TAR Roma, sez. 2B, sentenza 2022-05-24, n. 202206658
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Testo completo
Pubblicato il 24/05/2022
N. 06658/2022 REG.PROV.COLL.
N. 04482/2020 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO I
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4482 del 2020, proposto da
M C, rappresentata e difesa dall'avvocato F C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Leone IV n. 38;
contro
Roma Capitale, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall'avvocato S S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso l’Avvocatura capitolina in Roma, via del Tempio di Giove, 21;
per il risarcimento
del danno da ritardo ex art. 30 d.lgs. 104/2010, art. 2 bis l. 241/1990 per violazione del termine per la conclusione del procedimento.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Roma Capitale;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 27 aprile 2022 il dott. Giuseppe Licheri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con il presente ricorso – notificato a Roma Capitale il 9 giugno 2020 e depositato il successivo 17 giugno – la sig.ra M C agisce, ai sensi dell’art. 30 c.p.a., per ottenere la condanna dell’amministrazione resistente al risarcimento del danno ingiusto cagionatole dal ritardo con cui la medesima ha definito l’istanza di installazione di una canna fumaria all’interno di un box commerciale presente in un mercato cittadino rilasciando il relativo permesso.
1.2. Espone la ricorrente di essere titolare di un’autorizzazione per l’esercizio del commercio su aree pubbliche relativa alla vendita di generi non alimentari e di esercitare detta attività all’interno del mercato pubblico “ De Calvi ”, nel quale occupa il box n. 12.
In tale veste essa, l’11 aprile 2019, presentava richiesta al Municipio XII di Roma Capitale per essere autorizzata alla trasformazione del settore merceologico nel quale operava da vendita nel settore non alimentare a laboratorio artigianale nel settore alimentare.
Il successivo 9 maggio, invece, essa proponeva istanza volta ad installare, all’interno della propria superficie di vendita, una canna fumaria necessaria per lo svolgimento dell’attività di laboratorio alimentare artigianale per la preparazione e cottura di alimenti caldi.
Con determinazione dirigenziale prot. n. CQ/1276 del 12 settembre 20219, l’autorità municipale –
preso atto della notifica sanitaria all’ASL competente e dell’esito positivo dell’istruttoria relativa alla verifica della regolarità del titolo autorizzativo e della posizione contabile dell’operatore, nonché del rispetto delle percentuali per il settore merceologico nel mercato in questione – acconsentiva alla trasformazione del settore merceologico di vendita da non alimentare a laboratorio artigianale alimentare.
Riguardo, invece, all’istanza avanzata il 9 maggio precedente, l’amministrazione non assumeva alcuna determinazione esplicita, dando vita ad un serie di interlocuzioni interne con cui venivano interessate una pluralità di uffici (dal Municipio XII al Dipartimento sviluppo economico e attività produttive, dalla Direzione tecnica municipale allo Sportello unico per le attività produttive) culminate, stante la persistente inerzia delle articolazioni interessate, in una richiesta di intervento sostitutivo ai sensi dell’art. 2, comma 9- bis , della legge n. 241/90 presentata dalla ricorrente il 27 gennaio 2020.
A seguito di tale impulso, infine, il 13 febbraio 2020 lo Sportello unico per le attività produttive del Municipio XII di Roma Capitale rilasciava la richiesta autorizzazione, acconsentendo all’installazione della canna fumaria ed alla modifica del box strumentale all’esercizio dell’attività di laboratorio artigianale per la preparazione di cibi caldi.
Tale tardiva adozione del provvedimento autorizzatorio veniva posta, da parte della ricorrente, all’origine del danno ingiusto patito per il ritardo nell’esercizio dell’attività amministrativa e conseguentemente, con diffida del 12 marzo 2020, ella richiedeva a Roma Capitale il ristoro dei pregiudizi asseritamente patiti, richiesta che, tuttavia, rimaneva senza esito e che induceva, pertanto, l’odierna ricorrente ad instaurare il presente giudizio.
1.3. Con l’odierno ricorso la sig.ra Ciufoli lamenta che l’ingiustificabile ritardo con cui l’amministrazione capitolina ha esaminato la propria istanza volta a ricevere l’autorizzazione all’installazione della canna fumaria all’interno del box commerciale, presentata il 9 maggio 2019 e definita con un provvedimento espresso solo il 12 febbraio 2020, costituisca un illecito ai sensi dell’art. 2043 c.c. e che pertanto, in forza dell’azione attribuitale dall’art. 30 c.p.a., Roma Capitale sia tenuta a risarcire il danno ingiusto provocatole dall’illegittima inerzia procedimentale.
Quanto all’illiceità del fatto commesso, la ricorrente invoca gli artt. 3, 28 e 97 Cost., nonché l’art. 2 della legge n. 241/90 e l’art. 7 del d.P.R. n. 160/2010.
A suo giudizio, i parametri normativi evocati imporrebbero all’amministrazione di provvedere sulle istanze avanzate dai cittadini adottando un provvedimento espresso entro un tempo determinato, di talché l’inerzia ingiustificatamente protratta oltre il termine posto per legge per la conclusione del procedimento costituirebbe una condotta antigiuridica lesiva del diritto dell’amministrato a una definizione della propria istanza entro termini normativamente predeterminati.
Quanto, poi, alla colpevolezza della condotta contra ius serbata dall’amministrazione, la ricorrente adduce la caotica gestione della propria istanza, caratterizzata da trasmissioni dell’incartamento da un ufficio all’altro e da richieste di verifiche non occorrenti – quale quella del 23 ottobre 2019 attinente il rispetto delle prescrizioni contenute nell’art. 64- bis della D.A.C. n. 12/2007 – che altro effetto non hanno sortito se non un intollerabile aggravamento del procedimento.
Infine, quanto alle conseguenze dannose patite, la ricorrente quantifica il pregiudizio, a titolo di danno emergente, in tutte le spese vanamente sostenute per la gestione del box commerciale in questione (dal pagamento delle quote dell’associazione gestione servizi alle utenze elettrica e di acqua) e, a titolo di lucro cessante, nel mancato guadagno – anche in forma di perdita di chance – patito a causa dell’impossibilità di svolgere l’attività commerciale a cui era funzionale lo svolgimento dei lavori edilizi tardivamente assentiti dalla p.a.
A dimostrazione delle perdite economiche sofferte, la ricorrente allega copia delle ricevute dei pagamenti effettuati e una perizia relativa ai valori economici (costi e ricavi) del box in questione e, in ragione di quanto sopra, quantifica in Euro 20.000,00 le perdite subite di cui chiede il ristoro, articolando anche una richiesta di consulenza tecnica per