TAR Napoli, sez. II, sentenza 2011-09-09, n. 201104365

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Napoli, sez. II, sentenza 2011-09-09, n. 201104365
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Napoli
Numero : 201104365
Data del deposito : 9 settembre 2011
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 01442/2010 REG.RIC.

N. 04365/2011 REG.PROV.COLL.

N. 01442/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso n. 1442/10 R.G, proposto da:
T M, rappresentato e difeso dall'avvocato G B, con domicilio eletto presso lo stesso in Napoli, piazza Bovio, 8 presso lo studio Ricciardelli;

contro

Comune di San Gennaro Vesuviano, in persona del Sindaco p.t. rappresentato e difeso dall'avvocato Mario D'Urso, con domicilio eletto presso Rosa Leggio in Napoli, via Monteoliveto n. 86;

per l'annullamento

del provvedimento n. 16163 del 28/12/2009 notificato il 29/12/2009 di diniego in via di autotutela del permesso di costruire n. 5/09.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di San Gennaro Vesuviano;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Data per letta nell'udienza pubblica del giorno 14 luglio 2011 la relazione del consigliere Paolo Corciulo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Nel 2008 il signor T M acquistava nel territorio del Comune di San Gennaro Vesuviano, alla via Gorga, in zona B2 del PRG – parzialmente edificata ad intervento diretto - un’ampia area di terreno su cui insistevano alcuni immobili, tra cui un fabbricato di due piani, ciascuno dei quali di 200 mq di superficie, adibito ad uso ufficio, edificio che versava in condizioni fatiscenti.

In data 29 ottobre 2008 il Comune rilasciava al signor M il permesso di costruire n. 5 per il mutamento di destinazione d’uso del predetto immobile da ufficio a residenziale, nonché per l’ampliamento del 10% della superficie originaria, ai sensi dell’art. 27 delle N.T.A. del P.R.G. secondo cui “per le costruzioni esistenti, in carenza di requisiti igienici, è consentita la realizzazione di volumi aggiuntivi non superiori al 10% dei volumi esistenti per integrazione di servizi e impianti tecnologici”.

In data 2 luglio 2009, a circa un mese dall’inizio dei lavori, personale della Polizia Municipale ed un tecnico esterno all’Amministrazione, eseguivano un sopralluogo, i cui esiti costituivano fondamento per la determinazione di sospensione delle opere n. 814/09 del 6 luglio 2009, provvedimento in seguito annullato con sentenza di questa Sezione del 30 settembre 2009 n. 5128.

Mentre la Procura della Repubblica di Nola dava inizio ad un’indagine relativa alla liceità del permesso di costruire n. 5 del 29 ottobre 2008, in data 3 novembre 2009 il Comune di San Gennaro Vesuviano, con nota n. 14382, comunicava al signor T M l’avvio del procedimento di autotutela volto all’annullamento del citato titolo abilitativo;
le ragioni del ricorso all’autotutela erano la mancanza di opere di urbanizzazione primaria, ai sensi dell’art. 12, comma secondo del d.p.r. 6 giugno 2001 n. 380, nonché la “assenza dei presupposti di cui all’art. 5 delle N.T.A. in quanto l’aumento del carico urbanistico, dovuto all’ampliamento del fabbricato esistente, non è motivato dalla carenza di requisiti igienici”;
in terzo luogo, si evidenziava che “l’incremento volumetrico e planimetrico assentito costituisce un aggravio del carico urbanistico, in quanto non contenuto nei limiti di utilizzazione fondiaria previsto per la Zona B del vigente P.R.G.”

Ricevute le controdeduzioni con nota n. 14862 del 16 novembre 2009, in cui il signor M chiedeva all’Amministrazione di compiere un ulteriore sopralluogo prima di adottare qualsiasi determinazione finale, ritenendo tale accertamento indipendente dalle ragioni specificate nella comunicazione di avvio del procedimento, con determinazione n. 16163 del 28 dicembre 2009 il Comune di San Gennaro Vesuviano annullava il permesso di costruire n. 5 del 29 ottobre 2008.

Avverso tale provvedimento ha proposito ricorso a questo Tribunale Amministrativo Regionale il signor T M chiedendone l’annullamento, oltre al risarcimento dei danni.

Con il primo motivo il ricorrente ha lamentato la mancata indicazione nel provvedimento impugnato di un interesse pubblico specifico all’annullamento, così come l’assenza di qualsiasi profilo di comparazione con l’interesse del proprietario che aveva ultimato le opere assentite ed ormai abitava nell’edificio;
in realtà, prospettandosi in tal senso un’ipotesi di sviamento, la vera ragione del ricorso all’autotutela sarebbe stata da ravvisarsi piuttosto nell’indagine in corso da parte della Procura di Nola nei confronti di tutti i dirigenti che si erano succeduti nell’Ufficio Tecnico comunale.

Con la seconda censura è stato dedotto un profilo di carenza di istruttoria, atteso che il sopralluogo del 4 luglio 2009 era stato compiuto da un tecnico estraneo all’organizzazione amministrativa del Comune di San Gennaro Vesuviano, oltre che in base ad una mera richiesta di accesso agli atti da parte del consulente tecnico della Procura della Repubblica di Nola.

Mentre con il terzo motivo è stato evidenziato come nel provvedimento impugnato non fosse stato indicato quali specifiche opere di urbanizzazione primaria fossero assenti nell’area interessata dalla realizzazione delle opere, con il quarto si evidenziava come queste fossero invece ben presenti.

