TAR Roma, sez. 1S, sentenza 2021-03-04, n. 202102655
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Pubblicato il 04/03/2021
N. 02655/2021 REG.PROV.COLL.
N. 06525/2014 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Stralcio)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6525 del 2014, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati M R L L, S V, con domicilio eletto presso lo studio Studio Legale Associato Lioi-Mirenghi-Orlando-Viti in Roma, viale Bruno Buozzi, 32;
contro
Ministero della Giustizia, Tribunale di Terni, Tribunale di Viterbo, Corte di Appello di Perugia, Ragioneria Territoriale dello Stato di Viterbo, in persona del legale rappresentante
pro tempore
, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria
ex lege
in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
- del provvedimento di cui alla nota n. 503/14 con il quale il Tribunale di Terni, in adempimento a quanto richiesto dal Presidente della Corte di Appello di Perugia, con nota prot. 1311/14 del 28 febbraio 2014, ha comunicato alla Ragioneria Territoriale dello Stato di Viterbo e, per conoscenza, al dott. -OMISSIS- che dalla documentazione acquisita dal soppresso Tribunale di Orvieto era emerso che nei giorni di permesso ex art. 33 l. 104 del 1992 da questi fruiti negli anni 2010, 2011, 2012 e 2013, non risultava effettuata la decurtazione della indennità giudiziaria prevista dall'articolo 3 della legge n. 27 del 1981;
- di ogni altro atto antecedente, presupposto, connesso e consequenziale, ivi compreso, ove emesso e per quanto di ragione, la nota del Presidente della Corte di Appello di Perugia prot. 1311/14, il provvedimento con il quale si è disposto procedersi al recupero delle somme erogate a titolo di indennità giudiziaria per i giorni di permesso retribuito ex lege 104 del 1992 fruiti dal ricorrente, i provvedimenti con i quali si è proceduto al recupero delle somme corrisposte a titolo di indennità giudiziaria ex art. 3 l. n. 27 del 1981 per i giorni di permesso retribuito ex lege 104/92 fruiti negli anni 2010, 2011, 2012, e 2013, gli atti di applicazione delle relativa ritenuta, gli atti a contenuto generale e/o specifico, con i quali si sarebbe ritenuta la non debenza della indennità giudiziaria in discorso in relazione ai permessi fruiti ex lege 104 del 1994;
nonché per l’accertamento e la declaratoria del diritto alla percezione dell’intere trattamento economico spettante, ivi inclusa, dunque, l'indennità giudiziaria ex art 3 l. n. 27 del 1981 in connessione con i permessi ex art. 33 l. n. 104 del 1992 fruiti dal ricorrente e, comunque, per la declaratoria di irripetibilità delle somme a detto di titolo corrisposte.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia e di Tribunale di Terni e di Tribunale di Viterbo e di Corte di Appello di Perugia e di Ragioneria Territoriale dello Stato di Viterbo;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 19 febbraio 2021 il dott. S G, presenti gli Avvocati di cui al verbale;
Considerato che l’udienza si svolge ai sensi dell’art. 25 del d.l. n. 137/2020, convertito in legge n. 176/2020, attraverso videoconferenza con l’utilizzo di piattaforma “Microsoft Teams”;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il dott. -OMISSIS-, in qualità di magistrato ordinario con funzioni giudicanti, riconosciuto portatore di handicap in condizione di gravità, ai sensi dell’art. 3, comma 3, della l. n. 104 del 1992 e come tale fruente dei permessi previsti dall’art. 33, comma 6, della medesima legge, ha agito dinanzi a questo TAR per l’annullamento del “provvedimento di cui alla nota n. 503/2014 … con il quale il Tribunale di Terni … ha comunicato … che dalla documentazione acquisita dal soppresso Tribunale di Orvieto era emerso che nei giorni di permesso ex art. 33 l. 104 del 1992 da questi fruiti negli anni 2010, 2011, 2012 e 2013, non risultava effettuata la decurtazione della indennità giudiziaria prevista dall'articolo 3 della legge n. 27 del 1981”, nonché degli atti istruttori presupposti e del provvedimento con cui è stato disposto il recupero delle somme erogate all'istante a titolo di indennità giudiziaria per i giorni di permesso retribuito di cui alla legge n. 104 del 1992 fruiti dal ricorrente negli anni 2010, 2011, 2012 e 2013, e per la declaratoria del diritto alla percezione dell'intero trattamento economico durante detto periodo, ivi inclusa l'indennità giudiziaria ex art. 3 della legge n. 27 del 1981.
