TAR Roma, sez. 3S, sentenza 2024-08-06, n. 202415711

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3S, sentenza 2024-08-06, n. 202415711
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202415711
Data del deposito : 6 agosto 2024
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 06/08/2024

N. 15711/2024 REG.PROV.COLL.

N. 14114/2018 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Stralcio)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 14114 del 2018, integrato da motivi aggiunti, proposto da E.S.Co. Solution S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dagli avvocati R B, E R, F S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. F S in Roma, via Emanuele Gianturco 6;

contro

Gestore dei Servizi Energetici S.p.a. (GSE), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentato e difeso dagli avvocati Stefano D'Ercole, N P, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Stefano D'Ercole in Roma, via in Arcione n. 71;

Per quanto riguarda il ricorso introduttivo, per l'annullamento:

- del provvedimento del Gestore Servizi Energetici S.p.A., a firma del Direttore della Direzione Verifiche e Ispezioni, prot n. GSE/P20180078858 del 10 agosto 2018, notificato il 10 agosto 2018, avente ad oggetto «comunicazione di esito relativa all'attività di controllo svolta mediante verifica con sopralluogo ai sensi dell'art. 14, comma 1, del D.M. 28 dicembre 2012 e dell'art. 42 del D.Lgs. 28/2011 per l'intervento ammesso agli incentivi del D.M. 28 dicembre 2012 ai sensi dell'art. 4, comma 2, lettera c), realizzato nel Comune di Amorosi (BN)» (doc. 1), nonché di ogni altro atto presupposto, conseguente e/o comunque connesso, ivi espressamente compresi, laddove occorrano: a) la comunicazione di sospensione dell'attività di controllo prot. GSE/P20180055295 del 20 giugno 2018 (doc. 2);

b) la comunicazione di avvio del procedimento prot. GSE/P20180012999 del 22 febbraio 2018 (doc. 3)

Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da E.S.CO. Solution S.r.l. il 12.12.2018, al fine di estendere l'impugnazione:

- al provvedimento del Gestore Servizi Energetici S.p.A., a firma del Direttore della Direzione Commerciale, prot. n. GSE/P20180100026 del 30 ottobre 2018, notificato il 30 ottobre 2018, avente ad oggetto «ID Verifica 2018-28447 – Comunicazione di esito relativa all'attività di controllo svolta mediante verifica con sopralluogo ai sensi dell'art. 14 comma 1 del D.M. 28 dicembre 2012 e dell'art. 42 del D. Lgs 28/2011 per l'intervento ammesso agli incentivi del D.M. 28 dicembre 2012 ai sensi dell'art. 4, comma 2, lettera c), realizzato nel Comune di Amorosi (BN) numero pratica CT00019803 – Richiesta restituzione incentivi».


Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Gestore dei Servizi Energetici S.p.A. (GSE);

Visti tutti gli atti della causa;

Visto l'art. 87, comma 4-bis, cod.proc.amm.;

Relatore all'udienza straordinaria di smaltimento dell'arretrato del giorno 21 giugno 2024 il dott. M G e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1. E.S.CO. Solution S.r.l. nel 2015 accedeva agli incentivi di cui al D.M. 28 dicembre 2012 con riguardo a un impianto solare termico finalizzato alla produzione di acqua calda sanitaria, realizzato nel Comune di Amorosi (BN), codice della richiesta CT00019803.

2. Nel 2018 il GSE avviava un procedimento di controllo con sopralluogo che, a seguito di interlocuzioni, si concludeva con il provvedimento di decadenza dagli incentivi, motivato sulla base del sovradimensionamento dell’impianto - di superficie pari a 10,12 mq per un immobile con superficie utile pari a 160 mq - e, con riguardo i requisiti minimi del contratto di servizio, della mancata dimostrazione della redditività dell’investimento (rientro economico delle spese e generazione di utile di impresa oltre il contributo in Conto Termico) e del mancato aggiornamento libretto di impianto ai sensi del D.P.R. 74/2013 e del D.M. 10 febbraio 2014. Per quanto concerne il sovradimensionamento il GSE precisava che la relazione tecnica presentata dalla Società era stata redatta secondo la norma tecnica UNI 9182:2014, la quale non è pertinente ai fini della determinazione del fabbisogno termico per la produzione di ACS e per il conseguente dimensionamento dell’impianto solare termico, e indicava come applicabile al caso di specie la metodologia di calcolo di cui alla UNI/TS 11300, in quanto richiamata dall’allegato III del D.Lgs. 115/2008. Sulla base della predetta metodologia veniva individuato un fabbisogno termico ante intervento pari a 3.035 kWh/anno - così come risultante dall’ACE, redatta da tecnico abilitato - e, sulla base della superficie utile dell’edificio, pari a 160 mq, un fabbisogno di circa 207 litri/giorno di acqua calda sanitaria, con indicazione del dimensionamento ottimale dei collettori, nel range compreso tra 0,8 e 1,0 mq per ogni 50 litri/giorno di acqua calda sanitaria, e della superficie dell’impianto in un margine di oscillazione compreso tra i 3 e i 4 mq.

