TAR Milano, sez. II, sentenza 2017-06-30, n. 201701469

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. II, sentenza 2017-06-30, n. 201701469
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 201701469
Data del deposito : 30 giugno 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 30/06/2017

N. 01469/2017 REG.PROV.COLL.

N. 01280/2012 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1280 del 2012, integrato da motivi aggiunti, proposto da:
GALILEO s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato F V, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Milano, Via Gabrio Casati, n. 1;

contro

COMUNE DI SARONNO, in persona del legale Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato M C F, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultima in Milano, Piazza S. Pietro in Gessate, n. 2;

nei confronti di

REGIONE LOMBARDIA, in persona del Presidente p.t., non costituita in giudizio;
FERROVIE NORD MILANO s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., non costituita;
IMMOBILIARE GB s.p.a., in persona del legale rappresentante p.t., non costituita;
FALLIMENTO DI ISI s.r.l., in persona del legale rappresentante p.t., non costituita in giudizio;

quanto il ricorso principale

per l'annullamento

della nota del Comune di Saronno prot. 15712, ricevuta a mezz fax il 4 maggio 2012, a firma del Dirigente del Settore Ambiente, Territorio e Opere Pubbliche e dell'Assessore alla Pianificazione e Governo del Territorio, nonché dell'allegato documento denominato "Linee guida per il riuso delle aree Galileo Bertansi ISI FNM" e di ogni atto preordinato, conseguente e/o comunque connesso

nonché per l'accertamento

dell'illegittimo comportamento tenuto dall'Amministrazione comunale di Saronno nel valutare la domanda di riqualificazione presentata dalla ricorrente in data 4 ottobre 2011 con riferimento all'area di proprietà e, in generale, per l'inerzia della stessa Amministrazione comunale nel pianificare l'uso e il recupero di tale area

nonché per la condanna

del Comune di Saronno al risarcimento del danno;

quanto ai primi motivi aggiunti, depositati in data 12 marzo 2013

per l’annullamento

del Piano del Governo del Territorio del Comune di Saronno adottato con deliberazione del Consiglio Comunale di Saronno n. 82 del 20 dicembre 2012 e di ogni atto preordinato, conseguente e/o comunque connesso, ivi espressamente compresi gli atti e i provvedimenti tutti inerenti alla Valutazione Ambientale Strategica del PGT;

nonché per l'accertamento dell'ulteriore comportamento inerte, negligente e illegittimo posto in essere dall'Amministrazione comunale nel pianificare l'uso del territorio, anche attraverso il Piano di Governo del Territorio e, in particolare, il recupero dell'area di proprietà della ricorrente;

quanto ai secondi motivi aggiunti, depositati in data 10 dicembre 2013

per l’annullamento

del Piano del Governo del Territorio del Comune di Milano adottato con deliberazione del Consiglio Comunale di Saronno n. 27 del 15 giugno 2013 e di ogni atto preordinato, conseguente e/o comunque connesso, ivi espressamente compresi gli atti e i provvedimenti tutti inerenti alla Valutazione Ambientale Strategica del PGT;

nonché ove occorra per la disapplicazione o per la dichiarazione di inefficacia o di intervenuta abrogazione , in parte qua, di ogni eventuale disposizione regionale e/o comunale volta a porre illegittime restrizioni al settore del commercio, tra cui anche la l.r. 4/2013;

quanto ai terzi motivi aggiunti, depositati in data 29 aprile 2015:

della decisione assunta e comunicata dall'Amministrazione comunale con nota del 25 febbraio 2015 (Cat. 06 CI.02) di assoggettare la riqualificazione dell'area di proprietà della ricorrente secondo l'ipotesi di masterplan presentato in data 26 gennaio 2015, ad un accordo di programma ai sensi dell'art. 34 del d.lgs. n. 267/2000 e s.m.i., nonché della successiva richiesta di promozione di un Accordo di Programma di interesse regionale inviata dal Sindaco al Presidente della Regione (prot. 5755

CT

02

CI

01) sempre in data 25 febbraio 2015, nonché di ogni ulteriore presupposto, connesso e/o conseguente;


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Saronno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2017 il dott. S C C e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. La ricorrente è proprietaria di una vasta area dismessa situata nel Comune di Saronno, sulla quale sino agli anni ’80 era insediato uno stabilimento della Isotta Fraschini.

