TAR Torino, sez. I, sentenza 2019-08-14, n. 201900950

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. I, sentenza 2019-08-14, n. 201900950
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 201900950
Data del deposito : 14 agosto 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 14/08/2019

N. 00950/2019 REG.PROV.COLL.

N. 00156/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 156 del 2019, proposto da
-O-, rappresentato e difeso dall’avvocato A M, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliataria in Torino, via dell’Arsenale, 21;

per l'annullamento

della determinazione del 17 dicembre 2018 del Ministero della Difesa - Direzione Generale per il Personale -O-, prot. n. MDGMIL -O-, avente ad oggetto l’irrogazione all’odierno ricorrente della sanzione della perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari, con conseguente cessazione dal servizio permanente e sua iscrizione, d’ufficio, nel ruolo dei militari di truppa dell’esercito italiano;

di tutti gli atti preordinati, consequenziali o comunque connessi:

- della nota 10 febbraio 2018, prot. n. 61/1 del Comando Provinciale dei Carabinieri -O-;

- della nota 2 marzo 2018, prot. n. 33611-1-2018-sp del Comando Provinciale dei Carabinieri -O-;

- della nota 15 marzo 2018, prot. n. 539/2/D del Comando Legione Carabinieri -O-;

- della nota 24 maggio 2018, prot. n. 539/5 del Comandante della Legione Carabinieri -O-;

- della nota -O- del Comandante della Compagnia -O-;

- della relazione 6 agosto 2018, prot. n. 219/26-2018 del Comandante della Compagnia -O-;

- della nota del Comandante della Legione Carabinieri -O- 17 agosto 2018, prot. n. 539/15;

- degli atti di nomina dei componenti della Commissione di Disciplina;

- del verbale della seduta del 25 settembre 2018;

- della nota del 24 dicembre 2018 del Comando Legione Carabinieri -O-;


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell’udienza pubblica del giorno 10 luglio 2019 il dott. S P e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

Con nota n. 336/11-1-2018-SP del 2 marzo 2018, il Comandante provinciale dei Carabinieri -O- comunicava all’Autorità superiore che, da intercettazioni di dialoghi di soggetti indiziati di reato nell’ambito di un’indagine condotta dal Nucleo Investigativo Carabinieri -O- (relativa all’omicidio, avvenuto il -O-, di -O-, vittima di -O-da parte di un gruppo criminale originario -O-), erano emersi plurimi riferimenti a favori e informazioni che essi avrebbero potuto ottenere dall’-O-dei Carabinieri -O-.

Dall’istruttoria è poi emerso che il -O-, all’epoca dei fatti in servizio presso il Nucleo -O- della Compagnia Carabinieri -O-:

− in data -O-, a richiesta di un soggetto pregiudicato, si rendeva disponibile a controllare la targa di un’autovettura, per finalità estranee ai doveri e compiti istituzionali;

− in data -O-, discuteva con due pregiudicati in ordine all’opportunità di consumare un furto ai danni di un distributore di carburante, svuotando la “cassa contanti” e utilizzando, in altro contesto, specifiche modalità di effrazione del tipo “spaccata”, mostrando loro un video esemplificativo;

− in data antecedente e prossima al -O-, rivelava ad un soggetto pregiudicato le modalità con cui rallentare le tempistiche d’azione degli agenti di pronto intervento “112”, riferendo della presenza di una sola pattuglia nel territorio di interesse, nonché dell’orario di fine servizio notturno (00.00/06.00) e la continuità di questo con l’inizio del turno successivo (06.00/12.00), suggerendo altresì di inoltrare falsa richiesta di intervento alla Centrale operativa del pronto intervento unificato del “112”, in modo da impegnare l’unica pattuglia nel luogo più lontano rispetto a quello in cui si sarebbe dovuto perpetrare il furto.

In merito ai suddetti fatti, il Comandante della Legione Carabinieri “-O-” ordinava l’inchiesta formale ed in seguito, acquisita la relazione finale redatta dall’ufficiale inquirente, deferiva l’incolpato al giudizio della Commissione di disciplina la quale, nella seduta del 25 settembre 2018, lo riteneva “non meritevole di conservare il grado”.

