TAR Venezia, sez. III, sentenza 2023-04-24, n. 202300534

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Venezia, sez. III, sentenza 2023-04-24, n. 202300534
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Venezia
Numero : 202300534
Data del deposito : 24 aprile 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 24/04/2023

N. 00534/2023 REG.PROV.COLL.

N. 00971/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto

(Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 971 del 2022, proposto da
I Italia S.p.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati F P, V M, F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Andrea Giuman in Venezia, Piazzale Roma - S. Croce 466/G;

contro

Comune di San Zenone degli Ezzelini, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato G S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

nei confronti

Agenzia Regionale per la Prevenzione e Protezione Ambientale del Veneto, non costituita in giudizio;

per l'annullamento

- del provvedimento del Comune di San Zenone degli Ezzelini prot. n. 6957 del 24 maggio 2022, avente ad oggetto “Diniego autorizzazione installazione infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici”;

- del provvedimento del Comune di San Zenone degli Ezzelini prot. n. 6473 del 13 maggio 2022, avente ad oggetto “Comunicazione preavviso di rigetto”;

- degli artt. 4, 7, 9 e 10 del Regolamento per gli impianti fissi di telefonia mobile, approvato con deliberazione del Consiglio Comunale di San Zenone degli Ezzelini n. 9 del 7 aprile 2015;

- della deliberazione di Giunta Comunale di San Zenone degli Ezzelini n. 32 dell'11 maggio 2022;

-dell'Ordinanza del Sindaco del Comune di San Zenone degli Ezzelini n. 14 del 9 maggio 2020;

-dell'art. 75 delle Norme Tecniche Operative del Piano degli Interventi del Comune di San Zenone degli Ezzelini.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di San Zenone degli Ezzelini;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 gennaio 2023 il dott. Alessio Falferi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Con ricorso depositato in data 22.7.2022, I Italia SpA (di seguito solo “I”), società autorizzata dal Ministero dello Sviluppo Economico per la fornitura di reti e servizi di comunicazioni elettroniche in qualità di Mobile Network Operator, per quanto qui rileva, ha esposto quanto segue:

-in data 17.2.2022 Iiad presentava al Comune di San Zenone degli Ezzelini e all’ARPAV un’istanza ex art. 44 D.Lgs. n. 259/2003 per l’installazione di una stazione radio base per rete di telefonia mobile (SRB), in via Marini, Foglio 13, Mappale 1014 del NCT;

-in data 4.3. 2022, ARPAV rilasciava parere tecnico favorevole che accertava il rispetto dei limiti alle emissioni elettromagnetiche previsti dal d.P.C.M. 18 luglio 2003;

-con nota del 13.5.2022 il Comune comunicava, ex art. 10 bis della Legge n. 241/1990, i motivi ostativi all’accoglimento della domanda, per asserita incompatibilità con la normativa comunale, in particolare evidenziando il contrasto con: 1) l’art. 4 del Regolamento Impianti, essendo la SRB ubicata al di fuori dei siti espressamente individuati dalla pianificazione comunale come idonei all’installazione;
2) l’art. 7 del medesimo Regolamento Impianti, avendo la Giunta Comunale espresso parere contrario all’installazione della SRB con deliberazione n. 31 dell’11.5.2022;
3) l’Ordinanza Sindacale n. 14 del 9.5.2020, con la quale il Sindaco del Comune di San Zenone degli Ezzelini ha ordinato la sospensione immediata della sperimentazione, dell’utilizzo e della diffusione delle tecnologie 5G;

-I, con nota del 20.5.2022, riscontrava il preavviso di diniego, presentando le proprie osservazioni e insistendo per la positiva conclusione del procedimento;

-con provvedimento del 24.5.2022, il Comune trasmetteva il diniego all’installazione dell’impianto, limitandosi a ripetere pedissequamente le considerazioni già contenute nel preavviso di diniego, senza considerare le osservazioni esposte da I;
in particolare, in relazione alla richiesta di I di indicare una idonea localizzazione alternativa all’installazione della SRB, il Comune si limitava a richiamare la presenza nel Regolamento Impianti di alcune aree ritenute idonee all’installazione, affermando che “ in tali ambiti sono altresì presenti immobili di proprietà privata interessati da richieste di Autorizzazione di installazione infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici in corso di approvazione in quanto rispettosi del su richiamato Regolamento ”.