2. Nel mese di ottobre dell’anno 2011, la stessa ricorrente ha inviato al Comune una richiesta finalizzata all’approvazione di una variante del PRG attraverso la procedura dell’accordo di programma di cui alla legge regionale n. 6 del 2003. La proposta aveva la finalità di permettere l’insediamento sull’area di una grande struttura di vendita, insediamento vietato dal vigente strumento urbanistico che destinava l’area a funzioni residenziali.

3. Il Comune, dopo aver in sostanza accolto la richiesta attraverso l’invio alla Regione di una formale istanza di apertura della procedura di approvazione di accordo di programma, con nota del 4 maggio 2012, ha disposto l’”archiviazione della richiesta della ricorrente dell’ottobre 2011”. Alla nota sono state allegate le linee guida che illustrano le modalità di attuazione dell’ambito, nelle quali si ribadisce il divieto di insediamento delle grandi strutture di vendita.

4. Con il ricorso introduttivo vengono impugnati tali atti. Oltre alla domanda di annullamento viene proposta domanda risarcitoria.

5. Si è costituito in giudizio, per resistere al ricorso, il Comune di Saronno.

6. Successivamente è stato adottato il PGT, nel quale, oltre a confermarsi il divieto di insediamento di grandi strutture di vendita, si è stabilito: a) di collocare l’area in un ambito di trasformazione la cui disciplina specifica verrà fissata in un apposito accordo di programma, propedeutico all’approvazione del piano attuativo;
b) di prevedere che la disciplina dell’area dovrà essere definita unitariamente alla disciplina di altre due aree appartenenti a FNM s.p.a.

7. Contro il piano adottato sono stati proposti i primi motivi aggiunti.

8. Successivamente il piano è stato approvato, con conferma delle statuizioni appena illustrate.

9. Contro la delibera di approvazione sono stati proposti i secondi motivi aggiunti.

10. Da ultimo la ricorrente ha deciso di presentare al Comune un Masterplan che contiene una proposta di massima di attuazione dei tre ambiti sopra indicati.

11. Il Comune, con nota del 25 febbraio 2015, ha deciso di inviare il Masterplan alla Regione per l’avvio della procedura di accordo di programma.

12. Contro la decisione di coinvolgere la Regione sono stati proposti i terzi motivi aggiunti.

13. In prossimità dell’udienza di discussione del merito, le parti costituite hanno depositato memorie, insistendo nelle loro conclusioni.

14. Tenutasi la pubblica udienza in data 27 aprile 2017, la causa è stata trattenuta in decisione.

15. Preliminarmente, in accoglimento dell’eccezione formulata dal Comune di Saronno, va dichiarata l’improcedibilità della domanda di annullamento, contenuta nel ricorso introduttivo, riguardante la nota del 4 maggio 2012, con la quale lo stesso Comune ha disposto l’archiviazione della domanda di variante al PRG presentata dalla ricorrente nel precedente mese di ottobre dell’anno 2011.

16. In proposito si osserva che, come anticipato, con la suddetta nota, il Comune di Saronno ha manifestato la propria opposizione all’approvazione di una variante al previgente strumento urbanistico finalizzata a consentire l’insediamento di una grande struttura di vendita sull’area di proprietà dell’interessata.

17. Questa decisione è stata assorbita e superata dalle statuizioni contenute nel nuovo piano di governo del territorio con le quali è stato ribadito il divieto di insediamento di grandi strutture di vendita (divieto, come si vedrà, esteso a tutto il territorio comunale).