Con la quinta censura il ricorrente ha evidenziato che l’ampliamento di volumetria al primo piano era giustificato dalla totale mancanza di servizi igienici, circostanza risultante dalla relazione e dai grafici di progetto da cui si evinceva, tra l’altro, la condizione di totale fatiscenza dell’intero edificio.

Con il sesto motivo è stato dedotto un profilo di carenza di motivazione, dal momento che nel provvedimento impugnato non è specificato, a proposito della terza ragione di annullamento, quale fosse la reale consistenza dell’intervento planovolumetrico di ampliamento, quale l’eccedenza riscontrata e quali i criteri di rilevazione della stessa.

Infine, è stato dedotto che l’Amministrazione nell’esercitare il potere di autotutela avrebbe dovuto colpire solo la porzione eccedente i volumi consentiti e quindi, a fortiori, avrebbe dovuto verificare quale parte delle opere fosse stata realizzata realmente in esubero rispetto agli indici di fabbricabilità di zona.

Si è costituito in giudizio il Comune di San Gennaro Vesuviano concludendo per il rigetto del ricorso.

All’udienza pubblica del 14 luglio 2011, in vista della quale sono state depositate memorie conclusionali, la causa è stata trattenuta per la decisione.

Il ricorso non è meritevole di accoglimento.

Va innanzitutto respinto il primo motivo, dal momento che alla data del 6 luglio 2009, giorno di adozione dell’ordine di sospensione del lavori de quibus – atto annullato con sentenza di questa Sezione del 30 settembre 2009 n. 5128 per sole ragioni di incompetenza – il ricorrente era già venuto a conoscenza dell’esistenza da parte dell’Amministrazione resistente di ragioni di perplessità in ordine alla legittimità del permesso di costruire n. 5 del 29 ottobre 2008, essendosi inoltre il Comune attivato in tal senso, come risulta dalla stessa narrativa dell’epigrafato ricorso, dopo appena un mese dall’inizio dei lavori;
inoltre, tra tali vicende e l’avvio del procedimento di autotutela sono trascorsi appena quattro mesi (ottobre 2009), per cui nessun legittimo affidamento può ritenersi maturato in capo al M ratione temporis. Inoltre, il contenuto del progetto presentato per l’ottenimento del permesso di costruire poi annullato conteneva alcune inesattezze ed imprecisioni in ordine allo stato dei luoghi preesistente, per cui il legittimo affidamento sulla conservazione del titolo abilitativo risulta inconfigurabile anche sotto questo profilo;
nè pregio ha la prospettazione di un’ipotesi di eccesso di potere per sviamento, attesa la mancata allegazione di sufficienti elementi probatori in tal senso da parte del ricorrente.

Va poi respinta la seconda censura, atteso che è ben possibile per l’amministrazione acquisire in seno al procedimento elementi istruttori anche provenienti da fonti esterne rispetto al proprio apparato organizzativo, essendo ogni necessaria valutazione al riguardo da circoscriversi alla sola attendibilità di queste, nonchè alla veridicità intrinseca degli elementi di fatto acquisiti.

Passando all’esame dei vizi concernenti la motivazione dell’impugnato provvedimento di autotutela, con riferimento al quinto motivo, rileva il Collegio che dagli stessi grafici di progetto allegati alla richiesta di rilascio del titolo abilitativo risulta l’insussistenza delle condizioni di applicabilità del più favorevole regime di cui all’art. 27delle N.T.A., disposizione secondo la quale “per le costruzioni esistenti, in carenza di requisiti igienici, è consentita la realizzazione di volumi aggiuntivi non superiori al 10% dei volumi esistenti per integrazione di servizi e impianti tecnologici”.

Al riguardo, dai predetti grafici risulta che al primo piano dell’edificio – l’unico ad essere interessato da opere, secondo quanto riferito dal ricorrente – già esistevano tre bagni;
ne discende che correttamente il Comune ha ritenuto non applicabile l’art. 27 delle N.T.A. nella parte in cui consente un ampliamento fino al 10% della volumetria esistente per integrare servizi per carenze igieniche;
infatti, tale ipotesi, da ritenersi di carattere eccezionale, ricorre solo ove l’aumento di volumetria si riveli necessario;
nel caso in esame, invece, i bagni già c’erano, né emerge una ragione particolare tale da giustificare l’esigenza di maggiori spazi rispetto a quelli originariamente dedicati;
d’altronde, il fatto che fosse tutto in condizioni fatiscenti non autorizzava un aumento di volumetria;
ne consegue che i 65 mq cui fa riferimento il ricorrente per la realizzazione dei bagni (pag. 5 del ricorso) vanno considerati come nuova costruzione, come tale soggetta ai limiti di cui all’art. 27 delle N.T.A., tra cui il lotto minimo della Zona B2 che è di 500 mq, quindi superiore alla superficie di 476 mq dell’area su cui sorge l’edificio.

Va aggiunto che il mancato rispetto del lotto minimo, secondo quanto stabilito dall’ultimo comma dell’art. 27 delle NTA, impedisce la realizzazione dell’intero intervento assentito – anche del cambio di destinazione d’uso – da qualificarsi come ristrutturazione edilizia con aumento di volume per il quale è prevista comunque l’osservanza di tale rapporto di proporzione territoriale.

A seguito delle considerazioni che precedono, deve dichiararsi l’inammissibilità per carenza di interesse della terza, quarta, sesta e settima censura, tutte relative a questioni la cui fondatezza non consentirebbe comunque al ricorrente di ottenere il ripristino del titolo abilitativo annullato, ferma restando la violazione del lotto minimo.

In considerazione dell’infondatezza del ricorso va respinta la domanda risarcitoria.

Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese processuali.

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