TAR Roma, sez. I, sentenza 2023-09-08, n. 202313678

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. I, sentenza 2023-09-08, n. 202313678
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 202313678
Data del deposito : 8 settembre 2023
Fonte ufficiale :

Testo completo

Pubblicato il 08/09/2023

N. 13678/2023 REG.PROV.COLL.

N. 04416/2022 REG.RIC.

N. 07172/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 4416 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati F G S, M C S, S S S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Consiglio Superiore della Magistratura, Ministero della Giustizia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;



sul ricorso numero di registro generale 7172 del 2022, proposto da -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati F G S, M C S, S S S, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;

contro

Ministero della Giustizia, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona dei rispettivi rappresentanti legali pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

quanto al ricorso n. 4416 del 2022:

- della delibera del Plenum del C.S.M., prot. P 4348/2022, del 25 febbraio 2022 (prat. n. 381/V7/2020), trasmessa alla ricorrente dalla Segreteria della Prima Divisione della Corte di Cassazione con apposita mail del 28 febbraio 2022, e del relativo verbale di seduta, laddove delibera “il mancato superamento per valutazione non positiva, da parte della dott.ssa -OMISSIS-, magistrato di sesta valutazione di professionalità con funzioni di consigliere della Corte di Cassazione, della settima valutazione di professionalità a

decorrere dal 7 giugno 2017”;

- e, ove occorra, del decreto del Ministero della Giustizia, prot. n. 0003340 del 25.2.2022, di recepimento della delibera del Plenum anzidetta;

- nonché di tutti gli altri atti connessi, presupposti e conseguenziali alla delibera richiamata, ancorché non conosciuti;

quanto al ricorso n. 7172 del 2022:

- del decreto del Ministro della Giustizia del 15 marzo 2022, vistato dal competente organo di controllo in data 28 marzo 2022, e notificato alla ricorrente solo in data 6 giugno u.s., con il quale il Ministro non ha riconosciuto alla stessa il positivo superamento della settima valutazione di professionalità a decorrere dal 7 giugno 2017 e, conseguentemente, ha stabilito l'attribuzione dello stipendio annuo lordo in godimento al 6 giugno 2017, livello HH06 – classe 08 – scatto 07, “in quanto l'aumento periodico di stipendio sarà dovuto solo a decorrere dalla scadenza dell'anno se il nuovo giudizio è positivo”;
ha precisato altresì che “non matureranno eventuali aumenti periodici” durante l'anno per il rinnovo della settima valutazione di professionalità;

- della nota prot. n. m_dg.DOG.08/06/2022-0144490.U del Direttore Generale della Direzione Generale del Bilancio e della Contabilità del Ministero della Giustizia, Dott. -OMISSIS-, trasmessa via pec alla ricorrente in data 8.6.2022, con cui è stato comunicato l'adeguamento dell'attribuzione dello stipendio secondo quanto disposto dal D.M. citato, ed è stata evidenziata l'assenza di margini di discrezionalità amministrativa rispetto a quanto stabilito dal Ministro della Giustizia;

- della busta paga del mese di maggio 2022 indentificata con ID CEDOLINO: 12E39A1F, dalla quale risulta la posizione giuridico-economica della ricorrente, nonché i dati riepilogativi e di dettaglio della retribuzione;

- della busta paga del mese di giugno 2022 indentificata con ID CEDOLINO: 1302FBE9, dalla quale risulta la posizione giuridico-economica della ricorrente, nonché i dati riepilogativi e di dettaglio della retribuzione;

- ove occorra, della nota prot. n. 0008490 del 26.5.2022 del Ministero della Giustizia di trasmissione del suddetto decreto;

- nonché di tutti gli altri atti connessi, presupposti e conseguenziali alla delibera richiamata, ancorché non conosciuti.


Visti i ricorsi e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Csm - Consiglio Superiore della Magistratura, del Ministero della Giustizia e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 maggio 2023 il dott. Filippo Maria Tropiano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

La ricorrente ha impugnato il provvedimento del 25 febbraio 2022, con cui il Consiglio Superiore della Magistratura ha deliberato il mancato superamento, per valutazione non positiva, della settima valutazione di professionalità, da parte dell’istante, a decorrere dal 7 giugno 2017.