18. E’ pertanto evidente che l’annullamento dell’atto di cui si discute non arrecherebbe alcuna utilità alla ricorrente.

19. Deve essere invece respinta l’altra eccezione sollevata dall’Amministrazione resistente, secondo cui i primi ed i secondi motivi aggiunti sarebbero inammissibili in quanto diretti a sindacare scelte di merito da essa effettuate in sede di pianificazione.

20. In proposito si deve in primo luogo rilevare che, come si vedrà nel prosieguo, non tutte le censure dedotte dalla ricorrente si appuntano sulle scelte di merito effettuate dall’Amministrazione, essendo alcune di esse rivolte a contestare la violazione di disposizioni normative.

21. In secondo luogo, si deve osservare che il sindacato sulle scelte di merito non è del tutto precluso al giudice amministrativo, ben potendo questo compiersi qualora i vizi di merito trasmodino nel vizio di eccesso di potere.

22. Nel caso di specie, come si vedrà nel prosieguo, la ricorrente, nel censurare le scelte compiute dall’Amministrazione, non si limita a dedurne l’inopportunità, ma sostiene che esse sono inficiate dal suddetto vizio.

23. Va per queste ragioni ribadita l’infondatezza dell’eccezione.

24. Per quanto riguarda il merito del ricorso, le censure sollevate dalla ricorrente possono essere raggruppate in quattro categorie.

25. Con un primo gruppo di censure, la parte rileva che la decisione dell’Amministrazione di vietare l’insediamento di grandi strutture di vendita renderebbe antieconomica la trasformazione del sito, il quale, proprio in ragione di tali decisioni, sarebbe destinato a permanere nello stato di degrado in cui attualmente si trova. Si tratterebbe pertanto di scelta del tutto illogica e contrastante con i principi contenuti nella legge regionale n. 31 del 2014 che incentivano il recupero delle aree degradate. Queste censure sono contenute nei motivi rubricati sub 10, 12 e 13 dei primi motivi aggiunti e nel motivo rubricato sub 16 dei secondi motivi aggiunti.

26. Le censure sono infondate per le ragioni di seguito esposte.

27. Come noto, in base ad un consolidato orientamento giurisprudenziale, le scelte urbanistiche compiute dalle autorità preposte all’approvazione degli atti di pianificazione hanno natura altamente discrezionale in quanto volte alla massimizzazione dell’interesse pubblico.

28. Ne consegue, da un lato, che il sindacato che su di esse può compiere il giudice amministrativo è alquanto ristretto, limitato alle ipotesi di evidenti errori di fatto o di evidenti irrazionalità. Ne consegue ancora, da altro lato, che l’interesse dei privati volto ad ottenere una pianificazione favorevole si risolve in un interesse di mero fatto privo di tutela giuridica, e ciò quand’anche la nuova disciplina sia peggiorativa rispetto a quella previgente (cfr., fra le tante, T.A.R. Lombardia Brescia, sez. I, 15 marzo 2017, n. 374).

29. In questo quadro si deve ritenere che, nell’effettuare le scelte di pianificazione territoriale, l’amministrazione non possa essere vincolata dalla necessità di garantire la redditività dell’attività di trasformazione delle aree che compongono il territorio comunale, dovendo tali scelte essere esclusivamente funzionali al perseguimento dell’interesse generale volto ad assicurare un ordinato sviluppo dello stesso territorio complessivamente inteso.

30. Pertanto, se l’interesse del privato a trarre utilità economica dalla propria area si pone in contrasto o, comunque, non collima con l’interesse pubblico a dare all’intero territorio comunale una pianificazione appropriata, il primo ben potrà essere sacrificato.

31. Non sono dunque condivisibili le censure che deducono l’illegittimità della scelta di impedire l’insediamento di grandi strutture di vendita in quanto scelta che impedirebbe un adeguato sfruttamento economico dell’area di proprietà della ricorrente.

32. Per quanto concerne poi l’obbligo di bonifica dei siti inquinati - obbligo che grava prioritariamente sul responsabile dell’inquinamento e, in subordine, in capo all’amministrazione comunale (che può poi rivalersi sul proprietario dell’area) - va osservato come esso non sia subordinato alle potenzialità di reddito conseguibili dallo sfruttamento dei suoli, dovendo, se necessario, procedersi in ogni caso alla bonifica anche qualora questa si riveli “antieconomica”.

