TAR Roma, sez. I, sentenza 2019-04-16, n. 201904923

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2019-04-16, n. 201904923
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201904923
Data del deposito : 16 aprile 2019
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 16/04/2019

N. 04923/2019 REG.PROV.COLL.

N. 10903/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10903 del 2010, proposto da
Arredissima Modena S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avv.ti L G e G G, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Roma, via Maria Cristina, 8;

contro

Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti

Federconsumatori - sede di Carpi e Federconsumatori - Sede provinciale, non costituiti in giudizio;

per l'annullamento

del provvedimento dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato in data 6 ottobre 2010, notificato in data 21 ottobre 2010;

di ogni altro atto presupposto, connesso e consequenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatrice la dott.ssa L M;

Uditi, nell'udienza pubblica del giorno 3 aprile 2019, i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue.


FATTO

Con il ricorso in epigrafe la società Arredissima Modena S.r.l. ha impugnato il provvedimento n. 21660 del 6 ottobre 2010, con cui l’Antitrust ha ritenuto la pratica commerciale posta in essere dalla società, scorretta ai sensi degli artt. 20, comma 2, e 22 del Codice del consumo, in quanto contraria alla diligenza professionale e idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore medio in relazione alla natura e all’estensione dei propri diritti, quali previsti dalla disciplina del Codice in materia di garanzie sui beni di consumo.

L’Autorità ha, pertanto, vietato l’ulteriore diffusione della pratica ed ha irrogato, ai sensi dell’art. 27, comma 9, del Codice del consumo, una sanzione amministrativa pecuniaria di € 55.000, tenuto conto della gravità e durata della violazione.

La pratica concerne il messaggio pubblicitario diffuso nel 2009, e fino a marzo 2010, dalla società Arredissima Modena S.r.l. sul sito ufficiale www.arredissima.com, nonché tramite brochure . In particolare, il messaggio è costituito da una pagina web all’interno del sito www.arredissima.com nella quale, sotto la voce “servizi”, si legge: “

GARANZIA

5 ANNI - Arredissima ha scelto di garantire i suoi mobili per 5 anni con l’obiettivo di fornire ai suoi clienti la massima serenità e fiducia”.

Secondo quanto segnalato da Federconsumatori la garanzia di cinque anni, pubblicizzata sul citato sito internet , non sarebbe rinvenibile nelle condizioni generali di vendita allegate alla brochure , dove la durata della garanzia convenzionale sarebbe limitata a un periodo di soli due anni.

Inoltre, nelle condizioni di vendita allegate alla brochure , riportate anche sul sito di Arredissima, risulterebbe assente qualunque riferimento ai diritti del consumatore derivanti dagli artt. 128 e seguenti del Codice del consumo in materia di garanzia legale di conformità.

Sulla condotta si è pronunciata anche l’Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ai sensi dell’art. 27, comma 6, del Codice del consumo – trattandosi di pratica diffusa a mezzo stampa e internet – la quale ha ritenuto che la pratica commerciale in esame risulta scorretta ai sensi degli artt. 20, 21 e 22 del Codice del Consumo, sulla base delle seguenti considerazioni:

“- con riferimento al profilo della completezza delle informazioni da fornire in merito alle caratteristiche del prodotto pubblicizzato, ai fini della valutazione dell’effettiva convenienza all’acquisto del medesimo, il consumatore deve essere posto nella condizione di averne chiara e immediata contezza, con la conseguenza che la completezza della comunicazione pubblicitaria deve coniugarsi alla chiarezza e all’immediata percettibilità delle caratteristiche del prodotto/servizio pubblicizzato;

- che sotto il profilo dell’omissione di informazioni rilevanti, il messaggio non risulta riportare specificazioni circa l’oggetto e l’estensione della garanzia, ai sensi dell’articolo 133 del Codice del Consumo. Dal primo contatto pubblicitario, le informazioni rilevanti ai fini di una libera, consapevole ed autodeterminata valutazione circa la convenienza o meno dell’offerta risultano omesse e ne discende che al consumatore non è permesso di avere immediata contezza e percezione dell’effettiva profittabilità della proposta, circostanza che assoggetta il consumatore ad un palese stato di asimmetria informativa;

- la pratica commerciale diffusa dal professionista sopra indicato, in quanto non contiene adeguate informazioni in ordine alle caratteristiche tecniche della garanzia convenzionale in caso di acquisto di prodotti di consumo difettosi, è tale da indurre in errore il consumatore, facendogli assumere, con riguardo ai propri diritti, una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.”.

