TAR Bari, sez. II, sentenza 2017-08-02, n. 201700895

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Bari, sez. II, sentenza 2017-08-02, n. 201700895
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Bari
Numero : 201700895
Data del deposito : 2 agosto 2017
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 02/08/2017

N. 00895/2017 REG.PROV.COLL.

N. 00227/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 227 del 2016, proposto da:
R L, rappresentato e difeso dall'avvocato G L, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato M P in Bari, via Principe Amedeo, n. 147;

contro

U.T.G. - Prefettura di Foggia, in persona del Prefetto pro tempore , Ministero dell'Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Bari, domiciliataria in Bari, via Melo, n. 97;

per l'annullamento

- del decreto del Prefetto della Provincia di Foggia n. 0001902, datato in uscita 26.1.2016 classifica 36.05, notificato all’interessato in data 31.1.2016, a mezzo notifica eseguita dalla Stazione Carabinieri di Bovino e di ogni altro atto, comunque presupposto, connesso e consequenziale, allorché non ancora conosciuto dal ricorrente;

Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell’U.T.G. - Prefettura di Foggia e del Ministero dell'Interno;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 maggio 2017 la dott.ssa Flavia Risso e uditi per le parti i difensori come da verbale di udienza;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Con il gravame indicato in epigrafe parte ricorrente ha impugnato il decreto con il quale il Prefetto della Provincia di Foggia ha rigettato la sua istanza volta ad ottenere il rinnovo dell’autorizzazione al porto di pistola per difesa personale.

Avverso il provvedimento impugnato il ricorrente ha dedotto l’illegittimità per difetto e carenza di istruttoria, eccesso di potere, insufficiente motivazione e violazione di diritto.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Interno e la Prefettura di Foggia.

Con ordinanza n. 138 del 9.3.2016 (non impugnata) questo Tribunale ha accolto l’istanza cautelare presentata dal ricorrente congiuntamente al ricorso e, per l’effetto, ha sospeso l’efficacia del provvedimento impugnato nei limiti e termini di cui in motivazione, fatte salve ulteriori determinazioni dell’Amministrazione resistente.

In data 29.3.2017 il ricorrente ha depositato in giudizio documentazione dalla quale si evince che, a seguito della suddetta ordinanza cautelare, la Prefettura di Foggia ha comunicato al ricorrente l’avvio dell’istruttoria finalizzata al riesame dell’atto impugnato, ma dagli atti di giudizio non risulta che l’Amministrazione abbia adottato ulteriori atti in merito.

All’udienza pubblica del 23.5.2017 la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. - Parte ricorrente asserisce di essere farmacista e Dirigente a tempo indeterminato del Servizio farmaceutico territoriale della A.S.L./FG, già titolare di porto di pistola per difesa personale e di aver, nel mese di novembre 2014, presentato istanza per il rinnovo annuale dell’autorizzazione di polizia.

Precisa che la motivazione addotta a sostegno della richiesta di rinnovo fosse sostanzialmente identica a quella degli anni precedenti, consistente nella concreta esposizione del ricorrente ad una situazione di oggettiva pericolosità ambientale alla quale egli, in qualità di Dirigente farmacista del Servizio farmaceutico territoriale, era giornalmente sottoposto, quale unico responsabile su tutto il territorio di competenza della A.S.L./FG, del ritiro di sostanze stupefacenti dalle strutture ospedaliere, da farmacie territoriali e da grossisti di sostanze stupefacenti, per lo stoccaggio delle stesse presso gli uffici dell’A.S.L. e per il trasporto, senza scorta delle Forze dell’Ordine, presso l’inceneritore sito in Lecce, a circa 400 chilometri di distanza, per la distruzione della stessa sostanza stupefacente.

Tale incombenza graverebbe su ogni A.S.L. ai sensi del d.P.R. n. 309/1990, specificatamente degli articoli 23, 25 del citato d.P.R. e dall'art. 25 bis , come introdotto dall'art. 10, comma 1, lettera b), della legge n. 38/2010.

Le forze di Polizia, nell'ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili, dovrebbero assicurare adeguata assistenza alle operazioni di distruzione (art. 25 bis, comma 3, del d.P.R. n. 309/1990).

Il ricorrente evidenzia che nella fattispecie in esame, il Ministero della Salute ha sempre formalmente richiesto l'ausilio delle forze dell'ordine per le distruzioni di stupefacenti autorizzate nella Provincia di Foggia, comunicando direttamente al Nucleo Carabinieri NAS di competenza territoriale le autorizzazioni concesse ma che ciò nonostante, dalla pubblicazione della legge n. 38/2010 ad oggi, la Prefettura di Foggia, contrariamente ad altre realtà territoriali e nonostante le richieste di assistenza alle operazioni di distruzione inviate dal Ministero della Salute, ha ignorato l’oggettiva pericolosità dell'esposizione ad un alto rischio per il funzionario della A.S.L. che effettua tale servizio, non predisponendo alcun servizio di scorta da parte delle Forze dell'Ordine a sicurezza dell'incolumità del ricorrente.

