TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2010-11-02, n. 201033110

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 2T, sentenza 2010-11-02, n. 201033110
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201033110
Data del deposito : 2 novembre 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 16357/1994 REG.RIC.

N. 33110/2010 REG.SEN.

N. 16357/1994 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Seconda Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 16357 del 1994, proposto da:
Soc Criba Agricola, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avv. G P, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Oslavia, 12;

contro

Comune di Roma, in persona del Sindaco in carica, rappresentato e difeso dall'avv. A M, con domicilio eletto in Roma, via del Tempio di Giove, 21 presso la sede dell’Avvocatura comunale;

per l'annullamento

- dell’ingiunzione n. 339 del 22 marzo 1994 di pagamento della sanzione pecuniaria per la realizzazione opere abusive, pari a 186 milioni di vecchie Lire.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Roma;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 ottobre 2010 il Primo Ref. Daniele Dongiovanni e uditi, ai preliminari, l’avv. Pallottino per la ricorrente e l’avv. Rizzo, in sostituzione dell’avv. Magnanelli, per il Comune resistente;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente ha impugnato, per l’annullamento, l’ingiunzione n. 339 del 22 marzo 1994 con cui il Comune di Roma ha ingiunto, ai sensi dell’art. 10 della legge n. 47/1985, il pagamento della sanzione pecuniaria di 186 milioni di vecchie Lire per aver realizzato opere abusive nell’immobile sito in Roma, via Quarto Annunziata n. 47, consistenti nella costruzione di una recinzione in muratura e di due piazzole di 1000 mq da adibire a parcheggio.

Avverso tale atto, la ricorrente ha proposto i seguenti motivi:

1) violazione dell’art. 21 della legge n. 1034/1971.

Il manufatto abusivo è stato già oggetto di un ordine di demolizione che, tuttavia, è stato sospeso dal

TAR

Lazio (ordinanza n. 418/86 in ricorso iscritto al RG n. 1877/1986).

In ragione di ciò, l’atto impugnato non avrebbe dovuto essere adottato;

2) violazione dell’art. 10 della legge n. 47/1985 in relazione alla sanzione pecuniaria.

Il Comune, nell’irrogare la sanzione pecuniaria, ha dimenticato che la ricorrente è titolare del titolo edilizio e che, comunque, ha presentato domanda di concessione in sanatoria in data 27 settembre 1986 (n. 0195734).

In pendenza del procedimento di sanatoria, le opere di che trattasi non possono definirsi abusive;

3) violazione degli artt. 7 e 9 della legge n. 47/1985 in relazione al tempo di riferimento della sanzione.

Le opere ritenute abusive vanno, poi, qualificate come lavori di “ristrutturazione”, ai sensi dell’art. 31 della legge n. 457/1978.

Da ciò deriva che va applicato l’art. 9 della legge n. 47/1985 e non il successivo art. 10 e, pertanto, il parametro di valore per calcolare la sanzione pecuniaria (da applicare quando non è possibile il ripristino dello stato dei luoghi) deve essere riferito “alla data di ultimazione dei lavori” e non a quella di adozione della sanzione stessa;

4) violazione della legge n. 1150/1942 e del regolamento edilizio del Comune di Roma in relazione alle opere soggette a concessione o autorizzazione.

La legge n. 1150/1942, come l’art. 1 del Regolamento edilizio del Comune di Roma, elenca tutti gli interventi soggetti al previo rilascio della concessione edilizia.

Livellare un terreno e porre uno strato di cemento per realizzare un parcheggio sono interventi non riconducibili tra le opere che richiedono il previo rilascio della concessione edilizia.

Il provvedimento impugnato è stato, quindi, adottato in assenza dei presupposti di legge;

5) straripamento di potere in relazione alle concessioni già rilasciate.

Nel 1979 e nel 1981, il Comune di Roma aveva rilasciato due concessioni edilizie riguardanti la ristrutturazione dell’edificio della ricorrente e, nel progetto, era prevista la realizzazione della recinzione e del parcheggio.

Si è costituito in giudizio il Comune per resistere al ricorso.

Con ordinanza n. 287/1995, è stata respinta la domanda di sospensiva.

In prossimità della trattazione del merito, le parti hanno depositato memorie.

La ricorrente ha insistito per l’accoglimento del gravame o, in subordine, per l’improcedibilità essendo ancora pendenti due procedimenti di condono (il primo del 1986 n. 195734 ed il secondo del 30 marzo 1995 n. 65477).

Anche il Comune di Roma ha chiesto la declaratoria di improcedibilità per sopravvenuta carenza di interesse per la stessa ragione rappresentata dalla ricorrente.

Alla pubblica udienza del 14 ottobre 2010, la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.


DIRITTO

1. Il ricorso in esame va dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse, come peraltro richiesto dalle parti con le memorie depositate in vista della pubblica udienza.

1.1 Al riguardo, va precisato che la sanzione irrogata dal Comune resistente costituisce, al pari dell’ordine di demolizione in caso di opere abusive analizzate in assenza di concessione edilizia, la reazione dell’ordinamento, quando non sia possibile il ripristino dello stato dei luoghi, all’esecuzione di altrettante opere abusive soggette, invece, al regime dell’autorizzazione edilizia (ora, non più prevista).

Ciò premesso, con riferimento a tale tipologia sanzionatoria di carattere pecuniario, valgono le medesime conseguenze sul piano processuale, nel caso in cui risulti pendente un procedimento di condono edilizio avente ad oggetto opere abusive realizzate in assenza di concessione edilizia e per le quali sia stato adottato l’ordine di demolizione.

1.2 Ciò posto, il Collegio, atteso che, nel 1986 e, poi, (per mero scrupolo della ricorrente) nel 1995, sono state presentate due istanze per il rilascio del provvedimento di condono, ritiene di dover dichiarare l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse, così aderendo all’indirizzo giurisprudenziale secondo cui la presentazione di un'istanza di sanatoria per opere edilizie già oggetto di provvedimenti sanzionatori determina l'improcedibilità del gravame proposto nei confronti di questi ultimi, e ciò in quanto la ricorrente non può avere alcun interesse a coltivare un gravame concernente misure che - all'esito del procedimento di sanatoria – dovranno essere sostituite con un nuovo provvedimento sanzionatorio ovvero dal titolo edilizio rilasciato in sanatoria (

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