TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2018-06-28, n. 201807220
Sintesi tramite sistema IA Doctrine
L'intelligenza artificiale può commettere errori. Verifica sempre i contenuti generati.
Segnala un errore nella sintesiTesto completo
Pubblicato il 28/06/2018
N. 07220/2018 REG.PROV.COLL.
N. 07115/2017 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7115 del 2017, proposto da:
FALLIMENTO ITALBREVETTI S.R.L., ING BANK N.V., rappresentati e difesi dagli avvocati G U, L P, con domicilio eletto presso lo studio L P in Roma, viale Bruno Buozzi n. 32;
contro
GESTORE DEI SERVIZI ENERGETICI– G.S.E. S.P.A., rappresentata e difesa dagli avvocati A C, F V, M A F, A P, con domicilio eletto presso lo studio A C in Roma, piazza di San Bernardo, 101;
per l'annullamento,
previa sospensiva cautelare,
del provvedimento n. prot. P20170042001, del 24 maggio 2017, comunicato a mezzo PEC in pari data, con il quale il Gestore dei Servizi Energetici, all'esito del procedimento di controllo ex art. 42, comma 1, del d.lgs. n. 28 del 2011, ha comunicato alla società Italbrevetti la decadenza dagli incentivi concessi ai sensi del d.m. 18 dicembre 2008 e l'integrale recupero delle somme già erogate;
e di ogni atto consequenziale, tra cui l'atto prot. GSE/P20170053877, dell'11 luglio 2017, con cui il GSE ha richiesto al Fallimento Italbrevetti ed alla ING Bank, in qualità di responsabile solidale, la restituzione di quanto percepito sin d'ora a titolo di incentivi, ovverosia la somma di € 2.173.805,11;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Gestore dei Servizi Energetici– G.S.E. s.p.a.;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 maggio 2018 il dott. Antonino Masaracchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso in decisione la ING Bank n.v., società di diritto olandese, ed il fallimento della Italbrevetti s.r.l. hanno domandato l’annullamento, previa sospensione cautelare, del provvedimento prot. n. 42081, del 24 maggio 2017, con il quale il Gestore dei Servizi Energetici– G.S.E. s.p.a. ha disposto la decadenza dagli incentivi che, nella forma della c.d. tariffa fissa omnicomprensiva (prevista dall’art. 2, comma 145, della legge n. 244 del 2007), erano stati in passato riconosciuti in favore della società Italbrevetti (e, quindi, da questa ceduti alla banca odierna ricorrente) per la produzione di energia dall’impianto idroelettrico denominato Soliera Apuana , situato in Fivizzano (MS).
Nella motivazione dell’atto di decadenza il Gestore – premesso che, in data 5 novembre 2009, l’impianto de quo aveva ottenuto il riconoscimento della qualifica di IAFR (Impianto Alimentato da Fonti Rinnovabili), ai sensi del d.m. 18 dicembre 2008 (“ Incentivazione della produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili, ai sensi dell'articolo 2, comma 150, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 ”), e che l’impianto era entrato in esercizio in data 25 gennaio 2012, come da comunicazione dello stesso soggetto titolare – ha rappresentato che, all’esito di un procedimento di controllo, sarebbe emersa una circostanza ostativa al godimento degli incentivi: il titolare dell’impianto, invero, aveva già ottenuto (in data 27 aprile 2010) un contributo in conto capitale pari ad euro 2.116.968,00, nel quadro dei contributi regionali di cui “ al Bando della Regione Toscana POR/ FERS 2007-2013 Annualità 2007-10 ”, di conseguenza ricadendosi nel divieto di cumulo di cui all’art. 2, comma 152, della legge n. 244 del 2007. Nella fattispecie, il GSE ha quindi rilevato la sussistenza di una “violazione rilevante” ai sensi dell’art. 11, comma 1, e dell’Allegato n. 1, lett. a , j , del d.m. 31 gennaio 2014 (recante “ Attuazione dell'articolo 42 del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28, sulla disciplina dei controlli e delle sanzioni in materia di incentivi nel settore elettrico di competenza del Gestore dei Servizi Energetici GSE S.p.a. ”).
I ricorrenti hanno anche impugnato la successiva nota prot. n. 53877, dell’11 luglio 2017, con cui il GSE ha loro ingiunto il pagamento di euro 2.173.805,11, a titolo di restituzione degli incentivi già erogati. Questi, in diritto, i motivi a sostegno del gravame:
- nullità dell’atto di decadenza per “errata identificazione dei destinatari” e per violazione dei principi di partecipazione e di contraddittorio nel procedimento amministrativo: ciò, in quanto detto atto non è stato notificato all’istituto bancario (odierno ricorrente) cessionario degli incentivi;
- violazione e falsa applicazione dell’art. 2, comma 152, della legge n. 244 del 2007;eccesso di potere per travisamento dei fatti, inadeguatezza ed errore nei presupposti: ciò, in quanto la ratio dei due aiuti economici sarebbe “totalmente diversa”, la tariffa omnicomprensiva premiando “la produzione, intesa come attività produttiva di energia da fonti rinnovabili immessa nel mercato”, mentre il finanziamento concesso dalla Regione Toscana sarebbe volto a sostenere “la realizzazione, intesa come materiale costruzione di centrali di produzione da fonti rinnovabili in un’ottica più ampia di tutela ambientale”;
- errata applicazione dell’art. 11, comma 1, del d.m. 31 gennaio 2014;eccesso di potere per irragionevolezza;
- violazione del principio di legittimo affidamento e dei principi di proporzionalità ed adeguatezza dell’azione amministrativa.
