TAR Torino, sez. II, sentenza 2022-06-27, n. 202200600

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. II, sentenza 2022-06-27, n. 202200600
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 202200600
Data del deposito : 27 giugno 2022
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/06/2022

N. 00600/2022 REG.PROV.COLL.

N. 00569/2019 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 569 del 2019, proposto da
M C e B S, rappresentati e difesi dagli avvocati I D e L S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Comune di Pinerolo, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dall'avvocato L G, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Torino, corso Re Umberto, n. 42;
A.S.L. TO3 - Azienda Sanitaria Locale di Collegno e Pinerolo, non costituita in giudizio;

nei confronti

Walter P e Stefanina C, rappresentati e difesi dall'avvocato Massimo Andreis, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Torino, via Pietro Palmieri, n. 40;

per l'annullamento

del provvedimento 20 marzo 2019 n. 12, prot. prat. 63913/2018, conosciuto il successivo 3 aprile 2019, a firma del Dirigente del Settore Urbanistica e SUAP del Comune di Pinerolo, avente ad oggetto Permesso di costruire in sanatoria ai sensi dell'art. 36 D.P.R. n. 380/2001 e “contestuale autorizzazione alla fiscalizzazione” di intervento abusivo realizzato sull'immobile in Via Vigone n. 13;

nonché per l'annullamento

di ogni atto antecedente, preparatorio, presupposto, conseguente e comunque connesso, ivi compresi, la relazione tecnico giuridica 12 marzo 2019 a firma del responsabile del procedimento, le sconosciute note istruttorie non indicate nel provvedimento cui hanno fatto seguito gli adempimenti 2 gennaio 2019 prot. n. 169, 22 gennaio 2019 prot n. 4714 e 13 febbraio 2019 n. 10364, il parere dell'A.S.L. 18 dicembre 2018 n. 67.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comune di Pinerolo, Walter P e Stefanina C;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2021 la dott.ssa Valentina Caccamo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I Signori M C e B S sono proprietari di un’unità immobiliare a destinazione commerciale posta al piano terreno di un fabbricato residenziale sito nel Comune di Pinerolo, alla Via Vigone n. 13, costituita da un locale fronte strada e da altro locale sul retro;
quest’ultimo, allo stato attuale, non presenta aperture verso l’esterno e non è dotato di alcuna areazione ed illuminazione naturale.

2. Lamentano i ricorrenti che, in aderenza e/o appoggio al prospetto retrostante Via Vignone n. 13, nel tempo sarebbe stata realizzata, in difetto di titolo edilizio, una soletta cementizia impostata all’altezza di circa m. 2 dalla quota del terreno, coperta con un tetto in coppi e chiusa con pareti in parte in muratura ed in parte in profilato metallico e vetro. In detti termini, sarebbe stato creato abusivamente un nuovo locale annesso alla abitazione dei Signori P e C, mentre il progetto originariamente assentito avrebbe ivi previsto un cortile aperto che forniva ulteriore accesso pedonale all’esercizio commerciale dei ricorrenti.

3. A seguito di plurime diffide inviate dai ricorrenti al Comune di Pinerolo affinché si facesse carico della situazione, l’amministrazione rispondeva con nota 20 luglio 2017 prot.n. 0042211, ritenendo “ oggi evidente la non conformità dell’esistente rispetto ai titoli abilitativi edilizi rilasciati. In particolare, risultano non autorizzati sia la tettoia retrostante il fabbricato, sia il sottostante solaio in calcestruzzo a divisione delle diverse proprietà ”, dando altresì atto che era in corso l’istruttoria dell’istanza di sanatoria presentata dai ricorrenti per la realizzazione della tettoia.

4. In data 18.01.2018, il Comune emetteva il diniego di sanatoria sull’istanza dei controinteressati, che, quindi, presentavano una nuova domanda di accertamento di conformità ai sensi dell’art. 36 del D.P.R. n. 380/2001;
anche in questo caso, tuttavia, l’amministrazione si pronunciava negativamente con diniego del 26-30 luglio 2018 prot. n. 46165. Veniva successivamente presentata una terza istanza di sanatoria, con ulteriore corredo documentale, che era infine evasa positivamente con il rilascio del “ permesso di costruire in sanatoria n. 12 del 20 marzo 2019 e contestuale autorizzazione alla fiscalizzazione ”, stante “ l’impossibilità di ripristino dello stato dei luoghi dal punto di vista statico ”. In particolare, è stata assentita la sanatoria “ di tramezzatura interna, del vano scala e realizzazione di nuovo balcone e ridimensionamento dei serramenti. Fiscalizzazione del solaio della tettoia con esatta rappresentazione grafica della superficie e delle aperture in via Vigone n. 13 ”.