Tanto premesso, la ricorrente, ritenendo illegittimi il diniego del 24.5.2022, le relative disposizioni del Regolamento Impianti e gli ulteriori atti in epigrafe meglio indicati, ha formulato, in estrema sintesi, le seguenti censure: 1) difetto di motivazione e violazione degli artt. 3 e 10 bis della legge n. 241 del 1990 per mancata valutazione delle osservazioni depositate;
2) violazione dell’art. 97 Cost., dell’art. 3 della legge n. 241/90, degli artt. 43 e segg. del D.Lgs. n. 259/2003 e degli artt. 4, 8 e 14 della legge n. 36/2001, in quanto il Comune non potrebbe introdurre divieti generalizzati all’installazione di impianti, come invece fatto con l’art. 4 del Regolamento per gli impianti che impone e permette di installare gli stessi solo in punti del tutto limitati e minoritari del territorio comunale (aree per attrezzature di interesse comune);
parimenti illegittimo sarebbe la previsione che impone la variante di piano per individuare come idonei siti diversi da quelli previsti, così come la richiamata deliberazione di Giunta Comunale n. 32 del 11.5.2022 che avrebbe dato parere negativo in relazione al sito indicato da I;
3) illegittimità del divieto di installazione di impianti a tecnologia 5G previsto con ordinanza sindacale n. 14/2020 per violazione dell’art. 8, comma 6, della legge n. 36/2001 e per violazione del riparto di competenza tra Stato, Regioni e Comuni, atteso che i compiti di tutela della salute esulerebbero dalla sfera di attribuzione del Comune;
in ogni caso, la normativa nazionale prescriverebbe il rispetto di specifici obblighi di utilizzo e copertura tramite tecnologia 5G.

Si è costituito in giudizio il Comune di San Zenone degli Ezzelini, il quale ha contestato puntualmente le censure avversarie chiedendone il rigetto per infondatezza.

Con ordinanza n. 744, assunta alla Camera di Consiglio del 7 settembre 2022, è stata accolta l’istanza di sospensione cautelare degli atti impugnati.

In vista dell’udienza di discussione le parti hanno depositato ulteriori memorie difensive con cui hanno ribadito le rispettive argomentazioni.

Alla Pubblica Udienza del 25 gennaio 2023, il ricorso è passato in decisione come da verbale di causa.

Il secondo e il terzo motivo di ricorso –che possono essere esaminati unitamente essendo connessi sotto il profilo logico-giuridico – sono fondati, con valore assorbente rispetto alle rimanenti censure articolate in ricorso, per le ragioni di seguito precisate.

Preliminarmente, non pare superfluo premettere che il quadro normativo approntato dal legislatore statale con le disposizioni di cui agli artt. 43 e ss. D.Lgs. n. 259 del 2003 è caratterizzato da un particolare “ favor ” (in tal senso, Consiglio di Stato, sez. VI, 27 marzo 2019, n. 2033 ) per l’installazione e le connesse opere modificative e manutentive di infrastrutture quali quelle gestite dalla società ricorrente nel caso di specie.