Conseguentemente, la Direzione Generale per il Personale -O-, con determinazione del 17 dicembre 2018, disponeva nei riguardi di -O- la perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari.

Il ricorrente ne chiede l’annullamento, deducendo motivi così riassumibili:

1) violazione dell’art. 103 del d.P.R. n. 3 del 1957, violazione degli artt. 1357, 1362, 1392 e 1393 del d.lgs. n. 66 del 2010, violazione degli artt. 1040 e 1041 del d.P.R. n. 90 del 2010 ed eccesso di potere sotto molteplici profili, in relazione alla violazione dei termini perentori per la contestazione degli addebiti e per la conclusione del procedimento disciplinare;

2) violazione degli artt. 861, 867, 1357 e 1393 del d.lgs. n. 66 del 2010, violazione dell’art. 270 cod. proc. pen. ed eccesso di potere sotto molteplici profili, in relazione all’utilizzo di intercettazioni effettuate nell’ambito di un procedimento penale al quale l’incolpato è rimasto estraneo, sull’erroneo presupposto che per i fatti contestati egli sia stato già penalmente sanzionato;

3) violazione degli artt. 861, 867, 1357 e 1393 del d.lgs. n. 66 del 2010, violazione dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990, violazione del principio di proporzionalità ed eccesso di potere sotto molteplici profili, in relazione all’irrogazione della più grave sanzione delle destituzione, alla carenza di prova sui fatti contestati, alla carenza di motivazione sulle osservazioni presentate dall’incolpato.

Si è costituito il Ministero della Difesa, depositando documenti e chiedendo il rigetto dell’impugnativa.

L’istanza cautelare è stata respinta, con ordinanza di questa Sezione n. 111 del 21 marzo 2019.

Alla pubblica udienza del 10 luglio 2019 la causa è passata in decisione.

DIRITTO

Il primo motivo, con cui il ricorrente lamenta la violazione dei termini normativamente previsti per la contestazione degli addebiti e per la conclusione del procedimento disciplinare, è manifestamente infondato.

Come già rilevato dalla Sezione nella fase cautelare, le intercettazioni telefoniche erano verosimilmente coperte da segreto, nella fase delle indagini preliminari a carico di soggetti terzi.

Soltanto in seguito alla comunicazione del 2 marzo 2018 del Comandante provinciale dei Carabinieri -O-, l’Autorità procedente ha avuto compiuta conoscenza dei fatti e delle condotte di rilievo disciplinare attribuite all’odierno ricorrente, risalenti agli anni -O-.

L’indagine preliminare interna è stata avviata con la nota -O-, del Comando Legione Carabinieri “-O-”.

La contestazione degli addebiti è stata tempestivamente effettuata con la nota del -O-, del Comandante della Compagnia -O-.

L’art. 1392, comma 2, del d.lgs. n. 66 del 2010 prevede che "il procedimento disciplinare di stato a seguito di infrazione disciplinare deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all'incolpato, entro 60 giorni dalla conclusione degli accertamenti preliminari, espletati dall'autorità competente, nei termini previsti dagli articoli 1040, comma 1, lettera d), numero 19 e 1041, comma 1, lettera s), numero 6 del regolamento". Il comma 1 della stessa norma dispone che "il procedimento disciplinare di stato a seguito di giudizio penale, deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all'incolpato, entro 90 giorni dalla data in cui l'amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che lo concludono, ovvero del provvedimento di archiviazione" e il successivo comma 4 che "in ogni caso, il procedimento disciplinare si estingue se sono decorsi novanta giorni dall'ultimo atto di procedura senza che nessuna ulteriore attività è stata compiuta". Ai sensi, infine, dell'art. 1040, comma 1, lett. d), n. 19 del d.P.R. n. 90 del 2010, il termine per gli accertamenti preliminari disciplinari di stato è di 180 giorni dalla conoscenza del fatto da parte dell’autorità competente.

