TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2021-10-18, n. 202110605

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3Q, sentenza 2021-10-18, n. 202110605
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202110605
Data del deposito : 18 ottobre 2021
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 18/10/2021

N. 10605/2021 REG.PROV.COLL.

N. 04285/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Quater)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4285 del 2021, proposto da
Associazione Avvocati I.N.A.I.L., aderente alla Federazione Legali Enti Parastatali - F.L.E.P.A.R., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato R C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale Liegi 35b;

contro

I, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Riccardo D'Alia, L D, D M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

per l'annullamento

- della nota INAIL del 10.3.2021, priva di numero di protocollo, con la quale è stato opposto un parziale diniego alla richiesta di accesso agli atti del 24.2.2021 avanzata dalla Associazione degli Avvocati dell'Istituto Nazionale per la Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro – INAIL ai sensi della l. n. 241/1990 e dell'art. 5, co. 2, d.lgs. n. 33/2013, al fine di ottenere “il dato aggregato costituto del numero degli iscritti di ogni Organizzazione rappresentativa dell'Area Funzioni Centrali titolari di incarico di coordinamento Generale, Centrale, Regionale e Distrettuale e di quelli che abbiano conseguito il secondo livello differenziato di professionalità”;

- della nota INAIL prot. n. 4380 del 18.3.2021 con la quale, a seguito della nota dell'11.3.2021 avanzata dalla Associazione degli Avvocati dell'Istituto Nazionale per la Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro – INAIL, è stato confermato, sia pure sulla scorta di una diversa motivazione, il diniego parziale già opposto alla predetta richiesta di accesso del 24.2.2021;

nonché per l'accertamento del diritto della Associazione degli Avvocati dell'Istituto Nazionale per la Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro – INAIL ad accedere, anche ai sensi dell'art. 22 e ss. l. n. 241/90 e dell'art. 5 d.lgs. n. 33/2013, ai predetti documenti mediante visione ed estrazione di copia.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di I;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 12 ottobre 2021 il dott. Dauno Trebastoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

L’Associazione degli Avvocati dell’INAIL è un’associazione apolitica, a carattere sindacale, che non persegue fini di lucro, aderente alla F.L.E.PAR. - Federazione Legali Enti del Parastato.

Detta associazione, in particolare, “persegue la tutela degli interessi giuridici, morali ed economici, nonché della funzione, professionalità, dignità e autonomia degli appartenenti al ramo legale dell’I.N.A.I.L. ed in generale degli avvocati, dei professionisti e dei dirigenti degli Enti Previdenziali” (art. 2 del relativo Statuto).

In tale veste, con nota del 24.02.2021 l’Associazione ricorrente ha presentato all’INAIL richiesta di accesso, ai sensi della l. n. 241/90 e dell’art. 5, comma 2, del d.lgs. 33/2013, chiedendo:

- “al fine di poter valutare la rappresentatività relativa di ciascuna OO.SS., di conoscere il numero di iscritti dell’Area Funzioni Centrali di ogni Organizzazione rappresentativa nella predetta area, distinti per sezione (dirigenti, medici e professionisti)”;

- “al fine di consentire alla scrivente tutte le necessarie ricognizioni e verifiche in ordine agli effetti dell’azione delle singole Organizzazioni sindacali ed anche allo scopo di escludere qualsivoglia profilo discriminatorio e/o di turbativa, diretta o indiretta, in danno della scrivente Organizzazione Sindacale e/o degli iscritti alla stessa, di fornire il dato aggregato costituito dal numero degli iscritti di ogni Organizzazione rappresentativa dell’Area Funzioni Centrali titolari di incarico di coordinamento Generale, Centrale, Regionale e Distrettuale e di quelli che abbiano conseguito il secondo livello differenziato di professionalità”.

Con nota del 10.03.2021 l’I ha trasmesso alla richiedente “l’allegato prospetto in cui è riportato per categoria di personale (dirigenti, medici e professionisti) e per sigla sindacale il numero complessivo di deleghe attive al 1° gennaio 2021”.