5. Con il presente gravame i ricorrenti impugnano il suddetto provvedimento e gli altri atti in epigrafe specificati per chiederne l’annullamento, articolando a supporto della domanda le seguenti censure:

I) Violazione e falsa applicazione degli artt. 29, 31, 32, 33, 34 e 36 D.P.R. n. 380/2001. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. n. 241/1990. Difetto di motivazione. Difetto di istruttoria. Difetto di presupposto. Travisamento di fatto. Errata rappresentazione. Contraddittorietà intrinseca ”: l’istanza di sanatoria dichiarerebbe uno stato autorizzato non conforme a quello originario, in quanto sia la soletta che le strutture verticali non sarebbero mai state legittimate da alcun titolo edilizio;
infatti, le autorizzazioni rilasciate nel 1972 e 1992, pur rappresentando l’esistenza del corpo di fabbrica in questione, riguarderebbero un mero intervento manutentivo della copertura di un manufatto ex se abusivo;
anche lo “stato in sanatoria”, infine, riporterebbe molteplici imprecisioni ed errori rappresentativi;

II) Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 10, 29, 31, 32, 33, 34, 36 D.P.R. n. 380/2001. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. n. 241/1990. Difetto di istruttoria. Difetto di motivazione. Difetto di presupposto. Travisamento di fatto ”: le opere oggetto di fiscalizzazione sarebbero ascrivibili alla nuova costruzione e non alla ristrutturazione edilizia, esulando così dall’ambito di applicazione della norma che disciplina tale fattispecie, per cui si sarebbe dovuto ordinare il ripristino dello stato dei luoghi ai sensi dell’art. 31 del D.P.R. n. 380/2001;
inoltre, l’amministrazione avrebbe erroneamente disposto la fiscalizzazione della sola soletta in calcestruzzo, mentre avrebbe dovuto considerare anche le ulteriori opere abusive realizzate, quali la copertura e le pareti laterali di chiusura del volume, trattandosi di intervento abusivo unitario;

III) Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 10, 29, 31, 32, 33, 34, 36 D.P.R. n. 380/2001. Violazione e falsa applicazione dell’art. 6 L. Reg. n. 19/1999. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. n. 241/1990. Difetto di motivazione. Difetto di istruttoria. Difetto di presupposto. Travisamento di fatto ”: laddove non fosse qualificato come nuova costruzione, l’intervento in questione costituirebbe comunque variazione essenziale rispetto ai progetti approvati, superando il limite di scostamento del 5% dei parametri di superficie coperta, superficie utile lorda e volumetria di cui alla L.R. Piemonte n. 19/1999;
anche considerando il solo manufatto oggetto di fiscalizzazione (cioè la soletta), vi sarebbe variazione essenziale, quantomeno sotto il profilo dell’aumento di superficie utile lorda;

IV) Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 29, 31, 32, 33, 34 e 36 D.P.R. n. 380/2001. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. n. 241/1990. Difetto di motivazione. Difetto di presupposto. Travisamento di fatto. Difetto di istruttoria ”: anche laddove si qualificasse l’intervento in questione come ristrutturazione edilizia, il provvedimento impugnato rimarrebbe comunque illegittimo per difetto dei requisiti per l’irrogazione della sanzione pecuniaria alternativa alla demolizione, ai sensi dell’art. 33, comma 2, D.P.R. n. 380/2001;
in particolare, limitandosi a prendere atto delle conclusioni esposte nella perizia depositata dai controinteressati nel corso del procedimento, l’amministrazione avrebbe omesso ogni motivato accertamento in ordine all’oggettiva impossibilità di procedere alla demolizione dell’opera abusiva a causa dei rischi per la stabilità dell'edificio nel suo complesso;

V) Violazione e falsa applicazione dell’art. 11 D.P.R. n. 380/2001. Violazione e falsa applicazione degli artt. 1102 e 1120 Cod. Civ. Violazione e falsa applicazione dell’art. 3 L. n. 241/1990. Difetto di disponibilità del bene. Difetto di istruttoria. Difetto di motivazione. Contraddittorietà estrinseca ”: il provvedimento sarebbe stato illegittimamente assentito senza il consenso, ed anzi con l’espresso dissenso, dei comproprietari del bene, in quanto la soletta che separa il locale dei ricorrenti da quello soprastante dei controinteressati è tra essi in comproprietà;
inoltre, non sarebbe stato acquisito il consenso degli aventi diritto anche per la sanatoria di una porzione di scala costruita in appoggio e/o aderenza al muro condominiale ed in corrispondenza di una apertura dell’unità immobiliare dei ricorrenti, che sarebbe stata conseguentemente chiusa;