Ha altresì gravato gli atti conseguenti, pure in epigrafe specificati, tra cui il decreto del Ministero della Giustizia di recepimento della delibera del Plenum.

L’istante, alla data di incardinazione del giudizio in servizio presso la Suprema Corte di Cassazione con funzioni di consigliere della Sezione Lavoro, ha lamentato l’illegittimità dei gravati atti, articolando specifici motivi di ricorso e deducendo, in particolare, la violazione e falsa applicazione dell’articolo 11 del d.lgs. n.160/2006 e della circolare n. 20691 del 2007, nonché il vizio di eccesso di potere declinato in varie figure sintomatiche.

Ha concluso, chiedendo l’annullamento degli atti, previa concessione di tutela cautelare.

Si è costituita l’amministrazione intimata, contestando il ricorso a mezzo di ampie deduzioni difensive ed instando per la reiezione della domanda.

Il giudizio ha assunto il NRG. 4416/2022.

Con successivo ricorso, l’istante è poi insorta avverso il decreto ministeriale del 15 marzo 2002, con il quale, all’esito del sopra riferito mancato riconoscimento del positivo superamento della settima valutazione di professionalità a decorrere dal 7 giugno 2017, gli Uffici hanno stabilito l’attribuzione all’esponente dello stipendio annuo lordo specificato in atti, con recupero delle somme pure ivi indicate.

La ricorrente ha contestato l’adeguamento stipendiale, come determinato dall’amministrazione, non coerente con la propria reale posizione giuridica ed economica e ha chiesto l’annullamento della riferita determinazione amministrativa.

Nel giudizio, recante il NRG. 7172/2022, si è costituita l’amministrazione, instando per la reiezione della domanda.

Entrambe le cause sono state cancellate dal ruolo delle sospensive, rinviate al merito e quindi trattenute in decisione all’udienza pubblica del 10 maggio 2023.

DIRITTO

Tanto sinteticamente premesso in fatto, il Collegio dispone la riunione dei due ricorsi, stanti evidenti ragioni di connessione soggettiva ed oggettiva.

Ciò posto, entrambe le domande sono infondate.

Si osserva, sotto un primo profilo, che la gravata delibera del CSM che ha disposto il mancato superamento della settima valutazione di professionalità si fonda su di un ragionamento apparentemente logico ed immune da travisamenti di fatti o dati empirici, tal che resiste al sindacato estrinseco del TAR.

Invero, il Consiglio ha ricostruito accuratamente il percorso professionale della ricorrente, esaminando sia il periodo di servizio svolto presso il Tribunale sia quello espletato presso la Suprema Corte.

Quanto al primo, pur dando atto del parere positivo emesso dal Presidente della Sezione Lavoro, ove la ricorrente ha prestato servizio nel primo biennio di valutazione, il CSM ha individuato le criticità già espresse dal dirigente del Tribunale nel rapporto del 16 settembre 2019, laddove era stato rilevato che le sentenze depositate dalla ricorrente negli anni successivi al 2013 non erano in linea con la media della sezione.

L’istante era infatti l’unica che aveva incrementato le proprie pendenze, a fronte di un abbattimento significativo dei fascicoli ad opera degli altri colleghi.

La delibera ha altresì valutato che l’esponente era stata l’unico magistrato ad aver depositato in ciascun anno provvedimenti con ritardi oltre il 120º giorno ed ha ricordato come il competente Consiglio Giudiziario aveva sì espresso (in data 18 dicembre 2019) una valutazione positiva, ma solo grazie al voto del Presidente (metà del Consiglio era contrario), proprio in ragione delle ridette rilevate problematiche, in particolare riguardanti i ritardi nel deposito dei provvedimenti relativi al rito speciale del lavoro e l’aumento delle pendenze, in controtendenza con l’andamento della sezione.

Quanto al secondo biennio di attività in valutazione, inerente al servizio presso la Suprema Corte di Cassazione, il provvedimento impugnato ha puntualmente richiamato il rapporto redatto dal Presidente della Sezione Lavoro, il quale ha espresso una valutazione non positiva addirittura su tutti i parametri della capacità, della laboriosità, della diligenza e dell’impegno.

E’ emerso il rilascio di minute di sentenze restituite dai vari presidenti di collegio con correzioni significative, nonché ritardi gravi e sistematici che connotavano negativamente il parametro della capacità, specie sotto il profilo della capacità dell’organizzazione del lavoro.