3. Tale provvedimento veniva impugnato con ricorso affidato ai seguenti motivi:

I. Violazione e falsa applicazione della direttiva UNI 9182-2014. Violazione degli artt. 2, comma 1, lett. n) e 4, comma 2, lett. c) del D.M. 16 febbraio 2016. Eccesso di potere per difetto dei presupposti e carenza di istruttoria. Violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Difetto di motivazione.

Ad avviso della Società ricorrente nel provvedimento il GSE contesterebbe il sovradimensionamento dell’impianto, senza tuttavia quantificarlo, e inoltre non terrebbe conto del metodo di calcolo previsto dalla normativa UNI 9182 del 2014, utilizzata dalla Società ai fini della compilazione della relazione tecnica. Sarebbero poi infondati i rilievi relativi alla mancanza di regolarità delle annotazioni nel libretto di impianto, di rientro economico delle spese, di generazione di utile di impresa ulteriore rispetto al contributo percepito in relazione al conto termico.

II. Violazione dell’art. 7, comma 6, lett. c) del D.M. 28 dicembre 2012. Eccesso di potere per carenza dei presupposti e difetto di istruttoria.

Parte ricorrente sostiene che l’intervento realizzato, presentando una superficie inferiore ai 50 mq, non sarebbe soggetto ad alcun dimensionamento, essendo sufficiente la presentazione della relazione tecnica corredata dallo schema funzionale ai sensi dell’art. 7, comma 6, lettera c, del decreto in parola.

III. Violazione e falsa applicazione dell’art. 42, comma 3, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28. Violazione e falsa applicazione degli artt. 3, comma 1, lett. j) e 11, nonché dell’allegato 1 del D.M. 31 gennaio 2014. Violazione e falsa applicazione dell’art. 14, comma 2, del D.M. 28 dicembre 2012. Violazione e falsa applicazione del punto 6 delle regole applicative del D.M. 28 dicembre 2012.

La contestazione del mancato aggiornamento del libretto dell’impianto e quella relativa al rischio finanziario assunto dalla ricorrente non costituirebbero violazioni rilevanti, conseguendo da ciò l’impossibilità da parte del GSE di procedere al recupero degli incentivi erogati.

IV. Violazione degli artt. 3 e 4 della legge 24 novembre 1981, n. 689. Eccesso di potere per carenza di istruttoria, erroneità dei presupposti, difetto di motivazione, lesione dell’affidamento. Insussistenza dell’elemento soggettivo ed esistenza di cause di giustificazione.

Parte ricorrente sostiene la natura sanzionatoria della decadenza e, pertanto, invoca l’applicazione della buona fede nell’aver calcolato il fabbisogno di acqua calda ai sensi della normativa UNI 9182-2014, potendosi rinvenire analogo riferimento in alcuni documenti dell’Ordine degli Ingegneri di Roma, della Confartigianato di Bergamo e di un appalto per la realizzazione della nuova stazione della Polizia Municipale del Comune di Genova.

V. Violazione dell’art. 42, comma 3, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28. Eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto dei presupposti. Violazione dei principi di tassatività, di proporzionalità e di abnormità.

Il provvedimento di decadenza sarebbe viziato per non avere il GSE valutato la decurtazione degli incentivi in alternativa alla decadenza. Il recupero della totalità delle erogazioni colliderebbe con i principi di tassatività e di proporzionalità.

VI. Violazione degli artt. 3 e 21-nonies della legge 7 agosto 1990, 241. Difetto assoluto di motivazione. Eccesso di potere per contraddittorietà, erroneità dei presupposti, illogicità, carenza di istruttoria, travisamento di fatto, sviamento e omessa comparazione degli interessi coinvolti. Violazione del principio del legittimo affidamento, di proporzionalità e di ragionevolezza.

Il provvedimento impugnato sarebbe viziato poiché adottato in assenza dei presupposti che regolano l’esercizio del potere di autotutela e, inoltre, determinerebbe una lesione del legittimo affidamento, ingenerato dall’accoglimento delle n. 149 richieste di incentivi presentate dall’attuale ricorrente nel periodo 2015-2017.

VII. Violazione dell’art. 97 della Costituzione. Violazione dell’art. 1 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione degli artt. 7, 8, 9 del D.M. 31 gennaio 2014. Violazione delle garanzie procedimentali. Eccesso di potere per contraddittorietà, illogicità e perplessità.

Il provvedimento sarebbe viziato poiché nel corso del sopralluogo svoltosi presso l’impianto nei giorni 27 e 28 febbraio 2018 non sono stati effettuati rilievi con riguardo al sovradimensionamento dell’impianto ovvero alla mancata annotazione dei dati sul libretto di impianto.

VIII. Violazione degli articoli 3 e 10 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione degli artt. 8, comma 4, e 10, comma 2, del D.M. 31 gennaio 2014. Eccesso di potere per erroneità dei presupposti, illogicità, difetto di istruttoria e di motivazione, lesione dei diritti di partecipazione procedimentale.

Parte ricorrente lamenta che non sarebbero state valutate le osservazioni trasmesse in sede procedimentale, non risultando il loro esame dal testo del provvedimento.

