TAR Salerno, sez. I, sentenza 2011-04-12, n. 201100677

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Salerno, sez. I, sentenza 2011-04-12, n. 201100677
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Salerno
Numero : 201100677
Data del deposito : 12 aprile 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00105/2010 REG.RIC.

N. 00677/2011 REG.PROV.COLL.

N. 00105/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

sezione staccata di Salerno (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 105 del 2010 proposto da C O, rappresentato e difeso dagli avv.ti G C e B Z con domicilio eletto presso gli stessi a Salerno nella Segreteria del TAR;

contro

il Ministero della Difesa, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato e presso la stessa domiciliato per legge a Salerno in Corso Vittorio Emanuele n.58;

per l'annullamento, previa sospensione :1) dell'avviso di gara del 4.11.2009 per l’affidamento in concessione di n. 3 lotti di terreno per sfalcio di erbe ed un lotto per sfalcio di erbe e pascolo;
2) delle note prot. n. ME23663/0018514.12.4.3 Sfalcio e Pascolo del 28/10/2009 e n. 0020820 del 27/11/2009;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 dicembre 2010 il dott. F M e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1) Il Ministero della Difesa ha emesso l’avviso di gara del 4 novembre 2009 per l’affidamento in concessione di tre lotti di terreno per sfalcio d’erbe e di un lotto per sfalcio d’erbe e pascolo ovino nell’area del comprensorio militare del Comune di Serre.

Col ricorso in esame, notificato in data 8 gennaio 2010 e depositato il 21 successivo, il signor C O, titolare di concessione per sfalcio d’erbe nei suddetti terreni e beneficiario del contestuale e conseguente contratto stipulato il 14 gennaio 2004 per la durata di anni 6 con decorrenza dal 11 novembre 2003 e scadenza al 10 ottobre 2009 (che segna la fine dell’annata agraria 2008/2009), ha impugnato il suddetto avviso chiedendone l’annullamento.

Il ricorrente, assumendo la prefigurazione di affitto di fondi rustici del contratto stipulato con l’Amministrazione intimata, sostiene l’illegittimità dell’atto impugnato perché non si sarebbe tenuto conto della durata quindicennale dei rapporti negoziali in materia stabilita dall’art. 22 della legge 3/5/1982 n. 203 e dell’applicabilità di siffatto regime ai contratti riguardanti anche i terreni del patrimonio demaniale degli enti pubblici disposta dall’art. 6 del D.Lgs. 18/5/2001 n. 228, e precisando che l’inferiore durata sessennale del contratto stipulato è suscettibile di sostituzione con quella (quindicennale) a norma dell’art. 1339 c.c.

L’Amministrazione intimata, costituitasi in giudizio il 25 gennaio 2010, ha controdedotto chiedendo il rigetto del ricorso per infondatezza con la memoria depositata il 3 febbraio seguente.

Nella Camera di Consiglio del 4 febbraio 2010 è stata respinta la domanda cautelare.

Il ricorrente, con la memoria depositata il 15 novembre 2010, ha ulteriormente illustrato i motivi di ricorso, insistendo per l’accoglimento dello stesso.

2) L’esame della controversia richiede la configurazione del contratto stipulato dal ricorrente con l’Amministrazione Militare.

Il contratto che accede alla concessione in questione non è riconducibile alla species dei contratti tipici di affitto dei fondi rustici da parte dell’imprenditore agricolo o del coltivatore diretto del fondo, e ciò non solo per il peculiare tipo di concessione che regge il contratto, ma anche, e soprattutto, per la prefigurazione espressamente impressa al rapporto negoziale dalle parti e per la normativa negoziale dalle stesse pattiziamente assunta.

Andando con ordine, si osserva che la concessione in questione, il cui rilascio è connesso e contestuale al contratto come risulta da quest’ultimo, prevede la conservazione della piena disponibilità dei terreni in capo all’Amministrazione Militare per le finalità istituzionali di destinazione degli stessi (esercitazioni di qualsiasi tipo in bianco ed a fuoco) e limita espressamente al concessionario l’utilizzazione dei terreni medesimi al solo sfalcio delle erbe.

La richiamata configurazione del titolo concessorio, pertanto, già di per sé recide la libertà di uso del concessionario alla coltivazione del fondo, alla selvicoltura, all’allevamento di bestiame ed alle attività a queste connesse come previste dall’art. 2135 c.c. che definisce l’imprenditore agricolo e la libertà del coltivatore diretto come definito dall’art. 6 della legge 3/5/1982 n. 203 la quale, pure per quest’ultima figura, connota l’attività di coltivazione del fondo (anche se mediante le sole forze lavorative familiari), sicchè non può condividersi la prefigurazione di affitto di fondi rustici prospettata da parte ricorrente a riguardo del rapporto negoziale per cui è controversia. Ed a ciò deve aggiungersi che il detto uso limitato imposto al concessionario è incompatibile non solo con le norme definitorie dell’imprenditore agricolo e del coltivatore diretto del fondo sotto il profilo giuridico, ma anche sotto quello economico-commerciale la cui relativa attività, come è noto, non tollera limitazioni di scelte nella conduzione e gestione del bene aziendale.