VI) Violazione e falsa applicazione degli artt. 9 D.M. n. 1444/1968 e dell’art. 907 Cod. civ. Violazione della disciplina in materia di distanza. Difetto di presupposto. Travisamento di fatto ”: la soletta oggetto di fiscalizzazione e le altre opere oggetto di sanatoria, nonché le altre opere abusive, rappresentate erroneamente nello stato autorizzato avrebbero comportato la realizzazione di un corpo di fabbrica in aderenza e/o appoggio ad una parete finestrata, comportando l’abusiva chiusura delle aperture al piano terreno regolarmente autorizzate, in violazione di plurime disposizioni di legge;

VII) Violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 5 D.M. 5 luglio 1975. Violazione e falsa applicazione dell’art. 58 N.T.A. del Reg. Ed. Difetto dei requisiti igienico sanitari. Difetto di presupposto. Travisamento di fatto ”: i locali dell’unità immobiliari dei ricorrenti sarebbero divenuto inagibili per il venir meno di ogni superficie finestrata apribile e anche i locali dell’appartamento dei controinteressati sarebbero privi di illuminazione naturale diretta visto che non affacciano all’aperto, bensì sul volume chiuso, in violazione dell’art.5 D.M. 5.07.1975, secondo cui per i locali abitativi la superficie finestrata apribile non può essere inferiore ad un ottavo della superficie di pavimento;

VIII) Violazione e falsa applicazione degli artt. 32, 33, 34, 36, 64, 65, 93 e 94 D.P.R. n. 380/2001. Violazione e falsa applicazione della normativa tecnica sulle costruzioni D.M. 14 gennaio 2008 e del D.M. l7 gennaio 2018. Violazione della disciplina edilizia in materia antisismica. Difetto di presupposto. Travisamento di fatto ”: il provvedimento impugnato sarebbe stato assentito senza dimostrazione del rispetto della disciplina antisismica e in difetto del deposito degli appositi calcoli strutturali previsto dalla vigente normativa tecnica sulle costruzioni;

IX) Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 D.P.R. n. 380/2001. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, 7, 8 e 10 L. n. 241/1990. Difetto di motivazione. Contraddittorietà intrinseca ”: il Comune di Pinerolo non avrebbe comunicato ai ricorrenti l’intenzione di voler assentire una sanatoria a fronte di elaborati sostanzialmente identici a quelli allegati alle precedenti domande oggetto di diniego;

X) Violazione e falsa applicazione dell’art. 36 D.P.R. n. 380/2001. Formazione del silenzio-rifiuto. Violazione dei principi in materia di autotutela amministrativa. Violazione e falsa applicazione dell’art. 21nonies L. n. 241/1990 ”: prima del provvedimento impugnato si sarebbe formato il silenzio rigetto sull’istanza di accertamento di conformità 29.10.2018, per cui l’amministrazione sarebbe potuta intervenire esclusivamente mediante l’esercizio del potere di autotutela.

6. Si sono costituiti in giudizio per resistere al gravame il Comune di Pinerolo e i controinteressati, eccependo entrambi preliminarmente l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse e/o legittimazione ad agire e contestando, nel merito, la fondatezza delle censure avversarie.

7. All’esito della camera di consiglio fissata per la trattazione dell’istanza cautelare, con ordinanza n. 155/2021 questo Tribunale ha disposto incombenti istruttori al fine di avere una chiara rappresentazione dello stato attuale dei luoghi all’esito dei contestati interventi edilizi, soprattutto con riferimento alla struttura e alla posizione della tettoia oggetto di fiscalizzazione rispetto all’immobile cui accede e ai fabbricati limitrofi.

8. Le parti hanno tutte ottemperato versando in atti i richiesti chiarimenti e, successivamente, hanno depositato scritti difensivi e documenti.

All’udienza pubblica del 1 dicembre 2021 fissata per la trattazione di merito, la causa è passata in decisione.

9. Preliminarmente il Collegio è tenuto a scrutinare l’eccezione di inammissibilità del ricorso per difetto di legittimazione e interesse ad agire sollevata dalle parti resistenti. Evidenziano queste ultime che i ricorrenti avrebbero unicamente allegato di essere proprietari di un immobile confinante con quello interessato dalla realizzazione del contestato intervento, senza tuttavia dimostrare quali sarebbero i danni che subirebbero in conseguenza del denunciato abuso, non essendo sufficiente a radicare interesse e legittimazione ad agire il mero requisito della vicinitas .