33. Non è dunque corretta la tesi della ricorrente la quale, come anticipato, prospetta l’impossibilità di bonificare l’area in assenza di regole urbanistiche che garantiscano la redditività dell’intervento.

34. Oltre a ciò, va aggiunto che la ricorrente, al momento di acquisto dell’area, era a conoscenza della sua destinazione funzionale e del fatto che la stessa fosse potenzialmente inquinata giacché, come visto, in loco era in precedenza insediato un grande stabilimento industriale. Per questa ragione, la medesima parte non può ora pretendere di imporre al Comune scelte non in linea con l’interesse generale al fine di consentirle il recupero delle spese di bonifica che si dovranno eventualmente sostenere.

35. Per tutte queste ragioni, si deve escludere che la scelta discrezionale operata dall’Amministrazione sia inficiata da vizi di illogicità concernenti i profili rilevati dalla parte.

36. Va dunque ribadita l’infondatezza delle censure in esame.

37. Con altro gruppo di censure, la ricorrente contesta la scelta di imporre una pianificazione attuativa unitaria per l’ambito in cui ricade la sua area e per gli altri due ambiti in cui ricadono le aree di proprietà di FNM s.p.a., evidenziando che trattasi di aree aventi caratteristiche oggettive completamente differenti ed appartenenti a soggetti aventi diversa natura che perseguono interessi del tutto eterogenei (FNM s.p.a. è una società a quasi totale capitale pubblico). Queste doglianze sono contenute nel motivo rubricato sub 17 dei secondi motivi aggiunti.

38. La censura è infondata per le ragioni di seguito esposte.

39. Come noto, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, gli atti di pianificazione urbanistica non debbono esporre le ragioni che sorreggono le singole scelte effettuate, essendo a tal fine sufficiente il riferimento ai criteri generali seguiti nell’impostazione del piano come risultanti dall’apposita relazione di accompagnamento al piano stesso (cfr., Consiglio di Stato, sez. IV, 7 aprile 2008 n. 1476;
id. 13 marzo 2008 n. 1095;
id. 27 dicembre 2007 n. 6686).

40. Quando però la scelta appare arbitraria è necessario che, perlomeno in sede di giudiziale, l’amministrazione ne illustri le ragioni fondanti in modo da consentire al giudice e, prima ancora, alle parti che si ritengono lese di apprezzarne la coerenza logica.

41. Ciò premesso, si deve ritenere che in assenza di indici che evidenzino un qualche legame fra aree diverse non attigue fra loro, l’amministrazione non possa subordinare la loro trasformazione all’obbligo di presentare un piano attuativo unitario. Tale obbligo, infatti, se non sorretto da adeguate ragioni giustificatrici, si risolve in inutile aggravio procedimentale, che obbliga i diversi soggetti interessati a trovare un accordo e a dare corso in maniera coordinata ad interventi che ben potrebbero essere realizzati disgiuntamente secondo le esigenze e gli interessi di ciascuno.

42. Per sorreggere tale scelta, è dunque necessario che l’amministrazione evidenzi come l’ordinato sviluppo urbanistico del territorio comunale non possa prescindere da uno sviluppo unitario di aree apparentemente slegate fra loro.

43. A questo punto si deve rilevare che i tre ambiti per le quali il PGT del Comune di Saronno prevede una pianificazione attuativa unitaria, oltre ad appartenere a proprietari diversi (una appartiene alla ricorrente e le altre due a FNM s.p.a.) si trovano a non trascurabile distanza l’una dall’altra.

44. Ci si deve pertanto chiedere se, nel caso di specie, l’Amministrazione abbia messo adeguatamente in luce le ragioni che l’hanno indotta ad assumere la decisione avversata.