Il Consiglio direttivo, con parere dell’8 giugno 2020, aveva ritenuto che le criticità riscontrate potessero essere legate al nuovo ruolo del magistrato e alla poca dimestichezza con la nuova esperienza lavorativa e aveva concluso, comunque, per un giudizio complessivo di idoneità.

Pur tuttavia, anche in tale periodo, come rilevato dal CSM, la ricorrente ha accumulato significativi ritardi, in particolare quale relatrice, assestandosi su 182 ritardi rilevanti (solo una bozza di sentenza depositata nel termine di 30 giorni, due minute nel termine di 100 giorni, sei minute nel termine di 200 giorni, 84 minute entro il termine di 300 giorni e 83 minute oltre i 300 giorni).

Sono state riscontrate molte sentenze depositate con ritardi prossimi ai 365 giorni e la stessa produttività dell’istante è risultata palesemente inferiore alla media dei colleghi (dal gennaio 2016 al giugno 2017 l’esponente ha depositato 169 sentenze, a fronte di una media tra i consiglieri pari a più di 230 sentenze).

Ciò posto dal punto di vista dei dati rilevanti, il CSM, con giudizio condivisibile, ha dovuto tener conto di una vita professionale caratterizzata dalle problematiche sopra menzionate, le quali, pur nell’ambito dei giudizi positivi faticosamente espressi dagli organi competenti (per mezzo di votazioni, si ricordi, adottate con minima maggioranza), non potevano non avere il loro peso nella valutazione di professionalità di cui si verte.

Il Collegio osserva come non si ravvisino nella delibera quegli errori e quelle incongruenze che l’esponente denuncia con il primo motivo di ricorso.

Il CSM, pur dando atto di taluni errori numerici (poi rettificati), ha considerato i dati statistici risultanti dagli atti del procedimento, segnatamente quelle riguardanti i ritardi nel deposito dei provvedimenti. Da essi emerge una caratterizzazione negativa del parametro della diligenza, declinata quale attitudine a rispettare i termini per la redazione e il deposito dei provvedimenti, che ha refluito sul giudizio finale.

Non è esatto ritenere, infatti, che le dette criticità denotassero comunque una laboriosità sufficiente, perché quest’ultima è normativamente riferita “al numero e qualità degli affari trattati in rapporto alla tipologia degli uffici, alla loro condizione organizzativa e strutturale, ai tempi di smaltimento del lavoro” e non al deposito dei provvedimenti, come visto aspetto gravemente deficitario.

Né è ravvisabile il dedotto vizio di istruttoria nella delibera gravata, la quale, secondo la ricorrente non avrebbe tenuto conto delle sue giustificazioni.

Il CSM ha considerato le circostanze scusanti proposte dall’istante, ma non le ha ritenute idonee a scalfire il dato oggettivo come emergente dagli atti del procedimento, anche considerando la non decisività delle patologie indicate, che chiaramente non potevano essere la causa dei ritardi.

Per quanto sopra esposto, in modo condivisibile e apparentemente logico, tale da non poter essere superato da un diverso giudizio del giudice amministrativo, il CSM ha ritenuto che le rilevate criticità deponessero, come si è detto, per una scarsa diligenza del magistrato.

Deve anche osservarsi come il giudizio del CSM, esitato nel mancato superamento della valutazione, sia stato un giudizio globale e sinottico, il quale ha condotto ad esprimere una valutazione positiva su tre dei quattro parametri considerati (capacità, impegno e laboriosità), il che prova come essa non sia stata affatto parziale o irragionevolmente limitata ai ritardi nei depositi dei provvedimenti.

Alcun pregio ha poi l’argomentazione difensiva che fa leva sul fatto che anche altri magistrati della sezione avrebbero riportato analoghi ritardi. Premesso che dagli atti del procedimento non è emersa tale circostanza, deve anche notarsi come la valutazione del Consiglio deve incentrarsi solo sull’attività del singolo magistrato, non potendo rilevare in tale ambito il confronto con altre situazioni di colleghi, giocoforza ontologicamente differenti da quella oggetto di giudizio.

Da ultimo, il Collegio reputa di dover disattendere anche il secondo motivo di ricorso, con il quale l’istante denuncia taluni vizi procedurali in cui sarebbe incorso il CSM.

