TAR Roma, sez. 2B, sentenza breve 2022-09-22, n. 202212059
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Pubblicato il 22/09/2022
N. 12059/2022 REG.PROV.COLL.
N. 09797/2022 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 9797 del 2022, proposto da
“
Impegno Civico
” - Associazione Non Riconosciuta, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentata e difesa dall'avvocato R C, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Anagnina 322;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
In via cautelare
- con provvedimento immediato inaudita altera parte , ovvero in ipotesi previa fissazione di udienza per la discussione dell'istanza di sospensione qui svolta, ordinare la sospensione alla stampa e diffusione del materiale di cui all'art. 7 della legge n. 74/2004 lett. b ) (manifesti e schede elettorali) con la presenza delle parole “ Impegno Civico ”;
Nel merito
- in accoglimento delle tesi di cui in narrativa, annullare e revocare l'ammissione del simbolo “ Impegno Civico – D M – Centro Democratico ” e per l'effetto inibire l'utilizzo dello stesso per le liste elettorali presentate dagli On.li Luigi D M ed On.le Bruno T con onere di ritiro di tutte le schede elettorali ed i manifesti presenti in tutte le circoscrizioni.
Premesso che:
- con ricorso notificato alla parte pubblica, l’associazione “ Impegno Civico ” – nella persona del legale rappresentante p.t. – ha proposto impugnazione avverso l’atto con cui il Ministero dell’interno ha ammesso alla competizione elettorale prevista per il 25 settembre 2022 il contrassegno denominato “ Impegno Civico – D M – Centro Democratico ” chiedendone, altresì, l’inibizione dall’utilizzo del medesimo nelle schede elettorali e nei manifesti ed istando per un ordine cautelare di sospensione della stampa e della diffusione del materiale elettorale recante siffatto contrassegno e di ritiro degli stampati già predisposti;
- espone l’associazione ricorrente di essere stata costituita con atto pubblico nel 1994 e di aver partecipato, a partire da quell’anno, dapprima alla vita amministrativa e politica del comune di Marino (RM) – del quale il legale rappresentante della medesima è stato Sindaco nell’anno 2000 e nel quale, negli anni dal 1996 al 2003, altri soggetti espressi della medesima associazione hanno ricoperto altre cariche amministrative elettive – e, dal 2005 al 2010, alla vita politica della Regione Lazio, e che, pertanto, la medesima avrebbe un radicamento territoriale ed un profilo identitario tale da suscitare in essa l’interesse a proporre gravame avverso gli atti con cui è stato consentito al contrassegno denominato “ Impegno Civico – D M – Centro Democratico ” di partecipare alle elezioni politiche 2022, ritenendo tali determinazioni pregiudizievoli per il proprio diritto all’uso esclusivo del nome e degli elementi caratterizzanti il proprio simbolo, rischiando essi di ingenerare confusione nel corpo elettorale tra le posizioni politiche – peraltro, diametralmente opposte – assunte tra le due organizzazioni;
- contro il prefato provvedimento, la ricorrente lamenta, così, la violazione degli articoli 14, comma terzo, del d.P.R. n. 361/1957, dell’art. 8, comma 1, del d.lgs. n. 533/1993 e dell’art. 7 c.c., non recando il contrassegno presentato dagli On.li D M e T elementi chiaramente distinguibili dalla denominazione e dal simbolo ripetutamente impiegati, sin dal 1994, dall’associazione ricorrente, concludendo per una pronuncia annullatoria della decisione gravata con conseguente inibizione alla stampa e alla diffusione del materiale elettorale che includa tale segno grafico ed il ritiro del medesimo, ove già realizzato;
- si è costituito in giudizio il Ministero dell’interno eccependo, preliminarmente, il difetto di giurisdizione del giudice adito, il difetto di legittimazione passiva dell’amministrazione resistente e l’inammissibilità del ricorso per omessa notifica al controinteressato nonché concludendo, nel merito, per l’infondatezza del ricorso;
- con decreto presidenziale del 25 agosto 2022, è stata respinta la richiesta di concessione di misure cautelari monocratiche;
- all’udienza del 14 settembre 2022, fissata per la discussione dell’incidente cautelare, la causa è stata trattenuta in decisione previo avvertimento, alle parti comparse, della possibile definizione con sentenza ex art. 60 c.p.a.
Ritenuto di potersi prescindere dall’esame delle eccezioni di difetto di legittimazione passiva dell’amministrazione resistente e di inammissibilità per mancata notifica al contraddittore necessario, atteso il dirimente rilievo del difetto assoluto di giurisdizione sulla presente controversia.
