TAR Bologna, sez. I, sentenza 2019-07-09, n. 201900610

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bologna, sez. I, sentenza 2019-07-09, n. 201900610
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bologna
Numero : 201900610
Data del deposito : 9 luglio 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 09/07/2019

N. 00610/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00581/2013 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 581 del 2013, proposto da
Micamat di M G, in persona della titolare dell’impresa individuale e legale rappresentante, rappresentata e difesa dall'avvocato R M, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. R M, in Bologna, via Santo Stefano n. 16;

contro

Comune di Cesena, in persona del Sindaco p.t., rappresentato e difeso dall'avvocato B G, domiciliato presso la Segreteria TAR, in Bologna, via D'Azeglio, 54;

per l'annullamento

- delle comunicazioni del comune di Cesena alla odierna ricorrente prot. 17503 del 08.03.2013;
prot. 37278 del 21.05.2013;
prot. 50450 del 03.07.2013.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Cesena;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 29 maggio 2019, il dott. U G e uditi, per le parti, i difensori avv. R M e avv. B G;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Riferisce l’odierna ricorrente, titolare di impresa individuale esercente attività di produzione e vendita di alimenti di pronto consumo (piadina romagnola e congeneri), di avere chiesto al comune di Cesena, in data 9/8/2002, un parere preventivo finalizzato alla successiva richiesta di autorizzazione all’apertura di un chiosco in area destinata a parcheggio pubblico per svolgervi la propria attività.

A seguito di successive reiterate modificazioni introdotte al regolamento comunale disciplinante tali strutture di vendita (chioschi) che hanno comportato la progressiva diminuzione delle superfici a tale scopo autorizzate, il Comune ha inviato alla ricorrente, con comunicazione in data 11.12. 2009, l’avviso che l’autorizzazione richiesta per l’apertura del chiosco necessitava di un ulteriore ridimensionamento della struttura, al fine di adeguare le dimensioni del relativo progetto a quelle introdotte con l’ennesima modificazione del Regolamento “chioschi”.

A tale comunicazione comunale che peraltro non conteneva alcun termine perentorio per perfezionare l’adeguamento, la ricorrente non dava riscontro, intendendo verificare la stabilità e la definitività dell’ultima modificazione regolamentare, prima di procedere all’adeguamento progettuale. Solo in data 8/3/2013 il comune di Cesena ha informato la ricorrente di avere archiviato l’istanza di autorizzazione a suo tempo presentata. Successivamente, in data 21/5/2013, il Comune ha ribadito alla ricorrente di avere archiviato la pratica, con comunicazione ulteriormente confermata con nota in data 3/7/2013. Tali atti, consistendo essi, in concreto, nella reiezione dell’istanza di autorizzazione all’apertura del chiosco a suo tempo presentata dalla ricorrente sono da essa ritenuti illegittimi per i seguenti motivi in diritto: eccesso di potere per carenza di motivazione e sviamento, stante l’irritualità dell’archiviazione, dovendo il Comune, a fronte di un’istanza di autorizzazione, procedere o all’accoglimento o al rigetto della stessa. Alla disposta archiviazione è sottesa l’intenzione del Comune di evitare l’esame dell’ultima istanza presentata dalla ricorrente, con conseguente sviamento di potere;
eccesso di potere per illogicità, difetto di presupposto e travisamento, in quanto è illogico procedere alla reiezione dell’istanza, ove il Regolamento comunale che disciplina la materia e gli stessi atti comunali non rilevano né la fissazione né il superamento di termini aventi carattere perentorio, né tanto meno essi comminano la decadenza dell’istanza.

Il comune di Cesena, costituitosi in giudizio, in via preliminare chiede l’inammissibilità o l’irricevibilità dei due motivi di ricorso introdotti dalla parte ricorrente con la comparsa di costituzione di nuovo difensore;
atto non notificato al Comune e comunque contenente nuove censure tardive. Nel merito, l’amministrazione comunale chiede che il ricorso sia respinto, in quanto infondato.

Con ordinanza collegiale in data 12/9/2013 n. 405, questa Sezione ha respinto l’istanza cautelare presentata dalla ricorrente.

Alla pubblica udienza del giorno 29 maggio 2019, la causa è stata chiamata ed è stata quindi trattenuta per la decisione, come indicato nel verbale.


DIRITTO

Il Tribunale deve osservare che il ricorso non merita accoglimento.

Gli atti impugnati – al di là di ogni considerazione sulla qualificazione degli stessi quali atti meramente confermativi di precedente reiezione di istanza di autorizzazione disposta dal Comune in data 8/3/2013 (v. doc. n. 11 della ricorrente) – costituiscono, nella realtà, altrettanti dinieghi di autorizzazione unica – permesso di costruire che risultano motivati sull’incontestabile circostanza che la ricorrente non ha mai dato riscontro alla richiesta di invio di documentazione integrativa formulata dal comune di Cesena in data 11/12/2009, con la conseguenza che – decorsi inutilmente ben tre anni da tale formale richiesta – il Comune ha archiviato l’istanza di autorizzazione unica – permesso di costruire a suo tempo presentata dalla ricorrente per realizza il suddetto chiosco.

E’ evidente che il lungo tempo trascorso tra tale richiesta e il provvedimento impugnato – quale contrassegnato dalla totale inerzia della ricorrente – depone a favore della tesi del sopravvenuto difetto di interesse della ricorrente alla realizzazione del chiosco con le ulteriori restrizioni dimensionali introdotte dalle più recenti modificazioni del “Regolamento comunale chioschi”.

In definitiva, l’operato del Comune, stante l’accertata perdurante inerzia della ricorrente, sfugge ad ogni rilievo di carenza di motivazione, sviamento di potere, mancanza dei presupposti come enunciati dalla ricorrente nell’atto introduttivo del giudizio.

Infine, va rilevata l’inammissibilità delle censure di violazione dell’art. 10 bis L. n. 241 del 1990 e di violazione, da parte del Comune, del principio di leale collaborazione, in quanto introdotte ex novo dalla ricorrente unicamente con la comparsa di costituzione di nuovo difensore, depositata in atti in data 26/1/2017, ma non notificata alla controparte.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.


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