Nel corso del procedimento il professionista ha presentato impegni, che sono stati rigettati dall’Autorità con nota del 21 luglio 2010.

La ricorrente censura l’atto impugnato con i seguenti motivi.

1) Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 133 D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206;
eccesso di potere per carenza e/o contraddittorietà della motivazione con riferimento all'interpretazione della predetta norma: la norma obbligherebbe a indicare “la specificazione che il consumatore è titolare dei diritti previsti dal presente paragrafo e che la garanzia medesima lascia impregiudicati tali diritti” solo nella garanzia contrattuale e non anche nella pubblicità.

2) Violazione e/o falsa applicazione degli art. 20, 21 e 22 del Codice del consumo;
eccesso di potere: carenza e/o contraddittorietà della motivazione con riferimento all'interpretazione delle predette norme e alla conseguente applicazione della sanzione;
carenza di istruttoria.

La ricorrente non avrebbe pubblicizzato diritti non esistenti in capo al consumatore. Secondo l’Autorità, la presunta pratica commerciale scorretta sarebbe consistita nel mancato richiamo, nel materiale pubblicitario, ai diritti previsti in favore del consumatore dagli artt. 128 e seguenti del Codice del consumo: tuttavia non si comprenderebbe come tale omissione avrebbe potuto falsare in misura rilevante il comportamento economico del consumatore ed indurlo ad assumere una decisione commerciale che altrimenti non avrebbe preso, essendo verosimile, semmai, il contrario. Dunque, la motivazione dell'Autorità sul punto sarebbe contraddittoria, anche tenuto conto che nel contratto di vendita è chiaramente specificato che l'acquirente gode sia delle garanzie previste dalla normativa vigente in materia, sia della garanzia convenzionale di cinque anni.

3) Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 18 e 27 del Codice del consumo;
eccesso di potere per carenza e/o contraddittorietà della motivazione con riferimento all'interpretazione delle predette norme: poiché il sito internet www.arredissima.com è di proprietà della Nord Est Holding S.r.l., come riconosciuto dall’Autorità e come risulta anche dallo stesso sito internet , non vi sarebbe imputabilità della condotta pubblicitaria alla ricorrente.

4) Violazione e/o falsa applicazione dell'art. 8 del Regolamento sulle procedure istruttorie in materia di pratiche commerciali scorrette;
eccesso di potere per carenza e/o contraddittorietà della motivazione: l'Autorità non avrebbe motivato sulle ragioni per le quali ha ritenuto inidonei gli impegni assunti dalla ricorrente.

5) Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 27 del Codice del consumo;
eccesso di potere per carenza e/o contraddittorietà della motivazione con riferimento all'applicazione della sanzione: i parametri utilizzati dall'Autorità per quantificare la sanzione sarebbero richiamati in maniera del tutto generica ed astratta.

L’AGCM si è costituita in giudizio per resistere al gravame.

Con ordinanza n. 5386 del 16 dicembre 2010 è stata respinta l’istanza cautelare.

In vista della trattazione del merito le parti hanno depositato memorie conclusive e all’udienza pubblica del 3 aprile 2019, sentiti i difensori presenti, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Deve premettersi una sintetica ricostruzione del quadro normativo di stretto interesse, tenuto conto dell’epoca in cui si colloca la vicenda sanzionata dall’Antitrust.

La normativa, di derivazione europea, posta a tutela del consumatore e della concorrenza si è arricchita per effetto della direttiva n. 2005/29/CE, relativa alle “Pratiche commerciali sleali tra imprese e consumatori nel mercato interno”, alla quale il legislatore nazionale ha provveduto a dare attuazione adottando, nell’agosto del 2007, due distinti decreti legislativi (nn. 145 e 146), rispettivamente destinati ai rapporti tra professionisti e alle pratiche intraprese da questi ultimi con i consumatori.

Il D.Lgs. 146/2007 è intervenuto direttamente sul Codice del consumo, sostituendo gli artt. 18-27 del D.Lgs. n. 206 del 2005 ed introducendo una generale normativa sulle “pratiche commerciali scorrette”.