In particolare, parte ricorrente ha articolato le seguenti censure:
- l'art. 3 della legge 19.02.1981 n. 27, che è “norma di stretta interpretazione” e “risponde al canone della tassatività e della tipicità”, “non contempla tra le ipotesi di esclusione della corresponsione della "indennità giudiziaria" la fruizione dei permessi retribuiti ex art. 33 l. 104 del 1992” (motivi sub 1 e 2);
- in via subordinata, “ove mai si ritenesse che le disposizioni di cui all'articolo 3 della l. 27 del 1981 e 33 della l. 104 del 1992 precluderebbero la erogazione della indennità giudiziaria in correlazione alla fruizione dei premessi retribuiti previsti dall'articolo 33 della medesima l. 104 del 1992, si chiede all'Ecc.mo TAR adito di sollevare l'incidente di costituzionalità delle prefate disposizioni normative, ove interpretate nel senso di precludere la corresponsione al magistrato handicappato in situazione di gravità della indennità giudiziaria per i giorni di permesso retribuito fruiti ex art. 33 l. 104 del 1992 per violazione degli articoli 2, 3, 4 e 32 della Costituzione” (motivo sub 3);
- in ogni caso, il ricorrente versa “in una condizione di assoluta buona fede” tale da impedire la ripetizione delle somme in questione (motivo sub 4).
2. Si sono costituite in giudizio le Amministrazioni intimate per resistere al ricorso.
3. Nella pubblica udienza di smaltimento del 19.02.2021 la causa è stata trattenuta in decisione.
4. Il ricorso è infondato.
4.1. Le censure formulate dal ricorrente sono state recentemente esaminate, in riferimento a fattispecie analoga a quella di che trattasi, dal Consiglio di Stato, che le ha respinte sulla scorta di un articolato percorso motivazionale che questo TAR ritiene di condividere e fare proprio: “ 6.1. Va infatti confermato il consolidato principio – dal quale non vi è evidente ragione di discostarsi, nel caso di specie – secondo cui “l'indennità giudiziaria (istituita con l’art. 3, L. 19 febbraio 1981, n. 27 in favore dei magistrati ordinari, poi attribuita, con l’art. 1, L. 22 giugno 1988 n. 221, a decorrere dall’1 gennaio 1988 e nella misura vigente a quella data, al personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie ed estesa infine, con l’art. 1, 1. 15 febbraio 1989 n. 51 al personale di segreteria del giudice amministrativo e contabile nonché al personale dell’avvocatura erariale), spettante a tutti coloro che partecipano della funzione giudiziaria a qualsiasi livello, è per sua stessa definizione un’indennità speciale, dovuta se e nella misura in cui l’attività di specie viene concretamente esercitata, e non una voce ordinaria della retribuzione personale” (ex multis, Cons. Stato, IV, 18 dicembre 2008, n. 6366).
Ciò in quanto “L'indennità concessa ai magistrati dall'art. 3 L. 19 febbraio 1981 n. 27, è collegata a particolari oneri che gli stessi magistrati incontrano nell'esercizio della loro attività, da prestarsi con un impegno senza prestabiliti limiti temporali, ed è quindi strettamente connessa all’effettiva prestazione del servizio. Pertanto legittimamente ne viene disposto il recupero delle somme a tale titolo erogate al magistrato durante i mesi di astensione obbligatoria per maternità” (Cons. Stato, IV, 6 ottobre 2003, n. 5841).
Tale principio ha trovato anche l’avallo della Corte Costituzionale, chiamata in diverse occasioni a valutare la legittimità della norma nella parte in cui prevede la non erogazione dell’indennità di cui trattasi in circostanze pur qualificate (e sotto altro profilo tutelate dal diritto) di interruzione dell’attività lavorativa: “Anche in seguito all’entrata in vigore del testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, è manifestamente infondata, in riferimento agli art. 3, 4, 29, 30, 37, 97, 104 e 108 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 3 1. 19 febbraio 1981 n. 27, nella parte in cui vieta la corresponsione dell’indennità giudiziaria da esso prevista, al magistrato donna che si trovi in astensione obbligatoria per maternità” (Corte Costituzionale, 14 luglio 2006, n. 290).
Successivamente alla modifica del testo originario della norma, con la quale è stata rimossa dalle ipotesi di esclusione di erogazione dell’indennità il solo periodo di astensione obbligatoria per maternità, l’Alta Corte ha comunque precisato che “È manifestamente infondata la q.l.c. dell’art. 3, comma 1, l. 19 febbraio 1981 n. 27, nel testo anteriore alla modifica introdotta dall’art. 1, comma 325, 1. 30 dicembre 2004 n. 311, censurato, in riferimento all'art. 3, comma 1, cost., nella parte in cui, per il personale di magistratura, vieta la corresponsione dell'indennità da esso prevista nel periodo di astensione obbligatoria per maternità.
In considerazione della diversità delle posizioni e delle funzioni, non è possibile accomunare il regime dell'indennità di funzione riferito ai magistrati a quello previsto per il personale delle cancellerie e segreterie giudiziarie, sicché non è configurabile una irrazionale disparità di trattamento per il solo fatto che da tale raffronto discende una quantificazione diversa delle rispettive prestazioni;né è possibile dedurre dall’intervento dell'art. 1, comma 325, l. finanziaria per l’anno 2005 a favore dei magistrati assenti per maternità, l'intento del legislatore di rimuovere una situazione di illegittima disparità di trattamento, in quanto la novella citata costituisce la manifestazione della discrezionalità del potere legislativo nel collocare nel tempo le innovazioni normative (sent. n. 15 del 1995;ord. n. 290 del 2006 e 137 del 2008)” (così Corte Cost. 14 maggio 2008, n. 137).