Tuttavia, per quanto concerne il dato relativo agli iscritti distinti per incarico di coordinamento, l’Istituto ha opposto diniego, evidenziando che “l’iscrizione a sigle sindacali da parte dei dipendenti dell’Istituto costituisce un dato “riservato” tutelato dalla normativa in materia di privacy (d.lgs. 196/03 e s.m.i., Codice in materia di protezione dei dati personali) e, pur avendo la richiesta in esame a oggetto un dato aggregato, privo dei nominativi dei dipendenti, per alcuni tipi di incarichi (es. di coordinamento generale) è possibile risalire al nominativo del dipendente incaricato”.

Con nota dell’11.03.2021 l’Associazione ha rappresentato all’I che la richiesta di accesso riguardava anche i dati aggregati relativi al numero degli iscritti di ogni Organizzazione rappresentativa dell’Area Funzioni Centrali con incarico di Coordinamento Centrale, Regionale e Distrettuale e al numero dei professionisti iscritti di ogni Organizzazione rappresentativa dell’Area Funzioni Centrali che abbiano conseguito il secondo livello differenziato di professionalità;
e ha pertanto richiesto all’Istituto di esplicitare quantomeno le motivazioni del rifiuto all’accesso agli stessi.

Con nota n. 4380 del 18.03.2021 l’I, nel richiamare la precedente nota del 10.03.2021, ha ribadito il diniego all’accesso, limitandosi ad evidenziare che “le richieste di accesso agli atti dell’Amministrazione è consentita alle organizzazioni sindacali soltanto nei casi in cui le stesse siano fondate su di un interesse diretto, concreto e attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, riguardante le prerogative del sindacato e/o le posizioni di lavoro di singoli iscritti e non si traduca in forme di preventivo controllo dell’attività dell’Amministrazione datrice di lavoro, in quanto diretta a verificare se la procedura di conferimento degli incarichi/livelli sia o meno legittimamente e correttamente svolta, che non sono demandate alle organizzazioni sindacali”.

L’Associazione ha pertanto proposto il ricorso in esame, chiedendo a questo Tribunale di “annullare in parte qua i provvedimenti impugnati e, comunque, accertare il diritto della Associazione ricorrente ad accedere, mediante presa visione ed estrazione di copia, anche ai sensi dell’art. 22 e ss. l. n. 241/90 ovvero comunque ai sensi dell’art. 5 d.lgs. n.33/2013, al “dato aggregato costituto del numero degli iscritti di ogni Organizzazione rappresentativa dell’Area Funzioni Centrali titolari di incarico di coordinamento Generale, Centrale, Regionale e Distrettuale e di quelli che abbiano conseguito il secondo livello differenziato di professionalità”, oggetto della richiesta formulata con nota del 24.02.2021,condannando in tal senso l’INAIL alla relativa ostensione”.

All’udienza camerale del 12.10.2021 il ricorso è stato posto in decisione.

Il ricorso è fondato, e va pertanto accolto.

Il D.Lgs. 14/03/2013 n. 33, di “riordino della disciplina riguardante il diritto di accesso civico e gli obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazioni da parte delle pubbliche amministrazioni”, nel disciplinare, all’art. 5, “accesso civico a dati e documenti”, prevede quanto segue:

“1. L'obbligo previsto dalla normativa vigente in capo alle pubbliche amministrazioni di pubblicare documenti, informazioni o dati comporta il diritto di chiunque di richiedere i medesimi, nei casi in cui sia stata omessa la loro pubblicazione.

2. Allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico, chiunque ha diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni, ulteriori rispetto a quelli oggetto di pubblicazione ai sensi del presente decreto, nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis”.

Al contrario di quanto previsto dall’art. 22 della L. 241/90, il comma 3 del citato art. 5 del D.Lgs. 14/03/2013 n. 33 prevede che “l’esercizio del diritto di cui ai commi 1 e 2 non è sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente. L'istanza di accesso civico identifica i dati, le informazioni o i documenti richiesti e non richiede motivazione. (…)”.