L’art. 18 del D.Lgs. n. 206 del 2005, nella nuova formulazione, per le finalità considerate dal Titolo III (“Pratiche commerciali, pubblicità ed altre informazioni commerciali”), per quanto qui di interesse dispone che si intende per:

- “pratiche commerciali tra professionisti e consumatori”: qualsiasi azione, omissione, condotta o dichiarazione, comunicazione commerciale ivi compresa la pubblicità e la commercializzazione del prodotto, posta in essere da un professionista, in relazione alla promozione, vendita o fornitura di un prodotto ai consumatori;

- “falsare in misura rilevante il comportamento economico dei consumatori”: l'impiego di una pratica commerciale idonea ad alterare sensibilmente la capacità del consumatore di prendere una decisione consapevole, inducendolo pertanto ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

Il successivo art. 19 puntualizza che le disposizioni contenute nel Titolo anzidetto trovano applicazione alle pratiche commerciali scorrette tra professionisti e consumatori poste in essere prima, durante e dopo un'operazione commerciale relativa a un prodotto.

Il comma 2 dell’art. 20 stabilisce, quindi, che “una pratica commerciale è scorretta se è contraria alla diligenza professionale, ed è falsa o idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico, in relazione al prodotto, del consumatore medio che essa raggiunge o al quale è diretta o del membro medio di un gruppo qualora la pratica commerciale sia diretta a un determinato gruppo di consumatori”;
mentre il successivo comma 4 individua come scorrette le pratiche commerciali ingannevoli di cui agli articoli 21, 22 e 23.

In particolare, ai sensi dell’art. 22 è considerata ingannevole una pratica commerciale che, nella fattispecie concreta, tenuto conto di tutte le caratteristiche e circostanze del caso, nonché dei limiti del mezzo di comunicazione impiegato, omette informazioni rilevanti di cui il consumatore medio ha bisogno in tale contesto per prendere una decisione consapevole di natura commerciale e induce o è idonea ad indurre in tal modo il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso. E’ altresì considerata un'omissione ingannevole quando un professionista occulta o presenta in modo oscuro, incomprensibile, ambiguo o intempestivo le informazioni rilevanti di cui al comma 1, tenendo conto degli aspetti di cui al detto comma, o non indica l'intento commerciale della pratica stessa qualora questi non risultino già evidente dal contesto nonché quando, nell'uno o nell'altro caso, ciò induce o è idoneo a indurre il consumatore medio ad assumere una decisione di natura commerciale che non avrebbe altrimenti preso.

2. Alla stregua dell’illustrato quadro normativo, il Collegio deve dare atto della fondatezza delle argomentazioni con le quali l’Autorità ha ravvisato, con il provvedimento oggetto di scrutinio, un’ipotesi di pratica commerciale scorretta.

3. Con il primo motivo la ricorrente sostiene che l’art. 133 D.Lgs. 6 settembre 2005 n. 206 obbligherebbe il professionista a indicare “la specificazione che il consumatore è titolare dei diritti previsti dal presente paragrafo e che la garanzia medesima lascia impregiudicati tali diritti” solo nella garanzia contrattuale e non anche nei messaggi pubblicitari, quindi non sussisterebbe sul punto la scorrettezza della pratica.

La censura è del tutto inconferente dal momento che, nel caso di specie, non è contestato che la su riportata dicitura, declinata al comma 2, lett. a), del richiamato art. 133, manca sia nel messaggio pubblicitario sia nella garanzia contrattuale vera e propria. Quindi il distinguo operato dalla ricorrente non è utile a scriminare la sua condotta.

4. Con il secondo motivo la ricorrente, premesso di non aver mai pubblicizzato diritti non esistenti in capo al consumatore, ritiene che il mancato richiamo, nel materiale pubblicitario, ai diritti previsti in favore del consumatore dagli artt. 128 e seguenti del Codice del consumo, non potrebbe costituire pratica commerciale scorretta, come ritenuto dall’Autorità, atteso che tale presunta omissione non sarebbe in grado di falsare in misura rilevante il comportamento economico del consumatore ed indurlo ad assumere una decisione commerciale che altrimenti non avrebbe preso.

Afferma che, contrariamente a quanto ritenuto dall’Autorità, la suddetta omissione al più avrebbe potuto produrre l'effetto opposto. Infatti, in assenza di un richiamo specifico ed esteso ai diritti di garanzia previsti dalla legge, il consumatore medio sarebbe potuto essere disincentivato dallo stipulare il contratto di acquisto e, ancor prima, dall'entrare in contatto con Arredissima Modena. Ciò denoterebbe un primo profilo di contraddittorietà nella motivazione.

