TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2015-06-01, n. 201507695

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Sul provvedimento

Citazione :
TAR Roma, sez. 3T, sentenza 2015-06-01, n. 201507695
Giurisdizione : Tribunale amministrativo regionale - Roma
Numero : 201507695
Data del deposito : 1 giugno 2015
Fonte ufficiale :

Testo completo

N. 09411/2010 REG.RIC.

N. 07695/2015 REG.PROV.COLL.

N. 09411/2010 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio

(Sezione Terza Ter)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9411 del 2010, proposto da:
M D e D D R, rappresentati e difesi dall’avv. M C, presso il cui studio in Roma, Via Panama n. 12, hanno eletto domicilio;

contro

Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi n. 12, è domiciliato;

nei confronti di

S D P, rappresentato e difeso dall’avv. M D, presso il cui studio in Roma, Via A. Mordini n. 14, ha eletto domicilio;

per l'annullamento

a) del d.P.R 20.1.2010 con il quale, in conformità al parere reso dal Consiglio di Stato in data 8.7.2009, sono stati accolti i ricorsi straordinari proposti dall’ing. S D P avverso il decreto direttoriale n. 7877 del 23.4.2008, recante approvazione della graduatoria di merito del concorso pubblico a un posto di dirigente delle professionalità tecniche indetto dal Ministero delle infrastrutture, nonché avverso il contestuale decreto della stesa autorità recante la sua esclusione dalla procedura;

b) del decreto direttoriale 21.5.2010 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, con cui, in forza del d.P.R. 20.1.2010, è stata riformulata la graduatoria del menzionato concorso con collocazione al terzo posto dell’ing. D P;

c) di tutti gli atti connessi e collegati, ivi incluso, occorrendo, il citato parere 8.7.2009.


Visto il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio delle parti intimate;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del 2 aprile 2015 il cons. M.A. di Nezza e uditi i difensori delle parti come da verbale;

Ritenuto e considerato quanto segue in fatto e in diritto.


FATTO

Con ricorso spedito per le notificazioni a mezzo del servizio postale il 26.10.2010 (dep. il 4.11.10) l’ing. M D e il dott. D D R, esponendo di essersi collocati, dopo la dott.ssa Rosella Lanuti (vincitrice) e il dott. Giorgio P (2° classificato), rispettivamente al 3° e al 4° posto della graduatoria, approvata con d.d. n. 7877 del 23.4.2008, del concorso pubblico per esami per il conferimento di un posto di dirigente delle professionalità tecniche bandito il 5.9.2006 dal Ministero delle infrastrutture, hanno chiesto l’annullamento degli atti indicati in epigrafe, recanti: a) il d.P.R. 20.1.2010, accoglimento dei ricorsi straordinari proposti dall’ing. S D P avverso l’esclusione dalla selezione e avverso l’atto di approvazione della graduatoria nella parte relativa al suo mancato inserimento nella stessa; b) il d.d. 21.5.2010, riformulazione della graduatoria con posizionamento del predetto ing. D P al 3° posto e arretramento dei ricorrenti di una posizione (4° e 5° posto).

A sostegno del gravame hanno dedotto:

1. Illegittimità del d.P.R. 20.1.2010 (e relativo conforme parere del Consiglio di Stato) per violazione del d.P.R. n. 1199/1971, violazione del principio del contraddittorio e del diritto di difesa. Illegittimità derivata del decreto direttoriale in data 21.5.2010:

i) il decreto di accoglimento dei ricorsi straordinari sarebbe illegittimo per lesione del contraddittorio, alla luce della mancata evocazione nel relativo procedimento degli odierni istanti, certamente rivestenti posizione di controinteressati in ragione dei punteggi conseguiti;

ii) l’iniziale impugnazione straordinaria sarebbe d’altronde inammissibile, in quanto il ricorso avverso la graduatoria sarebbe stato notificato soltanto alla vincitrice e al secondo classificato, soggetti privi di interesse a contraddire, e non “ad almeno un controinteressato”;