Va, in primis, chiarito che il termine per definire la procedura di valutazione non ha natura perentoria e che, nel caso specifico, il procedimento ha compreso l’acquisizione di pareri e documentazione varia, l’audizione dell’istante e l’esame delle memorie difensive.

Non si vede dunque come il dedotto mancato rispetto del termine di chiusura del procedimento (non perentorio) possa aver ridondato a danno della ricorrente.

Inoltre, deve ribadirsi che l’audizione della ricorrente e le osservazioni difensive da essa presentate sono state prese in considerazione dall’Organo, come emerge dalla delibera gravata, laddove il Consiglio (a parte la giusta rettifica di alcuna dati numerici) ha preso posizione motivatamente sulle argomentazioni offerte dall’esponente.

Alla luce delle superiori considerazioni, la domanda annullatoria proposta nel giudizio NRG. 4416/2022 deve essere respinta perché infondata.

Anche il secondo ricorso non merita di essere accolto.

L’istante ha impugnato il decreto ministeriale di rideterminazione dello stipendio e ha contestato che il giudizio non positivo espresso dal CSM non poteva condurre ad una diminuzione della retribuzione goduta retroattivamente, ma, semmai, determinare solo un mancato miglioramento pro futuro, poiché, ai sensi dell’articolo 11, comma 10 del d.lgs. 160/2006, se il giudizio di professionalità è non positivo, il nuovo trattamento economico o l’aumento periodico di stipendio sono dovuti solo a decorrere dalla scadenza dell’anno se il nuovo e successivo giudizio è positivo. Detto altrimenti, secondo l’istante, il trattamento economico di cui godeva rappresentava un diritto acquisito e consolidato che non poteva essere ridotto e rispetto al quale il mancato superamento della valutazione di professionalità poteva comportare solo l’impossibilità di un miglioramento (per altro temporanea e dipendente da un nuovo giudizio positivo), con la conseguenza che lo stipendio non poteva essere recuperato parzialmente in modo retroattivo.

In effetti, l’impugnato decreto ministeriale ha legittimamente preso atto della delibera di mancato positivo superamento della valutazione di professionalità da parte della ricorrente (impugnato con il primo ricorso), atto del tutto efficace in quanto non sospeso, e, di conseguenza, ha riallineato lo stipendio al giugno del 2017, con recupero delle somme di cui agli scatti biennali che nelle more erano maturati (in modo tuttavia provvisorio, poi indebito, all’esito del giudizio negativo predetto) a decorrere dall’aprile 2019, vale a dire dal primo scatto successivo alla data indicata nel provvedimento di valutazione non positiva.

Il richiamato articolo 11, comma 10 del d.lgs. 160/2006 prevede che il nuovo trattamento economico o l’aumento periodico di stipendio siano dovuti solo a decorrere dalla scadenza dell’anno se il nuovo giudizio è positivo. Dunque, il decreto ha ricalcolato il trattamento stipendiale della ricorrente alla data del 7 giugno 2017, escludendo gli aumenti legati agli intervenuti scatti biennali e così disponendo il recupero di quanto corrisposto in eccesso. Non si verte in tema di diritti quesiti ma, più semplicemente, di un dovuto adeguamento dello stipendio in coerenza con il mancato superamento della valutazione de qua, adeguamento che è intervenuto su di una posizione giuridica non consolidata.

Quanto poi alla contestazione che involge la mancata indicazione dei criteri in base ai quali è stato determinato l’ammontare di euro 11.377,22, pari all’importo da recuperare nonché alla mancata indicazione dei criteri con cui sono state determinate le rate dell’importo da restituire, non può che rinviarsi al sistema automatizzato in uso all’amministrazione e pedissequamente trascritto nella memoria difensiva dell’Avvocatura, laddove è stato dettagliatamente spiegato il contenuto dei cedolini secondo il sistema NoiPA (comprese piccole decurtazioni legate ad assenza dal servizio dell’istante, operate sulla base delle comunicazioni pervenute dall’ufficio di appartenenza).

Per quanto sopra esposto, anche la seconda domanda impugnatoria è infondata.

In conclusione, entrambi i ricorsi devono essere respinti:

Le spese di giudizio seguono la soccombenza.

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