IX. Violazione dell’art. 2, commi 2 e 6 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione dell’art. 10 del D.M. 31 gennaio 2014. Violazione del termine per la conclusione del procedimento. Eccesso di potere per difetto dei presupposti, carenza di potere, violazione dell’autolimite.

Viene contestata la conclusione del procedimento oltre i trenta giorni stabiliti dalla L. n. 241/1990.

X. Violazione dell’art. 28, comma 1, lett. a) del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28. Eccessi di potere per difetto dei presupposti.

Il provvedimento sarebbe viziato per difetto dei presupposti poiché l’impianto in realtà soddisferebbe il requisito “del risparmio energetico generato dall’intervento” previsto dall’art. 28 del D.Lgs. 28/2011.

Il ricorso si conclude con un’istanza finalizzata a promuovere l’eventuale disposizione della consulenza tecnica d’ufficio.

4. Nell’ottobre 2018 il GSE trasmetteva la nota con cui richiedeva la restituzione degli incentivi conseguente alla decadenza.

5. Si costituiva il GSE per resistere al ricorso.

6. La nota recante la richiesta di restituzione degli incentivi veniva impugnata dalla Società ricorrente al fine di contestarne l’illegittimità in via derivata sulla base degli stessi motivi del ricorso principale e l’illegittimità in via autonoma sulla base dei seguenti motivi aggiunti:

I. Violazione dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione delle garanzie partecipative in ambito procedimentale. Violazione dell’art. 1, della legge 7 agosto 1990, n. 241. Violazione dell’art. 6 della CEDU. Violazione dell’art. 24 della Costituzione. Lesione del principio del contraddittorio. Eccesso di potere per carenza di istruttoria e difetto dei presupposti.

La richiesta di restituzione degli incentivi sarebbe stata trasmessa senza assicurare le garanzie partecipative previste dalla legge e senza attendere la definizione del giudizio di legittimità relativo al provvedimento di decadenza.

II. Violazione dell’art. 42, comma 3, del decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28. Eccesso di potere per carenza di istruttoria, difetto dei presupposti. Violazione dei principi di tassatività, di proporzionalità e di abnormità.

Il recupero totale dell’importo sarebbe sproporzionato e si porrebbe in contrasto con l’istituto della decurtazione, previsto in alternativa rispetto alla decadenza.

III. Violazione degli artt. 24, 97 e 113 della Costituzione. Violazione dei principi di buon andamento, imparzialità e trasparenza dell’agire amministrativo. Violazione dell’art. 3 della legge 7 agosto 1990, n. 241. Difetto di motivazione.

L’atto di recupero delle somme sarebbe privo di motivazione, in violazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e della normativa nazionale, comunitaria e convenzionale.

IV. Violazione degli artt. 2033 e 2041 del c.c. Eccesso di potere per difetto dei presupposti.

Configurerebbe un arricchimento senza causa e un indebito oggettivo il fatto che la richiesta del GSE riguardante la somma corrisposta a titolo di incentivi includa anche il contributo che parte ricorrente ha corrisposto in sede di domanda di ammissione.

7. Le parti depositavano documenti, memorie e repliche e chiedevano il passaggio in decisione senza discussione.

8. All’udienza straordinaria per lo smaltimento dell’arretrato del 21 giugno 2024 la causa veniva trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Con il primo motivo parte ricorrente sostiene che nel provvedimento del GSE verrebbe contestato il sovradimensionamento dell’impianto in assenza di una sua quantificazione.

In base all’art. 4, comma 3, primo periodo del D.M. 16 febbraio 2016, gli interventi (…) devono essere realizzati utilizzando esclusivamente apparecchi e i componenti di nuova costruzione, nonché devono essere correttamente dimensionati, sulla base della normativa tecnica di settore, in funzione dei reali fabbisogni di energia termica . Pertanto, il soggetto proponente ha l’onere di indicare chiaramente i dati tecnici dai quali sia possibile desumere, in primis , quali siano i reali fabbisogni di energia termica delle utenze indicate e, in secundis , il conseguente corretto “dimensionamento” degli interventi proposti rispetto alla normativa tecnica di settore (TAR Lazio, Roma, sez. III-ter, n. 10807/2021;
n. 10129/2019).

La normativa applicabile è individuata dall’allegato III del D.Lgs. 115/2008 - riportato nelle premesse del provvedimento di decadenza dagli incentivi - il quale richiama espressamente la specifica tecnica UNI TS 11300-2014 (Prestazioni energetiche negli edifici).

La metodologia di calcolo utilizzata dalla Società ricorrente, basata sulla diversa normativa UNI 9182-2014, non è corretta, in quanto tale normativa riguarda la progettazione degli impianti di acqua calda e fredda e non, invece, la rilevazione del fabbisogno di energia termica degli edifici.