2. Violazione e falsa applicazione del bando di concorso e del d.lgs. n. 165/2001. Illegittimità del parere del Consiglio di Stato. Illegittimità derivata:

in via subordinata (per l’ipotesi di ritenuta ammissibilità del ricorso straordinario), la mancata partecipazione dei ricorrenti al procedimento giustiziale avrebbe loro precluso di esporre le argomentazioni a sostegno del provvedimento di esclusione dell’ing. D P, la cui legittimità sarebbe pertanto da valutare nella presente sede;
sotto questo profilo, la determinazione di estromissione sarebbe corretta poiché i titoli dichiarati dal predetto concorrente nella propria domanda di partecipazione alla selezione – svolgimento: a) di “incarichi di dirigente industriale presso le Società Teleinformatica s.p.a. e Sipe Optimation s.p.a. dal 1987 al 1991”; b) di attività di “consulente per l’informatica e le telecomunicazioni presso pubbliche amministrazioni dal 1991” – non integrerebbero i requisiti partecipativi fissati dal bando in ossequio all’art. 3, co. 5, l. 15 luglio 2002, n. 145 (nel corso dell’istruttoria avviata dall’amministrazione per la verifica dei requisiti l’ing. D P avrebbe prodotto attestazioni di avvenuto svolgimento di prestazioni d’opera professionale presso il Ministero dei trasporti per un triennio e analoghi incarichi professionali, in modo discontinuo, presso l’Arsial, per ca. due anni e sei mesi);
in particolare, il gravato decreto decisorio sarebbe illegittimo:

- sia nella parte attinente alla riconosciuta utilizzabilità, ai fini dell’ammissione al concorso, dei titoli dirigenziali acquisiti in aziende private, stante l’assenza di corrispondenti censure nei ricorsi straordinari (con conseguente estraneità alla materia del contendere delle relative questioni);

- sia nella parte concernente l’equiparazione a “incarichi dirigenziali” dell’attività consulenziale informatica espletata in favore del Ministero e dell’Arsial (equiparazione desunta dalle attestazioni del Ministero di “lodevole servizio” e dell’Arsial di equiparazione del “compenso” e “rimborso spese” “al personale dell’ente inquadrato nella qualifica dirigenziale più elevata”, con contestuale affermazione che le mansioni della consulenza informatica “richiedevano capacità professionali equiparabili a quelle dei dirigenti informatici in servizio presso l’ente”), risultando ciò a loro dire precluso: i) dal tenore delle certificazioni esibite dal controinteressato, comprovanti la natura pacificamente consulenziale dell’attività (resa sulla base di un contratto d’opera professionale); ii) dall’assenza di una fonte normativa idonea a sostenere detta equiparazione (come indicato in un parere della Presidenza del Consiglio su analoga questione); iii) dalla carenza di elementi in grado di dar conto di detta equipollenza sul piano contenutistico (gli atti di conferimento degli incarichi consulenziali affidati dal Ministero, di cui ai contratti del 28.8.03, 2.9.04 e 1.9.05, e dall’Arsial, di cui alle determinazioni dell’11.12.91, 19.4.93, 10.2.94, 31.5.94 e 14.11.94, darebbero al contrario evidenza della formale qualificazione dell’attività affidata all’ing. D P in termini di prestazione d’opera intellettuale ex art. 2222 cod. civ., in quanto: remunerata dietro presentazione di parcelle professionali;
connotata da piena autonomia;
svolta al di fuori di vincoli di orario;
non comportante vincoli di esclusività;
non recante individuazione di obiettivi;
avente in taluni casi, come per i rapporti con l’Arsial, durata ristretta).

Si sono costituiti in resistenza l’amministrazione e l’ing. D P.

All’odierna udienza, in vista della quale le parti hanno depositato documenti (il controinteressato il 18.2 e il 2.3.15;
l’amministrazione il 31.3.15) e memorie anche di replica (i ricorrenti il 27.2.15 e la replica il 12.3.15;
il controinteressato il 2.3.15), il giudizio è stato discusso e trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Vanno preliminarmente disattese le questioni di rito prospettate dal controinteressato.

1.1. Egli sostiene anzitutto che l’impugnazione sarebbe inammissibile perché i ricorrenti, non avendo rivestito la qualità di parti nella sede ormai “giurisdizionalizzata” di decisione sul ricorso straordinario, avrebbero dovuto proporre opposizione di terzo ai sensi dell’art. 108 c.p.a..