Infatti, la proponibilità del gravame in questione dinanzi al presente Tribunale si scontra contro il tenore letterale dell’art. 126 c.p.a. a mente del quale, come noto, “ Il giudice amministrativo ha giurisdizione in materia di operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province, delle regioni e all'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia ”.
E’ ben risaputo come, sul punto in questione, la giurisprudenza della Sezione e quella del giudice amministrativo di appello siano assolutamente concordi nel ritenere che, non recando la disposizione testé menzionata alcun riferimento alle elezioni della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica, il c.d. contenzioso pre-elettorale in materia non sia devoluto alla giurisdizione del giudice adito, bensì sia ripartito “ tra l’Ufficio centrale nazionale – competente per quanto concerne le controversie relative alla esclusione di liste e candidature – e le Assemblee di Camera e Senato, cui è attribuito il controllo del procedimento elettorale, in virtù di una norma eccezionale di carattere derogatorio, basato su un regime di riserva parlamentare strumentale alla necessità di garantire l’assoluta indipendenza del Parlamento e riconducibile all’autodichia. Ai sensi del combinato disposto degli artt. 126 e 129 c.p.a., in sostanza, il giudice amministrativo ha giurisdizione in materia di operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province, delle regioni e all'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, ma non anche in materia di elezioni “politiche” nazionali ” (così Cons. St., sez. III, sent. n. 999/2018. Allo stesso modo, si veda T.A.R. Lazio – Roma, sez. II bis , n. 1719/2018, secondo la quale “ Il perimetro della giurisdizione attribuita al giudice amministrativo, ai sensi della normativa attualmente vigente, è delineato dall'art. 126 del codice del processo amministrativo, il quale prevede che " Il giudice amministrativo ha giurisdizione in materia di operazioni elettorali relative al rinnovo degli organi elettivi dei comuni, delle province, delle regioni e all'elezione dei membri del Parlamento Europeo spettanti all'Italia ". L'art. 129 c.p.a. prevede, inoltre, che " i provvedimenti immediatamente lesivi del diritto del ricorrente a partecipare al procedimento elettorale preparatorio per le elezioni comunali, provinciali e regionali e per il rinnovo dei membri del Parlamento Europeo spettanti all'Italia sono impugnabili innanzi al tribunale amministrativo regionale competente nel termine di tre giorni dalla pubblicazione, anche mediante affissione, ovvero dalla comunicazione, se prevista, degli atti impugnati ". Le descritte norme delimitano, quindi, chiaramente, l'ambito di estensione della giurisdizione amministrativa in materia di contenzioso elettorale, dal quale sono escluse le controversie - quale quella in esame - concernenti l'esclusione delle liste dalle elezioni politiche e, dunque, riferite al procedimento elettorale preparatorio per le elezioni politiche alla Camera dei Deputati e al Senato della Repubblica. Inoltre, il diritto di elettorato passivo e, dunque, le questioni inerenti le candidature che intervengono nel procedimento elettorale preparatorio, riguardano un diritto soggettivo e, come tali dovrebbero essere ricondotte, in linea di principio e laddove il procedimento non fosse diversamente disciplinato dall'art. 66 della Costituzione e dagli artt. 23 e 87 del D.P.R. n. 361 del 1957, nella giurisdizione del giudice ordinario sulla base della regola generale della causa petendi , non essendo stata prevista, in materia, alcuna ipotesi di giurisdizione esclusiva, tenuto conto della riserva legislativa in ordine all'ambito di estensione della giurisdizione amministrativa, ai sensi dell'art. 103 della Costituzione ”).
Il sopra cennato assetto della tutela riguardo afferente la presentazione di liste e contrassegni per le elezioni politiche è stato ritenuto costituzionalmente non illegittimo dalla Corte Costituzionale, la quale si è espressa sull’argomento ritenendo che “ la questione è sollevata sulla base di una premessa - quella secondo cui nell'ordinamento vi sarebbe un vuoto di tutela delle situazioni giuridiche soggettive nel procedimento elettorale preparatorio delle elezioni alle Camere del Parlamento - che non trova riscontro nel quadro normativo e giurisprudenziale, in quanto la Corte di cassazione ha indicato nello stesso organo parlamentare il giudice competente, mentre la circostanza che la Camera dei deputati abbia, a sua volta, negato la propria giurisdizione sulle controversie riguardanti atti del procedimento elettorale preparatorio, implica che sulla questione possa sorgere un conflitto di giurisdizione, che non spetta alla Corte costituzionale risolvere, oppure, qualora ricorrano i presupposti soggettivi ed oggettivi, un conflitto di attribuzioni tra poteri dello Stato, dovendosi comunque escludere l'esistenza di un vuoto di tutela dipendente da una carenza normativa incolmabile con gli ordinari strumenti ermeneutici e processuali, e non potendosi condividere l'assunto secondo cui le situazioni soggettive che vengono in rilievo nel detto procedimento elettorale sarebbero interessi legittimi, in quanto viene in rilievo il diritto di elettorato passivo, sicché le relative controversie potrebbero essere attribuite al g.a. solo a titolo di giurisdizione esclusiva ” (Corte Cost. n. 259/2009).