Inoltre, si tratta di un sovradimensionamento di stretta evidenza poiché, come descritto nelle motivazioni del provvedimento di decadenza adottato dal GSE, per un appartamento di 160 mq sarebbe stato adeguato un impianto di superficie compresa tra i 3 e i 4 mq. La ricorrente ha invece installato un impianto di 10,12 mq, ovverosia oltre due volte più grande rispetto alla dimensione massima rientrante nei termini di tolleranza indicati dal GSE, basandosi sulle specifiche tecniche UNI 9182-2014 che forniscono metodologie di calcolo destinate alla rilevazione del fabbisogno idrico complessivo dell’edificio. Come precisato dal Gestore, tali norme tecniche riguardano la progettazione degli impianti per la distribuzione dell’acqua calda e fredda, una fattispecie cioè diversa da quella oggetto della domanda di incentivi, ove invece rileva la determinazione del fabbisogno di energia termica. Si osserva che la disciplina di accesso agli incentivi di cui al D.M 16 febbraio 2016 rinvia al D.Lgs. n. 115/2008, fonte primaria che individua all’Allegato III la normativa UNI TS 11300:2014 (Prestazioni energetiche degli edifici) ai fini della rilevazione del fabbisogno di energia primaria e dei rendimenti per la produzione di acqua calda sanitaria nel caso di utilizzo di energie rinnovabili. Il D.Lgs. 115/2008 è richiamato anche nelle premesse delle condizioni generali di contratto allegate alla domanda di ammissione agli incentivi. Per quanto concerne il metodo di calcolo, nel provvedimento di decadenza si rinvengono indicazioni dettagliate sul consumo annuo (3.035 kWh/anno, sul fabbisogno di acqua calda solare (207 litri/giorno) e sul dimensionamento dei collettori (tra 0,8 e 1,0 mq per 50 litri/giorno), stimati prendendo in considerazione il sito geografico, i dati di letteratura e la buona prassi progettuale.

Si osserva che il sovradimensionamento è accertato sia in astratto sulla base dei calcoli che in concreto sulla base del sopralluogo.

1.1. Con riferimento al profilo inerente alla mancata annotazione puntuale sul libretto di centrale degli interventi effettuati sull’impianto termico, la ricorrente sostiene di aver riportato le misurazioni dell’energia ceduta all’utenza nel libretto dell’impianto solare ovvero in un ulteriore libretto dedicato. L’annotazione degli interventi effettuati sull'impianto termico e della quantità di energia fornita annualmente deve essere effettuata in modo puntuale sul libretto di centrale o di impianto (par. 4, allegato II del D.Lgs. 115/2008), essendo pertanto escluso che possa avvenire su altra tipologia di supporto. Gli obblighi di annotazione in qualità di terzo responsabile dell’impianto (All. II citato;
contratto di servizio) e di conservazione della documentazione sono posti a carico del soggetto responsabile dell’impianto (Art. 10 del D.M. 16 febbraio 2016) al fine di consentire al GSE l’espletamento dei controlli. Ne consegue che l’aver riportato le informazioni obbligatorie su un supporto diverso rispetto a quello indicato dalla legge – id est , libretto di centrale o di impianto – si traduce necessariamente in un’incompletezza della documentazione.

1.2. Quanto alla sostenibilità dell’intervento, parte ricorrente ha dichiarato che la realizzazione dell’impianto è avvenuta a fronte della sola cessione a proprio favore dell’incentivo del Conto termico da parte del soggetto ammesso. La Società non ha fornito documentazione idonea a confutare le contestazioni del GSE riguardanti l’inidoneità dello stesso ad assicurare il rientro economico delle spese e a generare utile di impresa oltre il predetto contributo. Fra i requisiti del contratto di servizio energia è previsto che il corrispettivo contrattuale percepito dalla Società debba essere versato tramite un canone periodico comprendente la fornitura degli ulteriori beni e servizi necessari a fornire le prestazioni (par. 4, allegato II del D. Lgs. 115/2008, richiamato dall’art. 3, comma 3 del D.M. 16 febbraio 2016). Tale fornitura si colloca a pieno titolo tra le spese con riferimento alle quali il GSE ha chiesto alla Società di dimostrare il rientro economico, senza che tuttavia venisse assolto l’onere probatorio dalla parte ricorrente.

Il motivo è infondato.

2. Con il secondo motivo parte ricorrente sostiene che l’intervento realizzato, rientrando nella tipologia di cui all’art. 4, comma 2, lett. c) del D.M. 28 dicembre 2012 e presentando una superficie inferiore ai 50 mq, non sarebbe soggetto ad alcun dimensionamento, essendo sufficiente la relazione tecnica prodotta ai sensi dell’art. 7, comma 6, lettera c.

Si osserva che l’art. 4, comma 2, lettera c, del D.M. 28 dicembre 2012 si limita ad includere tra gli interventi incentivabili l’installazione di collettori solari termici. Il successivo art. 7, comma 6, lettera c, prevede che per gli impianti solari termici di potenza termica nominale inferiore o uguale a 35 kW o superficie solare lorda inferiore o uguale a 50 metri quadrati (…) l’asseverazione può essere sostituita da una dichiarazione del soggetto responsabile, corredata da una certificazione dei produttori degli elementi impiegati, che attesti il rispetto dei requisiti minimi, relativi allo specifico intervento, come descritti negli allegati al presente decreto .