Ritiene il Collegio che l’eccezione non meriti accoglimento. Nel caso di specie, infatti, i ricorrenti non solo hanno dedotto, quale titolo legittimante all’azione, la condizione di proprietari finitimi di un immobile oggetto di opere non legittime, ma hanno anche adeguatamente illustrato il pregiudizio derivante loro dal mantenimento delle opere in questione.

In particolare, gli stessi hanno contestato: (a) la trasformazione di un piccolo cortile trapezoidale, originariamente concepito a servizio esclusivo dell’immobile di loro proprietà posto al piano terra del fabbricato, sul quale sarebbe stata realizzata una soletta e soprastante corpo di fabbrica di proprietà dei controinteressati;
(b) la creazione di un sottostante locale di altezza pari a metri 2, annesso all’appartamento dei ricorrenti;
(c) l’impossibilità di utilizzare, in conformità alla destinazione commerciale, la parte retrostante dell’immobile in ragione della carente aero illuminazione determinata dalla tamponatura, a seguito del contestato intervento edilizio, di tre finestre in origine autorizzate verso l’esterno. Il ripristino dello stato dei luoghi, pertanto, risulterebbe funzionale alla possibilità per i ricorrenti di utilizzare pienamente una porzione di manufatto che, ad oggi, non potrebbe essere fruita in conformità alla propria destinazione.

10. Il ricorso è dunque ammissibile e deve essere scrutinato nel merito.

11. Occorre preliminarmente delineare, per migliore comprensione delle censure dedotte dai ricorrenti, il contenuto del provvedimento impugnato e, quindi, la natura delle opere di cui si discute. Nella fattispecie, il Comune di Pinerolo ha autorizzato la fiscalizzazione di opere ritenute non regolarizzabili e, contestualmente, ha disposto la sanatoria di quelle che potevano essere ricondotte a conformità. In particolare, è stato oggetto di fiscalizzazione il solo solaio di calpestio della tettoia (c.d. soletta) posta al piano primo e di proprietà dei controinteressati;
quanto alla tettoia in sé, nella relazione tecnica allegata all’istanza di permesso di costruire in sanatoria (doc. 4 controinteressati) si dà atto che la stessa è stata oggetto dell’autorizzazione n. 20/72 del 12.04.1972 e della concessione edilizia n. 434 del 02.06.1992. Contestualmente, con l’impugnato provvedimento sono state sanate ulteriori opere abusive sul medesimo immobile consistenti in tramezzature interne, nel ridimensionamento dei serramenti e nella realizzazione di un vano scala, nonché di un nuovo balcone.

12. Ciò premesso, nel primo mezzo di gravame i ricorrenti lamentano l’illegittimità della fiscalizzazione della soletta, accordata sul presupposto della regolare edificazione delle altre parti del corpo di fabbrica in questione. Il provvedimento impugnato si sarebbe basato su un’erronea rappresentazione dei luoghi da parte dei controinteressati, in quanto lo stato autorizzato, come graficamente riportato, non risulterebbe conforme a quello originario. In particolare, la complessa ricostruzione prospettata può essere così riassunta:

a) l’area occupata dal nuovo corpo di fabbrica formato dalla soletta, dal soprastante manto di copertura e dalle chiusure laterali sarebbe stata destinata a cortile, che, trovandosi alla stessa quota dell’unità immobiliare dei ricorrenti destinata a negozio avrebbe costituito l’accesso a quest’ultimo;

b) nella Tavola 2 allegata all’istanza di sanatoria verrebbe indicato lo “ Stato autorizzato con Lic. Ed. 160 del 08/04/1958 e succ. varianti ”, costituito dalla soletta, dal soprastante manto di copertura e dalle chiusure laterali, in parte in muratura, in parte in profilato metallico e vetro. Tali opere, a quella data, non sarebbero tuttavia state realizzate e, pertanto, i successivi titoli edilizi riguarderebbero interventi afferenti a lavori abusivi, mutuando da questi la relativa illegittimità;

c) il piano terreno di proprietà dei ricorrenti sarebbe stato rappresentato, nell’istanza di permesso in sanatoria, con una sola apertura centrale – tamponata con l’intervento oggetto di sanatoria – mancando quindi le due laterali pur presenti nella licenza del 1958;

d) se le tavole grafiche avessero rappresentato correttamente lo stato di fatto, l’amministrazione avrebbe potuto accertare l’insanabilità del nuovo volume complessivamente realizzato, vagliando tutti i parametri urbanistici ad esso pertinenti.

