TAR Firenze, sez. II, sentenza 2023-02-27, n. 202300220

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Firenze, sez. II, sentenza 2023-02-27, n. 202300220
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Firenze
Numero : 202300220
Data del deposito : 27 febbraio 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/02/2023

N. 00220/2023 REG.PROV.COLL.

N. 01362/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana

(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1362 del 2018, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati M M e F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

il Ministero dell'Interno in persona del Ministro pro tempore , rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato presso la quale è domiciliato ex lege in Firenze, via degli Arazzieri 4;

per l'annullamento

- del Decreto del Questore Cat. -OMISSIS-, notificato al ricorrente in data 21.6.2018, recante sospensione della licenza di porto di fucile per uso caccia n.-OMISSIS- e di ogni altro atto presupposto, connesso e conseguente, e in particolare della nota prot. Cat.

6-F/18 Div. P.A.S.I. del 31.1.2018 della Questura di Massa Carrara di avvio del procedimento di “sospensione/revoca” della licenza di porto di fucile per uso caccia intestata all'odierno ricorrente.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 febbraio 2023 il dott. Alessandro Cacciari;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il Questore di Massa Carrara, con decreto 6 giugno 2018, ha sospeso la licenza di porto fucile per uso caccia all’odierno ricorrente poiché l’11 ottobre 2017, a seguito di una lite originata dal suo accesso in una proprietà privata nel corso di una battuta di caccia, si sarebbe reso responsabile di minaccia aggravata con l’uso di armi puntando il fucile da caccia sulla proprietaria del fondo, tale Sig.ra -OMISSIS-, e sul suo cane. L’Amministrazione, nell’atto, si riserva esplicitamente la possibilità di riesame al termine del procedimento penale che lo interessa.

Il provvedimento è stato impugnato con il presente ricorso deducendo, con primo motivo, che sebbene qualificato come sospensione esso consisterebbe in una revoca a tempo indeterminato, senza richiamare alcun processo penale specifico al quale la sua esecutività sarebbe subordinata pur dando atto che, al suo termine, sarebbe possibile il riesame. Non si comprende, quindi, a quale “procedimento penale” si faccia riferimento. Il provvedimento sarebbe qualificabile quindi nei termini di una sospensione a tempo indeterminato adottata in violazione dell’art. 21 quater, comma 2, della legge 7 agosto 1990 n. 241.

In via subordinata il ricorrente lamenta che la sospensione sia stata adottata a distanza di otto mesi dal fatto e anche dalla presentazione della denuncia, avvenuto il 15 ottobre 2017, e non sono state considerate circostanze a lui favorevoli come la richiesta di archiviazione formulata dal Pubblico Ministero presso la Procura di Massa il 3 aprile 2018, due mesi prima dell’emanazione del provvedimento stesso.

Con terzo motivo, in ulteriore subordine, lamenta carenza di istruttoria poiché il provvedimento impugnato sarebbe fondato solo sulle dichiarazioni della persona offesa ma la mera denuncia, tuttavia, non sarebbe idonea a fondare un provvedimento di sospensione o revoca del porto d’armi. Non sussisterebbe alcuna gravità nei fatti denunciati, che sarebbero consistiti in un banale litigio nel contesto di una sostanziale aggressione verbale da parte della persona che ha sporto denuncia.

Si è costituita con memoria di stile l’Avvocatura dello Stato per il Ministero dell’Interno chiedendo la reiezione del ricorso.

Con ordinanza 15 novembre 2018, n. 692, è stata respinta la domanda cautelare.

All’udienza del 21 febbraio 2023 la causa è stata trattenuta in decisione.

2. I fatti di causa, descritti nella richiesta di archiviazione formulata dal Pubblico Ministero in ordine al reato di minaccia aggravata per il quale il ricorrente era stato deferito all’Autorità Giudiziaria, si sono svolti come segue.