La tesi sostenuta dalla ricorrente non persuade. Le disposizioni stabiliscono un regime semplificato di asseverazione con riguardo agli impianti di minore potenza e superficie, che consiste nella possibilità di sostituire la relazione di un tecnico con la dichiarazione del soggetto responsabile, corredata da documentazione.

La semplificazione riguarda solo le modalità di attestazione dell’intervento e non, invece, i requisiti minimi cui esso deve conformarsi e che costituiscono l’oggetto della dichiarazione del soggetto responsabile. Attraverso l’adesione all’interpretazione proposta dalla Società ricorrente si arriverebbe in sostanza ad ammettere che la relazione tecnica possa essere sostituita da una dichiarazione a contenuto indeterminato, integrando in tal modo una violazione della lettera e della ratio della disposizione.

Il motivo è privo di pregio.

3. Con il terzo motivo si sostiene che non sarebbe possibile recuperare gli incentivi erogati non essendovi violazioni rilevanti con riferimento al sovradimensionamento, al mancato aggiornamento del libretto dell’impianto e al rischio finanziario assunto.

I controlli del GSE sono finalizzati a verificare la permanenza dei requisiti utili all’erogazione degli incentivi (art. 14 del D.M. 16 febbraio 2016).

Le violazioni contestate nel provvedimento di decadenza dagli incentivi scaturiscono dal confronto tra le rilevazioni svolte nel corso del sopralluogo e gli atti complessivamente acquisiti al procedimento e sono riconducibili all’indisponibilità della documentazione e all’insussistenza dei requisiti per l’accesso agli incentivi. Si tratta di violazioni rilevanti cui consegue l’adozione di un provvedimento di decadenza (lettere a, d, e, j dell’allegato 1 del D.M. 31 gennaio 2014).

Il motivo è infondato.

4. Parimenti infondato è il quarto motivo. Il D.M. 16 febbraio 2016 richiama il D.Lgs. 115/2008, il quale a sua volta contiene il riferimento alla normativa UNI TS 11300, per cui non è giustificabile l’applicazione della metodologia prevista dalla normativa UNI 9182-2014. Gli esempi addotti da parte ricorrente con riguardo all’Ordine degli Ingegneri di Roma (doc. 6), alla Confartigianato di Bergamo (doc. 7), al Comune di Genova (doc. 8), attengono al calcolo del fabbisogno complessivo di acqua - calda e fredda - ai fini della progettazione degli impianti, non ai fini dell’efficientamento energetico.

4.1. Inapplicabile al caso specifico è poi la disciplina di cui alla L. 689/1981, in quanto la decadenza non presenta natura sanzionatoria ma accertativa della violazione commessa, con conseguente irrilevanza dell’elemento psicologico e non invocabilità della buona fede.

Con la pronuncia n. 18/2020 l’Adunanza Plenaria ha affermato che i provvedimenti di decadenza adottati da GSE sono espressione di un potere di verifica, accertamento e controllo, di natura doverosa e ad esito vincolato, per cui non hanno natura sanzionatoria.

La differenza tra decadenza e sanzione è sottolineata dalla ripartizione di attribuzioni contenuta nell’art. 42 del D.Lgs. 28/2011, ove il GSE dispone la decadenza e poi trasmette il provvedimento all’ARERA ai fini dell’eventuale irrogazione delle sanzioni.

Pertanto, l'accertamento necessario ai fini della pronuncia di decadenza ha ad oggetto la sola violazione e la sua rilevanza, prescindendo dall'elemento soggettivo, che viene in evidenza soltanto nel prosieguo del procedimento sanzionatorio avanti alla competente autorità di settore.

5. Con il quinto motivo parte ricorrente denuncia la violazione dell’art. 42, comma 3, del D.Lgs. 28/2011 e l’eccesso di potere sotto vari profili, in quanto il GSE non avrebbe disposto la decurtazione in alternativa alla decadenza. Il recupero della somma nella sua totalità colliderebbe con i principi di tassatività e di proporzionalità.

A seguito della modifica operata dall’art. 1, comma 960, lett. a, della L. 205/2017, l’art. 42, comma 3, del D.Lgs. 28/2011 consente al GSE di disporre, in alternativa alla decadenza, la decurtazione della tariffa nella misura compresa tra il 20% l’80% dell’incentivo ammesso, in ragione dell’entità della violazione. La disciplina riguarda tutti gli impianti che producono energia da fonti rinnovabili, comprendendo pertanto anche l’impianto de quo (TAR Lazio, Roma, sez. III-ter, n. 10807/2021;
n. 10129/2019).

La ratio di salvaguardia della produzione di energia da fonti rinnovabili sottesa all’istituto fa sì che il GSE debba procedere a verificarne l’applicabilità in alternativa alla decadenza, modulando la decurtazione sulla base dell’entità della violazione rilevata.

La disposizione non ha portata interpretativa, ma innovativa e, pertanto, riguarda le violazioni accertate dopo il 1° gennaio 2018, data di entrata in vigore della legge che l’ha introdotta (Cons. Stato, sez. IV, n. 2396/2020;
n. 6583/2020).

