TAR Bolzano, sez. I, sentenza 2010-05-31, n. 201000157
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Testo completo
N. 00157/2010 REG.SEN.
N. 00426/1997 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa
sezione autonoma di Bolzano
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 426 del 1997, proposto da:
F A, rappresentato e difeso dagli avv.ti M S e C S, con domicilio eletto presso l’avv. M S, in Bolzano, Viale Stazione, n. 5;
contro
Comune di Bolzano, rappresentato e difeso dagli avv. M C e S G, con domicilio eletto presso l’Avvocatura comunale, in Bolzano, Piazza Walther, n. 1;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
1) del provvedimento dd. 5.9.1997 prot. n. 24942 avente ad oggetto: “domanda di condono edilizio ai sensi della L.P. n. 15 dd. 22.6.1995, prat. n. 389/95/C”;
2) del provvedimento dd. 5.9.1997 prot. n. 24942 avente ad oggetto: “domanda di condono edilizio ai sensi della L.P. n. 15 dd. 22.6.1995, prat. n. 390/95/C”;
3) del parere della commissione edilizia espresso in seduta del 7.8.1997 come da verbale della riunione n. 966 e rispettivamente n. 967.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di Bolzano;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 24 marzo 2010 il consigliere Luigi Mosna e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
In data 26.10.1995 il geom. F A, unitamente alla società Schönhuber Franchi S.r.l., presentava due domande di concessione in sanatoria, ai sensi della L.P. n. 15 dd. 22.6.1995 (cd. condono edilizio) per l’avvenuta costruzione abusiva di cavedi realizzati nelle pp.eed. 217 e 218 C.C. Bolzano.
Con provvedimento dd. 5.9.1997, prot. n. 24942 il Sindaco del Comune di Bolzano rigettava la domanda, relativamente ai cavedi n. 3, 4 e 5, mentre con provvedimento di pari data, prot. n. 24943, veniva respinta l’istanza avente ad oggetto i cavedi n. 1, 2 e 6.
Entrambi i dinieghi, unitamente ad altri atti – meglio precisati in epigrafe - vengono aggrediti con il ricorso all’esame, il cui esito è affidato ai seguenti motivi:
1) “Violazione e falsa applicazione degli artt. 11, 13 e16 L.R. 31.07.1993 n. 13 (norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi)”;
2) “Violazione e falsa applicazione dell’art. 1, punto 2, lettera a) della L:P: 22.06.1995, n. 15, anche con riferimento all’art. 873 c.c.;eccesso di potere per travisamento dei fatti e per contraddittorietà con accertamenti compiuti da parte dell’amministrazione provinciale e per insufficienza di motivazione, violazione dell’art. 5 L.R- n. 13/1993”.
Si è costituito in giudizio il Comune di Bolzano, resistendo alle pretese del ricorrente.
Alla pubblica udienza del 24.03.2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il gravame è infondato e va, conseguentemente, respinto.
Con il primo motivo si lamenta, innanzitutto, la mancata comunicazione al ricorrente dell’avvio del procedimento amministrativo.
Nel caso di specie, il procedimento è iniziato su istanza, anche, del ricorrente, mentre la previsione “dell’obbligo di dare avviso dell’inizio del procedimento amministrativo presuppone che l’interessato ignori l’esistenza del procedimento stesso” (T.R.G.A. di Bolzano, sent. del 05.06.2000, n.167);pertanto, si deve ritenere che, in una ottica sostanzialistica dell’obbligo di comunicazione dell’avvio procedimentale, le due domande di concessione in sanatoria, sottoscritte anche dal geom. F, fossero sufficienti a rendere partecipe lo stesso dell’intervenuto inizio del relativo procedimento, pur nella riscontrata mancanza di un ulteriore requisito dell’avvio procedimentale, quale la indicazione del responsabile del procedimento;tuttavia, per giurisprudenza consolidata, tale indicazione non viene ritenuta idonea a determinare la illegittimità successiva del provvedimento conclusivo del procedimento stesso.