Ancora, costituisce circostanza ben nota come l’art. 44 della legge 18 giugno 2009, n. 69 (contenente “ Disposizioni per lo sviluppo economico, la semplificazione, la competitività nonché in materia di processo civile ”) avesse recato la previsione di una delega al Governo affinché fosse introdotta “ la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo nelle controversie concernenti atti del procedimento elettorale preparatorio per le elezioni per il rinnovo della Camera dei deputati e del Senato della Repubblica, mediante la previsione di un rito abbreviato in camera di consiglio che consenta la risoluzione del contenzioso in tempi compatibili con gli adempimenti organizzativi del procedimento elettorale e con la data di svolgimento delle elezioni ”, senza che, tuttavia, tale delega legislativa abbia trovato esecuzione, per cui appare ancora oggi attuale l’insegnamento delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione, secondo le quali vi è un difetto assoluto di giurisdizione (tanto del giudice amministrativo che di quello ordinario) a conoscere delle controversie in tema di ammissione o di esclusione dei simboli di lista nelle elezioni politiche nazionali, difetto desumibile dalla circostanza che il D.P.R. n. 361 del 1957, art. 87, richiamato in tema di elezioni del Senato dal D.Lgs. n. 533 del 1993, art. 27, espressamente riserva all'assemblea elettiva la convalida dell'elezione dei propri componenti, nonché il giudizio definitivo su ogni contestazione, protesta o reclamo presentati ai singoli uffici elettorali ed all'ufficio centrale durante la loro attività o posteriormente.
Proprio facendo leva su questa disposizione, attuativa del principio di autodichia delle Camere, espresso dall'art. 66 Cost., la giurisprudenza di legittimità ha avuto modo di affermare che “ ogni questione concernente le operazioni elettorali, ivi comprese quelle relative all'ammissione delle liste, compete in via esclusiva al giudizio di dette Camere, restando così preclusa qualsivoglia possibilità di intervento in proposito di qualsiasi autorità giudiziaria ” (Cass. civ., SS.UU., n. 9151/2008).
Non ignora il Collegio che, con un recente arresto, la giurisprudenza costituzionale ha avuto modo di ritenere che “ il tenore dell'art. 66 Cost. non sottrae affatto al giudice ordinario, quale giudice naturale dei diritti, la competenza a conoscere della violazione del diritto di elettorato passivo nella fase antecedente alle elezioni, quando non si ragiona né di componenti eletti di un'assemblea parlamentare né dei loro titoli di ammissione ” (Corte Cost., n. 48/2021).
Tuttavia ciò non toglie che, come pure sembrerebbe evincersi nella pronuncia da ultimo citata, in un quadro in cui è la stessa Costituzione a disporre termini stringenti per il completamento del procedimento per l’elezione delle Camere (in base all'art. 61 Cost., le elezioni delle nuove Camere devono svolgersi entro 70 giorni dalla fine delle precedenti), la semplice devoluzione della controversia al giudice ordinario, in assenza della previsione di un rito ad hoc esperibile dinanzi a quel plesso giurisdizionale, che assicuri una giustizia pre-elettorale tempestiva, si tradurrebbe, di fatto, in una forma di tutela che interviene ad elezioni concluse, precludendo così la possibilità di una tutela giurisdizionale efficace e tempestiva delle situazioni soggettive immediatamente lese dai predetti atti.
Né una siffatta lesione di interessi costituzionalmente tutelati potrebbe formare oggetto, in questa sede, di un incidente di legittimità costituzionale – finanche sollevato d’ufficio – difettando in capo a questo giudice, per le ragioni sopra espresse, l’autorità per decidere la controversia in questione.
In definitiva, pertanto, va dichiarato il difetto assoluto di giurisdizione in ordine al contenzioso introdotto con il presente ricorso.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate, in favore della parte pubblica, nella misura indicata in dispositivo.