del 2020, ove si legge che «questa Corte ha riconosciuto la legittimazione di alcuni utenti-condomini a rappresentare gli interessi alla conservazione del regime giuridico anche in opposizione all’ente esponenziale di tali patrimoni (sentenza n. 113 del 2018). Si ebbe ad affermare in quell’occasione che gli stessi condomini hanno facoltà di promuovere provvedimenti petitori e possessori, uti singuli et cives, a beneficio della collettività cui appartengono, sicché, nell’ambito della più generale tutela paesistico-ambientale, «[l]a descritta situazione di diritto sostanziale comporta che l’eventuale esito positivo dell’azione vada a beneficio della generalità dei condomini» (sentenza n. 113 del 2018)».

2. Sempre in via preliminare il Collegio osserva che con il primo motivo di ricorso è stata dedotta la violazione dell’art. 3, comma 3, della legge n. 168/2017 - secondo il quale il regime giuridico dei beni collettivi indicati al comma 1 del medesimo articolo “resta quello dell’inalienabilità, dell’indivisibilità, dell’inusucapibilità e della perpetua destinazione agro-silvo-pastorale” - e le parti del presente giudizio hanno prospettato opposte letture della motivazione della sentenza della Corte costituzionale n. 119 del 2023, con la quale è stata dichiara l’illegittimità costituzionale del predetto art. 3, comma 3, della legge n. 168/2017, «nella parte in cui, riferendosi ai beni indicati dall’art. 3, comma 1, non esclude dal regime della inalienabilità le terre di proprietà di privati, sulle quali i residenti del comune o della frazione esercitano usi civici non ancora liquidati». Giova allora precisare che tale recente pronuncia, pur fornendo preziose indicazioni sull’evoluzione della normativa in materia di usi civici e sulle novità introdotte dalla legge n. 168/2017 (recante “Norme in materia di domini collettivi” ), in realtà non offre argomenti decisivi per risolvere le molteplici, complesse questioni poste all’attenzione del Collegio dai ricorrenti, i quali peraltro non si sono sempre attenuti alla prescrizione dell’art. 3, comma 2, cod. proc. amm., ove si prevede che le parti devono redigere gli atti di causa “in maniera chiara e sintetica”.

Difatti la predetta pronuncia - dopo aver posto in rilievo la «basilare dicotomia fra iura in re aliena, gli usi civici che gravano sulla proprietà privata, e iura in re propria, il demanio civico» , che permea la legge n. 1766/1927 e persiste anche nella legge n. 168/2017 - concerne gli usi civici in re aliena , mentre la presente controversia ha ad oggetto l’estinzione del vincolo di uso civico che grava sulla p.f. 5400/3, la quale (come si avrà modo di precisare in occasione dell’esame del primo motivo di ricorso) è un bene collettivo che appartiene al c.d. demanio civico (o patrimonio collettivo) del Comune di L.

3. Poste tali premesse, giova innanzi tutto evidenziare che, come si evince dagli atti di causa, il Comune di L con decreto del Presidente della Giunta provinciale del 16 marzo 1972 venne autorizzato a vendere alla società L Luserna M L s.p.a. terreni gravati da uso civico aventi una superficie pari a 70.000 mq, nonché i fabbricati rurali ivi esistenti, ubicati in località M L, con la precisazione che la somma ricavata dalla vendita sarebbe stata impiegata a norma dell’art. 24 della legge n. 1766/1927. Tuttavia il complesso alberghiero realizzato su tale area, attualmente individuata dal Piano Attuativo n. 29 - M L, allo stato necessita di un articolato intervento di riqualificazione, come si evince dalle previsioni degli strumenti urbanistici vigenti, i quali però - come eccepito in memoria dal Comune di L - non formano oggetto della domanda di annullamento proposta dai ricorrenti, né sono mai stati ritualmente impugnati.

In particolare nelle premesse dell’impugnata delibera consiliare si legge che: A) «sotto il profilo urbanistico, l’area perimetrata dal Piano Attuativo n. 29 comprende il complesso ricettivo alberghiero esistente e l’area di proprietà comunale collocata all’ingresso della stazione turistica. Il vigente PRG già prevede (art. 99 septies delle N.T.A.) la riqualificazione architettonica delle volumetrie alberghiere paesaggisticamente incongrue, prevedendo un ripensamento complessivo della ricezione turistica e dell’accessibilità alla stazione di partenza degli impianti di risalita» ;
B) «la committenza, in accordo con l’Amministrazione comunale, nel confermare il proprio interesse a dar seguito al perfezionamento delle previsioni urbanistiche relative ai comparti del

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