L’art. 43 del D.Lgs. n. 259/2003 (nella versione successiva alla riforma del novembre 2021) prevede, al comma 4, che “ Le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, di cui agli articoli 44 e 49 (……) sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria di cui all’art. 16, comma 7 del decreto del Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380, pur restando di proprietà dei rispettivi operatori, e ad esse si applica la normativa vigente in materia ”;
l’art. 44 –inerente i procedimenti autorizzatori relativi alle infrastrutture di comunicazione elettronica per impianti radioelettrici – prevede, per quanto qui rileva, che “ L'installazione di infrastrutture per impianti radioelettrici e la modifica delle caratteristiche di emissione di questi ultimi (….) viene autorizzata dagli Enti locali, previo accertamento, da parte dell'Organismo competente ad effettuare i controlli, di cui all’articolo 14 delle legge 22 febbraio 2001, n. 36, della compatibilità del progetto con i limiti di esposizione, i valori di attenzione e gli obiettivi di qualità, stabiliti uniformemente a livello nazionale in relazione al disposto della citata legge 22 febbraio 2001, n. 36, e relativi provvedimenti di attuazione ” (comma 1), che “ L'istanza, redatta al fine della sua acquisizione su supporti informatici, deve essere corredata della documentazione atta a comprovare il rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, relativi alle emissioni elettromagnetiche, di cui alla legge 22 febbraio 2001, n. 36, e relativi provvedimenti di attuazione, attraverso l'utilizzo di modelli predittivi conformi alle prescrizioni della CEI ” (comma 3), che “ Il responsabile del procedimento può richiedere, per una sola volta, entro quindici giorni dalla data di ricezione dell'istanza, il rilascio di dichiarazioni e l'integrazione della documentazione prodotta. Il termine di cui al comma 10 riprende a decorrere dal momento dell’avvenuta integrazione documentale ” (comma 6) e che “ Le istanze di autorizzazione si intendono accolte qualora, entro il termine perentorio di novanta giorni dalla presentazione del progetto e della relativa domanda, non sia stato comunicato un provvedimento di diniego o un parere negativo da parte dell'organismo competente ad effettuare i controlli, di cui all’articolo 14 delle legge 22 febbraio 2001, n. 36, ove ne sia previsto l’intervento, e non sia stato espresso un dissenso, congruamente motivato, da parte di un'Amministrazione preposta alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale o dei beni culturali ” (comma 10);
il successivo art. 51 dispone, al comma 1, che “ Gli impianti di reti di comunicazione elettronica ad uso pubblico, quelli esercitati dallo Stato e le opere accessorie occorrenti per la funzionalità di detti impianti hanno carattere di pubblica utilità, ai sensi degli articoli 12 e seguenti del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 ”;
la legge n. 36/2001 –recante “ Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici ” - distingue le competenze dello Stato, delle Regioni e dei Comuni precisando all’articolo 4, per quanto qui rileva, che “ Lo Stato esercita le funzioni relative: a) alla determinazione dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità, in quanto valori di campo come definiti dall’articolo 3, comma 1, lettera d) numero 2), in considerazione del preminente interesse nazionale alla definizioni di criteri unitari e di normative omogenee in relazione alle finalità di cui all’articolo 1 ”;
il successivo art. 8 prevede, al comma 1, tra l’altro, che “ Sono di competenza delle Regioni, nel rispetto dei limiti di esposizione, dei valori di attenzione e degli obiettivi di qualità nonché delle modalità e dei criteri fissati dallo Stato, fatte salve le competenze dello Stato e delle autorità indipendenti: a) l’esercizio delle funzioni relative all’individuazione dei siti di trasmissione e degli impianti per telefonia mobile (…) “;
il successivo comma 2 dispone che “ Nell’esercizio delle funzioni di cui al comma 1, lettere a) e c), le regioni si attengono ai principi relativi alla tutela della salute pubblica, alla compatibilità ambientale ed alle esigenze di tutela dell’ambiente e del paesaggio ”;
il comma 4 prevede che “ Le regioni, nelle materie di cui al comma 1, definiscono le competenze che spettano alle province e ai comuni, nel rispetto di quanto previsto dalla legge 31 luglio 1997, n. 249 ”;
il comma 6, come da ultimo modificato dall’art. 38, comma 6, del D.L. n. 76/2020, dispone, infine, che “ I comuni possono adottare un regolamento per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell'articolo 4 ”.