L’eccezione, pur presentando aspetti di plausibilità (cfr., per i limiti di proponibilità dell’opposizione di terzo ordinaria ex art. 404, 1° co., c.p.c., Cons. Stato, sez. VI, 31 luglio 2014, n. 4056), è tuttavia infondata.

Il principio della contestabilità in sede giurisdizionale del decreto decisorio adottato a contraddittorio non integro, pacificamente affermato sin da epoca antecedente all’entrata in vigore del d.P.R. n. 1199/1971 (Cons. Stato, ad. plen. 28 settembre 1967, n. 11), è stato ribadito anche dalla giurisprudenza intervenuta dopo le modificazioni apportate all’istituto del ricorso straordinario dall’art. 69 l. 18 giugno 2009, n. 69 (e dal d.lgs. n. 104/2010;
cfr. Cass. civ., sez. un., 19 dicembre 2012, n. 23464).

È sufficiente richiamare l’analitica disamina della questione effettuata da Cons. Stato, sez. III, sent. 19 marzo 2014, n. 1346, che ha nitidamente affermato, nella parte relativa al riconoscimento della competenza del giudice amministrativo di primo grado a conoscere della controversia instaurata dal controinteressato pretermesso lamentante la mancata evocazione nella sede straordinaria, che proponendo l’impugnazione “il controinteressato non fa altro che esercitare (si direbbe ora per allora) la facoltà di opzione per la sede giurisdizionale e le inerenti garanzie, fra le quali il doppio grado, usufruendo così di una restitutio in integrum . Da questo punto di vista solo l’impugnazione davanti al T.A.R. (con l’inerente possibilità del doppio grado, etc.) appare interamente restitutoria per il controinteressato pretermesso, più di quanto avverrebbe con altri rimedi pure ipotizzabili, quali la revocazione o l’opposizione di terzo” (punto 10.4).

Il sistema dei rimedi avverso la decisione del ricorso straordinario non contempla peraltro la possibilità dell’opposizione di terzo (l’art. 108 c.p.a. riguarda testualmente le sole sentenze del giudice amministrativo), mentre per l’art. 15 d.P.R. n. 1199/1971 è ammissibile la revocazione ex art. 395 c.p.c.;
ciò che appare giustificabile con il perdurante operare della regola dell’alternatività, atteso che legittimati a proporre il ricorso per revocazione sono le parti del procedimento straordinario, cioè i soggetti ai quali è riconducibile – per la scelta del mezzo (ricorrente) e per la successiva mancata opposizione (a opera della “parte nei cui confronti [il ricorso straordinario] sia stato proposto” ex art. 48, co. 1, c.p.a.) – quel peculiare accordo processuale (di deroga alla tutela giurisdizionale) che costituisce, come ricordato dalla giurisprudenza, il reale fondamento dell’istituto: “il ricorso straordinario può giungere alla decisione, e la decisione acquista la sua efficacia imperativa nei confronti delle parti, solo se ed in quanto tutte le parti necessarie della controversia abbiano volontariamente scelto (se si tratta del ricorrente) o accettato (se si tratta delle controparti) che la controversia sia decisa in quella sede e con quelle forme. Mentre basta che una sola delle parti opti ritualmente per la sede giurisdizionale propriamente detta, perché le altre restino vincolate a questa scelta […] nella misura in cui la decisione del ricorso straordinario è qualificabile come (o equiparabile a) una decisione giurisdizionale, ciò è vero solo a condizione che quella procedura sia stata accettata da tutte le parti” (punto 9 sent. n. 1346/14 cit.).

1.2. Il controinteressato eccepisce poi l’inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione sia della propria “nomina” sia di quella del dott. P, disposte a seguito dello scorrimento della graduatoria (in particolare, la propria “nomina” non sarebbe caducabile per effetto dell’eventuale venir meno della decisione giustiziale perché effettuata “per circostanze verificatesi e valutate successivamente all’annullamento dell’esclusione dell’interessato”).