Inoltre nel contratto di vendita è chiaramente specificato che l'acquirente gode sia delle garanzie biennali previste dalla normativa vigente in materia, sia della garanzia convenzionale di cinque anni, tanto che la stessa Autorità ha confermato che la formulazione del contratto è idonea a fornire adeguata informazione e tutela per il cliente. Quindi il provvedimento impugnato sarebbe manifestamente contraddittorio anche perché: nessun pregiudizio concreto è stato accertato;
non vengono indicate le ragioni concrete che potrebbero falsare in misura rilevante il comportamento economico del consumatore ed indurlo ad assumere una decisione commerciale che altrimenti non avrebbe preso.

4.1. Il motivo è infondato.

Il provvedimento riporta le seguenti valutazioni conclusive:

“27. Per quanto concerne Arredissima, dagli elementi acquisiti nel corso dell'istruttoria risulta che il professionista ha diffuso, negli ultimi cinque anni, dei messaggi che, nella loro presentazione complessiva, omettono di informare adeguatamente il consumatore in ordine alla durata della garanzia offerta sui mobili venduti.

28. Con riferimento alla durata quinquennale della garanzia convenzionale, le evidenze istruttorie attestano che tale previsione è esplicitamente contenuta nei contratti stipulati con la clientela e giuridicamente vincolanti per il venditore.

In tal senso, l'erronea indicazione di un periodo di due anni, contenuta nelle condizioni generali di vendita, non sembra idonea a falsare in misura apprezzabile il comportamento economico del consumatore, tenuto conto che la durata contrattualmente prevista della garanzia convenzionale è più lunga di quella erroneamente riportata nelle condizioni generali di vendita.

29. Al contrario, i messaggi contenuti nelle condizioni generali di vendita riportate nel sito internet e in allegato alle brochure risultano ingannevoli in quanto, pubblicizzando una garanzia convenzionale, omettono di fornire al consumatore informazioni essenziali in merito alla natura e all'estensione dei diritti ad esso derivanti dalla disciplina delle garanzie sui beni di consumo prevista dagli artt. 128 e seguenti del Codice del Consumo.

30. Infatti, nell'ambito dell'offerta di una garanzia convenzionale, l'informazione relativa ai diritti derivanti dalla garanzia legale di conformità, rappresenta un elemento rilevante di valutazione per le decisioni commerciali che il consumatore può assumere nella fase della assistenza post -vendita”.

4.2. Osserva il Collegio che ciò che viene contestato alla ricorrente è il non aver chiaramente riportato, sia nel messaggio pubblicitario via internet , sia nella brochure informativa, sia infine nelle condizioni generali di contratto, l’indicazione che la garanzia convenzionale offerta lasciava in ogni caso impregiudicati i diritti dei consumatori previsti dagli artt. 128 e ss. del Codice del consumo.

Si tratta di un obbligo informativo che discende dalle novità normative innanzi tratteggiate, obbligo che non può ritenersi soddisfatto dall’indicazione della garanzia biennale per “la perfetta idoneità della cosa all’uso cui è destinata nonché l’immunità da vizi”, contenuta nelle condizioni generali di contratto accluse ai singoli contratti (art. 6 “Garanzia”). Ciò sia per la evidente minore ampiezza della tutela accordata al consumatore da una siffatta clausola, sia in ragione della intervenuta modifica legislativa in forza della quale il Codice del consumo ha abbandonato il precedente specifico riferimento alla sola pubblicità ingannevole e comparativa, per approdare ad una disciplina di portata più ampia, riferibile, sotto il profilo oggettivo, ad ogni azione, omissione, condotta, dichiarazione e comunicazione commerciale, “ivi compresa la pubblicità”, posta in essere da un professionista “prima, durante e dopo un’operazione commerciale relativa ad un prodotto” (artt. 18 e 19 del Codice), così notevolmente allargando il campo delle condotte sanzionabili (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 5 ottobre 2011, n. 7735).

La normativa sulla garanzia convenzionale ulteriore dispone, infatti, che in questa deve essere precisato che “il consumatore è titolare dei diritti previsti dal presente paragrafo e che la garanzia medesima lascia impregiudicati tali diritti” (art. 133, comma 2, lett. a), affinché egli non sia indotto a ritenere che la garanzia convenzionale escluda quella legale.