Tali valutazioni non sono state effettuate dal GSE nel provvedimento impugnato.

Inoltre, privo di pregio è l’argomento sostenuto ex adverso dal GSE nella memoria ex art. 73 del c.p.a., in base al quale l’applicabilità della decurtazione sarebbe condizionata all’adozione del decreto ministeriale previsto dal comma 5, lettera c-bis del medesimo art. 42.

La disposizione in parola reca in sé una portata precettiva sufficiente a consentire l’esercizio del potere da parte del GSE anche ove manchi il decreto ministeriale. In assenza della disciplina organica e, in particolare, di una tassonomia delle violazioni, si impone un maggiore sforzo motivazionale con riguardo al caso concreto, che non emerge dal provvedimento.

Il motivo è fondato.

6. Infondato è invece il sesto motivo, con cui in sostanza vengono denunciate la mancanza dei presupposti per l’esercizio del potere di autotutela, la carenza di motivazione del provvedimento impugnato e la violazione del legittimo affidamento, in quanto le n. 149 richieste presentate dalla Società ricorrente nel periodo 2015-2017 erano state valutate positivamente dal GSE.

Secondo il consolidato orientamento di questa Sezione la decadenza è un istituito distinto dall’autotutela e dalla sanzione, essendo altresì manifestazione di un potere immanente di controllo, che è finalizzato ad accertare lo stato dell'impianto e la corrispondenza di quanto verificato rispetto alle dichiarazioni rese dall'interessato nella domanda di ammissione e che permane in pendenza del rapporto di incentivazione (TAR Lazio, Roma, sez. III-ter, n. 3703/2023;
n. 12758/2017).

L’estraneità di tale istituto rispetto al paradigma dell’autotutela è stata ribadita dall’Adunanza Plenaria n. 18/2020 e dalla giurisprudenza ad essa successiva ( ex multis , Cons. Stato, sez. II, n. 2747/2022;
sez. IV, n. 462/2022). Anche a seguito della modifica all’art. 42, comma 3, del D.Lgs. n. 28/2011 da parte dell’art. 56, comma 7, del D.L. 76/2020, in base alla quale la decadenza deve fondarsi sui presupposti di cui all'articolo 21-nonies della L. 241/1990, non è cambiata la natura del potere esercitato, che rimane di decadenza (Ad. Plen. 18/2020).

7. Con il settimo motivo parte ricorrente lamenta che, in occasione dello svolgimento del sopralluogo presso l’impianto, non sono state mosse contestazioni con riguardo al sovradimensionamento e all’assenza di annotazioni sul libretto dell’impianto.

Il sopralluogo è definito quale attività di controllo, con indagine anche di tipo documentale, svolta presso l'impianto di produzione e sulle relative infrastrutture (art. 3, comma 1, lett. h, del D.M. 31 gennaio 2014). Tra le modalità operative dei controlli mediante sopralluogo non è previsto un obbligo di formulazione di rilevi nel corso del suo espletamento (art. 8 del D.M. 31 gennaio 2014), in quanto esso è finalizzato ad acquisire elementi conoscitivi con riguardo alle strutture e alla documentazione dell’impianto (art. 9 del D.M. citato). Nel contesto dell’istruttoria procedimentale gli esiti del sopralluogo sono posti a raffronto con la documentazione acquisita, dal quale può scaturire la contestazione di difformità.

Il motivo è infondato.

8. Infondato è l’ottavo motivo, con cui si contesta la lesione dei diritti di partecipazione procedimentale. L’obbligo di valutazione delle osservazioni presentate dall’interessato sussiste solo qualora le stesse siano pertinenti all’oggetto del procedimento, come prevede l’art. 10, comma 1, lettera b), della L. 241/1990. Dalla lettura coordinata del citato art. 10, comma 1, lettera b) con l’art. 3 della L. 241/1990 è possibile affermare che la mancata considerazione delle osservazioni non pertinenti all’oggetto del procedimento non influisce sulla legittimità del provvedimento.

Inoltre, si richiama l’orientamento giurisprudenziale secondo cui non sussiste alcuna violazione del contraddittorio quando, a fronte di controdeduzioni procedimentali dell'interessato, il provvedimento a questo sfavorevole si fondi su una motivazione sintetica, non essendo richiesta un'analitica confutazione delle osservazioni ( ex multis , Cons. Stato, sez. V, n. 6173/2018;
sez. IV, n. 4967/2014). L'Amministrazione, in altre parole, non deve confutare espressamente le ragioni addotte in sede procedimentale, avendo il semplice obbligo di valutare le memorie scritte e i documenti depositati dall’interessato, allorquando gli stessi siano pertinenti all'oggetto del procedimento (Cons. Stato, sez. V, n. 523/2023;
TAR Lazio, Roma, sez. III-ter, n. 16643/2023).

Nel caso specifico, il GSE ha richiesto e valutato le controdeduzioni pertinenti, considerandole inidonee a superare le criticità segnalate, e ha illustrato le argomentazioni a sostegno del provvedimento di decadenza, con conseguente infondatezza delle censure relative al difetto di istruttoria e alla carenza di motivazione.