13. Replicano in sintesi le parti resistenti che:

a) la rappresentazione progettuale contenuta nelle prime licenze a cavallo degli anni 1958 e 1960 sarebbe imprecisa e approssimativa, tenuto conto delle tecniche grafiche dell’epoca;

b) il cortile interno di cui si discute non sarebbe posto alla stessa quota di pavimentazione della via Vigone che, tramite il numero civico 13, fornisce l’accesso all’unità immobiliare in proprietà dei ricorrenti, ma ad una quota rialzata di quasi 2 metri. A detto cortile si accederebbe dal civico 8 della Via Cravero e, attraversando il cortile del condominio confinante, si raggiungerebbe il basamento della tettoia oggetto del contendere. Come conseguenza, il piccolo cortile interno sarebbe stato evidentemente riportato in sezione, negli atti del 1958, in modo non conforme alla realtà;

c) la demolizione della soletta sarebbe di pregiudizio alla stabilità non soltanto del fabbricato sul fronte della via Vigone, ma anche di quello latistante verso il cortile interno;

d) l’opera realizzata sarebbe una variante rispetto ad un progetto assentito e, prima della legge n. 10/1977, non esisteva un’espressa disciplina dell’istituto della variante in corso d’opera, né delle varianti finali. Prima dell’introduzione di tale corpus normativo, le varianti ai progetti già dotati di licenza edilizia venivano sovente realizzate in assenza di ulteriori atti autorizzatori;
di tali modifiche l’amministrazione prendeva atto dopo la conclusione dell’edificazione, in occasione del sopralluogo previsto dall’art. 221 del TU della legge sanitaria RD 1265/1934.

14. Il motivo è complessivamente infondato e, come tale, deve essere respinto.

15. Ritiene il Collegio che supportino tale conclusione i risultati dell’istruttoria disposta con ordinanza n. 155/2021 e, in particolare, i rilievi topografici effettuati dal tecnico dei controinteressati, che hanno confermato, attraverso puntuali misurazioni, l’implausibilità della separata realizzazione della soletta rispetto al corpo di fabbrica principale. Nello specifico, dalla relazione depositata in atti dai signori P e C, risultano accertate le seguenti circostanze:

- l’ingresso della proprietà dei ricorrenti è posto sulla Via Vigone n. 13, mentre al passaggio che conduce alla tettoia e al cortile interno, che si sostiene essere stato chiuso abusivamente dagli odierni controinteressati, si accede dalla Via Cravero;

- il rilievo topografico ha accertato la presenza di un dislivello di circa 2 metri rilevato in corrispondenza degli accessi del civico n. 13 della Via Vigone e del civico n. 8 di Via Cravero, che risulta “ sostanzialmente mantenuto e lievemente variato nel piano di calpestio del cortile interno (quota media mt. + 1,823) per raggiungere, in prossimità dello stretto passaggio pedonale che permette il collegamento con l'accesso al locale tettoia misurato alla base dei gradini di accesso alla tettoia, la quota di mt. + 1,839 ”;

- è rilevabile una differenza di quota tra il piano di camminamento preso a riferimento per la rappresentazione della facciata sulla via Vigone (quota zero) e quello indicato rispetto alla facciata dell’edificio rivolta verso via Cravero (quota media 1,823).

Sulla base di tali valutazioni, nella citata relazione si afferma che la differenza tra la quota media del piano di calpestio del cortile con accesso da Via Cravero, nonché del passaggio attraverso cui si accede alla tettoia, e la corrispondente quota di via Vigone antistante il fabbricato – differenza pari a circa due metri di altezza rispetto alla quota zero di via Vigone – non avrebbe potuto consentire, sulla corrispondente facciata di servizio dell’immobile, l’apertura di porte e finestre al piano terreno. Pertanto, nel progetto licenziato nel 1958 la rappresentazione dell’edificio in sezione avrebbe assunto come presupposto che via Vigone e Via Cravero fossero poste alla medesima quota altimetrica, mentre invece, nella reale conformazione del territorio, tra le stesse sussiste il dislivello indicato.

16. Tali documentate conclusioni sono condivise dal Collegio e smentiscono l’affermazione dei ricorrenti secondo cui il cortile a servizio dell’appartamento di loro proprietà sarebbe stato effettivamente realizzato secondo le quote approvate nel 1958, salvo poi essere stato coperto con la soletta oggetto di fiscalizzazione. In base alle risultanze delle verifiche altimetriche, infatti, il piano terra e le finestre sul retro non potevano essere alla stessa altezza di via Vigone, essendo stata rilevata sul retro verso via Cravero, in corrispondenza con il cortile interno e del passaggio che conduce alla tettoia, una quota più alta di quasi 2 metri. Le rappresentazioni planimetriche elaborate dai controinteressati chiariscono adeguatamente tale circostanza, evidenziando come la soletta si trovi approssimativamente (salvo una minima differenza) alla stessa e più alta quota del piano di calpestio del terreno limitrofo, poggiante su un terrapieno che dà ragione del dislivello esistente tra lato antistante e retrostante dell’immobile (cfr. doc. 37 e 44 produzione dei controinteressati).