Il dies a quo per l’avvio del procedimento disciplinare non può farsi decorrere dal momento in cui l’Amministrazione complessivamente intesa, e non il Comando di appartenenza, sia venuta a conoscenza dei fatti, non potendosi assimilare alla compiuta conoscenza dei fatti disciplinarmente rilevanti le emergenze investigative non ancora criticamente vagliate ai fini della loro qualificazione (cfr. TAR Emilia Romagna, Parma, n. 217 del 2015).

Tale esame preliminare deve ritenersi concluso soltanto allorquando l’Amministrazione, acquisiti e valutati gli elementi di interesse, abbia ritenuto la sussistenza dei presupposti per l’avvio del procedimento disciplinare.

Ugualmente infondato è il motivo con il quale il ricorrente contesta l’indebito utilizzo di intercettazioni telefoniche ed ambientali, effettuate nell’ambito di un procedimento penale al quale egli era estraneo.

L’inutilizzabilità in “procedimenti diversi”, prevista dall’art. 270 cod. proc. pen., non è generalizzata, trattandosi di previsione che riguarda specificamente il processo penale (cfr. Cass. Civ., sez. un., n. 3271 del 2013).

In via generale, deve invece riconoscersi che le intercettazioni telefoniche conseguite nell’ambito di un processo penale, nel quale nemmeno sia stato affrontato il problema della loro corretta acquisizione, sono utilizzabili nel procedimento disciplinare, non potendo escludersi che i fatti così storicamente accertati possano costituire presupposto per irrogare la sanzione disciplinare (Cons. Stato, sez. III, n. 2689 del 2014;
Id., sez. IV, n. 4346 del 2012;
Id., sez. VI, n. 7703 del 2009).

L’Amministrazione, nella specie, non si è limitata all’acquisizione dei contenuti delle conversazioni intercettate, ma ha svolto un’accurata istruttoria dalla quale ha tratto conferma delle frequentazioni del ricorrente con personaggi gravati da precedenti penali (-O-) e della consapevolezza da parte del ricorrente della natura delle attività da questi svolte.

Infine, prive di pregio sono le censure attinenti al merito dell’addebito disciplinare.

Il puntuale accertamento delle condotte illecite è desumibile dalla relazione conclusiva dell’inchiesta formale (doc. 7).

Le intercettazioni fanno riferimento al periodo compreso tra il novembre 2015 ed il febbraio 2016. All’epoca dei fatti contestati, il ricorrente prestava servizio presso la Compagnia -O-, con l’incarico di conduttore di automezzi, e non a -O-, area a cui fanno riferimento gli atti di indagine, nella quale egli non avrebbe potuto effettuare alcuna attività di polizia giudiziaria o informativa.

In relazione al primo capo di addebito, la disponibilità del ricorrente a controllare la targa di una autovettura è risultata pienamente dimostrata: dal tenore della conversazione intercettata, in cui emerge nitidamente che il graduato annota il numero di targa e dà messaggi rassicuranti al proprio interlocutore, lasciando intendere che darà seguito alla richiesta e comunicherà l’esito tramite messaggio;
dalle memorie difensive, nelle quali l’incolpato non smentisce di aver aderito alla richiesta, bensì afferma di "non ricordare" di aver effettuato o meno l’accertamento;
dalla circostanza che l’incolpato, avendo chiara cognizione del fatto che l’accesso alla banca dati per questioni non attinenti al servizio integrava una precisa fattispecie di reato, avrebbe dovuto opporre un fermo rifiuto alla richiesta del pregiudicato, sgombrando il campo da dubbi circa la liceità e l’opportunità di quella richiesta;
dalla circostanza che l’incolpato non ha prodotto alcuna relazione di servizio, né presso la compagnia di -O-, né presso il Comando ove in quell’epoca prestava servizio.

