TAR Milano, sez. I, sentenza 2020-03-27, n. 202000561

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Milano, sez. I, sentenza 2020-03-27, n. 202000561
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Milano
Numero : 202000561
Data del deposito : 27 marzo 2020
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 27/03/2020

N. 00561/2020 REG.PROV.COLL.

N. 01629/2016 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 1629 del 2016, proposto da
R P, rappresentato e difeso dall'avvocato E E, con domicilio pec come in atti;

contro

Ministero dell’Interno - Prefettura di Milano, in persona del Ministro legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui uffici domicilia in Milano, via Freguglia, 1 e con domicilio pec come in atti;

per l'annullamento

del diniego alla concessione della licenza di porto d'armi per difesa personale emesso dal Prefetto di Milano prot. n° 17 Area I ter O.S.P. - 1000 armi del 26.04.2016.


Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno - Prefettura di Milano;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 febbraio 2020 il dott. Fabrizio Fornataro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1) Con più censure, da trattare congiuntamente perché strettamente connesse sul piano logico e giuridico, Pettinelli Ruggero impugna il diniego di porto d’armi per difesa personale adottato dal Prefetto di Milano in data 26 aprile 2016, contestando il difetto di istruttoria e la carenza motivazionale.

Le censure non possono essere condivise.

In particolare, il Tribunale osserva che il ricorrente deduce di svolgere l’attività di caposervizio del mensile specializzato “Armi e Tiro” e di essere un Perito iscritto nell'elenco dei CTU del Tribunale di Milano in materia balistica, svolgendo ordinariamente consulenza di parte ed anche su incarico e che, per tale motivo, potrebbe essere oggetto di attenzione da parte di soggetti coinvolti nei procedimenti, tenuto conto che i propri dati sensibili sono facilmente accessibili on-line attraverso sito del Tribunale.

Da tale circostanza egli deduce una sorta di “diritto” ad ottenere il porto d’armi per difesa personale e sostiene che la sua posizione sia sostanzialmente equiparabile a quella riservata dall’ordinamento ad altre figure professionali cui viene attribuito il porto d’armi, poiché la sua attività sarebbe della stessa tipologia di quella svolta dai PM o dalla Polizia Scientifica, soggetti per i quali la legge esplicitamente prevede il diritto di portare armi.

La tesi non può essere condivisa.

Invero:

- in primo luogo, va osservato che il ricorrente non ha documentato alcuna concreta situazione di pericolo o di minaccia, presente o passata, nei suoi confronti, nonostante dichiari di svolgere da anni le attività professionali suindicate, sicché non risulta dimostrato un effettivo bisogno di portare l’arma per difesa personale;

- parimenti, la tesi per cui, in qualità di perito balistico, egli svolgerebbe incarichi anche per soggetti privati e si troverebbe a dove trasportare armi non è suffragata da concreti elementi di riscontro, specie considerando, come coerentemente messo in luce dall’amministrazione, che in caso di prove di fuoco presso poligoni aziendali le armi possono già essere fatte trovare sul luogo e non vi è alcuna dimostrata necessità che il ricorrente provveda al trasporto;

- inoltre, la tesi per cui i giornalisti o i periti balistici svolgerebbero un’attività assimilabile a quella di altre figure professionali cui la legge concede la facoltà di portare l’arma è priva di fondamento normativo e, in particolare, non trova riscontro nel D.M. 1994 n 371;

- tale decreto si limita ad individuare le categorie di persone alle quali il porto di pistola per difesa personale può essere concesso in esenzione dal pagamento della tassa di concessione governativa, ma resta ferma la necessità che sussistano gli altri requisiti e presupposti richiesti dalla legge per ottenere il titolo, tra cui il dimostrato bisogno, cui si riferisce l’art. 42 tulps;

- il ricorrente non ha documentato di versare in una situazione tale da configurare un bisogno di portare un’arma per difesa personale e il provvedimento impugnato, oltre a basarsi su oggettive risultanze istruttorie, esprime una coerente applicazione del quadro normativo di riferimento, oltre a presentare un corredo motivazionale tale da far comprendere le ragioni fattuali e giuridiche della determinazione assunta;

- deve, pertanto, essere ribadita l’infondatezza delle censure proposte.

2) In definitiva, il ricorso è infondato e deve essere respinto.

Le spese seguono la soccombenza e vengono liquidate in dispositivo.

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