Pertanto, alla luce dell’oggettiva conformazione del territorio, che non risulta (e ben difficilmente potrebbe) essere mutata nel tempo, deve concludersi che la rappresentazione complessiva del fabbricato nel progetto del 1958 non abbia tenuto conto dell’effettivo stato dei luoghi, tale da escludere l’apertura di porte e finestre retrostanti sul lato di via Cravero e, conseguentemente, anche la loro abusiva chiusura.

17. A completamento del quadro sopra delineato vanno considerati, infine, i titoli edilizi rilasciati successivamente al progetto del 1958 e all’edificazione dell’immobile. Risulta infatti che, con licenza del 12.04.1972, il comune di Pinerolo ha autorizzato la “ costruzione di una pensilina in sostituzione di tetto preesistente nel fabbricato in via Vigone, 13, poggiante su struttura metallica ”;
nel disegno progettuale che correda tale titolo è quindi rappresentata detta pensilina (che si indica a copertura di un terrazzo interno) con appoggio direttamente sulla soletta in questione, sotto la quale è riportato graficamente il locale ad uso autorimessa in proprietà dei ricorrenti. Successivamente, con concessione edilizia del 2.06.1992, sono stati autorizzati i lavori di rifacimento della tettoia all’interno del cortiletto. L’autorizzazione alla costruzione di detta tettoia comporta, quindi, che sia stata approvata la struttura nel suo complesso come unità funzionale, non potendosi ipotizzare una “scomposizione” delle sue parti, tale per cui solo talune - e non l’insieme - possano dirsi autorizzate.

In conclusione, le censure esaminate sono complessivamente infondate.

18. Con il secondo e il terzo motivo, che possono essere trattati congiuntamente, i ricorrenti lamentano che le opere oggetto di fiscalizzazione sarebbero ascrivibili alla categoria della nuova costruzione e non della ristrutturazione edilizia, esulando così dall’ambito di applicazione dell’art. 34 del D.P.R. n. 380/2001 e dovendo, al contrario, essere soggette alla sanzione demolitoria. Le caratteristiche del volume realizzato abusivamente confermerebbero tale conclusione, considerata l’altezza del corpo di fabbrica dalla quota del cortile, l’entità della superficie coperta e la creazione di due nuovi locali, uno al piano terreno, a favore dell’unità immobiliare dei Signori Colombo e Serri, ed uno al primo piano, a favore dell’unità immobiliare dei Signori P e C. Ad ogni modo, quand’anche non si trattasse di nuova costruzione, l’intervento costituirebbe una variazione essenziale e, come tale, non ammesso alla fiscalizzazione.

Le censure sono infondate.

19. Ritiene il Collegio che, diversamente da quanto sostenuto dai ricorrenti, il vano risultante dalla copertura della soletta non costituisca un volume tale da creare un organismo edilizio con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile. È significativo, in tal senso, il risultato dell’accertamento planivolumetrico effettuato dalle parti resistenti e la dimostrata differenza di quota tra l’accesso all’immobile dei ricorrenti da via Vigone e il retro del fabbricato posto sul lato di via Cravero. Le caratteristiche di altezza e volume della porzione di fabbricato sub iudice non possono essere quelle indicate in ricorso, in quanto calcolate sulla base di un’erronea configurazione dello stato dei luoghi, basata sulla medesima quota altimetrica tra via Vigone e via Cravero. Tuttavia, poiché tra le stesse esiste un dislivello di quasi due metri, il volume in questione non può che risultare di minore entità rispetto a quanto ipotizzato dai ricorrenti. Inoltre, risulta dalla documentazione, anche fotografica, versata in atti che il locale di cui si discute abbia dimensioni molto ridotte e contenga un piccolo spazio, in parte a copertura di un vano scala, nel quale trovano alloggiamento alcuni contatori e “tagliato” in trasversale da una trave di sostegno.

20. In relazione alle caratteristiche di tale locale deve escludersi che lo stesso abbia destinazione abitativa o possa avere un’autonoma funzione, costituendo, piuttosto, un volume accessorio che non esprime cubatura rilevante ai fini del calcolo degli indici edilizi. Si tratta di uno spazio che, in relazione alle sue caratteristiche, si presenta servente rispetto al corpo di fabbrica principale ed esaurisce la propria finalità nel rapporto funzionale con quest’ultimo. Ne consegue che non sussistono i presupposti per l’applicazione dell’art. 31 del DPR n. 380/2001, relativo agli interventi eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità o con variazioni essenziali, che tali sono qualificabili laddove “ comportano la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planovolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l'esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile ”.