45. Ritiene il Collegio che al quesito vada data risposta affermativa.

46. Va difatti osservato che, nella relazione illustrativa del documento di piano si è chiarito che i tre ambiti di cui si discute sono stati classificati come “ambiti di trasformazione strategica metropolitana” in quanto accomunati dal fatto di essere attigui alle due stazioni ferroviarie della Città di Saronno.

47. Nella stessa relazione, si è inoltre chiarito (anche se, per la verità, in maniera forse eccessivamente sintetica) che la pianificazione attuativa unitaria per questi tre ambiti si rende necessaria proprio per assicurare che lo sviluppo del territorio derivante dalla loro trasformazione sia armonizzato con lo sviluppo delle due stazioni ferroviarie che insistono sul medesimo territorio cittadino.

48. Va poi osservato che l’Amministrazione si limita ad imporre la sola pianificazione unitaria e non anche l’attuazione unitaria, contemperando così l’esigenza di permetterle l’apprezzamento dell’effettiva previsione di un quadro armonico di sviluppo del territorio con l’esigenza dei proprietari delle aree di non essere assoggettati ad eccessivi vincoli in fase esecutiva.

49. Si deve pertanto ritenere che, nel caso specifico, la scelta di imporre la pianificazione attuativa unitaria per aree diverse e non vicine fra loro sia sufficientemente giustificata e non eccessivamente penalizzante per i proprietari;
ne consegue che tale scelta può resistere al vaglio effettuato da questo giudice e che, quindi, la doglianza in esame non può essere condivisa.

50. Queste censure sono strettamente connesse con quelle rivolte contro la decisione di subordinare la pianificazione attuativa dell’area di proprietà della ricorrente alla stipula di un accordo di programma, ai sensi dell’art. 34 del d.lgs. n. 267 del 2000 e dell’art. 6 della legge regionale n. 2 del 2003, accordo che prevede il coinvolgimento della Regione.

51. La ricorrente, in particolare, deduce che tale decisione sarebbe illogica, in quanto prefigurerebbe la necessità di procedere ad una variante del PGT appena approvato, ed immotivata, in quanto introdurrebbe un aggravio procedimentale non giustificato. Queste censure sono contenute nei motivi sub. 10, 11 e 12 dei primi motivi aggiunti e nel motivo 17 dei secondi motivi aggiunti.

52. La difesa dell’Amministrazione resistente deduce l’inammissibilità di questa censura in quanto, a suo dire, rivolta contro una statuizione priva di portata lesiva.

53. Ritiene il Collegio che questa eccezione sia infondata in quanto la scelta di subordinare l’approvazione di un piano attuativo alla stipula di un accordo di programma che coinvolga un ente diverso da quello competente alla sua approvazione determina un aggravamento del procedimento che incide, oltre che sulla durata del medesimo, anche sulle possibilità di esito favorevole, posto che l’interesse dell’ente coinvolto viene elevato al rango di ulteriore elemento determinante della decisione finale.

54. Nel merito questa censura, per come specificamente formulata, appare infondata atteso che, come rilevato sopra, l’Amministrazione resistente ha chiarito che la trasformazione dell’ambito in cui ricade l’area di proprietà della ricorrente può avvenire solo in un quadro armonico di sviluppo del territorio che non può prescindere dallo sviluppo del servizio ferroviario in termini di potenziamento dei parcheggi di interscambio ed in termini di potenziamento dell’offerta di treni. Appaino dunque evidenti le ragioni sottese alla scelta operata: assicurare il coinvolgimento dell’Ente preposto ad assumere le decisioni in materia di servizio ferroviario.

55. Né si può dire che la decisione avversata prefiguri senz’altro la necessità di introdurre varianti al PGT, posto che, secondo le prospettazioni del Comune, la necessità di potenziamento del servizio ferroviario sussiste anche per il caso in cui si debba dare attuazione alle disposizioni attualmente vigenti.