Il deducente afferma che la collaborazione delle forze di polizia è limitata alla sola "distruzione testimoniata" da parte del Nucleo Carabinieri del N.A.S. della territoriale di Lecce, ove ha sede l'inceneritore autorizzato allo smaltimento degli stupefacenti, che assistono alla distruzione.

Precisa poi che le sostanze affidate in sua custodia dai diversi detentori autorizzati, sono fisicamente ritirate all'atto dell'affido, per permetterne il discarico dal registro di entrata-uscita degli stupefacenti, trasportate e detenute presso il proprio ufficio, fin quando non viene raggiunto il quantitativo sufficiente a giustificare l'accensione ad hoc del forno inceneritore di circa cento chilogrammi di prodotto.

Il dott. R L afferma di provvedere a trasportare gli stupefacenti, nella data concordata con l'inceneritore, dalla sede A.S.L., ove sono stoccati, alla sede dell'inceneritore per la distruzione;
questa è la fase più delicata della procedura, poiché sono movimentati quantitativi di stupefacenti molto elevati, mediamente ritirati da circa una ventina di strutture per ogni procedura di distruzione.

Nella Regione Puglia, inoltre, esisterebbe un solo termovalorizzatore autorizzato alla distruzione degli stupefacenti: la ditta Biosud di Lecce, che dista circa 400 km di percorso solo in parte autostradale.

Il ricorrente asserisce che la natura dei prodotti e il valore che essi potrebbero assumere nel caso fossero riciclati sul mercato delle tossicodipendenze di tutti i generi sono tali da legittimare una rapina ai danni dello stesso e configurano un reale pericolo per l'incolumità personale di chi è addetto al loro smaltimento.

L’interessato conclude osservando che la possibilità di subire atti criminosi nello svolgimento di attività cui lo stesso è obbligato, è concreta, attuale ed elevata e che la lontananza dell'inceneritore e la necessità di ottimizzare le operazioni di raccolta e distruzione a così grande distanza sono alla base della richiesta di rinnovo del porto d'armi per difesa personale.

Il dott. L, per completezza, precisa che le tipologie di stupefacenti ritirate per la distruzione riguardano quasi tutte sostanze inserite nella Tabella V del D.L. n. 36 del 20.3.2014, quali prodotti a base di sostanze oppiacee (morfina, buprenorfina, metadone, ketamina, fentanil, etc), prodotti vegetali a base di Cannabis, barbiturici e benzodiazepine, altre sostanze sottoposte ad obbligo di registrazione (steroidi anabolizzanti).

Evidenzia, infine, che proprio su tali considerazioni di una concreta e reale esposizione del dott. L ad una soggettiva ed oggettiva pericolosità ambientale, non meno di un anno fa, lo stesso Prefetto di Foggia aveva ritenuto di rinnovare al dott. L il porto di pistola per difesa personale e che non era intervenuto alcun quid novi che potesse aver modificato le condizioni oggettive e soggettive in base alle quali la stessa Prefettura (che, con il provvedimento impugnato, ha rigettato l’istanza di rinnovo) aveva ritenuto di rilasciare l'autorizzazione di polizia.

2. – Il ricorrente, tra l’altro, deduce l’illegittimità del diniego impugnato sotto il profilo del difetto di motivazione (tenendo anche conto che nulla sarebbe cambiato rispetto al passato) e della mancata valutazione della sussistenza in capo al ricorrente degli elementi soggettivi ed oggettivi necessari per il rinnovo del porto d’armi, con riferimento alla oggettiva situazione di pericolosità ambientale cui lo stesso sarebbe esposto giornalmente per motivi professionali, anche tenuto conto della tipologia e della quantità degli stupefacenti trasportati.

Il deducente sostiene che il Prefetto di Foggia, nel motivare il suo diniego, sarebbe incorso in una serie di illazioni, incongruenze ed imprecisioni;
in particolare, i farmaci scaduti non sarebbero privi di efficacia e le note della Direzione sanitaria dell’A.S.L. di Foggia chiarirebbero esplicitamente che le attività inerenti il ritiro, il trasporto e la distruzione delle sostanze de quibus sono mansioni affidate al ricorrente.

3. – Il Collegio osserva che il provvedimento di rigetto impugnato, tra l’altro, recita: “ Ritenuto che l'istruttoria non abbia evidenziato particolari situazioni da cui si possano dedurre in capo all'interessato effettive e reali esigenze di tutela personale e quindi l'attuale "bisogno di andare armato", che costituisce la condizione oggettiva per il rilascio dell'autorizzazione di polizia ex art. 42 TULPS;
trattandosi di sostanze scadute e non essendo stato comprovato che l'istante provvede personalmente al trasporto di dette sostanze;
che, qualora l'interessato provveda effettivamente al trasporto di dette sostanze e l’esigenza di andare armato sia conseguente, pertanto, alla necessità di prevenire e contrastare atti criminosi, pur trattandosi di sostanze scadute, si concretizzerebbe l'esercizio di una attività di scorta non autorizzata, con conseguente esposizione a pericoli per la sicurezza pubblica
”. Il Collegio osserva altresì che le modalità di ritiro e distruzione delle predette sostanze sono disciplinate dall’art. 25 bis del d.P.R. n. 309/1990 che così recita: “

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