Dunque, in base all’art. 43 (e, prima della riforma del 2021, all’art. 86) del D.Lgs. 1 agosto 2003, n. 259, le infrastrutture di reti pubbliche di comunicazione, tra cui sono ricomprese le stazioni radio base, sono assimilate ad ogni effetto alle opere di urbanizzazione primaria;
tale assimilazione e la considerazione che gli impianti in questione e le opere accessorie occorrenti per la loro funzionalità rivestano “carattere di pubblica utilità”, postulano la possibilità che gli stessi siano ubicati in qualsiasi parte del territorio comunale, essendo compatibili con tutte le destinazioni urbanistiche ( ex multis, TAR Lombardia , Brescia, sez. II, 6 aprile 2019, n. 312;
TAR Campania, Salerno, sez. II, 6 giugno 2016, n. 1331;
TAR Sicilia, Catania, sez. I, 12 marzo 2015, n. 764;
TAR Sicilia, Palermo, sez. II, 1 aprile 2014, n. 951;questo steso Tribunale, sez. II, 15 febbraio 2018,
n. 188). Il Consiglio di Stato ( Sez. IV, 17 aprile 2018, n. 2308 ) ha rilevato che “secondo la Corte costituzionale, la scelta di inserire le infrastrutture di reti di comunicazione tra le opere di urbanizzazione primaria esprime un principio fondamentale della legislazione urbanistica (Corte cost., n. 336 del 27 luglio 2005)” e che “Anche la giurisprudenza successiva ha concordemente sottolineato la necessità di una capillare distribuzione sul territorio delle reti di telecomunicazione (Cons. Stato, Sez. III, n. 2455 del 13 maggio 2014) e la loro compatibilità, in linea di principio, con qualsiasi destinazione urbanistica (Cons. Stato, Sez. III, sentenza n. 119 del 15 gennaio 2014)”. Del resto, è stato correttamente ritenuto che l’interesse pubblico perseguito con la suddetta disciplina “è quello di garantire una costante e/o continua ed omogenea erogazione del servizio pubblico di telefonia mobile, in modo da ottenere un’uniforme copertura e/o un dimensionamento ottimale di tale servizio pubblico su tutto il territorio nazionale, capace di collegare con un livello qualitativo accettabile gli utenti in qualsiasi parte del territorio e perciò anche durante il loro movimento ed all’interno degli edifici” ( T.A.R. Basilicata, 19 maggio 2018 n. 337 ).

Sotto distinto profilo, pare opportuno aggiungere che l’Amministrazione comunale non può, mediante il formale utilizzo degli strumenti di natura edilizia-urbanistica, adottare misure che costituiscano, nella sostanza, una deroga ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici fissati dallo Stato, quali, esemplificativamente, il divieto generalizzato di installare SRB in intere zone territoriali omogenee, ovvero introdurre distanze fisse da osservare rispetto alle abitazioni e ai luoghi destinati alla permanenza prolungata delle persone o al centro cittadino, poiché tali disposizioni sono funzionali non al governo del territorio, ma alla tutela della salute dai rischi dell’elettromagnetismo e si trasformano in una misura surrettizia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche, che l’art. 4 della legge n. 36 del 2001 riserva allo Stato attraverso l’individuazione di puntuali limiti di esposizione, valori di attenzione ed obiettivi di qualità, da introdursi con d.P.C.M. e il cui rispetto è affidato all’ARPA ex art. 14 della medesima legge ( TAR Lombardia, Brescia, sez. II, 15 febbraio 2018, n. 188;
TAR Sicilia, Catania, sez. I, 12 marzo 2015, n. 764
).