Nella specie, nella garanzia convenzionale offerta dalla ricorrente l’indicazione prescritta dalla norma non risulta data, essendo di conseguenza corretta la valutazione di ingannevolezza della pratica commerciale ai sensi dell’art. 22, comma 1, del Codice, espressa dell’Autorità nel provvedimento impugnato, in quanto omissione di “informazioni rilevanti” ai fini della corretta decisione del consumatore, il quale potrebbe, in tal caso, essere indotto a ritenere non più o non ancora operante la garanzia legale.

Da quanto sopra discende, dunque, che l’infrazione in questione si realizza per la sola violazione della specifica prescrizione di cui all’art. 133, comma 2, lett. a (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 5 agosto 2013, n. 4085, che ha confermato in tale parte T.A.R. Lazio, n. 7735/2011 cit.).

Risulta corretto, dunque, il rilievo dell’Autorità secondo cui “lo stesso Codice del Consumo, oltre a disciplinare la garanzia legale, prevede, all'articolo 133, la possibilità per il venditore o per il produttore di offrire una garanzia convenzionale ulteriore, obbligando però (comma 2, lettera a) il professionista che la offre a specificare la titolarità in capo al consumatore dei diritti - ivi compresi quelli in materia di garanzia legale di conformità - di cui al Capo I del Titolo III del Codice del Consumo;
diritti che rimangono impregiudicati dall'offerta di una garanzia convenzionale”.

4.3. Inoltre, in disparte l’evidente e non contestata difformità tra il messaggio pubblicitario veicolato via internet , le informazioni contenute nella brochure e la tipologia di garanzia biennale effettivamente accordata con i contratti (in quanto contenuta nelle condizioni generali di contratto, in aggiunta a quella quinquennale convenzionale), la possibilità di indurre in errore il consumatore, nel caso di specie, è riferita sia alla fase ante vendita sia a quella post vendita.

Da una parte, infatti, pubblicizzare una garanzia quinquennale “per il buon uso del mobile”, può indurre il consumatore ad acquistare nella convinzione di avere una garanzia particolarmente appetibile ma che, nella realtà, è di gran lunga meno utile di quella obbligatoria per legge. Dall’altra, la mancata indicazione che la garanzia convenzionale offerta lascia in ogni caso impregiudicati i diritti dei consumatori previsti dagli artt. 128 e ss. del Codice del consumo, è in grado di indurre in errore il consumatore in ordine all’ampiezza e alla portata della garanzia spettantegli, delle azioni esperibili e della relativa tempistica, così come declinati dalla richiamata normativa e, dunque, idonea ad indurlo, nella fase post -vendita, a non azionare la garanzia in tutte le ipotesi previste per legge, autolimitando le proprie pretese ai soli casi di vizi occulti, contemplati nelle condizioni generali di contratto.

4.4. Invero, la circostanza che nel contratto sia riportata la garanzia convenzionale di 5 anni “per il buon uso del mobile” e che, nelle condizioni generali accluse al contratto, sia riconosciuta una garanzia biennale per “la perfetta idoneità della cosa all’uso cui è destinata nonché l’immunità da vizi” (art. 6), in disparte l’obiettiva violazione dell’art. 133 di cui si è detto, non è comunque idonea a superare le criticità rilevate dall’Autorità, atteso che la citata garanzia biennale per vizi occulti, contenuta nelle condizioni generali di contratto, non soddisfa, dal punto di vista sostanziale, tutti i requisiti della garanzia legale prevista dagli artt. 128 ss. del Codice del consumo.

Correttamente, dunque, la condotta posta in essere dal professionista, nel caso di specie, è stata ritenuta “non conforme all'ordinaria diligenza ragionevolmente esigibile da un operatore da tempo attivo nel settore con riferimento alla chiarezza e completezza delle proprie comunicazioni commerciali”.

Né rileva, in proposito, l’obiezione della ricorrente secondo cui nessun pregiudizio concreto ai consumatori sarebbe stato accertato, atteso che, per giurisprudenza consolidata, ai fini dell’illiceità di una pratica commerciale ai sensi del Codice, non occorre dimostrare che essa abbia avuto una concreta attuazione pregiudizievole per i consumatori, essendo sufficiente una sua lesività potenziale tale da ascriverla nell’ambito dell’illecito, non già di danno, ma di mero pericolo (cfr. ex multis : T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 24 aprile 2018, n. 4571).