56. Va dunque ribadita l’infondatezza di questa censura.

57. Con un altro gruppo di censure, la parte contesta il divieto di allocare nell’area di sua proprietà grandi strutture di vendita. In particolare, l’interessata deduce la contrarietà di tale divieto con i principi e le disposizioni contenute nella direttiva 2006/123/CEE (comunemente detta “direttiva Bolkestein”), nel decreto legislativo n. 59 del 2010 (con cui è stata recepita nel nostro ordinamento la suddetta direttiva) e nel decreto legge n. 1 del 2012. Questa censura è contenuta nel motivo rubricato sub 17 dei secondi motivi aggiunti.

58. La doglianza appare fondata per le ragioni di seguito esposte.

59. Secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale, a seguito del recepimento in Italia della direttiva 2006/123/CEE - recepimento effettuato con il decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno) - la localizzazione delle attività economiche sul territorio comunale può essere limitata solo dall’esigenza di tutela di interessi diversi da quelli di tipo economico, quali la tutela dell’ambiente urbano, del paesaggio ecc., interessi che siano dettati esclusivamente da motivi imperativi di carattere generale, nel rispetto dei principi di proporzionalità e ragionevolezza (cfr., fra le tante, T.A.R. Lombardia-Milano, Sez. I, 10 ottobre 2013, n. 2271)

60. Questi principi sono stati ricavati, oltre che direttamente dalle disposizioni contenute nella suddetta direttiva: a) dall’art. 11, comma 1, lett. e) del d.lgs. n. 59 del 2010, il quale stabilisce che l'accesso ad attività di servizi o il suo esercizio non possono essere subordinati a verifiche di <<…natura economica che subordinano il rilascio del titolo autorizzatorio alla prova dell'esistenza di un bisogno economico o di una domanda di mercato, o alla valutazione degli effetti economici potenziali o effettivi dell'attività o alla valutazione dell'adeguatezza dell'attività rispetto agli obiettivi di programmazione economica stabiliti;
tale divieto non concerne i requisiti di programmazione che non perseguono obiettivi economici, ma che sono dettati da motivi imperativi d'interesse generate>>;
b) dall’art. 1, comma 1, lett. b) del decreto legge 24 gennaio 2012, n. 1 (Disposizioni urgenti per la concorrenza, lo sviluppo delle infrastrutture e la competitività), convertito con legge 24 maggio 2012, n. 27, il quale dispone l’abrogazione delle <<…disposizioni di pianificazione e programmazione territoriale o temporale autoritativa con prevalente finalità economica o prevalente contenuto economico, che pongono limiti, programmi e controlli non ragionevoli, ovvero non adeguati ovvero non proporzionati rispetto alle finalità pubbliche dichiarate…>>;
c) dall’art. 31, comma 2, del decreto legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito in legge 22 dicembre 2011, n. 214, che individua quale <<principio generale dell'ordinamento nazionale la libertà di apertura di nuovi esercizi commerciali sul territorio senza contingenti, limiti territoriali o altri vincoli di qualsiasi altra natura, esclusi quelli connessi alla tutela della salute, dei lavoratori, dell'ambiente, ivi incluso l'ambiente urbano, e dei beni culturali>>.

61. Le disposizioni appena citate sono state considerate alla stregua di parametri interposti che hanno indotto la Corte costituzionale a dichiarare costituzionalmente illegittimi l’art. 5, commi 1, 2, 3, 4 e 7, e l’art. 6 della legge della Provincia autonoma di Bolzano 16 marzo 2012, n. 7, perché con essi veniva precluso l'esercizio del commercio al dettaglio in aree a destinazione artigianale e industriale, in assenza di plausibili esigenze di tutela ambientale che potessero giustificare il divieto (sentenza n. 38 del 15 marzo 2013).

62. Sotto altro ma connesso profilo, va poi osservato che il giudice amministrativo è chiamato a verificare la sussistenza dei motivi imperativi di interesse generale sottesi alle limitazioni imposte dagli strumenti urbanistici, onde verificare, attraverso un'analisi degli atti preparatori e delle concrete circostanze di fatto, se effettivamente i divieti imposti possano ritenersi correlati e proporzionati ad effettive esigenze di tutela dell'ambiente urbano o all'ordinato assetto del territorio (cfr. Consiglio di Stato, sez. IV, 7 novembre 2014, n. 5494).