Anche questo rilievo è infondato, risultando condivisibili le deduzioni dei ricorrenti circa l’insussistenza di atti di nomina: le operazioni concorsuali si concludono con l’approvazione della graduatoria, alla quale fa seguito unicamente la stipulazione di contratti individuali con i vincitori (contratti non suscettibili, né necessitanti, di autonoma impugnazione innanzi al giudice amministrativo nel giudizio avverso la graduatoria stessa e ferma in ogni caso l’assenza di contestazioni in riferimento al dott. P, collocato in posizione poziore).

1.3. Va parimenti disattesa l’eccezione di irricevibilità del ricorso per omessa notificazione, ai sensi dell’art. 330 c.p.c., al domicilio eletto nel procedimento giustiziale (siccome riportato nel parere dell’8.7.2009) dall’odierno controinteressato, non essendo peraltro nemmeno trascorso un anno tra la proposizione del ricorso e la pubblicazione del d.P.R. decisorio.

Al caso di specie non si applica infatti la disposizione processuale innanzi richiamata, che non riguarda i decreti decisori di ricorsi straordinari perché questi atti non sono assimilabili alle sentenze sul piano formale (v. punti 6, 7 e 8 sent. n. 1346/14 cit., in cui sono messe in luce le peculiarità della prima categoria di provvedimenti).

Non occorre pertanto soffermarsi sulle ulteriori repliche degli istanti, fondate sulla rilevata impugnazione anche di atti diversi rispetto a quelli impugnati in sede straordinaria e successivi alla decisione stessa (d.d. 21.5.2010) e sull’effetto sanante derivato dall’avvenuta costituzione in giudizio dell’ing. D P.

1.4. Quanto al difetto di giurisdizione del giudice amministrativo, eccepito dall’ing. D P perché a suo dire verrebbe in considerazione un’ipotesi di “passaggio da un livello di pubblico impiego contrattualizzato ad altro livello, in quanto tale riservato – in via esclusiva – alla cognizione del giudice ordinario”, è agevole rilevare che il procedimento selettivo per cui è controversia ha indiscutibile natura di concorso pubblico, in quanto aperto (a tacer d’altro) alla partecipazione anche di soggetti estranei all’amministrazione (cfr. artt. 1 e 2 del bando).

Ne segue la giurisdizione del giudice amministrativo ai sensi dell’art. 63, co. 4, d.lgs. n. 165/01.

2. Si può pertanto passare al merito.

2.1. Con la parte iniziale del primo mezzo i ricorrenti lamentano la violazione del principio del contraddittorio.

La doglianza è fondata, non potendosi dubitare della posizione di litisconsorti necessari degli odierni istanti alla luce della rispettiva posizione in graduatoria e degli effetti dell’eventuale accoglimento dell’impugnazione straordinaria.

2.1.1. A questo riguardo il controinteressato (pur se nella parte della memoria dedicata a dimostrare la correttezza dell’avvenuta notificazione nei soli confronti del primo degli idonei) deduce che la graduatoria del 2008 (di cui al d.d. n. 7877, da lui contestato in sede giustiziale) non sarebbe mai divenuta efficace, non essendo stata sottoposta a controllo né pubblicata nel Bollettino ufficiale dell’amministrazione (né essendone stato dato avviso nella Gazzetta ufficiale, come prescritto dall’art. 7 del bando). Da ciò deriverebbe il mancato consolidamento delle situazione giuridiche dei soggetti utilmente graduati, i quali non rivestirebbero pertanto la qualifica di contraddittori necessari in senso tecnico.

L’obiezione non coglie nel segno.

È anzitutto opportuno precisare che l’atto di approvazione della graduatoria, “che presuppone l’accertamento della legittimità e della regolarità dell’operato della commissione […], è un provvedimento costitutivo, mediante il quale l’Amministrazione fa proprio l’operato della commissione esaminatrice, previo un controllo di tutte le operazioni concorsuali;
a ciò consegue che, al di là del nomen iuris (l’approvazione in senso tecnico è un atto di controllo che si colloca nella c.d. fase integrativa dell’efficacia di provvedimenti amministrativi), è un provvedimento di amministrazione attiva, di natura costitutiva, che ha carattere centrale e conclusivo nell’ambito del procedimento di concorso” (così Cons. Stato, sez. V, 27 agosto 2014, n. 4383).