9. Il nono motivo denuncia in sostanza il superamento del termine di conclusione del procedimento stabilito in via generale dalla L. 241/1990.

Esso è privo di pregio, in quanto i termini del procedimento hanno natura ordinatoria, salvo il caso in cui vi sia una disposizione legislativa espressa di segno diverso (Cons. Stato, sez. IV, n. 7698/2022;
sez. VI, n. 3307/2020).

Con riguardo alle verifiche di competenza del GSE, la costante giurisprudenza della Sezione ha affermato che i termini per la conclusione del procedimento non hanno natura perentoria ma acceleratoria ( ex multis , TAR Lazio, questa sez. III ter, n. 6396/2022, n. 10807/2021;
n. 6109/2021;
n. 5334/2021).

La loro funzione non è quella di prevedere un momento oltre il quale il provvedimento non può essere più adottato, ma soltanto di assicurare il normale svolgimento del procedimento.

A seguito del decorso del termine di carattere acceleratorio e ordinatorio non viene meno il potere, il cui esercizio tardivo non vizia di per sé il provvedimento adottato (TAR Lazio, sez. III-ter, n. 12665/2023).

10. Con il decimo motivo parte ricorrente lamenta la violazione dell’art. 28, comma 1, lettera a), del D.Lgs. 28/2011 e il vizio di eccesso di potere per difetto dei presupposti, in quanto l’impianto realizzato soddisferebbe il requisito “del risparmio energetico generato dall’intervento” previsto dalla citata disposizione.

Si osserva che il comma 1 dell’art. 28 annovera tra i criteri generali di incentivazione degli interventi quello per cui l'incentivo ha lo scopo di assicurare un’equa remunerazione dei costi di investimento ed esercizio ed è commisurato alla produzione di energia termica da fonti rinnovabili, ovvero ai risparmi energetici generati dagli interventi.

Nella disposizione invocata dalla parte ricorrente il risparmio energetico è preso in considerazione quale criterio di commisurazione dell’incentivo unitamente alla produzione di energia termica da fonti rinnovabili.

Il successivo comma 2 affida ai decreti ministeriali l’attuazione dell’art. 28 citato, fra cui è ricompresa la determinazione dei requisiti tecnici minimi dei componenti, degli impianti e degli interventi (lettera b).

Dalla lettura complessiva dell’art. 28 si ricava che un intervento che comporta risparmio energetico può essere ammesso al regime di incentivazione solo se rispetta i requisiti tecnici minimi, stabiliti nel caso di specie dal D.M. 16 febbraio 2016 e dal D.M. 28 dicembre 2012 e che il GSE è tenuto a verificare. La mancanza di tali requisiti costituisce una violazione rilevante che, una volta accertata, impone al GSE l’adozione di un provvedimento di rigetto ovvero di decadenza a seconda del momento in cui la verifica si è svolta.

Il motivo è infondato.

11. Con riguardo all’istanza finalizzata a promuovere l’espletamento della consulenza tecnica d’ufficio, alla quale il GSE si è opposto in sede di memoria difensiva, non si ritiene che essa sia necessaria ai fini del decidere. Si osserva che le principali variabili del calcolo del dimensionamento dell’impianto - ossia la superficie utile dell’immobile (variabile indipendente) e la superficie dell’impianto termico (variabile dipendente) - non sono contestate. Pertanto, dopo aver individuato il metodo di calcolo da applicare – la normativa UNI TS 11300 del 2014, espressamente richiamata dal D.L.gs. 115/2008, cui rinvia il D.M. 16 febbraio 2016 - e dopo aver rilevato che tale metodo è stato correttamente utilizzato dal GSE e che nel provvedimento sono riportati il fabbisogno giornaliero di acqua calda sanitaria, i range di grandezza dei collettori e della superficie di intervento, la consulenza tecnica svolgerebbe una funzione esplorativa e di acquisizione probatoria, risolvendosi impropriamente in uno strumento per provare la fondatezza delle domande proposte.

12. Si passa all’esame del ricorso per motivi aggiunti.

12.1. Con riguardo alle contestazioni di illegittimità in via derivata si richiamano le considerazioni già svolte in sede di trattazione dei motivi del ricorso introduttivo, in disparte l’inammissibilità delle stesse “sotto il profilo critico del rinvio per relationem dei motivi di censura”, che si pone “in violazione del principio di autosufficienza dei motivi aggiunti (artt. 43 e 40 c.p.a.), non derogabile dal diverso principio di sinteticità (sul rilievo che la sinteticità presuppone, comunque, lo svolgimento di censure, seppur sintetiche)” (TAR Lazio, sez. III-ter, n. 12189/2023;
n. 12181/2023).

12.2. Si scrutinano i motivi aggiunti con cui si denuncia l’illegittimità della nota di restituzione in via autonoma.

12.2.1. Con il primo di essi parte ricorrente si duole del fatto che la richiesta di restituzione degli incentivi sarebbe stata trasmessa senza assicurare le garanzie partecipative previste dalla legge e senza attendere la definizione del giudizio di legittimità relativo al provvedimento di decadenza.