In relazione al secondo capo di addebito, è stato provato che il ricorrente si relazionasse con i due pregiudicati originari -O- (-O-) sull’opportunità di commettere un furto ai danni di un distributore di carburanti, segnatamente di “svuotare la cassa contanti”. In dettaglio: il ricorrente era presente in auto il giorno -O- con -O- e -O-, i due avevano proposto di “svuotare la cassa del distributore” in sua presenza, egli non aveva preso le distanze e non aveva tentato in alcun modo di dissuadere i due dall’azione criminale, anzi aveva fornito loro un’informazione tecnica di dettaglio sull’obiettivo (riferente che “la cassa la svuotano la mattina”);
l’informazione si sarebbe rivelata esatta, poiché corrisponde al vero che presso il distributore in questione il prelievo dei contanti avveniva solo al mattino;
non vi è traccia, né in quella né nelle conversazioni che seguono, di alcuna reprimenda fatta dall’incolpato ai due pregiudicati;
egli non risulta avere riferito ad alcuno, né attraverso relazioni di servizio né in altro modo, il contenuto della conversazione.

Infine, in relazione al terzo capo di addebito, risulta verosimile che il ricorrente abbia suggerito al pregiudicato -O- la modalità con cui rallentare in misura significativa il tempo di intervento del dispositivo "112", rivelando la presenza in servizio di una sola pattuglia nella circoscrizione territoriale di -O- (-O-), nonché l’orario in cui la predetta pattuglia smontante dal servizio notturno viene sostituita da quella subentrante;
si tratta, secondo le risultanze d’istruttoria, di informazione che poteva essere resa solo da un soggetto che ha effettuato servizio presso quel reparto, atteso che i turni di radiomobile variano nelle diverse Compagnie;
-O- avrebbe incontrato il ricorrente nuovamente in pizzeria, in una data di poco antecedente al 26 gennaio 2016, libero dal servizio;
proprio in quella occasione egli avrebbe reso circostanziate informazioni su come tenere impegnati i Carabinieri di -O- e guadagnare il tempo necessario a compiere indisturbati i furti;
è stato ritenuto altamente verosimile che l’incolpato abbia suggerito a -O- di inoltrare falsa richiesta di pronto intervento alla centrale operativa "112" dei Carabinieri, in modo da costringere quest’ultima ad inviare l’unica pattuglia disponibile nella località maggiormente distante dal luogo del potenziale furto, con tempi di intervento non inferiori ai 50 minuti;
come per i turni della radiomobile, tale informazione appariva talmente dettagliata e specifica da non poter essere acquisita con una semplice osservazione, ma solo attraverso la propalazione di un appartenente all’Arma che aveva effettuato servizio presso quel reparto.

Ciò considerato in ordine alla sussistenza dei fatti posti a base del provvedimento disciplinare, il Collegio, quanto all’esame del profilo della proporzionalità della sanzione adottata, non può non richiamare i principi della consolidata giurisprudenza amministrativa, secondo cui la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati, in relazione all’applicazione di una sanzione disciplinare di stato, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile fuori delle ipotesi di eccesso di potere, nelle sue varie forme sintomatiche, quali la manifesta illogicità, la manifesta irragionevolezza, l’evidente sproporzionalità ed il travisamento, spettando esclusivamente all’Amministrazione, in sede di formazione del provvedimento sanzionatorio, stabilire il rapporto tra l’infrazione ed il fatto, il quale assume rilevanza disciplinare in base ad un apprezzamento di larga discrezionalità (Cons. Stato, sez. VI, n. 1858 del 2017;
Id., sez. III, n. 2791 del 2015).

Ebbene, attesa la gravità dei fatti contestati al ricorrente -O-, che ben si prestano ad essere valutati come in netto contrasto con la rettitudine nello svolgimento del servizio e con la morale richiesti al -O-, così arrecando un grave pregiudizio all’Arma, non è ravvisabile nella fattispecie quel carattere di abnormità o manifesta illogicità, irragionevolezza e sproporzionalità, tale da configurare il dedotto eccesso di potere.

In conclusione, il ricorso è infondato e va respinto.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.

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