2. Si è costituito in giudizio il Gestore dei Servizi Energetici– G.S.E. s.p.a., in persona del direttore pro tempore della Direzione Affari Legali e Societari, inizialmente limitandosi al deposito di una memoria di mero stile.
Con ordinanza n. 4474 del 2017 questo TAR ha accolto la domanda cautelare.
Con ordinanza n. 4542 del 2017 il Consiglio di Stato, sez. IV, ha accolto l’appello proposto contro l’ordinanza cautelare di questo TAR e, per l’effetto, ha respinto l’istanza cautelare proposta in primo grado.
In vista della pubblica udienza di discussione, entrambe le parti hanno svolto difese, anche nella forma delle rispettive repliche.
Alla pubblica udienza del 16 maggio 2018, dopo breve discussione orale, la causa è stata trattenuta in decisione.
3. Il ricorso non è fondato.
Va anzitutto sgombrato il campo dalle censure formali di cui al primo motivo, riguardanti l’omessa notificazione dell’atto di decadenza all’istituto di credito cessionario degli incentivi ed alla conseguente sua mancata partecipazione al procedimento amministrativo. Titolari del rapporto di concessione delle tariffe incentivanti, nonché del connesso rapporto di convenzione, sono infatti esclusivamente il soggetto responsabile dell’impianto ed il Gestore, non venendo invece in rilievo, in questa prospettiva pubblicistica, la posizione del soggetto cessionario, il quale non doveva pertanto essere destinatario di alcuna comunicazione da parte del Gestore. Come questa Sezione ha già avuto modo di pronunciarsi, in casi analoghi al presente (cfr., tra le tante, TAR Lazio, Roma, questa sez. III- ter , sentt. n. 1239 e 3421 del 2017 e n. 12687 del 2016), l’atto di decadenza dagli incentivi non produce una lesione diretta ed immediata nella sfera giuridica della società cessionaria – salvi ovviamente i rapporti interni di quest’ultima con il soggetto cedente – non risultando nemmeno possibile ipotizzare una sostituzione soggettiva nell’esercizio della pretesa in via di surrogazione: ciò, atteso che con la contestazione dei presupposti della disposta decadenza viene in rilievo non il mero esercizio di un diritto di credito, quanto, più complessivamente, l’attivazione di una pretesa di stampo pubblicistico al conseguimento di benefici teleologicamente orientati in una prospettiva di interesse generale. Va qui aggiunto che, se è vero che l’istituto bancario aveva, nella specie, “riacquistato la titolarità giuridica della centrale” a seguito della risoluzione del contratto di locazione finanziaria in data 31 agosto 2016, è pur vero, però, che il soggetto titolare dell’impianto, come tale parte del rapporto pubblicistico con il GSE, è sempre rimasta la società che aveva in origine sottoscritto l’apposita convenzione, senza che sia mai stato effettuato alcun atto di voltura (come pure, nella specie, sarebbe stato astrattamente possibile).
Nel merito della fattispecie di decadenza, va osservato che, a norma dell’art. 2, comma 152, della legge n. 244 del 2007 (vigente ratione temporis ), sussiste un severo regime di cumulo tra gli incentivi erogati per la produzione di energia da fonte rinnovabile, ivi inclusa la c.d. tariffa fissa omnicomprensiva, con “ altri incentivi pubblici di natura nazionale, regionale, locale o comunitaria in conto energia, in conto capitale o in conto interessi con capitalizzazione anticipata assegnati dopo il 31 dicembre 2007 ” (la norma fa testualmente salvi solo gli impianti, di proprietà di aziende agricole o gestiti in connessione con aziende agricole, agro-alimentari, di allevamento e forestali, alimentati dalle fonti di cui al numero 6 della tabella 3 allegata alla stessa legge n. 244 del 2007, situazione che, tuttavia, non viene in rilievo per la presente fattispecie). L’assunto di parte ricorrente, secondo cui la cumulabilità doveva invece dirsi nella specie sussistente, potrebbe invero trovare appoggio nella previsione di cui all’art. 6, comma 4, del d.lgs. n. 115 del 2008 (disposizione, comunque, mai citata nel ricorso), a norma del quale – sulla premessa per cui “ gli strumenti di incentivazione di ogni natura attivati dallo Stato per la promozione dell'efficienza energetica, non sono cumulabili con ulteriori contributi comunitari, regionali o locali ” (così il precedente comma 3) – il cumulo veniva tuttavia eccezionalmente consentito solo per gli “ incentivi di diversa natura ” secondo modalità e “ nella misura massima individuata, per ciascuna applicazione, sulla base del costo e dell'equa remunerazione degli investimenti, con decreti del Ministro dello sviluppo economico ” (così il comma 4). Le condizioni in presenza delle quali il cumulo era (in tesi, all’epoca) eccezionalmente consentito, quindi, erano due: da