Il motivo, conclusivamente, deve essere respinto.

5. Con il terzo motivo la ricorrente sostiene che, essendo il sito internet www.arredissima.com di proprietà della Nord Est Holding S.r.l., come riconosciuto dall’Autorità, non potrebbe esserle imputato alcunché quanto al messaggio pubblicitario ivi diffuso in ordine alla garanzia convenzionale.

Il motivo è infondato.

In proposito l’Autorità afferma nel provvedimento “26. Per quanto concerne il ruolo di Nord Est Holding, dalle risultanze istruttorie emerge che la stessa non svolge attività di vendita, detenendo solo una quota di controllo del capitale sociale di Arredissima, che è solamente titolare del sito www.arreddissima.com, ma non ha curato i contenuti comunicazionali, e che, pertanto non ha posto in essere la pratica oggetto di contestazione”.

Osserva il Collegio che, alla luce degli accertamenti condotti dall’Autorità, è ininfluente il profilo proprietario del sito dal momento che ciò che rileva ai fini dell’imputabilità della condotta è la predisposizione del contenuto del messaggio pubblicitario. In proposito la ricorrente si limita ad affermare, senza provarlo, di non avere la disponibilità dei contenuti dei messaggi pubblicitari.

6. Con il quarto motivo la ricorrente censura l’atto di rigetto degli impegni, da parte dell'Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, la quale, a suo dire, non avrebbe motivato sul punto.

Anche tale motivo è infondato.

In punto di fatto si osserva che, nella nota del 21 luglio 2010, l'Autorità ha rilevato che gli impegni presentati dal professionista riguardano esclusivamente le omissioni informative presenti nelle condizioni generali di contratto e non chiariscono le modalità con cui il professionista intende sanare l'omissione informativa presente nel sito www.arredissima.com, che pubblicizza la sola garanzia convenzionale, senza fornire le informazioni sui diritti spettanti ai consumatori ai sensi dell'art 133 del Codice del consumo. Inoltre, l’Autorità ha ravvisato l'inidoneità degli impegni presentati alla stregua dell'offensività della pratica, in considerazione del mezzo utilizzato ( internet ) e della lunga durata della sua diffusione.

In punto di diritto deve rammentarsi che la valutazione degli impegni ha un carattere ampiamente discrezionale, in quanto impinge nell'autonomia di cui l'Autorità dispone relativamente alla determinazione delle proprie priorità di intervento. Il Regolamento sulle procedure istruttorie dell'AGCM consente, infatti, all'Autorità di rigettare l'istanza di assunzione degli impegni in tutti i casi di ritenuta “inidoneità degli impegni a rimuovere i profili contestati nell'avvio dell'istruttoria”, rientrando la valutazione tecnico - discrezionale degli impegni presentati nella sfera di esercizio dell'ampio potere che compete all'Autorità (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 8 febbraio 2018, n. 1523).

7. Con il quinto ed ultimo motivo la ricorrente censura il provvedimento nella parte relativa all'applicazione della sanzione, sostenendo che i paramenti utilizzati dall'Autorità per quantificarla sarebbero richiamati in maniera del tutto generica ed astratta.

Anche detta censura è infondata.

Invero l’Autorità, quanto alla gravità della violazione, ha tenuto conto della dimensione economica del professionista, che nel 2009 ha realizzato un fatturato di € 3.200.000, del grado di diffusione della pratica e della natura dell’infrazione.

La gravità della pratica è stata, infatti, apprezzata in ragione della rilevante diffusione dei messaggi pubblicitari censurati che, in quanto veicolati sia tramite brochure sia via internet, sono in grado di raggiungere un significativo numero di consumatori.

Per quanto concerne la durata della violazione, l’Autorità ha rilevato che il messaggio sul sito internet è stato diffuso a partire dal mese di gennaio 2009 fino al marzo 2010, mentre le brochure sono state diffuse quanto meno dall’entrata in vigore del D. Lgs. 146/07 (21 settembre 2007) fino al 14 giugno 2010.

Quanto precede denota l’infondatezza della censura e la congruità della sanzione pecuniaria irrogata.

Conclusivamente, per quanto precede, il ricorso deve essere respinto.

8. Le spese del giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.

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