Ed infatti, anche in considerazione della circostanza che l’orientamento giurisprudenziale, condiviso sul punto, si fonda proprio sulla necessità di assicurare all’interessato la possibilità di intervenire nel procedimento - di cui ha avuto conoscenza anche aliunde - nel caso, una distinta comunicazione di avvio del procedimento è da ritenersi superflua.
Parimenti priva di pregio è la doglianza concernente la pretesa violazione e falsa applicazione dell’art 13 L.R. 31.07.1993 n. 13, che, all’epoca dei contestati dinieghi, nei procedimenti ad istanza di parte, prevedeva l’obbligo dell’Amministrazione a comunicare “tempestivamente agli interessati i motivi che ostano all’accoglimento della domanda”, prevedendo per gli stessi, tra l’altro, “il diritto di presentare per iscritto le loro osservazioni, eventualmente corredate da documenti”.
Al riguardo, si osserva che, nel caso, non pare pertinente il richiamo al precitato art. 13, in quanto il procedimento relativo alla L.P. n. 15 dd. 22.6.1995 (cd. condono edilizio) deve essere considerato come un “procedimento atipico”, in quanto eccezionale e non usuale;del resto, valga la considerazione che, nella fattispecie, tenuto conto della natura vincolata del potere esercitato dal Comune - considerata la normativa urbanistica all’epoca vigente – non può ritenersi che il contraddittorio endoprocedimentale attivato con il “preavviso” avrebbe potuto comunque incidere sul contenuto del provvedimento.
Va infatti rilevato che, come si dirà appresso, l’Amministrazione non poteva che determinare il diniego del condono edilizio per le opere di cui si discute.
Il rilievo non merita, quindi, accoglimento.
Con il secondo motivo si contesta che, ai sensi dell’art.1, punto 2, lettera a) della L.P. 22.06.1995, n. 15, non possano essere considerate insanabili delle opere che “non rispettano le distanze dalle costruzioni secondo il codice civile”, come si rinviene nella parte motiva di entrambi i provvedimenti sindacali di rigetto.
A tal fine si deduce che le norme richiamate dichiarino non condonabili le opere che “non rispettano le distanze stabilite dallo strumento urbanistico approvato ed adottato” e non quelle distanze prescritte dal codice civile.
La censura non convince.
Invero gli immobili interessati ai lavori abusivi si trovano in Bolzano, Via Dr, Streiter n. 45-45/A, ossia in zona A1- Centro storico, ove il Piano urbanistico comunale, all’art.10, prevede che: “il rilascio delle concessioni è subordinato alle leggi vigenti in materia rispettivamente al piano di recupero approvato”.
Quest’ultimo, infatti, non prescrive il rispetto di distanze, di parametri e di indici particolari – come, ad es. avviene per altre zone residenziali, ove viene stabilita la distanza di dieci metri – ma richiede espressamente l’osservanza anche delle “leggi vigenti in materia”, che sono,anche, le disposizioni del codice civile.
Non convince, infine, il preteso travisamento dei fatti e la contraddittorietà con accertamenti compiuti da parte dell’amministrazione provinciale, per avere quest’ultima, a dire del ricorrente, riconosciuto che almeno i tre cavedi contraddistinti con i numeri 3, 4 e 5, rispettano le distanze stabilite dal codice civile.
Il richiamo si riferisce alla delibera della Giunta provinciale n. 1587 del 23.3.2004, agli atti.
In essa, peraltro, la Giunta non accerta espressamente che i cavedi con i numeri 3, 4 e 5 rispettino le distanze stabilite dal codice civile.
Conseguentemente il diniego, in entrambi i provvedimenti impugnati, deve ritenersi legittimamente adottato.
In conclusione il ricorso non è meritevole di accoglimento e va, quindi, rigettato.
Le spese di lite seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.