In coerenza con i principi ripetutamente espressi dalla Corte Costituzionale fin dalla sentenza n. 331/2003, nell’ambito dei quali è stata chiarita la distinzione tra “criteri di localizzazione“ e “limitazioni alla localizzazione” e alla luce della giurisprudenza del Consiglio di Stato ( sez. III, 5.5.2017, n. 2073;
id. 18 giugno 2015, n. 4188;
id., 19 marzo 2014, n. 1361;
id., 14 febbraio 2014, n. 723
) sono stati ritenuti legittimi regolamenti comunali che individuavano aree interdette alla installazione degli impianti con riferimento alla distanza da siti sensibili ( TAR Lazio, Roma, sez. II, 16 ottobre 2017, n. 10354 ) e sono state censurate previsioni regolamentari che individuavano specificamente solo le aree in cui era ammessa l’installazione degli impianti ( TAR Lazio, Roma, sez. II, 30 gennaio 2015, n. 1768 ).

Anche in questa sede, pertanto, non può che ribadirsi, nel solco tracciato dalla giurisprudenza ormai consolidata, che “il legislatore statale, nell’inserire le infrastrutture per le reti di comunicazione fra le opere di urbanizzazione primaria, ha espresso un principio fondamentale della normativa urbanistica, a fronte del quale la potestà regolamentare attribuita ai Comuni dall’articolo 8, comma 6 della legge 22 febbraio 1981, n. 36, non può svolgersi nel senso di un divieto generalizzato di installazione in aree urbanistiche predefinite, al di là della loro ubicazione o connotazione o di concrete (e, come tali, differenziate) esigenze di armonioso governo del territorio” (in tal senso, di recente, Consiglio di Stato, sez. VI, 11 gennaio 2021, n. 374 , che richiama Consiglio di Stato, sez. III, 5 dicembre 2013, n. 687 ).

Dunque, le opere di urbanizzazione primaria, in quanto tali, risultano in generale compatibili con qualsiasi destinazione urbanistica e, pertanto, con ogni zona del territorio comunale, poiché dall’articolo 43, comma 4 (in precedenza, art. 86, comma 3), del D.Lgs. n. 259/2003 si desume il principio della necessaria capillarità della localizzazione degli impianti relativi ad infrastrutture di reti pubbliche di comunicazioni ( Consiglio di Stato n. 347/2021 cit;
Consiglio di Stato, sez. VI, 3891 del 2017
).

Va, pertanto, ribadito che il Comune non può prevedere limiti di carattere generale, volti a tutelare la popolazione dalle immissioni elettromagnetiche, dal momento che a tale funzione provvede lo Stato attraverso la fissazione di determinati parametri inderogabili, il rispetto dei quali è verificato dai competenti organi tecnici” ( Consiglio di Stato n. 3891/2017 cit. ;
in tal senso, ex multis, TAR Bologna, sez. II, 2 aprile 2021, n. 343;
TAR Campania, Napoli, sez. VII, 22 febbraio 2021, n. 1152;
TAR Veneto, sez. II, 17 settembre 2019, n. 978
).

Applicando tali principi al caso qui in esame deve concludersi per la fondatezza delle censure formulate da I.

Come visto in precedenza, l’impugnato provvedimento di rigetto della domanda proposta da I risulta fondato, da un lato, sulla asserita non conformità rispetto agli artt. 4 e 7 del Regolamento per gli Impianti fissi di telefonia mobile, approvato con deliberazione di C.C. n. 9/2015 e n. 46/2015;
dall’altro, sull’ordinanza contingibile e urgente n. 14/2020 di sospensione della sperimentazione e utilizzo del 5G nel territorio comunale e conseguente divieto di autorizzare impianti con tale tecnologia.