Da tali considerazioni, pertanto, consegue che l’opera in questione non possa considerarsi nuova costruzione, né variazione essenziale, anche alla luce dell’art. 6 della L. R. Piemonte n. 19/1999, secondo cui “ non possono ritenersi comunque variazioni essenziali quelle che incidono sull’entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative ”.

Il motivo è dunque infondato.

21. Con il quarto mezzo di gravame, parte ricorrente lamenta che l’amministrazione avrebbe preso atto delle conclusioni esposte nella perizia depositata dai controinteressati, senza tuttavia effettuare una propria istruttoria in ordine all’oggettiva impossibilità di procedere alla demolizione dell’opera abusiva a causa dei rischi per la stabilità dell'edificio nel suo complesso.

La censura non merita condivisione.

Non è necessario, infatti, che il provvedimento di fiscalizzazione ripercorra, nel merito tecnico, le specifiche motivazioni che hanno condotto il comune di Pinerolo a ritenere adeguata la perizia depositata dall’istante, in quanto, nella misura in cui l’amministrazione ha richiamato espressamente detto documento senza indicare ragioni di inattendibilità dello stesso, ne ha in sostanza condiviso i contenuti e li ha fatti propri. Non risultano, del resto, motivi concreti tali da far dubitare della validità degli accertamenti eseguiti dal perito della controinteressata, anche considerato che, in relazione alla rilevanza del possibile pregiudizio alla costruzione legittima per effetto della demolizione delle opere abusive, non è irragionevole l’adozione da parte dell’amministrazione di una posizione prudenziale e cautelativa.

22. Con il quinto motivo i ricorrenti lamentano che il provvedimento sarebbe stato assentito senza il loro consenso, ritenuto necessario in quanto comproprietari della soletta che separa il locale sottostante da quello soprastante;
parimenti, non avrebbero prestato il consenso per la sanatoria di una porzione di scala costruita in appoggio e/o aderenza al muro condominiale e in corrispondenza di una apertura dell’unità immobiliare di loro proprietà, che, quindi, sarebbe stata chiusa in conseguenza di detto intervento abusivo. Inoltre, poiché la soletta si porrebbe in aderenza e/o appoggio al muro perimetrale condominiale, ciò comporterebbe una limitazione di utilizzo della cosa comune da parte degli altri condomini in violazione degli artt. 1102 e 1120 Cod. civ, per cui sarebbe stato necessario acquisire il consenso di questi ultimi.

La censura non coglie nel segno.

23. Nel caso di specie, oggetto della fiscalizzazione è una soletta che, incorporata ai muri perimetrali, assolve alla duplice funzione di sostegno del piano superiore e di copertura di quello inferiore. Si tratta non di un’ipotesi di comproprietà ordinaria con suddivisione pro quota del bene, ma di una particolare forma di comunione legale avente fonte nell’art. 1125 c.c., in cui, costituendo il solaio l'inscindibile struttura divisoria tra le due porzioni immobiliari, con utilità e uso uguale e inseparabile per entrambe, i due proprietari sono sì contitolari al 50%, ma sull’intero bene. Ne deriva che la presentazione dell’istanza di condono non è vincolata alla circostanza che vi sia l’espresso assenso di entrambi i soggetti interessati (cioè il proprietario del piano sovrastante e quello del piano sottostante), in quanto ciascuno è titolare dell’intero bene e deve, pertanto, ritenersi legittimato a presentare anche singolarmente la predetta domanda.

24. Parimenti, non risulta condivisibile l’affermazione secondo cui la richiesta di sanatoria avrebbe richiesto il consenso di tutti i condomini, essendo la soletta edificata in aderenza e/o appoggio del muro condominiale.

In primo luogo, i ricorrenti non hanno interesse alla coltivazione della censura, poiché volta a far valere la posizione – che si assume pregiudicata – di altri soggetti, neppure meglio identificati, che non hanno inteso agire a tutela della stessa. In secondo luogo, la circostanza lamentata neppure è adeguatamente provata sotto il profilo oggettivo dello stato dei luoghi – e cioè che la soletta sia edificata in appoggio a muro condominiale e non privato – e, ad ogni modo, non risulta tale da inficiare la validità del provvedimento impugnato, potendo, in ipotesi, dare luogo alle forme di tutela civilistiche, da perseguire dinanzi ad altra autorità giudiziaria.

