TAR Torino, sez. II, sentenza breve 2010-04-29, n. 201002114

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Torino, sez. II, sentenza breve 2010-04-29, n. 201002114
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Torino
Numero : 201002114
Data del deposito : 29 aprile 2010
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 00015/2010 REG.RIC.

N. 02114/2010 REG.SEN.

N. 00015/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

ex art. 21 e 26 della legge 1034/71 e successive modifiche e integrazioni,
Sul ricorso numero di registro generale 15 del 2010, proposto da:
BRUNO NIGRA, rappresentato e difeso dall'avv. C R, con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Torino, corso Ferrucci, 46;

contro

MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino presso la quale domicilia in corso Stati Uniti n. 45;

per l'annullamento

previa sospensione dell'efficacia,

del decreto del Ministro dell'Interno 557/PAS.7119.10171.81(163) del 15/10/2009 di reiezione del ricorso gerarchico 10/10/2008 avverso il decreto del prefetto di Torino n. 17897/D Area I Ter emesso il 30/9/2008.


Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;

Vista la memoria difensiva dell’amministrazione resistente;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 marzo 2010 il dott. Antonino Masaracchia e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Avvisate le stesse parti ai sensi dell'art. 21 decimo comma della legge n. 1034/71, introdotto dalla legge n. 205/2000;


FATTO E DIRITTO

Ritenuto che, con decreto prot. n. 17897/D Area I/ter, del 30 settembre 2008, il Dirigente l’Area 1/ter della Prefettura della Provincia di Torino ha stabilito che nei confronti del sig. B N, “è vietata la detenzione di qualsiasi tipo di arma e di munizione”;

che tale divieto è stato adottato sulla base della segnalazione proveniente, in data 12 giugno 2008, dalla Questura di Torino, nella quale si riferiva che le armi e le munizioni regolarmente detenute dal sig. Nigra erano state acquisite, in via cautelativa, dal locale Commissariato di P.S. “Centro”, in data 17.11.2007 “in quanto il figlio convivente,

NIGRA

Giuseppe, risulta affetto da patologie di natura psico-fisica nonché seguito dal servizio di Igiene Mentale dell’ASL n. 1”, con l’ulteriore precisazione che “il sig.

NIGRA

Giuseppe ha espresso minacce nei confronti dei famigliari”;

che, avverso il menzionato decreto prefettizio, il sig. B N ha presentato ricorso gerarchico il 10.11.2008 al Ministro dell’Interno, il quale l’ha respinto con decreto del Sottosegretario di Stato n. 557/PAS.7119.10171.81 (163), del 15 ottobre 2009;

che, nel citato decreto ministeriale, si rileva che “il figlio del ricorrente, ritenuto capace di abusare delle armi, potrebbe entrare in possesso di quelle eventualmente detenute dal padre”, che “per tali motivi, l’interessato non possiede più i requisiti di legge per la detenzione di armi e munizioni né offre sufficiente affidamento per una corretta custodia delle medesime armi in suo possesso né garantisce in ordine al fatto che altri possa abusarne”;

che “l’impugnato provvedimento è stato adottato dal Prefetto a scopo cautelativo, in base al potere discrezionale attribuitogli dalla legge nel valutare il pubblico interesse e la pubblica incolumità, prevalenti sull’interesse privato del ricorrente alla detenzione di armi”;

che, avverso il decreto ministeriale che ha respinto il ricorso gerarchico, il sig. B N ha presentato rituale ricorso a questo TAR, domandandone l’annullamento previa concessione di misure cautelari;

che, con un primo motivo di gravame (rubricato: “Eccesso di potere – assenza di istruttoria – omessa valutazione degli argomenti a difesa – difetto di motivazione”), il ricorrente sostiene che le “precauzioni” prese dalla Questura nei suoi confronti “già in quel momento (novembre 2008) non avevano più ragione di esistere”, perché il sig. G N “già dal 2005 non era più convivente con i genitori [...] ed era quindi nell’impossibilità materiale di accedere alle armi”, sussistendo attualmente “la quasi assoluta certezza che il N G non possa aver accesso alle armi, in quanto risiede stabilmente presso una Comunità a grande distanza da casa, dove è controllato oltre che dagli operatori anche dalle Forze dell’Ordine”;

che, con un secondo motivo di gravame (rubricato: “Eccesso di potere, erronea interpretazione dell’art. 39, R.D. 18/6/1931 n. 773”), si evidenzia che “è assolutamente pacifico che il proprietario – nonché detentore delle armi (B N) – non si trovi soggettivamente nella situazione prevista” dall’art. 39 del r.d. n. 773 del 1931 (norma che conferisce al Prefetto la facoltà di vietare la detenzione di armi “alle persone ritenute capaci di abusarne”), posto che “colui che avrebbe minacciato di ‘abusare’ delle armi, è stato invero il figlio del ricorrente, N G”;

che si è costituito in giudizio il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, chiedendo genericamente il rigetto del ricorso;