Quanto al primo profilo, si rileva che l’art. 4 del suddetto Regolamento dispone che “ la localizzazione degli ambiti e dei siti idonei viene espressa con l’adozione di una variante al piano degli interventi diretta ad individuare cartograficamente le aree di possibile insediamento delle opere di interesse pubblico e quelle viceversa da riqualificare e trasferire. Solo i siti espressamente già individuati dalla pianificazione comunale come idonei all’istallazione degli impianti radio base potranno essere oggetto di domanda di realizzazione da parte dei gestori, non potendo ogni diversa richiesta trovare immediato accoglimento ”;
il successivo art. 7 dispone che “ La richiesta di nuovo impianto, inserito dal gestore nel suo programma annuale, ovvero presentato come singola installazione, ove non ricompresa tra i siti già individuati dalla pianificazione comunale, non potrebbe trovare accoglimento;
tale indicazione da parte dei gestori sarà diretta ad attivare una procedura concertata, con l’indizione entro 30 giorni di un tavolo di lavoro, al quale sono chiamati a partecipare tutti i soggetti interessati, cittadini e portatori di interessi diffusi, oltre che l’Amministrazione e l’ARPA, che dovranno esprimere ogni parere entro 60 giorni. Tale procedura è propedeutica alla variante di Piano, per le eventuali sue adozione e approvazione da parte del Comune;
nelle more dell’eventuale adozione approvazione della variante di Piano il Comune potrà valutare il rilascio di autorizzazione per impianto provvisorio di cui all’art. 11. Ove la valutazione relativa alla variante di piano non avesse esito positivo, l’iter si concluderà con un diniego. (…)
”.

Nella Tavola 2 c allegata al Piano degli Interventi, in relazione agli artt. 74 - zone per attrezzature pubbliche e di interesse generale (zone f) - e 75 - modalità di intervento nelle zone per attrezzature pubbliche e di interesse generale - delle NTO del Piano medesimo, sono indicate le aree ritenute compatibili e dall’esame delle medesime è agevole rilevare che le suddette aree (identificate quali “zone per attrezzature di interesse comune - FB”) sono localizzate in porzioni assolutamente limitate e minoritarie del territorio del Comune di S. Zenone degli Ezzelini.

Dunque, contrariamente a quanto affermato dalla difesa dell’Amministrazione comunale, la disciplina regolamentare determina effettivamente un illegittimo divieto generalizzato di installazione degli impianti in questione al di fuori dei ristretti ambiti indicati come compatibili.

Peraltro, come già evidenziato in sede cautelare, non è condivisibile quanto sostenuto dall’Amministrazione resistente in relazione alla delocalizzazione degli impianti esistenti, atteso che, in disparte il rilievo che nel caso in esame non si tratta di impianti preesistenti, lo stesso art. 10 del Regolamento Impianti conferma l’evidenziato divieto generalizzato nella parte in cui prevede che “ gli impianti preesistenti i cui siti non siano inseriti nella pianificazione comunale, sono impianti produttivi collocati in sede impropria e sono destinati a confluire nell’ambito della detta pianificazione ”.

Con riferimento, più propriamente, al disposto di cui all’art. 7 del Regolamento, oltre a ribadire quanto sopra già precisato, giova aggiungere, in linea generale, che la Corte Costituzionale ha avuto modo di precisare che “L’art. 87 del d.lgs n. 259 del 2003 (ora art. 44, dopo la modifica del 2021), nel dare attuazione alla delega legislativa contenuta dell’art. 41, comma 2, lettera a) della legge n. 166 del 2020, ha dettato, in linea con le prescrizioni comunitarie, una disciplina volta a promuovere la semplificazione dei procedimenti attraverso l'adozione di procedure che siano, tra l'altro, uniformi e tempestive, anche al fine di garantire l'attuazione delle regole della concorrenza (sentenza n. 336 del 2005). Le suddette esigenze di celerità e la conseguente riduzione dei termini per l'autorizzazione all'installazione delle infrastrutture di comunicazione elettronica costituiscono, per finalità di tutela di istanze unitarie, "principi fondamentali" operanti nelle materie di competenza ripartita ("ordinamento della comunicazione", "governo del territorio", "tutela della salute": sentenza n. 336 del 2005), che, unitamente ad altri ambiti materiali di esclusiva spettanza statale, rappresentano i titoli di legittimazione ad intervenire nel settore in esame “( Corte Costituzionale 7 luglio 2006, n. 265 ).