Ciò detto, occorre rilevare che dall’art. 15, co. 4, d.P.R. 9 maggio 1994, n. 487, si desume che la graduatoria approvata “è immediatamente efficace” (questo d.P.R. è citato anche nelle premesse del bando ed è implicitamente richiamato dall’art. 7, co. 2, della lex specialis , a mente del quale “la graduatoria generale di merito sarà approvata secondo la normativa vigente […]”).

Ne segue che non ha pregio la tesi dell’inefficacia del d.d. 7877 del 2008, col quale l’amministrazione, sulla base dei lavori della commissione esaminatrice, ha per l’appunto disposto l’approvazione della graduatoria di merito.

Pure a voler ritenere che l’ing. D P intendesse riferirsi all’assenza del vaglio da parte degli organi di controllo estranei all’amministrazione procedente (quali, in linea generale, l’Ufficio centrale di bilancio e la Corte dei conti), va condiviso il rilievo dei ricorrenti secondo cui dalle premesse del decreto del 2010, di approvazione della graduatoria riformulata, risulta al contrario come l’atto del 2008 sia stato sottoposto a controllo (“visto il d.d. 7877 in data 23.4.2008, vistato dal competente Organo di controllo in data 7.7.2008 ”;
enf. agg.) in data anteriore alla proposizione dell’impugnazione straordinaria.

Né può sostenersi che la pubblicazione sia condizione di efficacia della graduatoria.

I commi 5 e 6 dell’art. 15 d.P.R. n. 487/94 cit., riprodotti dalla lex specialis (art. 7, commi 2 e 3, del bando), collegano a questo adempimento un effetto di pubblicità legale (cfr. art. 15, co. 6, 2° per.: dalla data di pubblicazione dell’avviso nella G.U. “decorrono i termini per eventuali impugnative”), mentre il successivo comma 8 precisa che la relativa data è il dies a quo della perduranza dell’“efficacia” delle “graduatorie dei vincitori” (cfr. art. 35, co. 5- ter , 1° per., d.lgs. n. 165/01).

Del resto, lo stesso ing. D P, nel ricorso straordinario proposto avverso il d.d. del 2008 (passato per le notificazioni il 23.9.2008), premette in fatto di aver dovuto avanzare l’impugnazione “essendo […] stata stilata e pubblicata la relativa graduatoria di merito” (enf. agg.).

2.1.2. Tornando alla questione principale, osserva il Collegio che per pacifica giurisprudenza “in tema di esclusione dal concorso pubblico nel ricorso proposto contro l’esclusione dalla nomina, dopo la graduatoria finale del concorso, sono certamente controinteressati tutti i candidati collocati in graduatoria, che possano perdere o vedere peggiorata la loro posizione a seguito dell’eventuale accoglimento del ricorso giurisdizionale […], sicché è inammissibile il ricorso proposto avverso l’esclusione da un concorso a pubblici impieghi che non venga notificato a coloro che, seguendo il ricorrente in graduatoria e in quanto avvantaggiati dall’esclusione del predetto, sono interessati a contraddire nel giudizio da questo instaurato” (così Cons. Stato, sez. III, 25 febbraio 2014, n. 909, punto 13;
v. anche Cons. Stato, sez. III, 14 febbraio 2014, n. 729, secondo cui nel caso in cui sia “intervenuta l’approvazione di una graduatoria dei concorrenti che possono aspirare alla nomina, grava su chi contesta l’esito delle prove o l’esclusione dal concorso l’onere di notifica ad almeno un controinteressato, in quanto l’esito favorevole del ricorso andrebbe in danno della posizione di vantaggio acquisita da un altro concorrente che, per effetto dell’esclusione, viene a trovarsi collocato in posizione potiore ”).

Con riferimento alla fattispecie in esame, sono rimaste incontestate le deduzioni dei ricorrenti (cfr. mem. ric. 27.2.15, pag. 3) sulla posteriorità tanto dell’esclusione (23.4.2008) rispetto all’affissione dei punteggi riportati dai singoli concorrenti ai sensi dell’art. 5 del bando (3.4.2008) quanto della proposizione del ricorso straordinario avverso la graduatoria (23.9.2008) rispetto all’approvazione di questa (resa pubblica il 29.8.2008).