che, a seguito di ordinanza istruttoria di questo TAR, n. 54/i/2010, l’Avvocatura ha depositato in giudizio un rapporto informativo redatto dalla Prefettura di Torino insieme ad altri documenti;

che, nel rapporto informativo, la Prefettura riferisce che, in base alla già citata segnalazione della Questura del 12 giugno 2008, il figlio convivente del ricorrente “risultava avergli sottratto tre violini, per poi rivenderli” ed ha altresì “espresso minacce nei confronti dei genitori”;

che, “con particolare riguardo alla cessata convivenza con il figlio”, la Prefettura riferisce di aver acquisito, in data 6 aprile 2009, “ulteriore parere della Questura di Torino”, secondo il quale, nonostante il venir meno della convivenza, non sussisterebbero “elementi sufficienti per rivedere il giudizio negativo precedentemente espresso”, anche perché “l’‘inevitabilità’ della frequentazione del figlio, stante il legame familiare, può essere elevata ad elemento giustificativo del possesso di armi, in considerazione della finalità preventiva di possibili pregiudizi alla sicurezza ed all’incolumità delle persone”;

che, con memoria depositata il 16 marzo 2010, l’Avvocatura dello Stato ha precisato le proprie difese, rilevando che “l’attuale ricorrente non può certo essere considerato persona che dia affidamento di non abusare delle armi”, presupponendo il giudizio di affidabilità di cui all’art. 39 del r.d. n. 773 del 1931 “un assoluto equilibrio psico-fisico” e dovendosi ritenere “estremamente pericoloso lasciare delle armi da fuoco in abitazioni o luoghi in cui accadono o potranno accadere in futuro vicende di violenza, furti o minacce tra membri della stessa famiglia”;

Considerato che il ricorso è manifestamente infondato;

che, infatti, come già ritenuto da questa Sezione, il potere riconosciuto in capo all’Autorità di vietare la detenzione di armi persegue il fine di tutela dell'ordine pubblico, non solo in caso di accertata lesione, ma anche in caso di pericolo di lesione, dovendosi assicurare che l’interessato garantisca, per la sua ordinaria condotta di vita, la sicura affidabilità circa il buon uso delle armi (TAR Piemonte, sez. II, n. 2507 del 2009);

che, peraltro, nel nostro ordinamento non sono previste e tutelate posizioni di diritto soggettivo in ordine alla detenzione e al porto di armi, costituendo, anzi, tali situazioni delle eccezioni al divieto di portare armi di cui all’art. 669 c.p. e all’art. 4, comma 1, della legge n. 110 del 1975, così come affermato anche dalla Corte costituzionale nella sent. n. 440 del 1993 (cfr. anche TAR Piemonte, sez. II, n. 201 del 2010);

che, inoltre, alla luce del potere ampiamente discrezionale attribuito all’autorità di pubblica sicurezza, la motivazione del provvedimento inibitorio non richiede una particolare ostensione dell’apparato giustificativo e può essere sindacata dal giudice amministrativo solo limitatamente alla individuazione di eventuali profili di manifesta irrazionalità o arbitrarietà (TAR Piemonte, sez. II, n. 3245 del 2009);

che, nel caso che occupa, non è dato ravvisare alcun profilo di manifesta irrazionalità o arbitrarietà nel divieto impugnato, non apparendo irragionevole ritenere che una situazione di grave tensione familiare possa indurre ad un abuso delle armi, anche soltanto con finalità latamente difensive (TAR Piemonte, sez. II, n. 3245 del 2009), “in considerazione della finalità preventiva di possibili pregiudizi alla sicurezza ed all’incolumità delle persone” (come si esprime la Questura nel parere del 6 aprile 2009);

che, pertanto, non è dato rinvenire, nella presente fattispecie, alcuna erronea interpretazione dell’art. 39 del r.d. n. 773 del 1931, come lamentato dal ricorrente con il secondo motivo di gravame;

che, peraltro, non sussiste nemmeno il lamentato difetto di istruttoria, posto che l’amministrazione ha dimostrato di aver tenuto conto della circostanza che il figlio non convive più con il ricorrente, come emerge dal citato parere negativo reso dalla Questura in data 6 aprile 2009;

che, del resto, come correttamente argomentato dalla Questura in detto parere, la situazione di pericolo non può ritenersi esclusa per il semplice fatto che il figlio del ricorrente non conviva più con i genitori, posto che non può a priori escludersi che, in futuro, il figlio possa recarsi a fare loro visita (si vd., ancora, TAR Piemonte, sez. II, n. 3245 del 2009);

che, pertanto, il presente ricorso può essere deciso, essendo state sentite sul punto le parti costituite, con sentenza succintamente motivata, ricorrendo tutti i presupposti di cui all’art. 21, comma 10, della legge n. 1034 del 1971;

che le spese seguono la soccombenza e sono da liquidarsi, equitativamente, in Euro 1.000,00 (mille/00);

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