Dunque, il procedimento propedeutico alla variante di Piano finalizzata alla installazione di una RSB non ricompresa tra i siti già individuati dalla pianificazione comunale delineato dal suddetto art. 7 non appare coerente con le esigenze di celerità perseguite dal legislatore, con la conseguente riduzione dei termini per il rilascio della relativa autorizzazione, né con l’ipotesi di silenzio significativo prevista dal D.Lgs. n. 259/2003, esigenze che, come evidenziato dalla Corte Costituzionale, costituiscono, per finalità di tutela di istanze unitarie, principi fondamentali operanti nelle materie di competenza ripartita (ordinamento della comunicazione, governo del territorio, tutela della salute).

Sotto gli esposti profili, pertanto, il provvedimento impugnato e le presupposte disposizioni regolamentari sono illegittimi in quanto risultano in evidente contrasto con la disciplina normativa di cui al D.Lgs. n. 259/2003 e alla legge n. 36/2001, alla luce dalla consolidata giurisprudenza sopra ricordata.

Con riferimento all’ordinanza n. 14/2020 inerente la sospensione della sperimentazione e/o utilizzo e/o diffusione del 5G sul territorio comunale in attesa del parere dell’Istituto Superiore della Sanità, con conseguente divieto di autorizzare impianti con tale tecnologia –ordinanza richiamata nel provvedimento gravato-, è sufficiente rilevare come la stessa si ponga in patente violazione della legge n. 36/2001 –recante “ Legge quadro sulla protezione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici ” – con cui sono state distinte le competenze dello Stato, delle Regioni e dei Comuni.

Come sopra già ricordato, in base all’art. 8, comma 6, della legge n. 36/2001, i Comuni possono adottare regolamenti per assicurare il corretto insediamento urbanistico e territoriale degli impianti e “ minimizzare l'esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici con riferimento a siti sensibili individuati in modo specifico, con esclusione della possibilità di introdurre limitazioni alla localizzazione in aree generalizzate del territorio di stazioni radio base per reti di comunicazioni elettroniche di qualsiasi tipologia e, in ogni caso, di incidere, anche in via indiretta o mediante provvedimenti contingibili e urgenti, sui limiti di esposizione a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici, sui valori di attenzione e sugli obiettivi di qualità, riservati allo Stato ai sensi dell'articolo 4 ”.

Già si è detto che la giurisprudenza ha chiarito che l’Amministrazione comunale non può adottare misure che costituiscano, nella sostanza, una deroga ai limiti di esposizione ai campi elettromagnetici fissati dallo Stato, prevedendo, ad esempio, il divieto generalizzato di installare SRB in intere zone territoriali omogenee, ovvero l’introduzione di distanze fisse da osservare rispetto alle abitazioni e ai luoghi destinati alla permanenza prolungata delle persone o al centro cittadino, poiché tali disposizioni sono funzionali non al governo del territorio, ma alla tutela della salute dai rischi dell’elettromagnetismo e si trasformano in una misura surrettizia di tutela della popolazione da immissioni radioelettriche, che l’art. 4 della legge n. 36 del 2001 riserva allo Stato.

Anche sotto tale distinto profilo, dunque, le censure di parte ricorrente formulate nei confronti del provvedimento di rigetto della propria domanda e della presupposta ordinanza sindacale sono fondate e vanno accolte.

In conclusione, alla luce di tutto quanto sopra esposto, il ricorso va accolto con conseguente annullamento del gravato provvedimento di data 24.5.2022 unitamente agli atti presupposti, anch’essi impugnati, da individuarsi negli art. 4 e 7 del Regolamento Impianti e nell’ordinanza sindacale n.14/2020, per la parte di interesse della società ricorrente.

Le spese di causa sono liquidate in dispositivo in base alla regola della soccombenza.

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