6.2. Né può ritenersi – come pretende l’appellante – che dalla novella legislativa in questione (che, come già detto, ha espunto il riferimento all’astensione obbligatoria per maternità, in precedenza invece testualmente menzionata) debba a contrario desumersi la tassatività delle cause di esclusione elencate nella seconda parte dell’art. 3 della l. n. 27 del 1981, atteso che – come correttamente rilevato in sentenza - l’intervento normativo soppressivo – anziché positivo – si è reso necessario in quanto il predetto istituto era espressamente indicato dall’art. 3 della legge 27 del 1981.
A prescindere poi dalla circostanza che i permessi di cui si discute non avrebbero comunque potuto essere menzionati ad initio dalla norma in esame, in quanto introdotti con disposizione di legge ad essa successiva, deve aggiungersi che la stessa formulazione del richiamato art. 3 porta a propendere per la non tassatività delle ipotesi di esclusione, bensì per la natura esemplificativa dell’elencazione.
La norma, infatti, per prima cosa individua la ratio dell’indennità in questione (“in relazione agli oneri che [i magistrati] incontrano nello svolgimento della loro attività”), quindi indica le ipotesi di esclusione ricorrendo a categorie generali (“periodi di congedo straordinario, di aspettativa per qualsiasi causa, di astensione facoltativa previsti dagli articoli 32 e 47, commi 1 e 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 e di sospensione dal servizio per qualsiasi causa”), anziché utilizzare una casistica di fattispecie specifiche, come sarebbe invece doveroso in presenza di un’elencazione tassativa.
La formula di legge, del resto, neppure cita alcuna ipotesi di permesso o riposo.
Analogamente “Non è fondata, in riferimento agli art. 3 e 36 Cost., la questione di legittimità costituzionale dell'art. 3 L. 19 febbraio 1981 n. 27, nella parte in cui esclude la corresponsione al magistrato dell'indennità giudiziaria da esso prevista durante il periodo di congedo straordinario per malattia (in particolare, si è chiarito che la Costituzione non impone di attribuire al dipendente assente per malattia lo stesso trattamento economico di cui gode in costanza di attività lavorativa, essendo sufficiente che al lavoratore siano assicurati mezzi adeguati anche durante il periodo di malattia)” (Corte Cost., 14 luglio 2006, n. 287).
6.3. Deve quindi concludersi nel senso che rientra nella discrezionalità del legislatore individuare le ipotesi nelle quali l’indennità giudiziaria spetti anche per il caso di mancata prestazione dell’attività lavorativa, sul presupposto che quest’ultima, in quanto indennità speciale e non anche voce ordinaria della retribuzione personale, è in linea di principio dovuta solo in caso di effettiva prestazione della peculiare attività lavorativa cui si correla.
E’ pertanto condivisibile l’avviso del primo giudice in ordine alla circostanza che l’indennità giudiziaria è stata istituita a favore dei magistrati proprio ed esclusivamente “in relazione agli oneri che gli stessi incontrano nello svolgimento della loro attività”: tale voce retributiva è stata quindi riconosciuta solo in ragione delle caratteristiche peculiari dell’attività dagli stessi svolta, della sua gravosità oltre che del particolare impegno richiesto, anche sotto il profilo organizzativo.
Sul punto è chiara Corte Cost. 11 ottobre 2012, n. 223, secondo cui tale componente retributiva “è necessariamente correlata al concreto esercizio delle funzioni, in quanto espressamente collegata ai particolari “oneri” che i magistrati “incontrano nello svolgimento della loro attività”, la quale comporta peraltro un impegno senza prestabiliti limiti temporali. La corresponsione della stessa è, dunque, strettamente connessa all’effettiva prestazione del servizio (sentenza n. 407 del 1996 e ordinanza n. 106 del 1997). […] tale indennità, sebbene sia stata nel tempo considerata anche come una componente normale della retribuzione, non ha perso la sua natura particolare, conseguente all’essere la stessa diretta a compensare un complesso di oneri inscindibilmente connessi alle modalità di esercizio delle funzioni svolte dai magistrati”.
7. Sulla scorta delle considerazioni svolte l’appello va respinto. ” (Sez. V, 26.04.2019 n. 2671).
4.2. Né può ritenersi che la buona fede del percipiente sia di ostacolo alla ripetizione degli emolumenti erroneamente corrisposti, dal momento che “ il recupero è un atto dovuto non rinunziabile espressione di una funzione pubblica vincolata ” (T.A.R. Lazio Roma, Sez. III, 02/07/2019 n. 8571;negli stessi termini T.A.R. Campania Napoli, Sez. VII, 15/12/2010 n. 27382).
4.3. In forza delle anzi dette ragioni il ricorso deve essere respinto.
5. La particolarità della vicenda e la natura degli interessi coinvolti giustificano la compensazione delle spese di lite.