Né è contestato che l’ing. D P e il dott. P abbiano entrambi conseguito lo stesso punteggio (232 punti), inferiore a quello della vincitrice (Lanuti: 235 punti) e superiore a quello degli odierni ricorrenti (D: 228;
D R: 226).

Non può pertanto dubitarsi della posizione di controinteressati rivestita da questi ultimi (tant’è vero che l’ing. D P ha ottenuto una posizione più alta all’esito del ricorso straordinario), i quali avrebbero dovuto partecipare quali litisconsorti necessari al procedimento giustiziale.

2.2. Si tratta ora di stabilire se l’ing. D e il dott. D R fossero gli unici reali controinteressati (come da loro sostenuto;
cfr. seconda parte del primo mezzo) ovvero se, come asserisce l’ing. D P, con la notificazione al dott. P egli abbia assolto al suo onere di evocare in giudizio “almeno un controinteressato”.

La risposta al quesito è idonea a influire sull’esito della controversia: se nella prima ipotesi questa risulta definita col rilievo dell’inammissibilità dell’impugnazione straordinaria, l’eventuale riscontro della seconda situazione (ammissibilità del mezzo giustiziale) impone in ultima analisi – accertato e sanato il vizio di omessa integrazione del contraddittorio ex art. 9, ult. co., d.P.R. n. 1199/1971 (che sancisce l’obbligo dell’amministrazione di assumere le determinazioni necessarie all’evocazione in giudizio degli altri litisconsorti necessari) – il rinnovato esame, stavolta a contraddittorio integro, dell’originaria res litigiosa (legittimità dell’esclusione dell’ing. D P).

Orbene, alla tesi dei ricorrenti – al dott. P sarebbe in ogni caso spettata una collocazione migliore di quella dell’ing. D P, tenuto conto dell’identico punteggio e dei rispettivi titoli di precedenza – l’odierno controinteressato oppone l’illegittimità della graduatoria nella parte in cui non avrebbe riconosciuto la sua prevalenza in ragione dei titoli di precedenza e di preferenza posseduti (figli a carico e lodevole servizio), poziori rispetto al mero dato anagrafico favorevole al meno anziano dott. P (alla stregua del criterio residuale della minore età ex art 3 l. n. 127/1997).

In subordine, l’ing. D P ha comunque chiesto la concessione del beneficio dell’errore scusabile, “non avendo potuto conoscere […] eventuali ulteriori titoli di preferenza di cui fosse in possesso il dott. Giorgio P, il quale certamente non aveva alcun figlio al momento della notificazione del ricorso straordinario” (la medesima linea argomentativa risulta esplicitata dall’amministrazione, che ha dedotto come al momento della proposizione del ricorso straordinario l’ing. D P non potesse essere a conoscenza di eventuali titoli preferenziali del dott. P;
cfr. rel. dep. il 31.3.15).

I ricorrenti hanno a loro volta obiettato che la contestazione della graduatoria riformulata sarebbe dovuta avvenire attraverso apposita impugnazione incidentale (non essendo possibile per un concorrente far valere i propri titoli in difetto di rituale contestazione) e che comunque l’ing. D P non avrebbe mai prodotto i titoli oggi vantati nei modi e nei termini di cui all’art. 6 del bando;
né risulterebbe scusabile il preteso errore in cui questi sarebbe incorso, alla luce della parzialità e della limitatezza dell’accesso agli atti concorsuali esercitato dal controinteressato prima della proposizione del ricorso straordinario.

Osserva in proposito il Collegio che la soggettiva convinzione dell’ing. D P circa l’eventuale pregiudizio derivante al dott. P dall’accoglimento del ricorso avverso l’esclusione non trova riscontro nell’obiettiva considerazione della vicenda.

Giova riportare il testo dell’art. 6 del bando: “i candidati che abbiano superato la prova orale e intendano far valere i titoli di precedenza e/o di preferenza, a parità di valutazione, devono presentare o spedire […] entro il termine perentorio di 15 giorni decorrenti dal giorno successivo a quello in cui hanno sostenuto il colloquio, i documenti che attestino il possesso di tali titoli, purché già dichiarati nella domanda di partecipazione” (la disposizione riproduce l’art. 16, co. 1, d.P.R. n. 487/1994 cit.).