Invero la sanatoria edilizia è rilasciata sempre con l’implicita clausola della salvezza dei diritti dei terzi, i quali potranno far valere nell'opportuna sede civilistica eventuali posizioni giuridiche lese dal titolo rilasciato ad altri (ex multis: TAR Toscana, III, 26.4.2017, n. 603).

25. Con il sesto motivo, i ricorrenti lamentano che la soletta e le altre opere oggetto di sanatoria avrebbero comportato la realizzazione di un corpo di fabbrica in aderenza e/o appoggio ad una parete finestrata, causando l’abusiva chiusura delle aperture al piano terreno regolarmente autorizzate. Ciò avrebbe comportato, quindi, la violazione dell’art. 9 del D.M. n. 1444/1968, che fissa “ la distanza minima assoluta di m. 10 tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti ”, della disciplina urbanistica di P.R.G. relativa all’area B 5.3, che individua sempre in dieci metri la distanza minima tra fabbricati, e dell’art. 907 c.c. che impone di costruire alla distanza minima di m. 3,00 dalle vedute.

La doglianza non merita condivisione.

26. La prospettazione dei ricorrenti, infatti, assume a presupposto l’esistenza di pareti finestrate che siano state chiuse con la realizzazione, in aderenza, del corpo di fabbrica asseritamente abusivo. Tuttavia, come dimostrato dalle verifiche condotte nel corso dell’istruttoria disposta dal Collegio, non solo non vi è prova che tali finestre siano state effettivamente realizzate in fase di costruzione dell’immobile, ma risulta anche altamente improbabile che ciò sia avvenuto, considerando la conformazione del terreno e la presenza del più volte menzionato dislivello tra le quote altimetriche di via Vigone e di via Cravero. Nella fattispecie, quindi, non possono trovare applicazione le disposizioni normative richiamate da parte ricorrente, né l’invocata previsione del P.R.G. del comune di Pinerolo, poiché, essendo l’opera realizzata in aderenza su parete priva di aperture e vedute, non è necessario garantire il rispetto della distanza minima tra edifici.

27. Con il settimo mezzo di gravame, i ricorrenti lamentano che i locali della loro unità immobiliare sarebbero divenuti inagibili per il venir meno di ogni “ superficie finestrata apribile ”, così come i locali dell’appartamento dei controinteressati, i quali risulterebbero senza “ illuminazione naturale diretta ”, in quanto privi di affacci esterni. Tale circostanza avrebbe quindi comportato la diretta violazione dell’art. 5 del D.M. 5.07.1975, secondo cui per i locali abitativi la superficie finestrata apribile non può essere inferiore ad un ottavo della superficie di pavimento.

Anche in questo caso la censura è infondata.

28. È innanzitutto inconferente il richiamo al D.M. 5.07.1975, in quanto volto a disciplinare i requisiti igienico-sanitari principali “ dei locali di abitazione ”, come del resto specifica la norma sopra citata nell’individuare l'ampiezza minima delle finestre. Nella fattispecie, tuttavia, l’immobile di proprietà dei signori Colombo e Serri non ha destinazione residenziale, ma commerciale, secondo quanto risulta dal relativo atto di compravendita e come dagli stessi riconosciuto in ricorso, per cui ad esso non possono riferirsi le disposizioni previste per le costruzioni a destinazione abitativa.

29. Peraltro, nell’ambito dell’istruttoria procedimentale che ha preceduto il rilascio del provvedimento impugnato, è stato acquisito in relazione a detti aspetti il parere igienico sanitario dell’ASL di competenza, che, esprimendosi favorevolmente, ha ritenuto accettabile la modalità di verifica degli aspetti aeroilluminanti adottata e ha prescritto, per due locali di dimensioni inferiori a 9 metri, che gli stessi vengano destinati a usi non comportanti la presenza continuativa di persone (cfr. doc. 23 produzione del Comune di Pinerolo). Non vi è, dunque, alcuna compromissione della facoltà di utilizzo del bene da parte dei ricorrenti secondo la destinazione d’uso del medesimo.

30. Con l’ottavo ordine di censure, i ricorrenti lamentano che il provvedimento impugnato sarebbe stato assentito senza dimostrazione del rispetto della disciplina antisismica e in difetto del deposito dei calcoli relativi alle costruzioni, in violazione della norma tecnica di cui al D.M. 14.01.2008 e al D.M. 17.01.2018.

Il motivo è infondato.

31. Va premesso che le opere abusive di cui si discute sono state realizzate antecedentemente all’entrata in vigore del D.M. 14.01.2008, recante le nuove norme tecniche per le costruzioni, nonché del D.M.

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