Il ricorrente, durante una battuta di caccia, si trovava a passare in una strada privata di pertinenza di un fondo in proprietà di altra persona il cui cane, alla sua vista, ha iniziato ad abbaiare avvicinandosi. Questi ha allora puntato il fucile verso il cane e la -OMISSIS-, per paura che potesse esplodere dei colpi in direzione dell’animale, ha raccolto e lanciato una pietra verso di lui. Questi allora ha puntato l’arma all’indirizzo della donna stessa, e dopo un breve diverbio si è allontanato. Nella richiesta di archiviazione si dà atto che non sussistono gli estremi del reato di invasione di terreni, soprattutto per la mancanza dell’intenzione di occupare il terreno per trarne profitto, mentre la minaccia è stata ritenuta di particolare tenuità in quanto posta in essere in un contesto di litigio occasionale.

Il Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Massa, con provvedimento n.-OMISSIS- ha accolto la richiesta di archiviazione.

Tanto premesso, il ricorso è infondato come già rilevato in sede cautelare.

Il primo motivo di doglianza deve essere respinto poiché il ricorrente mostra di avere ben compreso quale sia il procedimento penale cui il provvedimento si riferisce, e che quest’ultimo è stato adottato non ai sensi della l. 241/1990 ma dell’art. 10 del Regio decreto 18 giugno 1931, n. 773. Il richiamo alla prima normativa è quindi inconferente.

Quanto al secondo motivo, il procedimento è stato avviato il 31 gennaio 2018, avendo avuto notizia del fatto il 25 gennaio 2018, con comunicazione di avvio del procedimento e la sospensione è stata adottata il 6 giugno 2018. I tempi occorsi per l’emanazione del provvedimento impugnato non appaiono quindi irragionevoli.

Venendo al terzo motivo è da dire che lo svolgimento dei fatti posti a base del provvedimento impugnato, in particolare l’avere rivolto il fucile verso la proprietaria del fondo nel quale il ricorrente era entrato, non sono negati nella richiesta di archiviazione del procedimento penale e la loro sussistenza è sufficiente a costituire ragionevole motivazione del provvedimento stesso. Occorre in proposito ribadire quanto affermato da questa Sezione, con giurisprudenza costante. L’ordinamento prevede un generale divieto di girare armati che può essere derogato su espressa disposizione autorizzativa della Pubblica Autorità, in base ad una valutazione prognostica circa il corretto uso delle armi da parte dell’interessato. Il giudizio prognostico da porre a fondamento del diniego di usare armi è più stringente del giudizio di pericolosità sociale o di responsabilità penale, atteso che il divieto può essere adottato anche in base a situazioni che non hanno dato luogo a condanne penali o a misure di pubblica sicurezza, e che perfino non costituiscono reato. Si tratta di un giudizio con margini ampi di discrezionalità che può essere sindacato in sede giudiziale solo per evidente travisamento, o manifesta illogicità, o irragionevolezza e prescinde da una valutazione circa l’attribuibilità all’interessato dei fatti ritenuti ostativi e da un esame delle relative responsabilità in proposito. Ciò che rileva è unicamente una valutazione prognostica in ordine alla probabilità che il rilascio, o il mantenimento, dei titoli autorizzativi in materia di armi in capo a un determinato soggetto possa cagionare fatti antigiuridici così come incidenti involontari (T.A.R. Toscana II, 14 novembre 2022 n. 1305).

In applicazione di tali principi deve ritenersi che correttamente l’Amministrazione abbia valutato che il ricorrente, stante lo svolgimento dei fatti, non offrisse garanzie necessarie in ordine all’affidabilità nell’uso delle armi disponendo la sospensione del relativo titolo, fino a che le circostanze fattuali non fossero chiarite con la definizione del procedimento penale.

Il ricorso è quindi infondato.

Ciò posto, deve aggiungersi che la stessa Amministrazione si è riservata la possibilità di riesaminare provvedimento al termine di detto procedimento penale. Quest’ultimo è stato archiviato e, pertanto, deve ritenersi concluso. Ne segue che su istanza del ricorrente (se e in quanto proposta) l’Amministrazione dovrà definire il rapporto giuridico di cui si tratta, restituendo il titolo al ricorrente oppure adottando un provvedimento definitivo di ritiro.

Per le suddette ragioni, il ricorso deve quindi essere respinto. Le spese processuali possono tuttavia essere compensate tra le parti in ragione della peculiarità della fattispecie.

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