Come si è detto, all’esito delle prove concorsuali entrambi i concorrenti avevano ottenuto il medesimo punteggio, sicché poteva effettivamente residuare uno spazio di incertezza circa la successiva collocazione nella graduatoria in dipendenza dei rispettivi titoli, purché regolarmente dichiarati e prodotti alla stregua della lex specialis .

Sennonché tale dubbio, pur ove sussistente, avrebbe potuto essere agevolmente fugato dall’ing. D P (ovviamente a conoscenza dei titoli dichiarati nella propria domanda e dell’intenzione di avvalersene) attraverso una corrispondente richiesta all’amministrazione.

Egli si è invece limitato a chiedere “ai sensi della L. 241 il nome e l’indirizzo del secondo classificato” (cfr. nota 22.7.2008, all. 11 ric., cui il Ministero ha dato riscontro con nota del 25.7.2008;
all. 4 amm.).

In tale situazione, non è dato comprendere da quale obiettivo elemento l’ing. D P – le cui allegazioni difensive depongono nel senso della mancata produzione di titoli preferenziali (o comunque della mancata considerazione degli stessi), tanto che nella graduatoria riformulata (da lui non impugnata) egli risulta collocato dopo il dott. P – abbia potuto desumere l’eventuale produzione di effetti pregiudizievoli per lo stesso dott. P in conseguenza della propria iniziativa giustiziale.

Né si ravvisano i presupposti per la concessione dell’errore scusabile.

Per pacifica giurisprudenza “il beneficio della rimessione in termini per errore scusabile riveste carattere eccezionale, nella misura in cui si risolve in una deroga al principio fondamentale di perentorietà dei termini processuali […], con la conseguenza che la disposizione che lo ha codificato (art. 37 c.p.a.) deve ritenersi di stretta interpretazione”;
dovendo essere “riconosciuto solo in esito a un rigoroso accertamento dei presupposti che lo legittimano, ai sensi dell’art. 37 c.p.a., e, quindi, a fronte di obiettive incertezze normative o in presenza di gravi impedimenti di fatto, non imputabili alla parte” (così Cons. Stato, ad. plen., ord. 10 dicembre 2014, n. 33, che afferma ancora: “così precisato il rigore che deve circondare la verifica delle condizioni che autorizzano la concessione del beneficio in questione, si rileva che le ragioni di incertezza su questioni di diritto o i gravi impedimenti di fatto devono riferirsi all’esercizio della potestà processuale che è stata persa per effetto dell’inutile scadenza del termine perentorio entro il quale avrebbe dovuto essere esercitata, e non anche a profili diversi. Posto, infatti, che l’errore rispetto al quale dev’essere accertata la scusabilità è quello relativo all’omessa, tempestiva attivazione di un potere processuale, non v’è dubbio che le ragioni che l’hanno impedita devono riferirsi a difficoltà interpretative della normativa di riferimento circa i presupposti, le modalità, i termini o gli effetti dell’esercizio della potestà in questione ovvero a cause di forza maggiore che hanno materialmente impedito l’adempimento processuale scaduto”).

Nella specie l’ing. D P non ha addotto alcun elemento apprezzabile alla stregua di tali chiare indicazioni, sicché il beneficio non può essere riconosciuto.

Di qui, il rilievo dell’inammissibilità dell’impugnazione straordinaria in quanto non notificata “ad almeno un controinteressato” ai sensi dell’art. 9, 2° co., d.P.R. n. 1199/1971.

2.3. L’accoglimento del primo motivo esonera il Collegio dall’esame del secondo mezzo, espressamente proposto in via subordinata (per il caso cioè di ritenuta ammissibilità del gravame straordinario).

3. In considerazione di quanto innanzi osservato il ricorso è fondato e va accolto, dovendo gli atti impugnati essere di conseguenza annullati.

La complessità delle questioni consente di ravvisare i presupposti per disporre l’integrale compensazione delle spese di lite tra le parti.

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