Inoltre, in coerenza alla richiamata configurazione della concessione, l’art. 4 del contratto in questione esclude espressamente l’applicabilità al rapporto negoziale delle “comuni norme che regolano le affittanze agrarie”;
e, peraltro, tale previsione, ancorchè espressa in norma formalmente contrattuale, appare pure di carattere e natura provvedimentale perché compare in un unico atto che contestualmente ed in modo connesso e accorpato funge da titolo concessorio e da regolamento del relativo rapporto contrattuale, sicchè la previsione medesima, diversamente da quanto è avvenuto nel caso in esame, andava impugnata nel termine di decadenza proprio dei provvedimenti amministrativi.

Il contratto, poi, prevede varie facoltà dell’Amministrazione e vari obblighi e divieti a carico del concessionario oltre all’obbligazione di pagamento del canone, e specificamente:

- le facoltà dell’Amministrazione di revoca in tutto o in parte della concessione, anche senza preavviso, “ove ricorrano imprescindibili necessità istituzionali” (art. 9);
di occupare temporaneamente i terreni e di realizzare variazioni e lavori sugli stessi mutandone “le condizioni in qualsiasi modo”, di piantare alberi e siepi e di atterrare le piante di alto fusto (art. 9);
e di chiedere, con 48 ore d’anticipo, lo sgombero temporaneo o la sospensione dell’utilizzo delle aree da parte del concessionario per l’effettuazione con urgenza di attività istituzionali non programmabili in anticipo (art. 12);
di vietare in determinate ore del giorno o per brevi periodi l’accesso ai terreni (art. 14);

- l’obbligo del concessionario di provvedere a sua cura e spese alla pulitura completa dei terreni dagli sterpi, dai rovi e dalle erbe infestanti (felci, code di volpe, erbe palustri) ed alla pulizia dei canali di scolo delle acque ivi comprese strade, viali e cigli stradali (art. 13);
di eseguire la pulitura del terreno, lo sfalcio del fieno e delle giungarelle nelle ore diurne (art. 14);
di attenersi, per l’accesso ai terreni, alle prescrizioni dell’Amministrazione, accesso che comunque resta limitato al periodo della fienagione e delle successive operazioni di pulizia (art. 12);
di segnalare, almeno 15 giorni prima, i nominativi di coloro che accedono ai terreni ai fini del rilascio del “lasciapassare” dell’Amministrazione, con facoltà di quest’ultima di ritirare il detto titolo di accesso in qualsiasi momento (art. 11);

- il divieto a carico del concessionario di esporre o diffondere riproduzioni fotografiche e di qualsiasi altro genere dell’immobile o di divulgare, con qualsiasi mezzo, notizie e dati dei quali si sia venuti a conoscenza per effetto dei rapporti con l’Amministrazione Militare (art. 16);
e di procedere al taglio di alberi ed arbusti ed “a qualsiasi coltivazione del terreno e conseguentemente a qualsiasi aratura, vangatura, anche per piccoli appezzamenti” (art. 8).

E, dunque, dalle osservazioni in precedenza svolte a riguardo della concessione in questione e dal richiamo della disciplina del contratto alla stessa accedente che (come da ultimo si è riportato) vieta, tra l’altro, proprio la coltivazione dei fondi che è l’attività connotante l’impresa agricola e la coltivazione diretta del fondo, non appare dubbio che il contratto stipulato dal ricorrente con l’Amministrazione intimata non è riconducibile all’affitto di fondi rustici come risultante dalla definizione codicistica e da quella attinente ai profili economico-commerciali, conseguendone che la prospettazione di parte ricorrente non è condivisibile e che il regime di durata della concessione non è quella quindicennale delle affittanze agrarie, ma quella espressa nel contratto.

Il contatto in questione, invero, concretandosi nella controllata utilizzazione del bene limitata al solo sfalcio delle erbe ferma permanendo la disponibilità e l’uso ai fini istituzionali dello stesso da parte dell’Amministrazione, è atipico e, certamente, non di affittanza agraria.

Ne deriva che legittimamente l’Amministrazione ha provveduto, alla scadenza contrattuale, ad instaurare il procedimento ad evidenza pubblica per l’affidamento in concessione dei terreni per lo sfalcio delle erbe, precisandosi che, come risulta dall’avviso di gara impugnato, l’Amministrazione ha previsto l’esercizio della prelazione da parte del concessionario uscente a norma dell’art. 5 del D.Lgs. n. 228/2001.

3) In conclusione, le censure avverso la procedura ad evidenza pubblica dedotte da parte ricorrente sono infondate e, pertanto, il ricorso va respinto.

4) Le spese di giudizio, per la peculiarità delle questioni, vanno compensate tra le parti.

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