Si osserva che la mancanza dei requisiti per l’amissione al beneficio non consente di erogare delle somme che, se già corrisposte in difformità rispetto al quadro normativo, devono pertanto essere oggetto di restituzione. Tale principio si rinviene nell’art. 42, comma 3, primo periodo, del D.Lgs. 28/2011, in base al quale, nel caso in cui le violazioni riscontrate nell'ambito dei controlli di cui ai commi 1 e 2 siano rilevanti ai fini dell'erogazione degli incentivi, il GSE (…) dispone il rigetto dell'istanza ovvero la decadenza dagli incentivi, nonché il recupero delle somme già erogate . In base al tenore letterale della disposizione, il recupero degli incentivi è coessenziale alla decadenza. Avendo ad oggetto le somme indebitamente corrisposte sulla base dell’originario provvedimento di ammissione, l’atto di recupero non scaturisce da una distinta e autonoma volontà provvedimentale rispetto a quella sottesa al provvedimento di decadenza, ma assolve ad una funzione meramente esecutiva dello stesso. Tale funzione assicura il corretto funzionamento dei regimi di sostegno, i quali sono connotati dalla scarsità delle risorse e, pertanto, impongono che gli incentivi siano riconosciuti solo in presenza dei requisiti soggettivi e oggettivi richiesti dalla legge (Cons. Stato, sez. II, n. 640/2023).

12.2.2. Con il secondo motivo aggiunto parte ricorrente sostiene che il recupero della totalità dell’importo erogato sarebbe sproporzionato e colliderebbe con l’istituto della decurtazione, previsto in alternativa rispetto alla decadenza.

Il motivo è fondato.

Si osserva che l’esercizio del potere di decadenza, in alternativa a quello di decurtazione, si concreta nell’adozione di un provvedimento di carattere negativo. Ad esso consegue l’atto di recupero delle somme che, pur collocandosi diacronicamente in un momento successivo, partecipa alla medesima volontà provvedimentale. La mancata valutazione da parte del GSE della possibilità di disporre la decurtazione in alternativa alla decadenza rende il provvedimento di decadenza illegittimo limitatamente a tale profilo, come illustrato in sede di trattazione del quinto motivo del ricorso introduttivo. L’accertamento della parziale illegittimità del provvedimento di decadenza si riverbera in parte qua sulla validità dell’atto di recupero delle somme.

12.2.3. Con il terzo motivo aggiunto parte ricorrente lamenta che l’atto di recupero delle somme sarebbe privo di motivazione, in violazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza della Corte Costituzionale e della normativa nazionale, comunitaria e convenzionale.

La giurisprudenza del Consiglio di Stato ha chiarito che la richiesta di restituzione dei benefici già erogati non è espressione di una distinta e autonoma volontà provvedimentale rispetto a quella oggetto dei provvedimenti di decadenza dai benefici concessi, ma rappresenta un atto esecutivo, conseguente alla qualifica di indebito oggettivo delle somme erogate (Cons. Stato, sez. IV, n. 6241/2020).

Il motivo è infondato.

12.2.4. Con il quarto motivo aggiunto si sostiene che la richiesta di restituzione del GSE non potrebbe includere il contributo di 41,98 euro che parte ricorrente avrebbe corrisposto in relazione all’ammissione, configurando un arricchimento senza causa e un indebito oggettivo.

Il motivo è infondato.

Il recupero degli incentivi indebitamente erogati deve riguardare il complesso delle somme e, nel caso specifico, comprende anche il contributo relativo alle spese istruttorie e di gestione del procedimento, in quanto non oggetto di esborso monetario iniziale da parte del Soggetto Responsabile. Dalla richiesta di restituzione si evince che il GSE ha scomputato il predetto contributo dall’incentivo, derivandone il pagamento al Soggetto Responsabile della minor somma data dalla differenza tra l’incentivo e il contributo. In altri termini, l’incentivo è stato erogato al netto del contributo, come eccepito dal GSE in sede di memoria difensiva. Ne consegue che il contributo debba essere oggetto di recupero, in quanto si è tradotto in una ritenuta operata dal GSE sull’importo dell’incentivo e, pertanto, rappresenta una quota dell’incentivo stesso.

13. Respinti gli indicati motivi di gravame, per quanto evidenziato in sede di trattazione del quinto motivo del ricorso introduttivo e del secondo motivo aggiunto, i provvedimenti gravati con il ricorso integrato dai motivi aggiunti devono essere annullati in parte qua , con la conseguenza che il Gestore dovrà rideterminarsi sul punto – ferma restando la correttezza sostanziale e, per il resto, anche formale della valutazione già compiuta in merito all’originaria ammissione della Società ricorrente agli incentivi – eventualmente procedendo alla decurtazione dell’incentivo nei sensi e nei modi prescritti dall’art. 42, comma 3, seconda parte, del D.Lgs. 28/2011.

14. Le spese di lite devono essere compensate tra le parti in ragione della soccombenza reciproca.

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