Pertanto, poiché la richiesta di accesso è stata presentata anche ai sensi del D.Lgs. n. 33/2013, nel caso un problema di legittimazione non si pone.

Come previsto per il diritto di accesso “classico”, disciplinato dalla L. 241/90, il comma 6 dell’art. 5 citato chiarisce che “il procedimento di accesso civico deve concludersi con provvedimento espresso e motivato nel termine di trenta giorni dalla presentazione dell'istanza…”, e che “il rifiuto, il differimento e la limitazione dell'accesso devono essere motivati con riferimento ai casi e ai limiti stabiliti dall'articolo 5-bis”.

E secondo il comma 11, “restano fermi gli obblighi di pubblicazione previsti dal Capo II, nonché le diverse forme di accesso degli interessati previste dal Capo V della legge 7 agosto 1990, n. 241”.

Disposizione, questa, che conduce la giurisprudenza consolidata e uniforme del Consiglio di Stato alla conclusione di ammettere il concorso degli accessi, perché "nulla infatti, nell'ordinamento, preclude il cumulo anche contestuale di differenti istanze di accesso" (cfr., ex multis, Cons. St., sez. V, 2 agosto 2019 n. 5503).

E il comma 7 del citato art. 5 prevede che “avverso la decisione dell'amministrazione competente…il richiedente può proporre ricorso al Tribunale amministrativo regionale ai sensi dell'articolo 116 del Codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104”.

E infatti, il citato art. 116, ai commi 1 e 4, disciplina il ricorso non solo “contro le determinazioni e contro il silenzio” mantenuto sulle (vere e proprie) “istanze di accesso ai documenti amministrativi”, ma anche “per la tutela del diritto di accesso civico connessa all’inadempimento degli obblighi di trasparenza”, prevedendo che (per entrambe le fattispecie) “il giudice decide con sentenza in forma semplificata;
sussistendone i presupposti, ordina l'esibizione e, ove previsto, la pubblicazione dei documenti richiesti, entro un termine non superiore, di norma, a trenta giorni, dettando, ove occorra, le relative modalità”.

Quindi, dal punto di vista della tutela ottenibile, che si tratti di diritto di accesso c.d. “civico”, disciplinato dal D.Lgs. n. 33/2013, o invece del classico diritto di accesso, disciplinato dalla L. n. 241/90, non cambia nulla, ponendosi solo il problema, nel caso in cui si tratti di questo secondo tipo di diritto di accesso, della legittimazione a richiedere, e della motivazione della relativa richiesta.

Tuttavia, il citato art. 5 del D.Lgs. n. 33/2013, prevede sì che il “diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni” debba avvenire “nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti”, ma “secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis”.

E tale disposizione, che disciplina proprio “esclusioni e limiti all'accesso civico”, specifica che:

1. “L'accesso civico di cui all'articolo 5, comma 2, è rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno degli interessi pubblici inerenti a:

a) la sicurezza pubblica e l'ordine pubblico;

b) la sicurezza nazionale;

c) la difesa e le questioni militari;

d) le relazioni internazionali;

e) la politica e la stabilità finanziaria ed economica dello Stato;

f) la conduzione di indagini sui reati e il loro perseguimento;

g) il regolare svolgimento di attività ispettive”;

2. “L'accesso di cui all'articolo 5, comma 2, è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati:

a) la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia;

b) la libertà e la segretezza della corrispondenza;

c) gli interessi economici e commerciali di una persona fisica o giuridica, ivi compresi la proprietà intellettuale, il diritto d'autore e i segreti commerciali”.

Quindi, escluso un problema di legittimazione, nonché di interesse attuale e concreto, come invece sostenuto dall’INAIL (perché l’accesso ai sensi del D.Lgs. n. 33/2013 può essere chiesto da “chiunque”, senza alcuna motivazione), resta da accertare se i documenti chiesti non rientrino per caso tra quelli che l’Amministrazione può invece negare.

Da questo punto di vista, il caso di specie può, astrattamente, rientrare solo nella fattispecie di cui alla lett. a) del comma 2 del citato art.

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