TAR Catanzaro, sez. II, sentenza 2018-11-15, n. 201801946

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Catanzaro, sez. II, sentenza 2018-11-15, n. 201801946
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Catanzaro
Numero : 201801946
Data del deposito : 15 novembre 2018
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 15/11/2018

N. 01946/2018 REG.PROV.COLL.

N. 00061/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA IALIANA

IN NOME DEL POPOLO IALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 61 del 2017, proposto da
S E T P, rappresentata e difesa dall'avvocato M M, con domicilio eletto presso il suo studio in Diamante alla via Benedetto croce 36/L;

contro

Regione Calabria non costituita in giudizio;
Inps, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati M T P, G G, F M Tomaioli, con domicilio eletto presso lo studio M T P in Catanzaro, via Tommaso Campanella n. 11;

Per l’accertamento

del diritto alla percezione della indennità di mobilità in deroga per gli anni 2012 e 2013 e per la condanna delle parti resistenti al pagamento di € 21.194,05 oltre interessi e rivalutazione, e comunque, in via subordinata, per l’accertamento e la declaratoria della responsabilità extracontrattuale delle amministrazioni intimate al pagamento della somma di € 21.194,05 oltre interessi legali a titolo di risarcimento dei danni.

Riassunzione a seguito di declinatoria di giurisdizione da parte del Tribunale di Catanzaro (Sez. lav., sentenza n. 910/16 del 29.09.2016).


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Inps;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 novembre 2018 il dott. S G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITO

1. La sig.ra Presta ha agito in riassunzione dinanzi a questo TAR a seguito di declinatoria di giurisdizione da parte del Tribunale di Catanzaro (Sez. lav., sentenza n. 910/16 del 29.09.2016), onde ottenere l’accoglimento delle seguenti conclusioni: “accertare e dichiarare che la ricorrente aveva e/o che ha diritto alla indennità di mobilità in deroga per gli anni 2012 e 2013 e per l’effetto condannare le parti resistenti INPS e Regione Calabria al pagamento in suo favore di € 21.194,05 oltre interessi e rivalutazione” e comunque “in via subordinata: accertare e dichiarare la responsabilità extracontrattuale dell’INPS e/o della Regione Calabria e condannare dette resistenti al pagamento della somma di € 21.194,05 oltre interessi legali a titolo di risarcimento dei danni”, con vittoria di spese, competenze di lite ed onorari.

In sintesi, la ricorrente ha sostenuto che nella fattispecie sussistono tutti i presupposti per la corresponsione dell’indennità di mobilità in deroga, e conseguentemente ha lamentato l’omesso riconoscimento del relativo beneficio da parte dell’INPS e della regione Calabria, i quali enti, pur avendo l’obbligo di collaborare ai fini della definizione del procedimento, hanno “tenuto un comportamento illogico ed illegittimo”.

2. Resiste l’INPS, che eccepisce la decadenza di cui all’art. 47 DPR n. 384/1992, ed il proprio difetto di legittimazione.

3. Nella pubblica udienza del 14.11.2018 la causa è stata trattenuta in decisione, previo avviso ai sensi dell’art. 73, co. 3, c.p.a.

3. Le eccezioni formulate dall’INPS non possono essere condivise.

3.1. Invero, il termine di decadenza disciplinato dall’art. 47 DPR n. 384/1992 riguarda esclusivamente l’esercizio dell’azione ai sensi dell’art. 459 ss. c.p.c., sicché esso non rileva ai fini della delibazione dell’odierno ricorso.

3.2. Né l’INPS può fondatamente opporre il proprio difetto di legittimazione passiva, dal momento che, nella specie, è in contestazione l’esercizio delle sue competenze in materia di erogazione della CIG in deroga, nei termini in cui sono state definite dall’Accordo istituzionale del 12.11.2011.

4. Passando all’esame della domanda, la stessa deve essere dichiarata inammissibile nei termini che seguono.

4.1. Innanzi tutto, si osserva che secondo il più recente insegnamento delle Sezioni Unite: “ al pari di quanto accade per l'integrazione salariale anche per la mobilità in deroga la concessione del beneficio presuppone lo svolgimento di una prima fase in cui sono individuati, in concreto, i relativi requisiti nonché i destinatari e che si conclude con il provvedimento di attribuzione o di negazione del beneficio stesso - e in questa fase si profilano per i lavoratori e gli imprenditori situazioni di mero interesse legittimo, tutelabili davanti al giudice amministrativo - e di una seconda fase successiva all'emanazione del provvedimento di ammissione al beneficio (o di negazione di tale ammissione) nella quale si configurano posizioni di diritto soggettivo - tutelabili davanti al giudice ordinario - tra imprenditore o lavoratori, da una parte, e INPS dall'altra, aventi origine dal provvedimento medesimo ed attinenti, in particolare, alle modalità di corresponsione del beneficio stesso ” (Cass. Civ., Sez. Un., 30.08.2018 n. 21435).

4.2. Ora, nel concreto caso di specie non sussiste una posizione di diritto soggettivo alla liquidazione della indennità di mobilità in deroga, dal momento che, come correttamente rilevato dal Tribunale di Catanzaro, non è ravvisabile un provvedimento di attribuzione del beneficio.

4.3. Nel contempo però non si ravvisa neanche l’adozione di un provvedimento definitivo di diniego.

Invero, la regione ha adottato un atto interlocutorio (nota prot. n. 331268 del 22.10.2014) che non vale a concludere il procedimento, ma si limita a constatare che l’INPS non ha precisato la “data di conclusione del periodo di mobilità ordinaria”, laddove “tale chiarimento si profila utile al fine di emettere l’autorizzazione concessoria”.

4.4. Così stando le cose, la domanda della ricorrente deve essere dichiarata inammissibile, atteso che l’attività amministrativa, allo stato, non si è tradotta nella adozione di un atto lesivo che sia suscettibile di ledere posizioni di interesse legittimo, ma permane una situazione di inerzia nella definizione del procedimento da parte degli enti intimati.

4.5. Il rimedio previsto dall’ordinamento rispetto alla predetta situazione di inerzia è costituito, ove siano ravvisabili in concreto i relativi presupposti, dall’azione avverso il silenzio, salva la giurisdizione del Giudice ordinario per la fase successiva alla adozione dell’atto conclusivo di diniego o concessione.

5. Non essendovi la prova della spettanza del bene della vita, non sussistono i presupposti per l’accoglimento della domanda risarcitoria.

6. La particolarità della vicenda giustifica la compensazione delle spese di lite.

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