63. In applicazione di questi principi, le amministrazioni devono dunque illustrare, nei propri atti di pianificazione, quali siano gli interessi pubblici generali, non aventi natura economica, che sorreggono il divieto di insediamento delle strutture di vendita sul proprio territorio o su porzioni di esso.

64. Ciò premesso si deve ora osservare che il nuovo di PGT del Comune di Saronno ha introdotto un divieto generalizzato, esteso a tutto il territorio comunale, di insediamento di grandi strutture di vendita.

65. Questa decisione viene spiegata in un passaggio della relazione illustrativa del piano, nella quale si evidenzia l’esistenza di altre grandi strutture di vendita collocate nel territorio cittadino ed in quello dei Comuni confinanti, nonché le ricadute negative in termini di traffico e di inquinamento che la l’insediamento di ulteriori strutture comporterebbe.

66. Al riguardo va però osservato che, a parere del Collegio, il divieto di insediare nuove grandi strutture di vendita sul territorio comunale non può essere giustificato con un generico richiamo alle ricadute in termine di traffico e di inquinamento che tali strutture inevitabilmente comportano, giacché, se fosse sufficiente tale richiamo, le amministrazioni potrebbero sempre imporre il suddetto divieto rendendo praticamente inapplicabili le diposizioni proconcorrenziali dettate dal legislatore comunitario e nazionale.

67. Per fornire adeguata motivazione, le amministrazioni - che intendono imporre il divieto di cui si discute per ragioni di traffico ed inquinamento - devono quindi indicare, con sufficiente precisione, le ragioni per le quali le infrastrutture viarie già presenti sul loro territorio, o di cui è prevista la realizzazione, non sono in grado di assorbire l’aumento di carico urbanistico provocato dall’insediamento di nuove grandi strutture di vendita.

68. Nel caso concreto, il Comune di Saronno - che, come anticipato, ha giustificato il divieto facendo proprio riferimento agli inconvenienti di traffico ed inquinamento - non ha fornito tale puntuale motivazione.

69. Per queste ragioni va ribadita la fondatezza delle censure in esame e, in accoglimento di esse, devono essere annullate le disposizioni, contenute negli atti impugnati, che impediscono l’insediamento di grandi strutture di vendita su tutto il territorio comunale;
salvo ovviamente il potere dell’amministrazione di rideterminarsi in tal senso palesando una più adeguata motivazione.

70. Venendo ora alla domanda risarcitoria, ritiene il Collegio che essa sia infondata per una pluralità di ragioni.

71. Innanzitutto perché la parte non ha fornito alcuna prova dei danni di cui chiede il risarcimento.

72. In secondo luogo, perché i danni lamentati non possono essere imputati al ritardo del Comune, posto che la ricorrente, pur avendo avuto a disposizione ben sei anni di tempo per presentare all’Amministrazione una proposta di piano attuativo, è rimasta sostanzialmente inerte, essendosi essa limitata a presentare solo nell’anno 2011 un’istanza di attivazione di una procedura finalizzata all’approvazione di un accordo di programma in variante all’allora vigente PRG.

73. In terzo luogo, perché le censure accolte - attenendo esse a profili motivazionali - non impediscono all’Amministrazione, in sede di riedizione del potere pianificatorio, di effettuare nuovamente le scelte avversate in questa sede: non è detto pertanto che la ricorrente possa effettivamente conseguire il bene della vita cui è correlata la domanda risarcitoria. Per converso, l’eventuale decisione di dettare regole conformi agli interessi della ricorrente potrebbe elidere del tutto la sussistenza del danno.

74. In conclusione, per le ragioni illustrate, il ricorso deve essere in parte dichiarato improcedibile ed in parte accolto, nei sensi indicati al punto 69. Deve essere respinta la domanda risarcitoria.

75. La notevole complessità delle questioni affrontate induce il Collegio a disporre la compensazione delle spese di giudizio.

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