un lato, la “diversità di natura” delle forme incentivanti;dall’altro lato, che risultasse adottato un decreto del Ministero dello Sviluppo Economico il quale, per il settore energetico considerato, avesse concretamente previsto le modalità di cumulo, rendendo così operativa la previsione di legge. Anche a voler ritenere che, in tesi, fosse nella specie soddisfatto il primo dei due requisiti (sulla scorta di quanto osservato dall’invocata sentenza del Consiglio di Stato, sez. V, n. 3949 del 2013, secondo cui i contributi regionali per la costruzione di un impianto di energia alimentato con fonti rinnovabili avrebbero una ratio diversa rispetto a quelli versati dal GSE attraverso il meccanismo delle “tariffe incentivanti” per la produzione di energia), mancherebbe tuttavia il secondo: per il settore energetico qui in considerazione, a differenza di quello fotovoltaico (oggetto della richiamata sentenza del Consiglio di Stato e per il quale, all’epoca, il d.m. 6 agosto 2010, all’art. 5, conformemente a quanto indicato dall’art. 6, comma 4, del d.lgs. n. 115 del 2008, aveva disciplinato i meccanismi di cumulabilità tra la tariffa incentivante per la produzione di energia con altri benefici e contributi pubblici finalizzati alla realizzazione dell’impianto), non è stato adottato alcun decreto del Ministero atto a formalizzare la cumulabilità, ed anzi il d.m. 18 dicembre 2008, all’art. 6, comma 1, è andato in direzione diametralmente opposta, laddove ha previsto che “ La domanda del produttore volta a ottenere gli incentivi di cui al presente decreto, per il primo anno è accompagnata da dichiarazione giurata con la quale il produttore attesta di non incorrere nel divieto di cumulo di incentivi di cui all'art. 18 del decreto legislativo n. 387/2003. La domanda del produttore volta a ottenere gli incentivi di cui al presente decreto per impianti alimentati da fonti rinnovabili, entrati in esercizio in data successiva al 31 dicembre 2008, per il primo anno è altresì accompagnata da dichiarazione giurata con la quale il produttore attesta di non incorrere nel divieto di cumulo di incentivi di cui all'art. 2, comma 152, della legge finanziaria 2008 ”. Nei confronti dell’impianto energetico de quo , pertanto, non poteva che applicarsi il generale divieto di cumulo con altre forme incentivanti previsto dalla norma generale di cui all’art. 2, comma 152, della legge n. 244 del 2007, correttamente applicata dal GSE.
Quanto appena esposto rende ragione della decadenza pronunciata dal GSE, anche a prescindere dall’ulteriore profilo posto a fondamento dell’atto impugnato, ossia il fatto che il soggetto responsabile avesse presentato, in sede di domanda di accesso agli incentivi, dati non veritieri o dichiarazioni false, rilevanti secondo quanto previsto dalla lettera a) dell’allegato n. 1 al d.m. 31 gennaio 2014 (cfr., in proposito, quanto sostenuto dalla ricorrente nell’ambito del terzo motivo). Né, conformemente alla giurisprudenza della Sezione, è in alcun modo individuabile, nella specie, un “legittimo affidamento” al mantenimento degli incentivi, solo a causa del lasso di tempo trascorso tra il riconoscimento della tariffa incentivante e l’avvio del procedimento di controllo: deve qui ribadirsi che l’art. 21- nonies della legge n. 241 del 1990, che detta le regole generali per l’esercizio della potestà di annullamento d’ufficio da parte della pubblica amministrazione (ivi compresa quella del c.d. “termine ragionevole”), non è automaticamente trasponibile alla fattispecie degli incentivi per la produzione di energia da fonti rinnovabili, essendo quest’ultima regolata, per tale ambito, dalla norma speciale di cui all’art. 42, comma 3, del d.lgs. n. 28 del 2011 che fonda un potere immanente di verifica della spettanza del diritto agli incentivi, potere che può sfociare in un provvedimento significativamente dalla norma denominato di “ decadenza ”, come tale non riconducibile alla generale potestà di autotutela ex art. 21- nonies della legge n. 241 del 1990 (cfr. quanto già affermato dalla Sezione, in specie nelle sentt. nn. 6647 e 11623 del 2016, e nn. 1819, 6205 e 9906 del 2017).
Non è, infine, fondato l’ultimo profilo di censura (sviluppato nell’ambito del quarto motivo) con cui si è lamentato il mancato rispetto del termine per la conclusione del procedimento di verifica (di cui all’art. 10 del d.m. 31 gennaio 2014), posto che, come già in passato statuito da questa Sezione, quel termine non assume natura perentoria (cfr. TAR Lazio, Roma, questa sez. III- ter , sent. n. 9269 del 2015).
4. Sussistono comunque giusti motivi, in ragione del complessivo andamento della presente causa, per compensare tra le parti le spese di lite.